Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 21 Febbraio 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

DREAM EVIL: THE BOOK OF HEAVY METAL (2004)

I give up all my life to be… in the book of heavy metal… ecco il contest del terzo album degli svedesi Dream Evil: una spregiudicata dichiarazione d'amore per il metal classico, senza compromessi, potente, indistruttibile, insomma, un disco esplosivo dedicato ai veri metallari, a quelli che ci credono ancora. Efficace no? Il titolo è inequivocabile per un disco pretenzioso, sfrontato ed ironico che si articola in 12 brani che incarnano alla perferzione tutte le sfaccettature dell’heavy con riferimenti ai vari mostri sacri del settore. Quali influenze allora? Iron Maiden, Manowar, Scorpions, Ozzy Osbourne, Judas Priest, Dio, Accept, Twisted Sister… basta così? Abbandonate le tendenze power, i Dream Evil si sono messi anima e corpo nella produzione di un metal classico puro e crudo, non è un azzardo dire che The Book Of Heavy Metal si è infatti piazzato tra le migliori uscite del 2004. La produzione è giocata su chitarre telluriche, i brani, infatti, non sono mai particolarmente rapidi, e una scelta del genere permette di generare riffs assassini, quadrati e roboanti che travolgono l’ascoltatore al primo ascolto. Le linee vocali, manco a dirlo, sono superlative. Ogni pezzo è strutturato in modo essenziale e concreto. La formula compositiva dei Dream Evil non è innovativa, non rivoluziona niente di niente, ma fottutamente convincente e il motivo è soprattutto da addurre alla line-up stellare, di cui già ho parlato qualche recensione fa. The Book Of Heavy Metal, la title-track, è posta all'inizio come un monito a chi si accinge all'ascolto, un brano quadrato, becero, incredibilmente heavy e diretto. Un incipit come questo è da enciclopedia del metal. Un pezzo pacchiano e sguaiato, di chiara impostazione manowariana, con coro alla Accept, eppure basta un ascolto affinché entri in testa per tutto il giorno.

Anche gli Hammefall sono chiamati in causa, infatti, Into The Moonlight mette ben in evidenza grandi chitarre e un ottimo coro. Voilà un altro esempio di essenzialità compositiva e di volontà distruttiva da parte della band svedese. Quadrata, possente lungo tutta la sua durata, The Sledge, lascia decollare un prezioso refrain vocale semplice ed efficace, affiancato da un riff monolitico che ricorda i Saxon più minimalisti. Il testo è di quelli ad effetto, come al solito, la dichiarazione di intenti del disco viene appunto confermata pienamente: << Let me hear it loud and clear, a sound of steel that pierce my ears. This is my Achilles heal, I want an overdose of steel >>. Bene bene. No Way, invece, l’avrebbe potuta cantare Ozzy Osbourne, veloce, diretta, impattante. Si passa poi alla magistrale ed epica Crusader’s Anthem, impostata a mo’ di Savatage, la vera gemma di questo lavoro, nonché la mia preferita. Parte lenta con un riff accademico e una perfetta voce di Niklas Istfeld che si esalta in uno splendido refrain. Sesta trascinante traccia, altra perla: Let’s Make Rock, troppi cori, troppi riffs, troppo oltre. E che dire di Tired? Un mid-tempo energico, massiccio e corale, sembra quasi di sentire gli Helloween. Chosen Twice, di certo, non lascia l’amaro in bocca. È il pezzo più sinfonico dell’intero disco con un ritmo abbastanza cadenzato e immancabili cori, praticamente qui si riscontra la bravura dei Dream Evil, capaci di essere polivalenti nell’interpretazione dei vari brani. La nona traccia ripropone il metal tellurico dell’opener. M.O.M, cioè << Man Or Mouse >>, si presenta con un riff alla Megadeth e cori alla Primal Fear, ma è semplicemente perfetta. Con un arpeggio in 4/4, piuttosto, inizia The Mirror, un altro pezzo convincente che frantuma tutto e tutti, riffs maestosi, cori epici, potenza allo stato puro. Con Only For The Night i Dream Evil si cimentano in un ritmo molto catchy, che alterna parti veloci ad inserti più melodici, senza scadere in soluzioni troppo semplici. La traccia finale è la ballata Unbreakable Chain, interpretata ad hoc da Niklas Istfeld. Che romanticoni! In conclusione, The Book Of Heavy Metal, malgrado la poca originalità, è un gran bel disco, suonato con passione e carattere, un disco progettato per spaccare il mondo in due. Promosso a pieni voti.

 
 
 
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