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Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
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SCUOLA

Post n°2903 pubblicato il 09 Luglio 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "Il Corriere della sera"

La scuola non ha i soldi? Lo sponsor paga i corsi di recupero (e non solo)


Il caso della Luxottica che in provincia di Belluno finanzia i corsi in matematica e inglese. E un esperimento di peer education al liceo Renier

Carlotta De Leo

In America è una prassi comune. Aziende, fondazioni e singoli privati finanziano buona parte della vita scolastica: corsi, borse di studio, persino i banchi e le sedie. C’è anche una catena di caffetterie, Starbucks, che ha stretto una collaborazione con l’Università dell’Arizona e pagherà i corsi online a chiunque tra i suoi 135mila dipendenti sparsi per tutta l’America desideri prendere una laurea. In Italia, però, l’idea del sostegno dei privati fa fatica ad entrare nella scuola pubblica. Un po’ per una sorta di resistenza culturale a tenere ben divisi gli ambiti per evitare speculazioni, un po’ perché si teme che gli investimenti vadano solo alle scuole più blasonate, quelle dei «figli di».

Pochi fondi

C’è da dire, però, che col tempo (e con la crisi), la distanza tra pubblico e privato si è ridotta. E oggi sono molti gli istituti che vanno a caccia di sponsor, per le novità tecnologiche, ma anche per i corsi di recupero. Finanziarli spetterebbe alle scuole che però non hanno i soldi: da alcuni anni ormai, infatti, il Mof – cioè i fondi a disposizione per migliorare l’offerta formativa - viene utilizzato per pagare gli scatti di anzianità. Ci sono anche aziende che, su base territoriale, decidono di aiutare gli studenti finanziando non solo corsi di recupero, ma anche esperimenti di peer education. Stiamo parlando di Luxottica, marchio famoso in tutto il mondo, che ha deciso di investire fondi contro la dispersione scolastica e dallo scorso anno porta avanti una collaborazione con la provincia di Belluno. È proprio qui, infatti, che l’azienda ha i suoi stabilimenti e qui che risiedono i suoi lavoratori. Una presenza cospicua sul territorio tanto che in base alle stime fatte dall’ufficio scolastico, l’8 per cento degli studenti bellunesi sono figli di dipendenti Luxottica.

I corsi di recupero

Così, in 10 scuole (licei e istituti tecnici) distribuite tra Feltre e Belluno sono stati organizzati corsi di recupero in inglese e matematica. «Statisticamente sono le materie in cui gli studenti incontrano le maggiori difficoltà - spiega Mara De Monte dell’Ufficio scolastico provinciale - In un periodo in cui i finanziamenti statali calano, questo progetto ci ha permesso di sperimentare un approccio globale e tempestivo ». Come? «I ragazzi vengono divisi in due gruppi a seconda delle carenze (gravi da 4, o meno gravi da 5) in modo da rendere l’intervento più mirato. Ma la vera novità è che il recupero parte subito, già alla fine del trimestre o del quadrimestrale». «I risultati, sono ancora in fase di analisi, ma sono stati certamente positivi – spiega Franco Chemello che lavora sempre all’ufficio scolastico - Tanto che speriamo di estendere il progetto a tutte le scuole della provincia e di incrementare le materie dei corsi di recupero, a cominciare dall’italiano».

La peer education

Al liceo Giustina Renier di Belluno, inoltre, dallo scorso settembre si sperimenta la peer education in matematica, ovvero il metodo che vede gli studenti più bravi con i numeri e le equazioni aiutare i compagni in difficoltà. Il metodo ha efficacia su tutti le persone coinvolte: «L’alunno più debole apprende grazie a un rapporto paritario, sia sul piano della relazione che del lessico, e si giova anche del fatto che quel compagno quelle cose le ha imparate poco prima e sta ancora lavorandoci su. Ci guadagna anche il più bravo: ripetendo comprende meglio e affina la capacità di risolvere problemi» spiega il preside Paolo Fratte. Con il progetto pilota del Renier sono stati coinvolti un centinaio di ragazzi, per un totale di 10 classi dalla seconda alla quarta. Gli alunni, dieci per classe, hanno lavorato divisi in coppia, cinque gli insegnanti che hanno fatto da tutor. Le coppie hanno lavorato fuori dall’orario scolastico, con incontri periodici che sono stati valutati e monitorati dai docenti.

Abbattere il pregiudizio

I risultati del progetto, anche in questo caso sono molto positivi: «A parte qualche difficoltà logistica dovuta agli spostamenti – aggiunge Fratte - abbiamo avuto un miglioramento sostanziale. Il nostro obiettivo, sia chiaro, non era incrementare i voti (per questo bastava un corso di recupero…), ma cercare di abbattere una sorta di pregiudizio contro la matematica, riconciliare gli alunni con questa disciplina. E abbiamo fatto centro: i ragazzi hanno imparato a confrontarsi con la matematica». Il progetto sarà ripetuto l’anno prossimo, e l’intenzione è di allargarlo a livello provinciale

 
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Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


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