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Voltaire, Escher, Gentile

Post n°843 pubblicato il 11 Aprile 2015 da giuliosforza

Post 786

 

Ho trascorso questi giorni festivi in compagnia dei Biblia sacra in una recente edizione latina delle Paoline, degli Scritti filosofici di Voltaire nella bella edizione rilegata di Laterza 1962, e dei Contes drolatiques di Balzac in quella formigginiana, di cui ho già riferito su queste pagine.

Rileggere la Bibbia sine glossa nel latino popolare della Vulgata da molto non mi accadeva,  particolarmente in concomitanza col periodo pasquale, così  liturgicamente ricco di simbologie e di rimandi esoterici  anche per i non credenti. La mia attenzione è rivolta in questa occasione soprattutto all’ Antico Testamento, in genere anche da me il meno frequentato nella sua complessità, al quale m’appresso cercando di liberarmi degli idòla tribus, leggi le ermeneutiche confessionali dalle quali siamo stati eruditi, con lo spirito estremamente laico del pensatore libero: precisamente come mi avvicino ai testi “sacri”delle  maggiori spiritualità orientali.

Per quanto riguarda Voltaire, col quale fui molto critico nella lunga introduzione al Candide che curai anni or sono  per l’editrice Armando, trovo sempre acuti i suoi interventi, sempre tagliente il suo stile (tutte le opere dell’Arouet  hanno l’allure del pamphlet) e piacevolissimo, pur se è difficile condividere tutte le sue critiche, sovente vere proprie stroncature, come nei riguardi di Spinoza e di d’Holbach, colpevole il primo di camuffato ateismo spiritualistico, di conclamato ateismo materialistico il secondo, ambedue per lui, irriducibile teista, inconcepibili.  Particolare interesse dedico alla rilettura scanzonata, sotto la guida di Voltaire, dei Libri sapienziali attribuiti a Salomone, e per il novanta per cento concordo con la sua critica. Tralasciando la Sapienza, i Proverbi, il Cantico dei Cantici, mi soffermo particolarmente sull’Ecclesiaste, di cui nel Dictionnaire philosofique così scrive:

 

“Colui che parla in quest’opera sembra disingannato dalla disillusione della grandezza, stanco dei piaceri e disgustato della scienza. E’ un filosofo epicureo il quale ripete a ogni pagina che il giusto e l’empio sono soggetti agli stessi accidenti, che l’uomo non è affatto superiore alle bestie, che sarebbe meglio per lui non esser nato, che non c’è altra vita e che la sola buona cosa ragionevole è di godere in pace il frutto delle proprie fatiche insieme alla donna amata, L’intera opera è di un materialista a un tempo sensuale e deluso. Sembra soltanto che all’ultimo versetto sia stata aggiunta una frase edificante su Dio per diminuire lo scandalo che un tale libro doveva suscitare.

………………..

Quel che sempre fa stupire è che questa opera empia sia stata consacrata tra i libri canonici. Se si dovesse stabilire oggi il canone della Bibbia, l’ Ecclesiaste ne sarebbe sicuramente escluso……Si è fatto per l’Ecclesiaste come per tante altre cose ben più ripugnanti: esse vennero accettate in tempi di ignoranza; e nei tempi illuminati si è costretti a difenderle a dispetto della ragione e a mascherarne l’assurdità e l’orrore per mezzo di interpretazioni allegoriche”.

 

Voltaire era un teista trascendentista convinto, come era convinto, al pari di tutti gli illuministi, dell’immortalità dell’anima. Le sue critiche non vanno dunque considerate come un attacco alla religiosità, ma alla religione, intendendosi, nel suo lessico e nel mio, per religione perfettamente il contrario della religiosità, l’arbitraria istituzionalizzazione dello spirito religioso, la sua mortificazione entro gli schemi del dogma, il soffocamento della suo anelito universale entro le gretole delle interpretazioni settarie.

*

Un’altra casuale scoperta ho fatto in rete in questi giorni: quella del filosofo e teologo ebreo Abraham Joshua Heschel (1907-1972), che per quel poco che ho letto dovrebbe piacermi assai e meriterebbe perciò da parte mia un approfondimento. Trovo la pagina del commento allo Schabbat  molto interessante: possiede i toni di una bergsoniana Ėvolution créatrice dal sapore panteistico a me assolutamente non discari. Scrive:

“La Creazione, ci insegnano, non è un atto che successe una volta nel tempo, una sola volta e per sempre. L'atto di portare il mondo in essere è un processo continuo Dio ha chiamato il mondo ad esistere, e tale chiamata continua. C'è questo preciso istante perché Dio è presente. Ogni istante è un atto di creazione. Ogni momento non è terminale ma una scintilla, un segnale di Principio. Il tempo è un'innovazione perpetua, un sinonimo di creazione continua. Il tempo è il dono di Dio al mondo dello spazio.

Un mondo senza tempo sarebbe un mondo senza Dio, un mondo che esiste in se stesso, senza rinnovo, senza un Creatore. Un mondo senza tempo sarebbe un mondo staccato da Dio, una cosa per se stessa, realtà senza realizzazione. Un mondo nel tempo è un mondo che continua attraverso Dio; realizzazione di un disegno infinito; non cosa in se stessa ma cosa in Dio.
Esser testimoni della perpetua meraviglia del mondo che diviene è percepire la presenza del Datore nel dato, comprendere che la fonte del tempo è l'eternità, che il segreto di essere è l'eterno nel tempo.
Non possiamo risolvere il problema del tempo mediante la conquista dello spazio, con piramidi o fama. Possiamo solo risolvere il problema del tempo mediante la santificazione del tempo. Solo per l'umanità il tempo è elusivo; per l'umanità con Dio il tempo è l'eternità in incognito.
La Creazione è il linguaggio di Dio, il Tempo è la Sua canzone, e le cose dello spazio le consonanti della canzone. Santificare il tempo è cantare le vocali in unisono con Lui.
Questo è il compito degli esseri umani: conquistare lo spazio e santificare il tempo.
Dobbiamo conquistare lo spazio per poter santificare il tempo. Tutta la settimana siamo chiamati a santificare la vita impiegando le cose dello spazio. Nello Shabbat ci è dato di condividere la santità che risiede nel cuore del tempo. Anche quando l'anima è angosciata, anche quando nessuna preghiera può uscirci di gola nel dolore, il puro riposo silente dello Shabbat ci porta nel reame di una pace senza fine, o all'inizio di una consapevolezza di ciò che l'eternità significa. Esistono nel mondo poche idee di pensiero che contengano tanta potenza spirituale quanto l'idea dello Shabbat. Passeranno eoni, quando molte delle nostre amate teorie rimarranno a brandelli, ma quell'arazzo cosmico continuerà a splendere.
L'eternità indica un giorno. Shabbat.”

 

*

Non ricordo in quale mese del 1995, anniversario della morte, per alcuni assassinio, per altri legittima esecuzione, di Giovanni Gentile, si tenne in Montecatini Terme un convegno sul Filosofo di Castelvetrano, nel quale anch’io feci un non mi sovviene quanto sollecitato o spontaneo intervento dal tono assai polemico, che in seguito pubblicai nel mio volume Variazioni sul tema. In parziale risposta alla sollecitazione di Marino Sassi a dire la mia  sul tema dell’attuale situazione scolastica nel nostro paese e sui nuovi, ennesimi per la verità, maldestri tentativi di mettere su una parvenza di teoria della scuola minimamente coerente sensata e credibile, ad esso rimando: all’argomento scuola e riforma è in particolare dedicato uno dei primi paragrafi, che mi pare dica tutto quanto io su esso abbia da dire, anche se altre volte da me più diffusamente detto. Su altre questioni, di natura essenzialmente teorica, qualche mia posizione si è, col tempo, attenuata, non su quella: mi pare abbia ancora valore e non cambierei di essa nemmeno una virgola. Vi prego di non ritirarmi fuori la solita solfa del Gentile fascista. Gentile fu fascista quanto lo furono Marconi e Pirandello, e cento altri dai nomi illustrissimi, nei cui riguardi nessuno tira fuori l’argomento della loro  appartenenza politica. Dirò di più: se il fascismo fosse stato il loro, del loro fascismo mi piacerebbe sentirmi correo. Mi attendo eventualmente osservazioni, obiezioni, stroncature magari, sul piano della dialettica culturale. Par altre schermaglie non ho più le armi affilate né più lo spirito pronto.  

 

________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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