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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

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Sensibilità tenerezza ardore

sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 09/07/2014

 

36 ore

 

REGGI

Post n°2905 pubblicato il 09 Luglio 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: REGGI

Da "OrizzonteScuola"


E se avesse ragione Reggi? Scuole aperte d'estate aiutano gli alunni. Il caso del liceo Rossini


red - Scuole aperte di pomeriggio e d'estate resta obiettivo del Governo. Il Sottosegretario Reggi vuole una scuola che "interagisca con il quartiere", senza orari. C'è già chi lo fa e a giovarne sono soprattutto gli studenti.

Siamo a Rovereto, presso il liceo Rossini, in Trentino che ha un sito web con il "punto EU" e non in "punto it". E questo la dice lunga.

La scuola, quest'anno, resterà aperta anche d'estate per offrire ai propri studenti la possibilità di avere supporti che consentano di recuperare le carenze accumulate durante l'anno scolastico.

La scuola ha attivato, in particolare, lo "sportello matematica"  e il progetto "insieme per studiare"dove gli alunni del triennio affiancano gli studenti del primo e del secondo anno per aiutarli nei compiti.

Insomma, gli studenti si autogesticono, all'interno della struttura scolastica, che diventa punto di riferimento per chi è in difficoltà. Infatti, circa una trentina di studenti del triennio si sono resi disponibile per un sostegno in tutte le discipline nelle quali maggiori sono le difficoltà riscontrate : matematica, fisica,scienze, lingue straniere, latino e greco.

Secondo quanto riportato sul sito del Liceo, questi supporti, accanto alle innumerevoli occasioni di recupero offerte durante l'anno scolastico (sportelli in tutte le discipline, tutoraggio personalizzato, insieme per studiare), hanno consentito la riduzione del numero dei non promossi e degli studenti con carenze rispetto allo scorso anno scolastico.

Quest'anno, infatti i non ammessi sono stati 37 su quasi 900 studenti, tutti ammessi gli studenti di quinta agli Esami di Stato e circa 200 gli studenti ammessi alla classe successiva con carenze.

 
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SCUOLA

Post n°2904 pubblicato il 09 Luglio 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "ScuolaOggi"

La scuola nell'era renziana: quando Giannini fa rima con Gelmini


Puntuale come l’avvicendarsi delle stagioni, si appresta ad abbattersi sulla scuola italiana l’ennesima alluvione di tagli lineari mascherata da riforma epocale.

Gianluca Galati

ennesima alluvione di tagli lineari mascherata da riforma epocale. opinione pubblica la classe docente come una piccola casta di fannulloni arretrati, non di rado ignoranti e anacronisticamente attaccati ai loro micro-privilegi. Non sempre l’informazione nel recente passato è stata all’altezza del compito. Come non ricordare che mentre marciava la devastante riforma Gelmini  (8 miliardi di tagli) si persero mesi a sproloquiare di grembiulini, voto in condotta, maestra unica e simili quisquilie.

Oggi, in tempo di renzismo rampante, smontare la retorica governativa pare ancora più difficile. Eppure basterebbe andare a guardarsi  qualche dato reale per rendersi conto che le roboanti linee guida della recentemente proclamata rivoluzione renziana puzzano di vecchio e sono condite di falso. Partiamo dalle cose buone, almeno sulla carta. Si dice basta, finalmente, alla teoria carnevalesca dei sistemi di abilitazione (vecchi e nuovi concorsi, ex SSIS, corsi abilitanti speciali, TFA, PAS…) che hanno creato percorsi con livelli formativi disomogenei e dato origine alle infinite guerre tra poveri che caratterizzano il mondo della scuola precaria. Ora si cambia tutto, si dice... Peccato che la proposta di corso di laurea magistrale biennale  più un anno di tirocinio formativo attivo di cui si va parlando risalga al DM 249/2010 (ultimo governo Berlusconi, ministro Gelmini) approvato dopo l’improvvisa chiusura delle SSIS. Vale la pena di citare l’art.15 comma 27 del suddetto decreto: “Le università adeguano i regolamenti didattici di ateneo alle disposizioni del presente decreto in modo da assicurare che i relativi corsi siano attivati a partire dall’anno accademico 2011/2012.” Nel 2014, ancora in piena, pasticciatissima, fase transitoria, ci vengono a spacciare il vecchio per nuovo. Per quanto riguarda l’orario da portare a 36 ore, si tratta di una provocazione  grottesca  peggiorativa rispetto al vecchio tentativo dell’ex ministro Profumo di innalzare l’orario di cattedra (non di lavoro effettivo) di un terzo (oggi lo si vuole raddoppiare) a stipendio invariato, in violazione (l’ennesima) di un contratto non rinnovato, tra l’altro, da ben 7 anni. E’ ovvio che simili proposte strizzano l’occhio ai luoghi comuni diffusi nell’opinione pubblica: gli insegnanti italiani lavorano poco (“lavoro part time molto ben retribuito” – copyright del prof. Renato Brunetta) e godono di vacanze molto lunghe. Sono pagati meno della media europea, ma hanno un carico di lavoro inferiore, e via dicendo.Basterebbe dare uno sguardo alle ricerche svolte da Eurydice, il network europeo che mette a confronto i sistemi scolastici dei Paesi UE per sfatare qualcuno di questi luoghi clichés.Non è immediato riuscire a fare un raffronto relativo ai carichi di lavoro, in quanto nei diversi  paesi UE vigono definizioni legali della materia molto differenziate: numero di ore di lezione, ore di lavoro complessivo (che include sia le ore di presenza a scuole che quelle di lavoro svolte a casa), numero di ore o giorni di presenza a scuola per tutte le attività, etc. Volendo perderci un po’ di tempo si avrebbe la sorpresa di scoprire che i docenti italiani hanno un carico settimanale di ore di lezione in classe superiore alla media europea sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3) e praticamente identico nella secondaria inferiore (18 contro 18,1). Se poi vogliamo fare un confronto più diretto con i nostri virtuosi cugini tedeschi, vale la pena di dare un’occhiata al documentato articolo di Antonio Cassarà su Patria del dicembre 2012 (http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2013/cassara_scuola_europa_dicembre_2012.pdf).

Prendendo l’esempio della Germania, vediamo che in quel Paese gli insegnanti lavorerebbero 40 ore settimanali che “confrontate alle 18 italiane, griderebbero vendetta. Se le une e le altre fossero vere, naturalmente. Innanzi tutto in nessun Paese europeo, Italia esclusa, le ore di lezione sono di 60 minuti”. In Belgio e in Inghilterra sono di 50 minuti, in Germania sono di 45. Per cui quando si dice che gli insegnanti tedeschi fanno 25 ore di lezione settimanali, si deve ricordare che in classe ci stanno 18 ore e 45 minuti”. Tre quarti d’ora in più di noi pigri docenti italici. In Germania l’orario contrattuale di lavoro “include tutte, ma proprio tutte, le attività necessarie al funzionamento della vita scolastica. Oltre all’insegnamento vero e proprio, fanno contrattualmente parte dell’orario di lavoro degli insegnanti la formazione e l’aggiornamento individuali; ogni genere di incontri collegiali; le pause; la preparazione delle lezioni; la preparazione e la correzione dei test; la partecipazione agli esami; la correzione delle prove di esame; l’organizzazione e la partecipazione alle feste scolastiche, alle uscite didattiche, ai viaggi di istruzione, ai tornei sportivi e agli scambi internazionali; l’accoglienza; la stesura delle pagelle; i contatti con le famiglie  e con il territorio.”Accettare le36 ore, dunque?  D’accordo, ma intese come? Se è per allinearsi all’Europa, metto la firma sulle 40 per un contratto fotocopia rispetto a quello tedesco. Da domani . Tra l’altro, spiega ancora Cassarà, un insegnante al primo incarico in una Realschule della Renania-Palatinato (gli stipendi in Germania variano da länder a länder) percepisce un compenso di 3.040 euro netti. Siamo un po’ lontani da 1330 circa di un insegnante italiano di scuola secondaria al primo decennio di ruolo.

Si dirà che i lunghi periodi di vacanza compensano questi svantaggi. Ma è proprio vero che in Europa l’anno scolastico dura più a lungo? Sulla carta la scuola tedesca gode di sei settimane di ferie più le festività a fronte dei 32 giorni di quella italiana, ma “in realtà i giorni di lavoro effettivi per gli insegnanti tedeschi sono, come per il Belgio e molti altri Paesi europei, intorno ai 180 all’anno contro i 206 italiani”. Ma guarda…Quanto alla riduzione a 4 del numero di anni della durata della scuola secondaria superiore, il sottosegretario Roberto Reggi parla di “scelta europea”, espressione che, al pari dell’ipse dixit, si usa ormai per troncare ogni tipo di ragionamento. Se poi tale “scelta europea” si basi su riflessioni di ordine pedagogico e didattico o, piuttosto, sul mero calcolo ragionieristico dei risparmi, non pare essere argomento degno di dibattito. Bene (cioè male). Chiediamoci almeno se quella evocata da Reggi sia effettivamente una scelta europea. Secondo Eurydice, su 27 stati della UE, 12 sono quelli in cui il ciclo di studi si conclude a 19 anni (tra cui, accanto all’Italia, le virtuose Germania, Svezia e Danimarca, tanto per dire), 11 quelli in cui si conclude a 18 anni (tra cui, se vogliamo continuare nel giochetto, troviamo Grecia, Portogallo Cipro e Spagna), 3 quelli in cui è prevista una doppia possibilità di uscita (17/18 – 19 anni) a seconda che si proseguano o meno gli studi in un percorso universitario (la Finlandia delle “scuole migliori del mondo”, Ungheria, Romania). Quindi, qual è , se esiste, l’Europa a cui ci vogliamo allineare?

Curiosamente non si parla mai di “scelte europee” in merito a spesa per l’istruzione in rapporto al PIL o in rapporto alla spesa pubblica, dove l’Italia, con il 9,05% a fronte del 10,84 della media europea (per non parlare del 15,05 della Danimarca) risulta tristemente ultima in classifica. Da quando al MIUR ai pedagogisti sono subentrati i ragionieri la scuola italiana si è regalata classi sovraffollate, una riduzione delle ore di lezione e una poderosa decurtazione del fondo di istituto con il quale, per riprendere uno slogan oggi in voga, “si da di più a chi fa di più” (collaborazione con la dirigenza, commissioni, funzioni strumentali…). Cosa che, contrariamente a quanto si vuole far intendere, avviene già oggi, anche se, in molti casi, si dovrebbe parlare di mance più che di retribuzioni. Oggi i ragionieri si apprestano ad ottenere nuovi cospicui risparmi sforbiciando un anno di scuola superiore e spostando le supplenze superiori ai 15 giorni per la scuola secondaria e ai 5 per la primaria e l’infanzia a carico dei docenti interni (le altre lo sono già , ma vengono retribuite se eccedenti l’orario contrattuale). In attesa di vedere quale progetto pedagogico (se c’è) sta alla base della riduzione della durata del ciclo di istruzione (che andrebbe semmai ripensato in termini complessivi) , ci si può già ora domandare se seriamente si pensa che tappare i buchi di una lunga assenza con la frenetica rotazione del personale interno occasionalmente non in aula abbia un’utilità didattica maggiore della chiamata di un supplente esterno  che alle classi scoperte può dedicarsi interamente? Una simile idea rivela disonestà intellettuale o ignoranza totale del funzionamento della scuola. Ma i ragionieri del MIUR evidentemente ritengono che insegnare sia un po’ come timbrare i francobolli: aumentando le ore di attività si aumenta la quantità di prodotto in maniera direttamente proporzionale. L’apprendimento dei ragazzi avverrebbe, invece, in maniera inversamente proporzionale: apprendi di più se studi un anno in meno. Chissà che sorpresa quando si accorgeranno che, per far fronte al maggior carico di lavoro e al maggior numero di studenti (che già oggi può superare  il numero di 200 per docente), avremo un insegnamento più standardizzato e tanti bei test a crocette (sul modello INVALSI che tanto piace ai burocrati). Altro che insegnamento individualizzato! Il sottosegretario  Reggi, aprendo a un futuro momento di consultazione generale sulla proposta governativa, si augura che “venga accolta senza pregiudizi”. Potrebbe ben esserlo se non si trattasse di una proposta arrogante, che ai peggiori pregiudizi sembra invece voler strizzare maliziosamente l’occhio. Se si partisse da una lettura seria, onesta e documentata del panorama della scuola italiana ed europea,  un confronto costruttivo con il mondo della scuola, che lo chiede da anni, non mancherebbe di certo. Ma questo richiederebbe, per esempio,  di porre nei luoghi di responsabilità persone con una profonda conoscenza del mondo dell’istruzione, delle sue dinamiche, dei suoi problemi, dei suoi punti di forza e delle sue sofferenze. E con una reale e rispettosa disponibilità al dialogo. Tutto il resto è propaganda. “Non ho risposte a tutto” -  ricorda Reggi all’Unità -  “ sono un ingegnere, ho in mente un modello che mutua da altre esperienze di tipo aziendale”. Ecco, appunto.  Non mi pare un buon modo per cominciare

 
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SCUOLA

Post n°2903 pubblicato il 09 Luglio 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "Il Corriere della sera"

La scuola non ha i soldi? Lo sponsor paga i corsi di recupero (e non solo)


Il caso della Luxottica che in provincia di Belluno finanzia i corsi in matematica e inglese. E un esperimento di peer education al liceo Renier

Carlotta De Leo

In America è una prassi comune. Aziende, fondazioni e singoli privati finanziano buona parte della vita scolastica: corsi, borse di studio, persino i banchi e le sedie. C’è anche una catena di caffetterie, Starbucks, che ha stretto una collaborazione con l’Università dell’Arizona e pagherà i corsi online a chiunque tra i suoi 135mila dipendenti sparsi per tutta l’America desideri prendere una laurea. In Italia, però, l’idea del sostegno dei privati fa fatica ad entrare nella scuola pubblica. Un po’ per una sorta di resistenza culturale a tenere ben divisi gli ambiti per evitare speculazioni, un po’ perché si teme che gli investimenti vadano solo alle scuole più blasonate, quelle dei «figli di».

Pochi fondi

C’è da dire, però, che col tempo (e con la crisi), la distanza tra pubblico e privato si è ridotta. E oggi sono molti gli istituti che vanno a caccia di sponsor, per le novità tecnologiche, ma anche per i corsi di recupero. Finanziarli spetterebbe alle scuole che però non hanno i soldi: da alcuni anni ormai, infatti, il Mof – cioè i fondi a disposizione per migliorare l’offerta formativa - viene utilizzato per pagare gli scatti di anzianità. Ci sono anche aziende che, su base territoriale, decidono di aiutare gli studenti finanziando non solo corsi di recupero, ma anche esperimenti di peer education. Stiamo parlando di Luxottica, marchio famoso in tutto il mondo, che ha deciso di investire fondi contro la dispersione scolastica e dallo scorso anno porta avanti una collaborazione con la provincia di Belluno. È proprio qui, infatti, che l’azienda ha i suoi stabilimenti e qui che risiedono i suoi lavoratori. Una presenza cospicua sul territorio tanto che in base alle stime fatte dall’ufficio scolastico, l’8 per cento degli studenti bellunesi sono figli di dipendenti Luxottica.

I corsi di recupero

Così, in 10 scuole (licei e istituti tecnici) distribuite tra Feltre e Belluno sono stati organizzati corsi di recupero in inglese e matematica. «Statisticamente sono le materie in cui gli studenti incontrano le maggiori difficoltà - spiega Mara De Monte dell’Ufficio scolastico provinciale - In un periodo in cui i finanziamenti statali calano, questo progetto ci ha permesso di sperimentare un approccio globale e tempestivo ». Come? «I ragazzi vengono divisi in due gruppi a seconda delle carenze (gravi da 4, o meno gravi da 5) in modo da rendere l’intervento più mirato. Ma la vera novità è che il recupero parte subito, già alla fine del trimestre o del quadrimestrale». «I risultati, sono ancora in fase di analisi, ma sono stati certamente positivi – spiega Franco Chemello che lavora sempre all’ufficio scolastico - Tanto che speriamo di estendere il progetto a tutte le scuole della provincia e di incrementare le materie dei corsi di recupero, a cominciare dall’italiano».

La peer education

Al liceo Giustina Renier di Belluno, inoltre, dallo scorso settembre si sperimenta la peer education in matematica, ovvero il metodo che vede gli studenti più bravi con i numeri e le equazioni aiutare i compagni in difficoltà. Il metodo ha efficacia su tutti le persone coinvolte: «L’alunno più debole apprende grazie a un rapporto paritario, sia sul piano della relazione che del lessico, e si giova anche del fatto che quel compagno quelle cose le ha imparate poco prima e sta ancora lavorandoci su. Ci guadagna anche il più bravo: ripetendo comprende meglio e affina la capacità di risolvere problemi» spiega il preside Paolo Fratte. Con il progetto pilota del Renier sono stati coinvolti un centinaio di ragazzi, per un totale di 10 classi dalla seconda alla quarta. Gli alunni, dieci per classe, hanno lavorato divisi in coppia, cinque gli insegnanti che hanno fatto da tutor. Le coppie hanno lavorato fuori dall’orario scolastico, con incontri periodici che sono stati valutati e monitorati dai docenti.

Abbattere il pregiudizio

I risultati del progetto, anche in questo caso sono molto positivi: «A parte qualche difficoltà logistica dovuta agli spostamenti – aggiunge Fratte - abbiamo avuto un miglioramento sostanziale. Il nostro obiettivo, sia chiaro, non era incrementare i voti (per questo bastava un corso di recupero…), ma cercare di abbattere una sorta di pregiudizio contro la matematica, riconciliare gli alunni con questa disciplina. E abbiamo fatto centro: i ragazzi hanno imparato a confrontarsi con la matematica». Il progetto sarà ripetuto l’anno prossimo, e l’intenzione è di allargarlo a livello provinciale

 
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PANTALEO

Post n°2902 pubblicato il 09 Luglio 2014 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Pantaleo, Flc Cgil: “eliminare le supplenze equivale ad eliminazione fisica precari”. Aumento di lavoro solo se ci sarà contrattazione
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di Eleonora Fortunato - C’è molto meno di quello che vogliono far credere, perché manca una vera visione d’insieme sui problemi della scuola. E’ questa la critica che Domenico Pantaleo rivolge alla squadra di viale Trastevere nei giorni successivi alla forte esposizione del sottosegretario Reggi sull’aumento dell’orario di servizio e il precariato.

Tutte queste dichiarazioni, anticipazioni, ritrattazioni che effetto stanno avendo sulla ‘base’?
“Un effetto non positivo: non ho paura di dire che riceviamo centinaia di lettere di lavoratori stanchi e delusi di quanto sta succedendo. Il contratto, che dovrebbe essere oggi l’unico vero tema su cui discutere visto il pauroso calo del potere d’acquisto e l’incertezza degli scatti, è offuscato da una miriade di questioni che poco hanno a che fare con il sottofinanziamento di cui la scuola è vittima dopo i tagli epocali della Gelmini, con l’urgenza dell’innovazione tecnologica e con la necessità di ridare una dignità professionale vera agli insegnanti”.

Quindi secondo lei c’è la volontà di eludere tutti questi aspetti, rinnovo del contratto in primis? Eppure al tema della valorizzazione della professione docente si sta dando molto risalto, più che in passato.
“Sì, la grande operazione mediatica avviata da questo ministro ha evidentemente lo scopo di ‘distrarre’ dai problemi reali. In primo luogo bisogna capire che gli aumenti salariali vanno dati a tutti e che per la valorizzazione dei docenti bisogna stanziare risorse aggiuntive”.

Quindi come vi vede l’ipotesi di una riforma dello stato giuridico dei docenti?

“E’ un falso problema: tutti gli aspetti che oggi necessitano di una riflessione e di una attenzione particolare, come la valutazione, la valorizzazione della professione, possono essere raggiunti attraverso  meccanismi contrattuali, non al di fuori”.
C’è il timore di un intervento legislativo che salti il passaggio della contrattazione?
evidente che c’è un problema di metodo: si stanno saltando molti passaggi che invece in un assetto democratico sarebbero stati fondamentali. Ma quello che mi preoccupa di più è la mancanza di un disegno complessivo  della scuola: si cerca, anzi, di ignorare la complessità della scuola facendo proclami e dichiarazioni”.
Lei parla di un problema democratico, e i ‘cantieri’ allora? Non hanno soprattutto lo scopo di coinvolgere la società civile nei processi decisionali?
“Sono cantieri che costruiscono edifici dai pilastri fragili. Lo ripeto, si sta cercando di trattare con superficialità la complessità della scuola. Così non arriveremo lontano”.

Passando a parlare del precariato, come giudica l’esposizione di Reggi sull’eliminazione delle graduatorie di istituto?
“Direi che si tratta di un piano per l’eliminazione fisica dei precari! Che cosa vuol dire ‘basta con le supplenze brevi’ se poi però non si ha un piano complessivo, una progettualità vera, un disegno di reclutamento alternativo”.

Quale sarebbe il vostro?
“Siamo d’accordo con l’idea di rendere abilitante la laurea magistrale e di porre fine alla situazione attuale, in cui regna il caos assoluto. Dopo l’abilitazione deve esserci la certezza del concorso, in seguito al superamento del quale si potrà avere diritto al ruolo”.
E le persone che dopo cinque anni di formazione specifica per l’insegnamento non riuscissero a vincere un concorso che cosa dovrebbero fare? L’insegnante non è come il medico, che se non entra in ospedale apre uno studio e campa bene lo stesso…
“Naturalmente anche gli accessi alla laurea abilitante devono essere programmati sulla base del fabbisogno. Bisogna avere il coraggio di scelte coraggiose”.

Vede ancora lontano il superamento dei due organici con un unico organico funzionale per reti di scuole?
“Sì, lo vedo molto lontano. Per l’inizio del nuovo anno scolastico non ce la faranno, anche perché si parla di aumentare le ore di servizio, di tagliare di un anno le superiori”.

Lei cosa ne pensa?
“Noi siamo disponibili a discutere dell’orario, purché però lo si faccia intorno al tavolo del contratto e non in un clima di gerarchie e diffidenza. E non dimentichiamoci le altre priorità: bisogna mettere mano con urgenza alla legge Fornero perché il turn over  rischia un forte rallentamento”.

Se le cose non andranno come auspica, che scenari immagina per i prossimi settembre ottobre?
“Non conosco mezze misure: o c’è il confronto vero o ci sarà la mobilitazione. Questo governo ha la forza necessaria per un cambiamento radicale, per la chiusura di una fase e l’apertura di un’altra, quindi deve darsi da fare. Non c’è comunque da stare allegri per l’avvio del nuovo anno scolastico: tutti questi proclami avranno il sicuro effetto di frenare i dirigenti scolastici nell’assegnazione delle supplenze”

Prevede quindi un certo stallo nelle graduatorie di istituto?
“Senz’altro: nell’incertezza delle risorse, tante scuole preferiranno arrangiarsi. Un effetto freno che inevitabilmente nuocerà anche alla didattica”.

Reggi a Radio Anch'io conferma: supplenze brevi ai docenti di ruolo non ai precari. Tagliare superiori per reperire fondi

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

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