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Una silenziosa spettatrice.

Post n°3 pubblicato il 10 Dicembre 2005 da siberianeyes2

La Piazza dell’Orologio costituiva il centro cittadino per eccellenza. Con i suoi duecento metri per lato accoglieva solitamente i mercati del pesce, dell’artigianato e degli ortaggi. A volte vi venivano eseguite le condanne a morte ed ogni quattro anni le elezioni delle rappresentanze cittadine. Quando la famiglia di Aris giunse sul luogo venne completamente travolta da una moltitudine indistinta di individui di qualunque estrazione sociale intenti ad occupare ogni centimetro di spazio libero. Com’era giusto che fosse, alcuni spalti in legno erano stati costruiti negli ultimi giorni al fine di permettere una visuale migliore al gotha dell’isola. Il baccano prodotto da grida, risate e passi svelti sul selciato era indescrivibile e la piccola Kya faceva una gran fatica a comprendere quanto il fratello le spiegava all’orecchio a proposito di quanto avrebbero visto quel giorno. Il padre e lo zio se ne stavano un po’ in disparte a salutare i conoscenti ed i facoltosi commercianti che correvano in tutta fretta a prendere posto, prima che l’Orologio rintoccasse l’inizio della cerimonia. Un folto schieramento di guardie era posto lungo i punti strategici del luogo onde evitare qualunque genere di imprevisto. Aris afferrò saldamente la manina di Kya per non perderla in mezzo alla folla in continuo movimento. Solo quando si rese conto della difficoltà dell’impresa, se la mise sulle spalle. “Fai la brava e non agitarti troppo altrimenti rischi di cadere.” La piccola sorrise dall’alto in basso scrutando con attenta curiosità lo scenario maestoso che le si parava davanti. Un grande palco era stato allestito sul lato nord della Piazza, proprio a ridosso del Municipio. Alcune guardie si apprestavano a farlo sgombrare da un gruppetto di arzille nonnine oltraggiate dalla gran calca che si affollava ai piedi degli spalti dove sedevano con i rispettivi mariti. Gli occhioni nocciola si alzarono istintivamente in direzione del grande orologio sulla torre del Municipio ed un forte rintocco annunciò l’arrivo degli ospiti. Sul palco alcuni uomini suonarono le trombe accompagnando l’ingresso quasi trionfante del Sindaco Karine, impacciato nei movimenti a causa dell’immensa stazza, e del vice Sindaco Oronos, suo fedelissimo servitore nonché fratellastro. Li seguivano gli stranieri giunti da poco sull’isola. Il discorso della “Sfera occhialuta” durò almeno due ore, durante le quali il popolo si accorse per l’ennesima volta della pesantezza della sua oratoria senza fine. Infatti alcuni uomini d’affari si erano allontanati nel frattempo sbuffando nervosamente, mentre una decina almeno di signore-bene era stata colta da collassi imbarazzanti. Aris, dal canto suo, aveva avuto molto da fare per tenere ferma sulle spalle quella piccola diavoletta che si agitava per un nonnulla. Nonostante ciò aveva compreso a fondo quanto detto dal sindaco:gli stranieri erano facoltosi commercianti provenienti dai mari orientali e dopo aver interrotto i traffici con l’Impero, si erano convinti di aver trovato un ottimo cliente nell’isola. Tale scelta avrebbe incrementato le importazioni di merci pregiate, rendendo al contempo più competitiva l’economia isolana. Le presentazioni con relativo inchino degli ospiti suscitarono entusiasmo e grida euforiche da parte di tutti i presenti. Sul tragitto verso casa gli adulti erano affascinati all’idea di poter finalmente mettere le mani su alcuni beni provenienti dai paesi dell’est. Soprattutto il padre di Aris, che con il minerale Moraca poteva costruire orologi di una precisione mai pensata prima. A cena la famiglia ospitò lo zio ed altri parenti. Almeno venti persone festanti banchettavano attorno al tavolo della cucina. Aris, Kya ed i cugini andarono subito in soffitta dove giocarono fino ad ora tarda. All’una di notte tutto il quartiere era sprofondato nel silenzio. Il fumo delle ultime braci lasciava un po’ di odore nell’aria frizzantina, mentre la luna prese a regnare incontrastata sulle anime della città addormentata. Il respiro della sorella sul collo destò il ragazzo che con pigri movimenti uscì dalla finestra e, salito sul tetto, prese ad osservare il pallido disco argentato nel cielo. Un’altra giornata era finita ed il futuro diveniva sempre più incombente. Aris ripensò spesso alla proposta dello zio di partire per un viaggio in nave della durata di qualche mese. Avrebbe visitato a lui sconosciuti, ma soprattutto, avrebbe avuto il tempo per fare chiarezza sul da farsi in relazione al fatto di proseguire o meno la strada intrapresa dal padre e dai suoi avi nel campo degli orologi. In quella fredda notte, però non sentiva dentro di sé l’entusiasmo per una vita stretta tra le quattro mura di una bottega nell’intento di catturare il tempo….Già, il tempo….una forza della quale a malapena avvertiva la straordinaria grandezza a soli dieci anni. Fece un respiro profondo per riempirsi i polmoni di quell’aria fredda e benefica, ma a stento si trattenne dal tossire. Un intenso odore di bruciato gli aveva offeso le narici facendolo alzare in piedi per verificare da dove provenisse. Fu allora che udì i botti assordanti:colpi di cannone, ne era certo. Da quel momento in poi gli eventi precipitarono in fretta nella loro agghiacciante follia. I primi incendi interessarono il quartiere portuale dove le casette di legno abitate da tanti pescatori, bruciarono furiosamente non lasciando scampo agli occupanti. Grida disperate si alzarono alte nel cielo, mentre boati sordi riempirono l’aria da quartiere a quartiere. Vetri rotti, porte divelte, ancora fiamme e poi grida, grida, grida. Aris osservava il terrificante spettacolo dall’alto del tetto, quando il padre lo afferrò con forza e lo spinse dentro casa. Tutti erano in agitazione. Gli adulti erano indecisi sul da fare. Fuggire era la soluzione migliore anche se all’oscuro di quanto stesse accadendo, non era prudente uscire in strada. Lo zio di Aris prese alcuni coltelli da cucina e li consegnò ai maschi. Le bambine furono portate nella stanza di sopra e nascoste sotto i letti. Nel frattempo in città il caos aveva preso il sopravvento. Le fiamme, alimentate da una particolare miscela incendiaria, venivano spinte dal vento verso la collina. In breve anche il quartiere dell’Orologio divenne una vasta massa ardente. Chi non trovava la morte nei roghi scappava per le strette viuzze dell’abitato finendo spesso davanti alle armi degli invasori, che li massacravano senza alcuna pietà. Alcune palle di cannone sparate dalle navi nemiche sorvolavano la città per poi schiantarsi contro gli edifici a ridosso della collina. Una di queste mancò di pochi metri la casa nella quale Aris teneva un coltello in mano e tremava di paura. Le urla ripresero con forza a trapanargli i timpani. Urla di dolore, di disperazione, di rabbia. Urla umane e non. La follia entrò nella vita di un giovane sognatore di dieci anni quando i suoi grandi occhi azzurri videro la porta di casa sbriciolarsi sotto i colpi d’ascia;quando lo zio venne trafitto dalla lama splendente di un animale accecato dall’ira, quando il padre fece da scudo tra una scure e la sua testolina inchiodata dal terrore; quando gli uomini di casa vennero falciati dalle spade insanguinate di giganti incappucciati; quando la madre cercò di impedire ad uno di loro di raggiungere il piano superiore. Ma la morte che aveva fatto la sua comparsa reclamando anime in pasto, lo destò dal torpore del terrore quando la sorellina Kya fu afferrata in alto e scaraventata contro la parete per poi essere decapitata da un colpo d’ascia. Un silenzio innaturale avvolse il ragazzo isolandolo dalle grida furiose del massacro, mentre il sangue della bambina gli colpiva il viso appannandogli la vista e la testa rotolava sul pavimento con una lentezza quasi esasperante. Due grandi nocciole travolte dalla follia lo fissavano dal basso. Aris prese la testa della sorella tra le mani. Non era più in sé. “Corri, corri, corri!” Un pensiero razionale gli attraversò la mente quel poco che bastava per farlo scappare via di corsa schivando due spade durante il passaggio. Corse come un ossesso, ma quella sera non doveva battere alcun record. Gli mancò presto il fiato, ma continuò a salire il pendio in direzione della collina. Senza voltarsi nemmeno una volta arrivò davanti al Tempio. Tuttavia scappò nella direzione opposta infilandosi nella fitta boscaglia che copriva il resto dell’isola. Dietro di sé avvertì ancora le urla degli uomini e delle fiamme, ma ben presto si fecero più attutite. Un’ora dopo dovette fermarsi in una piccola radura affacciata su di un minuscolo specchio d’acqua. Accasciatosi a terra attese che il respiro tornasse regolare, poi, con grande sforzo vi si specchiò dentro e grazie alla luce lunare vide uno spettro. Il sangue macchiava in modo indecente il suo viso. Ma la cosa inquietante era vedere quei cristalli azzurri completamente spenti. Gli occhi di un sognatore che aveva perso tutto in un attimo. Quegli stessi occhi che rimasero tutta la notte ad osservare la testa di una piccola diavoletta che gli era stata strappata via dalla follia umana. Il pianto di un piccolo uomo ferito squarciò indelebilmente la quiete del bosco....E la luna rimase ad osservare silente.

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Commenti al Post:
sailorPAPERINA
sailorPAPERINA il 16/12/05 alle 13:05 via WEB
ho ancora i brividi...ho davanti agli occhi ancora la scena...dai dai fammi leggere ancora....ma te prego scrivilo con un carattere + grande ^_^ che me sto a cecà!!!
(Rispondi)
reika1983
reika1983 il 04/01/06 alle 17:54 via WEB
L'inizio promette bene, hai una padronanza di linguaggio impressionante...l'unica cosa che forse non mi ha tanto fatto piacere è la violenza di quest'ultima parte...sai ke odio la violenza...però sei davvero bravissimo!E do nuovo ti ringrazio tantissimo per qst tributo così speciale...ti voglio bene
(Rispondi)
toorresa
toorresa il 24/03/09 alle 13:52 via WEB
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