Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 39

Post n°39 pubblicato il 03 Aprile 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

BLIND GUARDIAN: TALES FROM THE TWILIGHT WORLD (1990)

Una domenica un pò diversa dalle altre. Piatta. Niente Inter ieri, né Napoli oggi. Niente F1 in diretta. Niente di niente. Solo il dolore e la commozione per la morte di un grande uomo, il Papa. Tutto ciò che è venuto dopo mi fa soltanto ribrezzo. Sciacallaggio mediatico. Non mi sembra, tuttavia, il caso di parlarne. Gaudente stasera ascoltavo questo immortale disco. Non avevo, quindi, previsto alcun tipo di recensione. Più per straziante noia che per effettiva curiosità vagavo senza meta su Internet e così ho avuto modo di leggere la notizia dell'improvviso abbandono del divino batterista Thomen Stauch dopo venti lunghi anni di onoratissima carriera! Maledetta coincidenza. Nel comunicato presente sul sito ufficialeè il frontman, nonché vocalist, Hansi Kursch a raccontare, per primo, che la decisione è stata presa e condivisa da tutti i membri dei Blind Guardian che hanno, da tempo, intrapreso direzioni musicali e personali diverse, le quali non hanno fatto altro che causare gravi incomprensioni interne e perciò, per evitare ogni danno alle loro relazioni interpersonali, un così difficiale passo risulta essere praticamente essenziale. Una soluzione triste ma ragionevole. Poi tocca al diretto interessato, Thomen Stauch, che non fa alcuna polemica, ringrazia tutti e chiude silenziosamente la porta. Insomma, si è ufficialemente rotto il fragile giocattolo?

L’esplosione creativa dei Blind Guardian. Tales From The Twilight World (1990) è il decisivo salto di qualità per i tedeschi: le canzoni, la loro struttura, il cantato di Hansi Kursch, tutto è dieci volte meglio dei precedenti lavori. Il songwriting della band diviene piu'maturo, leggermente meno aggressivo, e la componente melodica del combo viene a farsi spazio rispetto alle parti più grezze ed abrasive, qua in netta diminuzione. E come è nella tradizione di molte band, in coincidenza col terzo full-lenght viene fuori un lavoro di tutto rispetto: la componente fantasy è ancora una volta esaltata senza mezzi termini, ed un disco comunque diretto e potente viene messo in mostra da una interpretazione tecnica di tutto rispetto. Questo è il primo album che davvero mostra tutte le potenzialità dei quattro tedeschi di Krefeld, e' l'album che segna l'ingresso nel mondo del Blind Guardian style, ossia di un power metal fatto di riffs potenti, di sognanti melodie e di cori ed atmosfere epiche che ben si sposano con i testi che la band propone. L'opener e' ispirata dal libro "Dune" di Frank Herbert ed è chiamata Traverler In Time e sembra fatta apposta per far capire che l'antifona è cambiata essendo un pezzo che ti prende e ti trascina fin dai primi due accordi e mostra subito una band in formissima, grazie ad una sezione ritmica precisa e potente ed ad una coppia di asce affiatata e tagliente negli assoli e grintosa nella fase ritmica. Mescolando le classiche costruzioni sonore tipiche dei Blind Guardian giungiamo al secondo brano, che li ha resi celebri in tutto il mondo. Welcome To Dying è un vero e proprio inno, uno di quei pezzi capaci di far cantare uno stadio intero se necessario. È un piccolo cult per tutto il panorama power, potenza allo stato puro per questa canzone con un ritornello che conquista, veloce dall'inizio alla fine, che cattura e irretisce grazie ad esplosioni ritmiche che restano in testa a lungo. Perfetta. Con il terzo pezzo del disco, i Blind Guardian si presentano, in una veste un po' insolita, con un brano strumentale intitolato Weird Dreams, facendo capire qualora ancora non si fosse capito che le loro canzoni non sono per niente facili. Bisogna essere ottimi musicisti per proporre un simile duetto tra le chitarre. Tuttavia, Weird Dreams non è altro che il ponte da attraversare per raggiungere uno dei momenti più spettacolari dell’intero disco, ovvero Lord Of The Rings. Un altro capolavoro fa capolino con una ballata mistica e intima che dura solo poco più di tre minuti, chiaramente ispirata all’opera omonima del maestro J.R.R. Tolkien. E qui il gruppo ci presenta un altro volto del loro modo di fare musica. I Blind Guardian non suonano esclusivamente power, bensì uno dei loro punti di forza è la capacità di alternare, anche nella stessa canzone, potenza dirompente e trascinante e arpeggi di chitarra di chiaro sapore medioevale. Divina. Proprio gli arpeggi di chitarra acustica sono la base su cui si costruisce Lord Of The Rings incantando gli ascoltatori. Hansi Kursch si rivela essere un perfetto cantore, capace di trasportarci nel magico mondo del libro fantasy per antonomasia. Si torna a premere sull’acceleratore con la triste e malinconica Goodbye My Friend, speed song nel classico stile del guardiano cieco capace di colpire grazie alle sue melodie mai banali ma sempre convincenti fino all’esplosione nel trascinante coro. Uno schiacciasassi che macina ritmiche e riffs spaccaossa dalla prima all'ultima nota. Arriviamo così a Lost In The Twilight Hall, vetta di eccellenza assoluta del disco, grazie ad una prova da incorniciare dell’intero gruppo sia in fase di songwriting che di registrazione. Qui interviene anche il "magico folletto" Kai Hansen (Helloween) ad impreziosire il tutto con un magico duetto con Hansi Kursch proprio prima del ritornello fatato che è sempre emozionante e coinvolgente come non mai. La classe non è acqua. A seguire troviamo la settima traccia Tommyknockers in cui i bardi schiacciano il piede sulla ritmica, esasperando i toni di batteria e incupendo un po' il sound per mettere in musica l'omonima opera firmata dal geniale Stephen King.  Roberta Anderson, di professione scrittrice, esce un giorno a cercare legna nel bosco dietro casa e inciampa in un oggetto di metallo che sporge dal terreno. Un oggetto strano, assolutamente inamovibile. Un astronave. E' così che scopre la cosa sepolta da milioni di anni, che tuttavia vibra ancora debolmente, palpita di una sconosciuta forma di vita. La donna inizia a scavare per disseppellirla. Dapprima titubante, poi con accanimento crescente. E mentre lo scavo procede, gli abitanti di Haven cominciano lentamente a cambiare, a fondersi in un'unica entità spaventevole asservita a misteriosi esseri alieni che, notte dopo notte s'impossessano della loro mente. Parabola del terrore. Altair 4, invece, rappresenta l'ottava, bizzarra e breve traccia. Questo cd spesso sembra più un concentrato di citazioni che un disco vero e proprio, perché dopo tutte le precedenti in cui si strizzava l'occhio a opere letterarie e non, questa volta a essere musicata è una serie tv di fantascienza degli anni '50. Non ci sono limiti ai mezzi dei Blind Guardian per stupire. Dinamica. Ultimo brano in studio è la dirompente The Last Candle che nell’intro riprende il ritornello di Guardian Of The Blind (da Follow The Blind, 1989), ripetuto più volte, che fa da prologo alla canzone vera e propria, potenza pura nel classico stile del gruppo tedesco. Un’ottima canzone impreziosita, come al solito, da un melodico ritornello che non si riesce più a dimenticare e da un straordinario assolo di Kai Hansen, questa volta in veste di semplice chitarrista aggiunto. La chiusura delle danze è affidata alla bonus-track Run For The Night, un classico tratta dal primo disco e qui presentata in versione live registrata, non proprio in maniera impeccabile, durante uno dei primi tour dei bardi in Germania. L'annotazione più doverosa per questa canzone è anche ciò che salta subito alle orecchie durante l’ascolto di questo brano. La potenza e la velocità della batteria di Thomen Stauch sono impressionanti, la canzone inizia, ma quando parte la batteria sembra sommergere quasi completamente il suono degli altri strumenti con il suo impeto. In conclusione, un disco del genere era ciò che serviva alla band, quel cambio di marcia decisivo per tutta una carriera e si inizia a vedere quello che sarà lo stile futuro dei Blind Guardian: canzoni melodiche e potenti, con molti cambi di tempo e strutture, ancora supportati da un devastante sottofondo di doppia cassa, ma privi dei virtuosismi fini a se stessi. L'inizio dell’età dell’oro.

 
 
 
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