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North Vietnam 7- Wedding Party

Post n°187 pubblicato il 28 Aprile 2020 da nem_o

Ma confondendo i viaggi con la loro parodia,
i sogni con l' azione del partire,
di tutte le sue vite vagabondate al sole
restavan vuoti gusci di parole...
(Gulliver - Francesco Guccini)

E parole siano ancora una volta per la seconda parte della mia trimurtica giornata a Dien Bien Phu.
Una giornata che mi ha portato a crescere come parodia di un viaggiatore e a crescere come parodia di uomo.
Grazie a Dio la giornata non è però stata parodia ma colma di contatti umani, quelli che fanno il viaggio.
Si, viaggio per quello.
I paesaggi e i musei, sono (non) inutile orpello al senso più profondo del vivere una realtà lontana migliaia di km da casa mia e anni luce dalla realtà in cui mi hanno immerso.
La realtà dei fatti mi vuole però in tardi mattinata a piangere (metaforicamente) davanti al cancello chiuso di un museo.
Con dentro la mia motorbike, ovviamente.
Come dicono i giovani, cazzomene.
Provo ad aprire il cancello, sarà mica lucchettato penso tra me e avendo ben in mente l'andi che avevano i dipendenti del museo.
( Andi è tipica espressione piemontese per indicare, secondo il dizionario piemontese-italiano, andatura. Nel parlare comune ha però significato negativo, prossimo a "voglia di fare un cazzo", cioè un bell'andi è un bella voglia di fare poco)
E per fortuna che gli amici vietnamiti dipendenti del museo, pur non avendo la minima idea di dove sia il Piemonte e fors'anche di dove si trovi l'Italia, hanno acquisito in pieno l'andi che necessitavo in questo momento.
Il cancello, di quelli a fisarmonica con le rotelle, non è chiuso a chiave.
Basta farlo scorrere e si apre.
Esco con il motorino senza richiuderlo alle mie spalle.
Perché sono piemontese fino alle mutande e ho fatta mia la canzone dei Truzzi Broders:
"Sono un truzzo, me ne vanto
te lo suono, te lo canto
dopo ciulo un motorino
e me ne sgommo per Torino"
Quindi sgommo.
Per Dien Bien Phu.
Direzione ovest, Rivalta diciamo.
Alla ricerca del bunker del Colonnello de Castries.
Quello da cui sventolò la bandiera del Vietn Minh in una un'iconica immagine alla fine dell'assedio di Dien Bien Phu.
Tralascio le difficoltà nel trovare la ricostruzione del bunker che infatti non trovo o meglio lo troverò solo in seguito, e mi dirigo a cazzo verso ovest, cioè verso il Laos, cioè verso le montagne, cioè non ho la minima idea di dove sto andando.
Datemi uno scooter in Asia e inizio a veleggiare verso l'ignoto.
Imbocco una stradina che passa tra piccoli villaggi di periferia e dopo molteplici bivi prende a salire verso le montagne che fungono da confine naturale tra Vietnam e Laos. Montagne abitate da etnie di montagnard che mantengono ancora parte delle loto tradizioni: Tai e Hmong in queste zone.
Mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa di interessante, risaie secche e animali al pascolo cedono il passo alle foreste man mano che la strada sale. Nulla che mi attragga particolarmente. Ma non era intorno che dovevo guardare bensì sulla strada.
Presto mi rendo conto che è tutto un via vai di scooter con delle donne vestite a festa sedute nella parte posteriore del sellino.
Vedo la prima e non ci faccio caso, poi ne vedo un bel po' e si fa strada in me l'idea che forse c'è qualche festa, qualche ricorrenza tradizionale.
Allora faccio dietro front e provo a inseguire le moto.
Seguo la loro direzione e mi rendo ben presto conto che stanno tornando a casa, dal momento che vengono scaricate in luoghi diversi e non vedo nessuna festa.
Pazienza dico tra me e me.
E no ... non mi do per vinto.
Non sia mai detto.
Forse è il caso di capire da dove arrivano. Non dove stanno andando.
Rigiro lo scooter e riprendo la strada che sale.
Incrocio altri scooter che scendono.
Bene, sono nella direzione giusta.
Quando vedo poi molti scooter parcheggiati a bordo strada capisco di essere arrivato.
Mi volto a destra, alzo lo sguardo sulle pendici della montagna e vedo di fianco alla tipica casa su palafitta un tendone dove è in corso una festa.
Metto la faccia da culo e mi autoinvito?
Sono un po' titubante ma ad un matrimonio Tai non ero mai stato.
Metto timidamente la testa dentro il tendone e subito un gruppo di mezzi ciucchi mi invita a sedere.
Tovaglie fucsia, un soffitto bardato di tessuto rosso con rifiniture oro e tende a fiori vanno a chiudere il banchetto e a dargli quel tono kitsch che solo gli asiatici indentificano con bello ed elegante.
Sui tavoli cibo in gran quantità. Molti tipi di carne, uova e verdure.
Niente birra da bere ma solo una grappa di riso che scorre a fiumi.
Gli uomini sono vestiti all'occidentale mentre le donne hanno i variopinti vestiti tradizionali. Gonna nera lunga fino ai piedi e camicetta di diversi colori - rossa, verde, gialla, fucsia, bianca- che si chiude davanti con bottoni di dorature varie.
Tutte la medesima acconciatura con capelli nerissimi chiusi in una crocchia avvolta da un retino e abbelliti da un spilla a forma di fiore.
Sono felice di essere li e di essere accolto con amicizia.
Mi offrono un po' di cibo e molti bicchierini di liquore.
Dal mattino avevo nello stomaco solo uno yogurt e quindi cerco di non farmi tirare troppo col rischio di ubriacarmi.
Dopotutto sono solo e nessuno, neanche io, so dove sono.
Dopo un manciata di brindisi si avvicina una signora con fare amichevole.
E' visibilmente brilla e vuole ancora brindare con me.
Facciamo due foto insieme e chiama le amiche a festeggiare.
Ad un certo punto però cambia atteggiamento e mi chiede dei soldi.
Diventa un po' insistente e con fare quasi minaccioso pretende i soldi per la foto fatta insieme.
Mentre discutiamo scherzando o scherziamo discutendo uno dei ciucchi al tavolo mi prende gli occhiali e inizia a passarli ai suoi amcici che se li provano.
Per un attimo temo il peggio, cioè che li rompano.
Solo su una stradina di montagna e senza occhiali, ecco l'immagine che in un nano secondo si forma nella mia mente.
Forse mi allarmo per niente ma la poesia è andata via e con essa vorrei andarmene anch'io.
Recuperati gli occhiali mi guadagno l'uscita dal tendone ma due uomini si mettono in mezzo e non mi fanno uscire.
Magari stanno solo scherzando
Ma ormai vedo tutto negativo e voglio solo più andarmene.
Forse capiscono che mi sto innervosendo, forse è finito il loro scherzo, ma infine un uomo mi accompagna fuori.
Mi rilasso.
Mi sembra di tornare a respirare.
O forse era tutto frutto della mia fantasia macchiata dai bicchieri di liquore.
Esperienza bella. Forse più interessante che bella.
Ma in questo momento sono contento di partire con lo scooter.
Chiaramente senza tornare indietro ma proseguendo in salita verso nuovi azzardi.

 

 
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