Creato da Christian.Maruti il 02/06/2007

Correct life

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GUERRA DEI SESSI

Premetto innanzitutto che scrivo questo messaggio prendendo spunto da un messaggio del blog dell'utente Tatianna. Il motivo per cui pubblico questo pensiero è molto semplice. Tendo a mettere in evidenza che sono pienamente favorevole all'emancipazione della donna ed alla parità. Ultimamente, però, sembra che la donna, voglia vendicarsi. Vendicarsi di tutto quel che ha subito in passato, di quel retaggio storico che si porta dietro. E' vero, spesso e volentieri, l'uomo, vuole mantenere la sua figura leader e di dominio sul gentil sesso. Forse, anche un po' io. Dico ciò in quanto, come molti uomini, anche io, spesso e volentieri, mi sento colpito nel mio orgoglio di uomo e di maschio. Dico questo regolandomi sia per quel che vedo tramite i mass media e notizie, sia per esperienze vissute in prima persona. Non so perchè penso tutto questo. Forse, anzi, senza forse, sono un po' maschilista. Con questo non voglio dire che ce l'ho con le donne in carriera o con quelle che magari mi scavalcano. Me la prendo con le misandre! Me la prendo con le leggi che in Italia e nel mondo discriminano l'uomo. E' il caso dell'Inghilterra, ove, fino a non poco tempo fa, gli uomini, a parità di masione, guadagnavano di più. Ora, invece, grazie ad una legge che vuole 'rivendicare' i diritti delle donne, sta accadendo l'esatto contrario. Gli uomini, specie nella provincia di Brightman, si vedrano allegerre la busta paga del 40% per destinare quei soldi alle colleghe donne. In poche parole, tutti, anche chi non ha colpa, devono saldare un debito di chi ha compiuto il crimine di retribuire maggiormente l'uomo a parità di mansione. In particolar modo un ventenne che magar lavora da pochi mesi. In poche parole, i giovani pagano per i vecchi (come si suol dire, chi viene da dietro si chiude le porte) - (clicca qui per saperne di più). 

Per non parlare poi di quel che stava per accadere in Svezia. In questo paese, ove vi è ormai da molto una grande parità, se non discriminazione nei confronti dell'uomo (tant'è che si parla di disoccupazione maschile), le femministe, nel 2005, hanno preteso cose davero assurde. L'ottenere diritti superiori a quelli dell'uomo. Qui si va dal voler tassare i neonati maschi per il sol fatto che gli uomini, a detta di tali persone, guadagnino più degli uomini, al voler dare ai bambini nomi assessuati, in maniera tale che essi, da grandi, possano scegliere se essere uomini o donne, al limitare la presenza maschile nei gruppi direttivi al 25% sino all'abolire il matrimonio sostituendolo con un contratto di convivenza civile e rivedere la legge che dimostri che la donna possa denunciare uno stupro mostrando in qualche maniera di aver resistito o evidenti traumi. In poche parole, facilitare le accuse di falsi stupri, sapendo che in quel paese, per tale reato, vige la castrazione chimica. Fortunatamente questo partito, dopo un'iniziale impenata di consensi, è imploso in polemiche interne! (per saperne di più clicca qui)

In India, poi, un paese nel quale la violenza domestica nei confronti della donna è davvero terribile! Alcune Lobby femministe, infatti, hanno pressato affinchè solo la donna possa accusare l'uomo anche di soli abusi verbali senza prove. Anche gli uomini, spesso, sono soggetti ad abusi verbali e mobbing familiari. E di certo, la mente dell'uomo, non è  più robusta di quella della donna... (per saperne di più clicca qui).

Tornando in Italia, poi, attualmente si parla di molte cose, tra cui, appunto, il bullismo. Tale fenomeno ha come fine quello di far prevalere un singolo individuo o un gruppo su una persona più debole. E' il caso degli stupri e degli efferati crimini che di giorno in giorno aumentano da parte di tali elementi. E io condanno queste persone. Costoro meriterebbero l'ergastolo, magari, in una cella isolata. Non la pena di morte perchè morire è troppo comodo. Voltando la medaglia, però, mi sento in dovere di parlare anche di bullismo femminile. Questa è una forma di discriminazione spesso verbale. E sappiamo bene che le parole e le discriminazioni, spesso e volentieri, fanno più mal delle botte fisiche. E qui colgo l'occasione per ribadire che quanto fanno alcune femministe o donne con l'intento di schiacciare l'uomo è un danno lento ed atroce. Un danno che col tempo fa cadere la libido nell'uomo. Un danno che fa impazzire l'uomo... Con quest'ultima frase non giustifico chi fa del male alle donne! Anzi, ancora una volta, lo ritengo un vile ed un incapace di affrontare qualcuno alla sua pari.

Concludo esprimendo il mio parere su questo fenomeno. A causa di una cultura tramandata di generazione in generazione, l'uomo, ancora oggi, nella maggior parte dei casi viene visto come la colonna portante della società. In merito a ciò, giustamete, la donna vuole prendersi quella fetta diritto e di parte sociale e politica che le spetta. Il tutto, unito al fatto che ella è stata schiacciata e repressa dall'uomo, ha fatto si che ella esplodesse in manifestazioni femministe, mass-media che degradano l'uomo ed altro. E' anche vero che l'uomo, ritrovandosi di colpo in questa situazione, si sente oppresso, quindi compresso, e di conseguenza esplode. Vi sono infatti situazioni come ad esempio alcuni settori lavorativi nei quali la donna ricopre una percentuale minore. Come anche il fatto che la donna, spesso, in casa, lavora più dell'uomo. Vi sono poi altre situazioni nelle quali la donna può ad esempio più facilmente insultare un uomo, oppure una giustizia a volte parziale, che tende a credere più alla donna che alle persone del sesso forte. Il tutto, unito ad una scarsa comunicazione, causa dislivelli sociali, quindi conflitti. Pertanto ritengo opportuno innanzitutto stabilire un dialogo e guardare come realmente le cose stanno dall'altra parte, nonchè far si che le associazioni ed istituzioni aiutino anche gli uomini.

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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 18/06/07 alle 20:39 via WEB
A PROPOSITO DELL'INDIA:

Articolo de "La Stampa"

Due codini strizzati nei nastri, un sorriso e una faccetta di bimba spiritosa che ricordano i «Peanuts». È il logo della campagna che compare ogni giorno nel «Times of India», quotidiano indiano in lingua inglese letto dai ceti medi colti. Lo slogan che lo accompagna non lascia spazio a equivoci o ad allusioni: «Salviamo le bambine!». Ogni giorno viene fotografata un famiglia, che indossa le magliette con la faccetta spiritosa accompagnata dall’imperativo morale e mostra orgogliosa le proprie bambine/ragazze salvate: una da grande vuole fare il manager, l’altra ha appena passato gli esami di settima classe con il massimo dei voti, la terza si prepara a iscriversi a medicina.

Tutte in jeans, tutte sorridenti, tutte un ottimo investimento per la famiglia. Eppure il quotidiano non va leggero. In base alla legge del 1994, che persegue la predeterminazione del sesso, il reato è punibile, per medici e genitori, fino a cinque anni di carcere; «Times of India» chiede ai lettori di rispondere, via sms o e-mail, al seguente quesito: «Non sarebbe il caso di passare all'ergastolo?». Domanda quanto mai oziosa perché il reato è difficilmente perseguibile. In India l'aborto è legale dal 1972, l’ecografia è diffusissima, fino dalla fine degli anni Ottanta, anche in ambulatori installati su piccoli pullman che vanno di villaggio in villaggio e offrono il servizio alla modica cifra di 150 rupie ed è legittima per tutti i fini diagnostici di tipo sanitario. Certo, non si può rivelare il sesso dell’embrione, ma esiste un codice fra medici e famiglie. Per esempio: «Torni lunedì», vuole dire che l’embrione è maschio, «Torni venerdì» che è femmina. Poi la donna sceglierà la sua motivazione da dichiarare al momento dell’aborto.

Cosa è cambiato dalla metà degli anni Ottanta, quando Amarthya Sen mise tutta la propria autorevolezza e la propria rabbia nel denunciare la sparizione delle bambine in Asia, paragonando la somma delle loro morti o delle loro mancate nascite (100 milioni in un decennio) all’insieme delle vittime della prima, della seconda guerra mondiale e delle grandi epidemie del secolo passato? È cambiato che l’India sta crescendo al 9,2 per cento annuo e che sono i ceti medi colti, quelli che hanno una disperata voglia di vincere alla lotteria dello sviluppo, che vogliono pochi figli, ma soprattutto, dovendo scegliere, rigorosamente maschi. Non è difficile farlo per chi si sa muovere in rete. Giorni fa l’«Hindu», l’altro grande quotidiano in lingua inglese, spiegava che si può acquistare on line un kit (formalmente illegale) che consente di determinare il sesso a casa propria dopo sei settimane con la semplice analisi di poche gocce di sangue. Un libro duro pubblicato da poco, «Le bambine che scompaiono», della giornalista e sociologa tamil Gita Aravamudan, ha riaperto il dibattito.

Le sue tesi si basano su cifre eloquenti. Il rapporto fra i sessi alla nascita dovrebbe essere di 945 bambine ogni mille maschi per una legge naturale e universale. Tuttavia, secondo gli ultimi dati indiani, mentre la quota di donne adulte aumenta cominciando ad abbozzare la tendenza tipica dei paesi sviluppati, le bambine fino a sei anni sono solo 902 ogni 1000 maschi. Ma attenzione alle differenze: sono 878 nella relativamente benestante città di Ahmedabad, 845 nella ricca South Delhi, 844 a Chandigarth, la città modello disegnata da Le Corbusier negli anni cinquanta. E la correlazione con il livello di educazione dei genitori conferma le preoccupazioni: se i genitori hanno meno di sette anni di istruzione la quota di bambine sale a 934, sopra la media nazionale e vicina a quella fisiologica, al contrario, se ambedue hanno superato l’istruzione secondaria superiore, le bambine calano a 690. Che fare? Ai tempi delle prime denunce di Amartya Sen si mobilitò tutta l’India democratica. Per ottenere la legge del 1994, certamente, ma anche per costruire un movimento di educazione sociale.

All’inizio imboccò la strada sbagliata del paternalismo, invitando i genitori a lasciare le bambine indesiderate negli orfanotrofi che oggi ospitano ben undici milioni di bambine che nessuno vuole adottare. Poi affinò le sue strategie e cominciò a proporre, attraverso le organizzazioni non governative impegnate nelle campagne e negli slum, incentivi economici, cicli di istruzione gratuita e borse di studio per le bambine. A Ranip, uno slum di Ahmedabad dove si svolgono i corsi gratuiti di recupero scolastico delle bambine, Mittel, 12 anni, si prepara a entrare alla scuola di computer grafica e Neha, 14, è sotto pressione per gli esami all’istituto tecnico superiore. Poco importa che sia un enorme sobborgo senza luce, dove l’acqua arriva un’ora al giorno e si cucina usando come combustibile gli escrementi di vacca essiccati. I poveri stanno cambiando: i casi delle bambine soffocate con la coperta o avvelenate con il latte all’oppio e fatte sparire nei campi vicini vanno diminuendo in modo evidente. Insieme all’ossessione dei maschi indu osservanti secondo cui se un figlio maschio non accenderà il fuoco sotto la pira al momento del trapasso, l’anima paterna vagherà senza riscatto di reincarnazione in reincarnazione. Qualcosa di nuovo e di inquietane si affaccia all’orizzonte. L’India che cresce, determinata, ma anche insicura del futuro e memore in maniera vivida della miseria, non ha ancora scelto di considerare le sue bambine e le sue ragazze un patrimonio per il futuro.

Fonte: La Stampa
 
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