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Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca, Anticoli Corrado

Post n°1197 pubblicato il 18 Giugno 2024 da giuliosforza

1091 

   Ritrovo e pubblico con piacere: è il ricordo di uno dei mille eventi musicali che hanno costellato la mia vita, raccontato sulla sua rivista dal prof Luigi Scialanca, uno che fa cultura, che è cultura. E per questo la scuola sa redimre a  skolé.

 

“ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

“La Musica e il Canto popolare

nella Valle dell’Aniene

   Professor Giulio Sforza - associazione culturale Vivarium

   Civico Museo d’Arte Moderna di Anticoli Corrado, sabato 13 ottobre 200

 

 

“Sabato 13 ottobre 2007, in una sala dello splendido Museo di Anticoli Corrado, abbiamo partecipato a un evento che è stato anch’esso un’opera d’arte. E che, in quanto tale, ha suscitato in noi la fantasticheria di un futuro in cui sarà forse possibile “incorniciare” e conservare, nella loro sensuale pienezza, non solo il “testo”, ma le emozioni, quello che potremmo chiamare il “clima” personale e interpersonale, i colori, le scoperte, i silenziosi soprassalti dei momenti perfetti che di quando in quando ci sono offerti da persone eccezionali, o da persone comuni in un eccezionale istante di assoluta “grazia”, o da entrambi quando i primi, com’è accaduto in questo caso, riescono quasi per magia a dar vita nei secondi a una così rara condizione.

    Parliamo delle Riflessioni sul canto e la musica popolare che il professor Giulio Sforza ha generosamente condiviso con noi nel corso di uno dei più suggestivi appuntamenti di questo bel Festival degli Antichi Suoni che da settembre anima i finesettimana della Valle dell’Aniene. Riflessioni che non sono state oggetto solo di una “conferenza”, ma al tempo stesso anche di uno spettacolo e di un concerto; e nelle quali Giulio Sforza ha saputo così meravigliosamente coinvolgerci da trasformare anche noi in una sorta di “coro” interpretante e commentante: certo, non così esperto e versatile come il vero coro dell’associazione Vivarium che frattanto le illustrava con i suoi canti, alla ‘mbriachegna e non, ma in qualche modo altrettanto presente, altrettanto consapevole dell’importanza della propria funzione nell’assicurare la godibilità e il successo dell’evento.

  “Insegnanti” di questa fatta sono così rari che incontrandone uno viene spontaneo chiamarlo, piuttosto, Maestro. Poiché, presentando il volume I Vivaresi e il Canto Popolare, antologia di musiche e testi scelti e annotati da Beatrice Sforza e Francesco Petrucci, il professor Sforza ci ha letteralmente sollevato e portato con sé (con la parola, col gesto, col terribile sguardo animato non soltanto da implacabile intelligenza, ma anche, per fortuna nostra, da affabile levità ― non a caso è L’evità il titolo della sua ultima raccolta di liriche dell’immanenza) dalla Grecia dei culti dionisiaci alle osterie di Vivaro, dalla Bayreuth di Richard Wagner alla Pescara di Gabriele D’Annunzio, dai monti ove con lui dimorò Zarathustra (Giulio Sforza, Canti di Pan e Ritmi del Thiaso, Subiaco, 2005, p. 74) alle meno rischiose valli ove gli apprendisti come noi si accontentano e son già deliziati dal sentirne parlare così profondamente e voluttuosamente: pendevamo dalle sue labbra, né più né meno come il coro dell’associazione Vivarium pendeva dalla sua mano e dal suo diapason, e a poco a poco la parola e il canto si son fusi nelle nostre menti in quell’armonia così rara, così difficile da ottenere, che è dei sensi e dell’immaginazione insieme”.

Il prof Scialanca riproduce anche la quarta di copertina dei mei volumi poetici, aggiornata in Dis-Incanti. Fa piacere riprodurla amche a me a vantaggio di chi vorrebbe saperne di più sull’autore di queste …dianoie metanoie paranoie…Più paranoie, per la verità!

 

 

 

 

 

“Da una vita ormai Giulio Sforza, intellettuale non allineato, immanentista radicale, difende, nella sua attività di ricerca di insegnamento e di divulgazione, i diritti dell’Uomo totale minacciati, se non conculcati, da una società e da una cultura che è poco dire inestetiche ed anestetiche, affidando all’arte in generale come ragione partecipativa ed alla poesia ed alla musica in particolare il compito di sanare i guasti operati in ogni campo (da quello religioso a quello educativo) dallo spirito di oggettivazione e di trascendenza.

 Tra le cose che ha scritto, nelle quali tenta di teoreticamente giustificare la sua visione del mondo prevalentemente dionisiaca ma non priva di nostalgie per apollinee solarità, ha più care: Metaproblematico e PedagogiaLa Funzione didattica (spunti per un discorso sul metodo come episteme), Educazione e sinistra tra conformismo e liberazione (con Ettore Laurenzano), Studi Variazioni DivagazioniMusica in prospettiva europea (con Maria Teresa Luciani), Altre Variazioni con Spigolature e Polemiche, i volumi collettanei da lui curati L’educazione estetica oggiReligione ed educazioneMusica ed ecologia in prospettiva estetica, Variazioni sul Tema, Vitam impendere Pulchro (Atti delle omonime Giornate internazionali itineranti di Studi e d’Arte promosse dall’Associazione culturale di varia Umanità e Musica Vivarium da lui fondata).

Ha pubblicato tre raccolte di ‘poesia pensante, filosofia poetante’: Canti di Pan e ritmi del thiaso Liriche dell’Immanemza, L’Evità, Aqua nuntia Aquae iuliae. Ha tradotto Held, Lévy, Onimus, Daniélou, Bergounioux, Polin... e, dall’italiano con Jacqueline Held, Rodari (Poèmes au ciel e sur la terre). Per le edizioni ‘Atelier des Grames’ ha curato per la parte italiana l’edizione bilingue del poema in prosa L’a bordée, di Michaël Glück.

Ha pubblicato, per farne dono ad ex allievi ed amici, strappandoli all’etere impersonale e restituendoli all’amata carta, i tre primi volumi del suo blog Dis-Incanti. Il quarto volume è in via di pubblicazione”.

_____________  

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Votazioni europee, Libertà della rete in un post di Sforza citato da Lorenzo Fortunati (2010)

Post n°1196 pubblicato il 13 Giugno 2024 da giuliosforza

1090

   Giornata uggiosa. Minaccia pioggia. Al mio borgo su 134 iscritti finora hanno votato in undici, me compreso anarchico conclamato. Ho ceduto alle richieste di una donna. Merito per questo condanna? Amici anarchici andate a votare, perché non debba troppo vergognarmi. Frattanto io mi rilasso con qualche strofetta metastasiana, che fab proprio al caso, come    

“Se a ciascun l’interno affanno

Si leggesse in fronte scritto

Quanti mai che invidia fanno

Ci farebbero pietà”.

   e con la lettura delle serissime facetissime genialissime comico-tragico-surreali “Intermittenze della Morte” di Saramago, che nel suo simpatico e comodo stile di scrittura, che elimina quasi tutti i punti di interpunzione, al quale sarei tentato di adeguarmi, ci dnarra delle conseguenze   che in uno Stato imprecisato  causa  un mattino di capodanno l’improvviso sciopero generale della morte.

   e per associazione di idee mi sovviene della Sibilla cumana che, impetrata dagli dei l’immortalità e ottenutala, avendo dimenticato di chiedere contemporaneamente la giovinezza eterna invecchiava a tal punto da diventare sempre più una sorta di larva e finire entro un’ampolla e ai devoti che le chiedevano Sybilla ti teleis Sibilla che desideri ripondeva con voce impercettibile come proveniente da lontananze siderali apothanein telo apothanein telo voglio morire voglio morire.

   Ed ora ‘Chairete’ se potete.

*

   Vagando per la rete mi sono per caso imbattuto nel seguente intervento di Lorenzo Fortunati che si pone il problema della libertà della rete, sempre ma in quel periodo particolarmente sentito e discusso: argomento che egli trovò trattato da me nel post 241 (26 gennaio 2010) di questo blog, e che volle, con parole assai elogiative nei miei riguardi di cui lo ringrazio, riproporre all’attenzione ei suoi lettori. È il caso che anche io qui lo riproduca, ritenendo il problema della libertà della rete dal recente episodio dello spegnimento del mio blog per alcuni giorni riposto, poiché mi sembra che in esso il tema sia trattato da me con una chiarezza che non mio è solita e in uno stile piano che non mi fu e non mi è troppo familiare.

Scrive dunque Lorenzo:

   “Settantasettenne e inattuale, da due anni blogger, uomo di rara cultura e sapienza, Giulio Sforza è capace di donare a noi internauti ‘consumati’ una interpretazione della libertà del Web che millenni luce avanti a quella dei tanti meschini Riottelli che abbiamo per l’aere digital televisivo, invocando filtri, cani e guardiani per le rete di domani.

   Stavolta le sue parole sono semplici, almeno in gran parte, per cui segue un invito alla lettura che rivolgo a voi amici. Riporto qui un post del suo blog Dis-Incanti, ma non commentate qui sotto, non solo almeno: vi chiedo di lasciare un piccolo commento, direttamente a lui, QUI. Anche un seplice ‘grazie’ avrà del valore”.

Post 241 di Giulio Sforza

“Verità, verità, verità, che è la Verità? Chi più esplicitamente, che implicitamente, tutti alla fatidica parola fanno riferimento. Ma quale la verità che si vorrebbe dalla rete? La verità di chi? Io credo che richiedere ad essa qualcosa di più che una pura e semplice precisione di dati, dico dati, e di opinioni, dico discutibili opinioni, sia prevaricante e prepari la strada alle censure indiscriminate o mirate (cosa che del resto già si sa avvenire o minacciarsi da più parti) dei regimi preoccupati solo della loro verità, cioè del loro potere. Chi di grazia dovrebbe controllare i contenuti del Web, le idee dei suoi utenti, magari i loro aborti di idee, le loro idee insanite od in sanie? E con quale diritto? Che una nostalgia strisciante per le sacre investiture e i diritti divini si stia impadronendo degli spiriti deboli? Che sia già pronto, da qualche parte l’Indice   dei siti e dei blog proibiti, in procinto di essere pubblicato e con violenza difeso dagli sgherri delle nuove Inquisizioni (laiche o religiose che siano), appena la vigilanza degli spiriti liberi e forti s’allenti? E che stia risorgendo un Istituto per la preservazione della fede? E che si preparino i roghi per i dissidenti e gli eretici, per i naviganti che amino vagare e ‘bacchabondare’, posseduti da ulisside smania di conoscenza, alla ricerca di mondi diversi, fuori dalle prescritte rotte? Simile ad una tavola imbandita sia il Web, ricolma di ogni ben di Dio e di ogni più diabolica, magari attossicante, pietanza, premessa ineliminabile, per altro sì per ogni pericolosa abbuffata ma anche per la più squisita delle autoeducazioni alimentari. Cornucopia ricolmo la rete cui ad ognuno sia consentito di accedere che fame e sete di conoscenza tormentino. Come si può pretendere che l’autoeducazione ( e tale è solo e sempre una verace educazione) alla continenza del sé (cum-teneo, tengo insieme unito) possa veramente avvenire? Non è l’abbondanza delle opportunità e delle disponibilità fondamentale perché una libera scelta sia pensabile? È forse possibilità di locupletazione ove non sia variegatissima offerta? Ed è possibilità di libertà ove non sia possibilità di totale libertà? Non è forse la libertà il più alto dei rischi? Ma non è forse il rischio della libertà pur sempre minima cosa al confronto dei danni certi che la mancanza di libertà assicura? So bene la libertà essere, in ogni campo, figlia di estremo rigore; e so di tutti i bla bla moralistici che i propugnatori delle scelte obbligate (ivi compreso il grande dandy dell’esistenzialismo engagé Jean-Paul Sartre) oppongono alle argomentazioni, per essi sofismi, di chi nega l’esito obbligatorio della libertà dover essere la scelta, in realtà della libertà sostanziale negazione. Atto supremo di libertà è anche, e non è più di tanto paradossale, morire, come l’asino di Buridano, di fame e di sete, non certo per incapacità di scelta, ma per non volontà di scelta, per ludica, orgiastica, débauchée fedeltà alla libertà di scelta, che è anche scelta della non scelta.

   Temo proprio, anzi non temo affatto, me ne compiaccio, doverci tener quell’universale Nous poietikòs ed insieme pathetikòs (che volgare dirlo contenitore!) che la Rete rappresenta tale quale è, e lottare perché tale e quale, salvi fatto gli auspicabili perfezionamenti tecnici che dilatino gli orizzonti e le opportunità, rimanga”.

Chàirete Dàimones

 
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'Sogno di una notte di mezza estate',

Post n°1195 pubblicato il 02 Giugno 2024 da giuliosforza

 

   

 

 

 

 

 

 

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   Guai a chi oserà stamane distrarmi dal  Sogno di una mezza estate shakespeariano tradotto in musica romanticissima da Schumann e  coreografata da quel genio di Balanchine. E poi con una Ferri che non tocca quasi più terra, una Ferri ancora più aerea, vittoriosa più del solito sulla forza di gravità, e un Bolle che non ti dico.

   Questa notte ho dormito male e malamente sognato. È giusto che dagli Amici  William Robert George Alessandra Roberto ne sia ripagato!

*

   Periodo ancora nero nero nero per me.

Oggi per placare un po' la rabbia, che non riesco ancora a smaltire, per l'oscuramento del mio blog, e la perdita, stamane, o il furto, del mio cellulare, mi sono inventato un risottino ai funghi (purtroppo non porcini) che da tanto tempo non riassaggiavo: una mezza via tra risotto e minestra.

Cotti i funghi in padella e ridottili a purea col frullatore a mano, ho preparato un brodino con un involtino di petto di pollo e bresaola della Valtellina, prezzemolo, aglio e cipolla a pezzetti liofilizzati. Dopo circa un'ora ho estratto l'involtino e ho sciolto nel brodo la purea di fughi. A ebollizione ripresa ho gettato i miei 40 grammi di riso, ho aspettato che l'acqua fosse tutta riassorbita, una spolverata di parmigiano reggiano e via.

   Ho trovato il mio risotto-minestra ai funghi davvero squisito/a.

   Gradirei un giudizio degli chefs della rete.

*

Guai a chi oserà stamane distrarmi dal  Sogno di una mezza estate shakespeariano tradotto in musica romanticissima da Schumann e  coreografata da quel genio di Balanchine. E poi con una Ferri che non tocca quasi più terra, una Ferri ancora più aerea, vittoriosa più del solito sulla forza di gravità, e un Bolle che non ti dico.

   Questa notte ho dormito male e malamente sognato. È giusto che dagli Amici  William Robert George Alessandra Roberto ne sia ripagato!

*

   Riflessione mattinale stamane sotto la vasta ombra del pioppo gigante.

Il terzo trentennio della mia vita nel tempo, ancora soltanto simbolo, 'eikòn', dell’Eterno, sta per concludersi, e il quarto annunciarsi nel corso del quale, presumibilmente, il mio tempo da solamente immagine dell’eterno, conclusosi il percorso epistrofeico, tornerà 'aionio' nel seno dell’Uno.

Platone e Plotino mi attendono.

(Ma ho fatto anche riflessioni meno impegnative e più leggiadre, osservando il via vai di bellissime donne coi loro cagnolini e i loro sorrisi al Vegliardo, fantasma ormai arcinoto vagante da un decennio per sentieri e prati di Casal Nei e dintorni).

*

   Dieci giorni fa il mio bonsai Ginseng, dono di Lilli, pareva definitivamente morto. Gli erano rimaste solo tre foglioline semisecche. Poi il miracolo. Bastò che lo spostassi all'ombra perché, senza altro intervento da parte mia, risuscitasse. E così, giorno dopo giorno, assisto al rispuntare di nuove foglioline con la stessa tenera emozione con cui riassisterei ai primi vagiti di neonate nella loro rustica culla. Meraviglia della Vita universa, divina in ogni sia pur minima forma.

*

   Questa rustica culla a dondolo di durissimo castagno inattaccabile dai tarli, costruita da papà (appena tornato, senza il fratello maggiore rimasto tra le migliaia di vittime di Bligny, dal Primo grande Macello dopo sei anni di durissimo fronte: caporal maggiore del Genio Pontieri aveva passato, soleva celiare, sei anni a bagno scaldato dal fuoco delle artiglierie per la prima volta anche aeree) per il primo figlio purtroppo  nato morto; fu essa a neniare i primi vagiti, pianti, sorrisi dei sei pulcini di una numerosa nidiata sopravvissuti, votati  a diversi destini. Ora se ne sta, solitaria per la maggior parte dell’anno, al Frainile con gli altri cimeli di casa, i mobili i quadri e i posters, di viaggio e musicali, che tappezzano i muri, e l’enorme organo elettronico Farfisa, che resiste eroicamente al disuso coi suoi circa sessanta registri e una pedaliera di due ottave. Oggi voglio strappare la culla alla sua solitudine e gettarla nel traffico caotico della rete per narrare di un episodio che ho risognato e riguarda essa e me. Avevo solo qualche mese, si narra, e mentre mamma, sempre indaffaratissima (nel frattempo papà era stato richiamato per un’altra guerra, la guerra d’Africa) sfaccendava, la sorella più grande era incaricata di farne le veci presso la culla. Un giorno, particolarmente nervosa perché tardavo a prendere sonno e ‘gnaulavo’ in continuazione, con uno strattone la fece capovolgere, io le finii sotto miracolosamente  salvandomi: la duttilità delle ossicine in formazione evidentemente m’avevano preservato dai gravi traumi non solo cerebrali che avrebbero potuto seguirne, e la conformazione dei lati della culla aveva consentito il passaggio dell’aria. Nel sogno il mio fratello maggiore (per altro il più pacioso) mi ripeteva con petulanza: hai battuto la testa da piccolo, non ci stai con la testa: ed io reagivo violentemente urlandogli che con la capoccia io stavo assai meglio di lui.

   Mi sono svegliato ancora nervoso, ma paradossalmente più sereno ed obiettivo. Mi son detto: avesse avuto ragione lui? Non è il primo a ripetermi, e fuori di sogno, che io con la testa non ci sto, per scherzo o sul serio me lo ripetono da anni in tanti, soprattutto le donne. Ora confesso che ho veramente ‘battuto la testa da piccolo’, e fu una cosa grave, irrimediabile. E già so anche che nelle mie cicliche future rinascite sarà sempre peggio, ricadrò ogni volta da una culla, magari elettronica, e ribatterò la testa facendomi sempre più male, veramente tanto male. È il mio destino, lo sento. E il bello è che ne sono felice, tanto felice. PERCHÉ SIGNIFICA CHE PER DESTINO IL MIO CERVELLO NON POTRÀ FINIRE MAI ALL’AMMASSO.

 

 

 
 

 

   

 

  
 
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Bonsai rinato., Platone, Plotino, Sciarrino, Pappano, ancora Vico...

Post n°1194 pubblicato il 29 Maggio 2024 da giuliosforza

 

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   Dieci giorni fa davo il mio bonsai Ginseng, dono di Lilli, per definitivamente morto, Gli erano rimaste solo tre foglioline semisecche. Poi il miracolo. Bastò che lo spostassi all’ombra perché, senza altro intervento da parte mia, risuscitasse. E così, giorno dopo giorno, assisto al rispuntare di nuove foglioline con la stessa tenera emozione con cui riassisterei ai primi vagiti di neonate nella loro rustica culla.

*

Riflessione mattinale stamane sotto la vasta ombra del pioppo gigante.

   Il terzo trentennio della mia vita nel tempo, ancora soltanto simbolo, eikòn, dell’Eterno, sta per concludersi, e il quarto annunciarsi nel corso del quale, presumibilmente, il mio tempo da solamente immagine dell’eterno, conclusosi il percorso epistrofeico, tornerà aionio nel seno dell’Uno.

   Platone e Plotino mi attendono.

   (Ma ho fatto anche riflessioni meno impegnative e più leggiadre, osservando il via vai di bellissime donne coi loro cagnolini e i loro sorrisi al Vegliardo, fantasma ormai arcinoto vagante da un decennio per sentieri e prati di Casal Nei e dintorni).

*

Goethe oggi, sul suo almanacco durch das Jahr 2024, mi regala questa delicatissima poesia, dedicata a colei che è Rosa delle rose, Giglio dei gigli.

 

Gegenwart

 Alles kündet dich an! Erscheinet die herrliche Sonne,

Folgst du, so hoff ich es, bald. Trittst du im Garten hervor, So bist du die Rose der Rosen, Lilie der Lilien zugleich. Wenn du im Tanze dich regst, So regen sich alle Gestirne Mit dir und um dich umher. Nacht! und so wär es denn Nacht! Nun überscheinst du des Mondes Lieblichen, ladenden Glanz. Ladend und lieblich bist du, Und Blumen, Mond und Gestirne Huldigen, Sonne, nur dir. Sonne! so sei du auch mir Die Schöpferin herrlicher Tage; Leben und Ewigkeit ist's.

    Nota. Sonne, sole, in tedesco è significativamente femminile. Donde Schoepferin, Creatice. Mentre Mond, luna, è maschile. Questa la capisco di meno. Aboliti prima del Manifesto futurista il …chiaro di luna ed ogni altra lunare romanticheria?

*

   Tornato a Il Sole 24 Ore domenicale dopo anni. Non me ne son pentito. Il suo supplemento culturale domenicale è tra i migliori, se non il migliore, di tutti i supplementi dei quotidiani nostrani. Peccato (celio, naturalmente) vi scriva ancora il Cardinale Ravasi. In realtà ho sempre trovato e trovo il contributo dello studioso Ravasi preziosissimo, e Il Sole 24 Ore ne esce notevolmente arricchito.

 

*

   La nuova Euridice secondo Rilke, di Salvatore Sciarrino all’Auditorium Santa Cecilia.

   A parte i singulti e i sospiri e i soffi dei flauti e di altri strumenti che una volta eran votati a  emettere suoni, e la strepitosa voce del mezzosoprano Halligan, il resto …boh! Non riesco a districarmi nel generale groviglio di voci e rumori.

Segue Il Magnificat di Bach. Pappano tenta, per lo più sforzandosi di leggere la (non) partitura, un arzigogolato forzato e sgrammaticato collegamento tra il genio di Eisenach e l’ingegnoso Palermitano.    Fatica sprecata, caro Sir!

   Al Liceo, non so perché, amavo e ammiravo Vico. Lo ritenevo  un Kant mediterraneo. Quanto mi sbagliavo! Col teorico dei Trascendentali non aveva nulla a che fare; in sostanza a fare e a governatre la Storia ideale eterna  era, nella mente del Napoletano,  un Trascendente in forma di Provvidenza, all’Uomo era riservato solo il compito di capire quale fosse la volontà di Dio e  starsene  'contento al quia! Bella novità davvero! C’era bisogno di scomodare tutto lo scibile umano, cosa ch e Vico straordinariamente fa? A farmi ricredere sul Vico filosofo fu anche la scoperta del Vico uomo :bigotto, oscurantista, nemico dei Lumi, dei loro teorici, del loro Secolo, negato, per meschina scelta, alla Conoscenza; un vile, in sostanza, un personaggio senza dignità, tetro e invidioso (jettatore, lo dicevano!) che passa la vita a fare inchini e ‘genuflessioncelle’ d’uso, a elemosinare senza dignità riconoscimenti e favori per sé e per i figli (al primo dei quali, mediocre, Gennaro, riesce addirittura a lasciare in eredità la sua cattedra – prassi per la verità, se si eccettuano pochi lodevolissimi casi, mai sconfessata degli Atenei soprattutto italiani ove regnarono e regnano, come in ogni campo della pubblica e privata amministrazione, il nepotismo e il favoritismo il clientelismo il portaborsismo più sfacciati che portano alla moltiplicazione degli insegnamenti i quali, se un giorno riguardarono la totalità complessa di una disciplina con i suoi agganci interdisciplinari, via via sono arrivati a riguardare un paragrafo di quella disciplina se non una parola di quel paragrafo, quel solo paragrafo, quella sola parola che gli aspiranti, per lo più pecorescamente affiliati a sette politiche e religiose di ogni colore, conoscono); che  spende il suo tempo di titolare di una cattedra universitaria di retorica, per quanto ritenuta a Napoli, dico a Napoli (dio, che paradosso!) ultima nella graduatoria degli insegnamenti, a scrivere dediche epitaffi epitalami e bolse celebrazioni di ogni genere per politici, dignitari, soprattutto ecclesiastici, i loro servi figli e famigli.

   Per quanto riguarda la dottrina, tutto quello che Vico dice era stato variamente e meglio detto, con più verità ed ironia (di cui Vico è totalmente sprovvisto) da Lucrezio a Montaigne e senza i piagnistei e senza i ricorsi al 'deus ex machina' di una trascendente Provvidenza chiamata all’ingrato compito di giustificare i mille non sensi, le assurdità, le malvagità, le iniquità, le atrocità, nessuno osi negarlo, di un mondo evidentemente mal riuscitole. 

   A salvare il salvabile di Vico e a nobilitarlo penseranno gli Hegel gli Hoelderlin gli Schelling e, da noi, i Gentile e i Croce . E ciò un pochino me lo riavvicinerà. Astuzia della …Provvidenza!

  *

   Due pensieri consolatori ad hoc per me. L’erba cattiva non muore mai. Per uno, per una che t’odia, cento  ti vogliono bene.

______________________  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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Introduzione per una pubblicazione curata dalla collega Miraslowa Zalewska Pavlak dell'Università di Lodz, le vicende

Post n°1193 pubblicato il 21 Maggio 2024 da giuliosforza

 

1087

   Una  collega dell’Università di Łodz), Miroslawa Zalewska Pawlak, con la quale negli anni ho più volte felicemente collaborato, in Polonia e in Italia, mi ha chiesto l’autorizzazione di pubblicare come introduzione a  un testo di Autori vari da lei curato, e dedicato ai destini e ai ruoli dell’Educazione estetica in Europa e fuori, una riflessione che avevo scritto per introdurre il volume Musica mundi della compianta mia collaboratrice Maria Teresa Luciani, poi ripubblicata nel volume Vitam impendere Pulchro dell’Editrice Anicia. Naturalmente gliela accordai volentieri, ignaro delle complicazioni che la legge dei diritti porta con sé. Le difficoltà nacquero dal rettore e dall’editore che volevano giustamente i riferimenti alle fonti delle poche citazioni presenti nel mio testo, principalmente di quella conclusiva di Elias Canetti riguardante il tema stesso del volume in corso di stampa, sul ruolo della musica nell’educazione estetica. La cosa mi infastidì non poco: io cito sovente a mente, grazie alla buona memoria di cui il buon Dio mi ha dotato. Ma per i polacchi la questione era essenziale, per cui ne seguì uno scambio di lettere tra me e Mira di cui cito quella che per me avrebbe dovuto essere risolutiva, anche se negativamente. Scrissi:

 Cara Prof Mira,

   mi sento obbligato a rispondere negativamente alle sue insistenti richieste. Dovrei rovistare senza successo fra le montagne di libri che giacciono ormai morti e polverosi affastellati sugli scaffali delle mie librerie. E non ritiene anche Lei che a novanta anni e sei mesi io abbia altro a cui dedicare il poco tempo che mi resta?  In uno dei libri di Canetti in mio possesso (sicuramente ‘Massa e Potere’, ‘Autobiografia’, ‘Auto da fé’ e forse qualcun altro) troverei la ...'carta di identità' che vi serve, ma sarebbe come cercare un ago in un pagliaio e io sinceramente non ne ho le forze. Non sono mai stato un topo di biblioteca, nemmeno delle mie. E poi mi rendo conto che lo stile affabulatorio e declamatorio così poco scientifico che mi caratterizza, e che è anche del mio contributo, poco s'addirebbe al vostro testo, la cui dignità scientifica finirebbe per compromettere. Quindi tagliamo la testa al toro: eliminate il contributo con le  mie ciance da esaltato e non se ne parli più. La serietà e credibilità del vostro volume certamente ne guadagneranno. Non perdete altro tempo con me. Ne sarei dispiaciuto. Vi chiedo perciò scusa e mi ritiro in buon ordine Ed auguro alla vostra impresa la bella riuscita che sicuramente  merita.

Con affetto e stima immutati.

   Mira mi scongiurò di recedere dalla determinazione e mi misi alla ricerca. Ricordai che tanti anni fa una mia ex allieva, Maria Clotilde Nera, aveva discusso con me la sua tesi di laurea sulle ”Implicazioni educative del pensiero canettiano”. Ne ritrovai il telefono e mi diede la preziosa indicazione: il brano da me citato era tratto da Elias Canetti, La provincia dell’uomo, Adelphi, Milano 1978, p. 35. Ora mi chiedo anche perché mai io abbia citato Canetti, se la mia opinione è alquanto diversa e più complessa della sua e da me solo in parte condivisa. O forse proprio per questo meritava di esser citata?

   Eccola comunque, e non mi dispiace che col titolo Musica e dis-educazione estetica. Un tragittto ventennale sia piaciuta agli amici polacchi e con essa vogliano introdurre il loro volume collettaneo dedicato a Frau Musika e al suo auspicabile contributo alla super-umanizzazione dell’Uomo ancora sospeso tra la scimmia e il Super (Oltre) Uomo.

   «La musica è la migliore consolazione già per il fatto che non crea nuove parole.

Anche quando accompagna delle parole, la sua magia prevale ed elimina il pericolo

delle parole. Ma il suo stato più puro è quando risuona da sola. Le si crede senza

riserve, poiché ciò che afferma riguarda i sentimenti. Il suo fluire è più libero di

qualsiasi altra cosa che sembri umanamente possibile, e questa libertà redime.

   Quanto più fittamente la terra si popola, e quanto più meccanico diventa il modo di

vivere, tanto più indispensabile deve diventare la musica.

   Verrà un giorno in cui essa soltanto permetterà di sfuggire alle strette maglie delle

funzioni, e conservarla come possente e intatto serbatoio di libertà dovrà essere il

compito più importante della vita intellettuale futura. La musica è la vera storia

vivente dell’umanità, di cui altrimenti possediamo solo parti morte. Non c’è bisogno

di attingervi, poiché esiste già da sempre in noi, e basta semplicemente ascoltare,

perché altrimenti si studia invano»

 *

Rimpiango l’epoca dei piombi.  

   Sono a circa metà lettura (per doverosa ulteriore informazione, dopo le mie prese di posizione nei confronti del Giambattista Vico padre quale emerge dal racconto di Marcello Veneziani) de “Il figlio di Giambattista Vico” del giovane Giovanni Gentile, nella recente ristampa, da parte dell’editrice Primiceri di Padova, dell’edizione napoletana di Pierro del 1905, che narra le vicende di Gennaro, il figlio prediletto che, dopo infinite umilianti  riverenze e infiniti baciamani suoi e di suo padre, riuscì a succedergli nella cattedra di Retorica. Già provo fatica e rabbia. Fatica per la ricchissima meticolosa documentazione del giovane Gentile che ho molta difficoltà a seguire (non ho la natura del topo di biblioteca, non ho la pazienza dello storico: preferisco che altri si dia da fare per me nella faticosa opera di ricerca, preferisco che mi si metta, per parafrasare il Poeta, innanzi onde poi per me mi cibi). Rabbia perché sono tali e tanti i refusi del volume, che si tratta di una vera e propria indecenza. Un solo esempio fra le centinaia: il verso virgiliano Felix qui potuit rerum cognoscere causas diventa Felix qui potuti veruni cognoscere causas! E in traduzione rerum, delle cose, diventa della malattia. La punteggiatura poi sembra messa a casaccio, e non si contano gli strafalcioni incomprensibili dovuti alla semplice digitazione. Sarebbero questi i miracoli delle nuove tecnologie? Dove i correttori di bozze che sappiano almeno leggere e scrivere? Ma la colpa non è delle tecnologie, sebbene dell’ignoranza, dell’ignavia e dell’amor sceleratus habendi di stampatori ed editori.

   Sì, rimpiango l’epoca dei piombi gutemberghiani.

______________________  

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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Taube e Schwalbchen,Jacobelli Isoldi,Steiner, Di Nicola, A Farewell

Post n°1192 pubblicato il 18 Maggio 2024 da giuliosforza

 

1086

   Le prime rondini sfrecciano nel cielo arabescando.

   In quale cielo di quale galassia starà giocando la mia rondinella Schwälbchen che fece il suo primo nido nel mio cuore?

   Ed è tornata, tubando con la poca e roca voce che le rimane, la vecchia colomba Taube. Si è affacciata sul verone giusto il tempo di lasciare per me un saluto fecale. L’unico, ritiene, ch’io meriti.

   Cattiva e ingrata d’unaTaube! Ma io perdono, da quel santo che sono!    

*

Da quando ho dichiarato guerra alla morte sto meglio, e sono sereno. Vincerà lei, ma io avrò l’onore delle armi.

*

   Oggi la rifaccio un po’ lunga, per compensare la mia inusuale laconicità e i silenzi degli ultimi giorni. Lo esige la natura dei miei sogni, il sogno del sonno e quello del risveglio.

   Ho incontrato stanotte la professoressa Angelamaria Jacobelli Isoldi che, smessi gli abiti di filosofa, indossava nella ‘finzione’ onirica quelli di una illustre geriatra e psicoterapeuta che si curava dei miei acciacchi e deliri, per fortuna non trementes, senili. Nella vita ‘reale’ era stata presidente di Commissione alla mia Maturità da privatista ad Imperia nel 1948, e l’avrei poi reincontrata, guarda il Caso, o la Provvidenza vichiana, da umile suo collega all’Università di Roma. Alla prova di maturità l’avevo subito avuta alleata, più che giudice, con evidente giustificato fastidio dell’acida commissaria di chimica, offesa della mia semi-ignoranza nel suo campo, avendo io imbottita la mente di migliaia di formule (effetto di un insegnamento puramente formale) ma del tutto ignorante essendo dell’uso pratico di molti semplici prodotti chimici, tipo l’ammoniaca. Si mostrava visibilmente gelosa delle preferenze da me riservate alle discipline filosofico-linguistico-letterarie, nelle quali brillavo. Rispondevo alle domande della Presidente (con la quale s’era subito prodotta una spontanea profonda intesa, figlia di quel sentimento di romantica Ahnung -foscoliani amorosi sensi o goethiane affinità elettive-, che noi diciamo, spesso abusandone ed equivocando con simpatia, naturale empatia) con fervore esaltato; dicevo di Bruno, Campanella, Vico, Kant, Nietzsche, Gentile, Bergson , Marcel…, gli autori da lei nelle sue ricerche di studiosa approfonditi, da me prediletti, con foga inarrestabile. Qualche maligno sussurrava di una nostra pre-intesa. Nulla di più falso. Io fino a quel momento l’avevo conosciuta solo come moglie di un già noto giornalista destinato a una gloriosa carriera, quel Jader Jacobelli dalla famosa, per i miei orecchi indisponente ma a suo modo simpatica, zeppola, uno tra i migliori giornalisti del tempo.

   La conclusione fu che nel giudizio finale fui molto, da lei non solo, assai lodato, nonostante la stizza della commissaria di chimica e qualche altra insignificante riserva da parte del prof di ginnastica, e risultai di gran lunga il primo non solo dei privatisti ma di tutti i candidati della Commissione. Feci colpo, come si dice.

   Ricorderò sempre con stima ed affetto grandi Mariangela Jader Jacobelli, morta assai anziana nel 2018. E la risognerei volentieri nella veste di curatrice delle mie senili dianoie, metanoie, paranoie.

 

   Ora dirò del bel sogno fatto nella ‘realtà’ del risveglio.

   Se con Goethe e i suoi pensieri ‘Durch das Jahr 2024’ (Lungo l’anno 2024) ogni sera son solito addormentarmi, col Rudolf Steiner dello ‘Seelenkalender’ (Calendario dell’Anima) una volta a settimana mi desto.

   Questa mane è la volta della ‘Dritte Woche’ (terza settimana) di ‘Frühling’ (Primavera), che è proprio quello che mi ci vuole per risollevare il mio spirito tentato di depressione. La strofa in versi liberi è quella che, appresa a mente, sovente quasi giaculatoria mi ripetevo negli anni della giovanile esaltazione, e che riassume l’essenziale di quell’olismo, sentimento stordevole del proprio esserci nell’Esserci di tutte le cose, che animò e diede senso ai momenti più belli della mia vita.

   “Er spricht zum Weltenall / Sich selbst vergessend / Und seines Urstands eingedenk, / Des Menschen wachsend Ich: / In dir, befreiend mich / Aus meiner Eigenheiten Fessel, / Ergründe ich mein echtes Wesen”.

   “Così parla all’Universo, di sé dimenticandosi e memore del suo primordiale stato, l’IO dell’uomo in crescita: in te liberandomi dalle catene della mia particolarità, io scopro la mia vera Essenza.

 A questa strofa ero solito unire quella dello steineriano Arturo Onofri, finissimo poeta illuminato, trascurato dalla tronfia incultura post-bellica. Si tratta dell’inizio di ‘Terrestrità del Sole’, che con la seguente invocazione alla Natura steinerianamente recita:

   “Madre, ch’io mi dimentichi della mia forma arcana / per confondermi in te nella tua Vita immensa: / Ch’io rompa le strettoie della mia fosca tana, / ove sto nella triste obliquità che pensa, / per sentir nel mio sangue il brivido solare / della tua pura vita….”.

   Buon Tutto a tutti.

*

   Il musicologo Paolo Di Nicola, caro nostro amico e compaesano, mi fa sapere con gioia di essere finalmente riuscito ad avere dei biglietti per il tempio wagneriano di Bayreuth, il Festspielhaus  costruito in maggior parte per volontà dello sventurato Ludwig II di Baviera, ‘folle’, come è risaputo, di Wagner, ove dal 1876 si svolge un festival dedicato esclusivamente alle opere del Compositore lipsiense. Crepo d’invidia. Io ho tentato tutta la vita di averli, ma non mi è mai riuscito, nemmeno col …patrocinio di altissimi personaggi che ebbi, per via indiretta e per ragioni affettive, modo di frequentare: il festival di Bayreuth, mi si disse, rappresenta per chi vi è ammesso, uno status simbol,  un  palcoscenico per  oligarchi di tutto il mondo e relativi codazzi, la maggior parte dei quali non capisce un accidenti dell’arte di Euterpe, non può importargliene di meno, e a Frau Musica preferisce altro tipo di amanti. Pare, dice Paolo, che dall’anno scorso qualcosa sia cambiato. Me l’auguro per voi, amici miei. Io, ormai…

   Un’amara considerazione.

   Come rilevai, qualche tempo fa l’assenza, in un manifesto pubblicitario di una casa editrice musicale di Lipsia ove erano rappresentati  i più grandi musicisti dell’otto-novecento, di un italiano salvo Puccini, così noto che all’inaugurazione del Teatro wagneriano, che coincise con la prima rappresentazione assoluta di quel miracolo che per me rappresenta  la Tetralogia Der Ring des Nibelungen (L'anello del Nibelungo, 13- 17 agosto 1876, con Hans Richter direttore regia del compositore, Lilli Lehmann e Heinrich Vogl protagonisti alla presenza di Franz LisztEdvard GriegCésar CuiWalter DamroschHermann LeviNikolai RubinsteinAnton BrucknerGustav MahlerCamille Saint-SaënsFriedrich NietzscheLev Tolstoj, l'imperatore Guglielmo I di Germania e re Ludovico II; il critico musicale era Pyotr Ilyich Tchaikovsky.) anche qui nemmeno un italiano: eppure il mio amico Richard amò tantissimo l’Italia, fece di Ravello la sua Bayreut italiana, ammirò ed amò la sua storia, la sua cultura passata, anche musicale, in Italia, a Venezia, trasse l’ultimo respiro. E nell’anno del comune centenario girò un simpatico medaglione (che a me piacque tanto da farne uno dei più cari fermagli dei miei foulards) che ritraeva i loro due volti in un solo. Perché il mio amatissimo Richard non invitò almeno il suo coetaneo Verdi? O fu Verdi a rifiutare? Non me ne do pace.

*

   In una remota epoca  un simpatico già scheletrico, per non dire ischeletrito, Brother John, reduce dalle missioni delle Seychelles, tentò di farmi amare la imbarbarita, ai miei orecchi, lingua di Shakespeare (destinata a vieppiù imbastardirsi in bocca agli yenkees), anche attraverso delle canzoncine folkloristiche, una delle quali mi chiese un giorno di accompagnare al piano per i compagni di corso ignari di lettura musicale una canzoncina che mi piacque assai. Si trattava di un motivetto popolare in Inghilterra su testo di Charles  Kingsley e musica di ignoto (o di Kingsley stesso’). Kingsley era un fervente ecclesiastico anglicano ortodosso finito  cappellano della Regina Vittoria, zelante attivista socialista (ma la sua ideologia non gli impedì di essere un feroce razzista, soprattutto nei riguardi degli irlandesi, rei di reclamare l’indipendenza,  che  chiamava ‘repellenti scimpanzé’),  amico di Darwin e suo corrispondente. La canzoncina mi piacque ed era destinata a mai uscirmi di memoria. Negli anni l’ho anche usata come ninna nanna, fra le mille, per le mie figlie, e fatta spesso cantare dal mio Gruppo corale ‘Metanoesi’. Pure stamane mi sono alzato col motivetto nelle orecchie e tutto il giorno me lo sono involontariamente ricanticchiato (quando sogno musica, tutto il giorno non esco, chissà perché, mai di sogno). Eccone il delicato testo; per la musica dovrete contentarvi della mia trascrizione a mente, non so quanto fedele all’originale. In rete non l’ho trovata e non ho ancora imparato a riprodurre musica sull’ordinateur (il francese è un dispetto agli anglofoni), come lo chiamò nel Seicento quel geniaccio bigotto di Pascal, vero scopritore del diabolico aggeggio. Nelle poche frasi musicali è racchiusa una immensa malinconia. C’è un bambino che parte, e il papà o il nonno o la mamma hanno per lui un estremo dono: un bellissimo insegnamento di vita racchiuso in una malinconica melodia che non ha bisogno di essere scritta in tonalità minore per esprimere tutta la carica di sentimento che implica una separazione.

A FAREWELL

My fairest child, I have no song to give you;
No lark could pipe in skies so dull and gray;
Yet, if you will, one quiet hint I'll leave you,
For every day.

I'll tell you how to sing a clearer carol
Than lark who hails the dawn or breezy down
To earn yourself a purer poet's laurel
Than Shakespeare's crown.

Be good, sweet maid, and let who can be clever;
Do lovely things, not dream them, all day long;
And so make Life, and Death, and that For Ever,
One grand sweet song.

La melodia, che purtroppo non sono in grado di riprodurre qui, non è meno raffinata delle parole.

______________________  

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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Ridata visibilità a Dis-Incanti, comunicazione di Kika Joobs, con Muzio Attendolo e Vittoria Colonna a Pescara

Post n°1191 pubblicato il 14 Maggio 2024 da giuliosforza

 

1085

  ANNULLATO L'OSCURAMENTO DEL BLOG.

  Avevo appena finito di scrivere per fb:

   “Il Big Brother orwelliano continua nella sua opera di ag-gregazione ('ad-gregem') alias massificazione, alias ingreggiamento, e riattiva sotto altri nomi Indici e Roghi. Spiriti liberi, Allerta!

  quando mi è arrivata la seguente laconica comunicazione:

  ‘Ciao Giulio Sforza. Libero Community ha deciso di riattivare il tuo blog Dis-Incanti. A presto’.

  Tre giorni fa avevo a mia volta inviato la seguente lettera:

  Gentili Signori, Spett.le Italiaonline SPA,

  mi rivolgo a voi per contestare la sospensione del mio blog su Libero, avvenuta senza preavviso né specificazione esatta delle presunte violazioni che hanno condotto a tale decisione. In quale post è contenuto il testo incriminato? Non è dato sapere.

   Come creatore di contenuti dal 2008, ho sempre operato nel rispetto delle linee guida della piattaforma, ed è mia premura assicurarmi che i contenuti pubblicati siano conformi alle norme vigenti e rispettosi dei diritti altrui.

   Il mio blog non è solo un hobby, ma una componente essenziale della mia espressione personale e interazione con la comunità, particolarmente significativa anche vista la mia età avanzata. La sospensione improvvisa del servizio non solo mi ha privato di questo fondamentale strumento di comunicazione, ma mi sta anche causato notevole stress e disagio fisico per i quali spero di non dover ricorrere a cure mediche.

   Vi chiedo cortesemente di specificare quali contenuti del mio blog sono stati ritenuti una violazione delle normative, di indicarmi precisamente il post di blog contenente la violazione stessa,  fornendomi in tal modo la possibilità di rettificarlo, o al limite, se necessario, di cancellarlo e poi ripubblicarlo in forma modificata..

   Sollecito il ripristino immediato del servizio, come previsto dalle buone pratiche in materia di gestione dei contenuti e diritto di autore. La rimozione totale e immediata del blog senza specifiche indicazioni viola il principio di proporzionalità e giustizia, soprattutto considerando il lungo periodo durante il quale il blog è stato attivo e il rispetto dimostrato nei confronti delle norme comunitarie.

   Confido nella vostra collaborazione per risolvere questo malinteso e ripristinare il mio blog al più presto.    Resto in attesa di un vostro sollecito riscontro.

   Mi auguro non vogliate costringermi a ricorrere all’assistenza di un Legale.

   Cordiali saluti,

   Professor Giulio Sforza”.

    Sono felice che la brutta faccenda si sia risolta senza complicazioni. Ringrazio la Community di Libero per essersi dimostrata illuminata e sensibile e torno sereno e rassicurato al mio lavoro.  

 *

   Leggo su fb la seguente comunicazione di Kika Joobs:

   Ciao a tutti, spero stiate bene!

Volevo condividere con Voi un progetto speciale a cui Jimmi ed io stiamo lavorando di recente: il canale YouTube 'Julia Con La J':

https://www.youtube.com/@IngleseConJulia

   Su questo canale nostra figlia Julia insegna l'inglese di base ai bambini italiani, in modo divertente e coinvolgente, con l'aiuto di simpatici personaggi animati.

    È un'iniziativa che ci sta molto a cuore, e saremmo felici se poteste seguirci e supportarci!

   Ogni visualizzazione e condivisione é preziosa per noi e ci aiuta a far crescere questo progetto che, speriamo possa essere utile a tanti piccoli appassionati dell’inglese!

   Finisce che Julia con la J riconcilia con la lingua di Shakespeare anche quel bambinone novantunenne dal nome Giulio con la G suo dirimpettaio, che le vuole un sacco di bene, le fa tanti complimenti ed auguri, estensibili a mamma Francesca, a Papà Jimmi. per il successo della splendida iniziativa.

*

   Visto il carattere vagamente esoterico (nei personaggi riprodotti e nei simboli) degli anelli cartacei o metallici che uso per sciarpe e foulards, spesso mi si chiede se appartengo a qualche setta. Certo, rispondo, a una importante, aristocratica setta, aristocratica tanto da aver un sol membro: Giulio Sforza.

*

   Era di Maggio, a metà del percorso di mia vita, circa 45 anni fa, ed ero a Pescara a presiedere un Concorso Magistrale. Era il periodo più turbolento della mia vita, ma anche il più esaltante: il mio superomismo vitalistico era al suo apice, al suo apice la mia infatuazione bruniana e nicciana. Alla primissima alba, prima che il traffico impazzisse, ero solito passeggiare pensoso per le strade antiche e nuove della città del Vate e  soffermarmi a lungo a contemplare il sonnolento Pescara dal ponte “Risorgimento” che lo sovrasta e che collega l’antica Pescara e Castellamare, dalla cui fusione era nata la città moderna. Sul ponte pensavo a Muzio Attendolo Sforza, il capitano di ventura fondatore della stirpe, e alla poetessa animatrice, dopo la prematura morte del marito Fernando Francesco d’Avalos nella battaglia di Pavia del 1526, di salotti in odore d’eresia a Roma e nel Castello Aragonese ischitano: di quella Vittoria Colonna dico, che tal Michelagnolo Buonarroti, suo ammiratore e innamorato folle, aveva in una delle sue rime celebrato  come Un uomo in una donna, anzi uno Iddio. A Muzio e a Vittoria è dedicato il ponte Risorgimento che collega Corso Vittorio Emanuele con Viale Marconi con solenni scritte, recentemente dal comune restaurate. L’uno era affogato a quel punto del fiume nel 1424, quando il ponte era formato solo da barche malamente l’una all’altra accostate, nel tentativo di salvare dai flutti un suo cavaliere. Lasciava sette figli legittimi avuti da tre mogli, e dieci illegittimi, poi legittimati, avuti da diverse amanti, era diretto a L’Aquila per difenderla da capitani di ventura che se la contendevano. L’altra di Pescara fu duchessa perché moglie di Fernando Francesco d’Avalos marchese d’Ischia e di Pescara. In una di quelle albe pensai i versi esaltati che riportai sul modesto bastone di canna che quella mattina mi accompagnava, la cui impugnatura consisteva in un cimiero in miniatura che avevo acquistato in un mercatino di Porta Nuova e che sicuramente era appartenuto a un pupo di qualche teatrino siciliano…

   Questi i versi, di cui solo un poco mi pento:

   E in me riviva l’anima di Muzio

   E di Francesco. Di guerrieri stirpe

   E d’umanisti, della Pax Romana

   E delle rinascenti umanità

   Vindici illuminati,

   Ebbero i miei antenati

   Il rispetto del genio nel Da Vinci

   E in Jagellone barbaro l’ossequio

   Della forza brutale. Febo ed Ares

   In fraterno connubio

   Protessero gli alari

   Del castro longobardo,

   E una progenie al mondo generarono

   Che lo SFORZA ad esistere.

   Sia lode a te, guerriero generoso

   Che donasti la vita

   Nei gorghi del Pescara  (vetus urbis

   Numen, patris et vatis

   Flumen, due volte sacro

   A me) pel Cavaliero.

   E me proteggi nell’estremo agone

   Contro i gorghi del tempo, onde affogare

   Possa, Padre, e m’eterni

   Dell’Assoluto nel placato mare.

______________________  

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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Morte di Claude Held e di Michel Cosem, Oscuramento del blog

Post n°1190 pubblicato il 14 Maggio 2024 da giuliosforza

 

1084   

   Una tristissima notizia mi raggiunge. È scomparso il grande poeta e scrittore per l’infanzia Claude Held, che i miei lettori ben conoscono per aver partecipato, come amico e come relatore, alla maggior parte delle nostre Giornate internazionali di Studi e d’Arte. Con la sposa Jacqueline, coautrice di molti suoi testi internazionalmente noti, amava tantissimo Vivaro, sul cui nome, in gara con la consorte, scrisse un bell’acrostico che custodisco al Frainile. A una loro permanenza di vari giorni da noi dedicarono un fascicoletto poetico dal titolo “De Rome aux Abruzzes” (Collection “Lieu: encres vives”), che in sua memoria intendo pubblicare, in traduzione con testo originale a fronte, al più presto, a cura dell’Associazione culturale di Varia Umanità e musica ‘Vivarium’.

  Offenderei il suo laico lucido razionalismo se mi perdessi in lamentazioni funebri. Gli rimprovero solo d’avermi voluto precedere nel grande Salto (nel Vuoto, nel Tutto, in Dio?).

   In sua memoria porterò da oggi all’occhiello il distintivo ricordo del “10ème Marché de Poésie” (Juin 1992) che egli mi donò in ricordo di una fatata notte a Place Saint-Sulpice, dove il ‘Marché’ si teneva.    

________

Ho appena finito di scrivere questo di Claude che un’altra brutta notizia mi giunge attraverso internet. Ieri 10 maggio ricorreva l’undicesimo mese dalla morte di Michel Cosem (1939-20), poeta fondatore della rivista che ha pubblicato “De Rome aux Abruzzes”. Di lui si riporta la seguente poesia:

 Mort d'un poète

 Je reconnais l'impardonnable linceul

Celui qui coupe

et qui éloigne

Celui pour lequel nous ne sommes rien

Et qui emporte inéluctable

toutes les racines

tous les soleils

Pour un terrible amas de cendres

Riconosco l’imperdonabile sudario

Quello che tronca

e che allontana

Quello per il quale noi  siamo nulla

E che ineluttabile

Strappa via tutte le radici

Spegne tutti i soli

Per un terribile ammasso di ceneri.

 *

Un po’ di luce comincia a farsi sulla vicenda del mio blog oscurato. Libero mi fa sapere che io avrei violato alcune regole del lungo contratto  che colui che apre un blog implicitamente accetta, un articolo di esso in particolare. Accusa vaga che non specifica né la natura della violazione né l’articolo cui si fa riferimento. Naturalmente ho risposto con una lunga articolata lettera, con richiesta di immediata riaccensione del blog e indicazione precisa del post incriminato, in modo che io possa eventualmente correggere o eliminare in tutto o in parte il post o i post sotto accusa. Naturalmente ho anche accennato al gravissimo stress psicologico cui la vicenda mi sta sottoponendo, particolarmente pericoloso in un ultranovantenne.

   Qualche amico mi ha fatto notare una strana coincidenza: l’oscuramento sarebbe coinciso con la pubblicazione del post 1083 nel quale liberamente ma civilmente, anche se talvolta con un pizzico di ironia, dico la mia su un libro, molto presente in questo periodo sui media, di un noto giornalista che peraltro conosco e che ho sempre stimato e stimo per la sua vivacità e libertà di pensiero. Naturalmente mi rifìuto di vedere un rapporto fra i due eventi. Non riuscirei nemmeno a immaginarlo.      

*

   30 APRILE 2024: OSCURAMENTO, DOPO SEDICI ANNI DI VISIBILITA’, DEL MIO BLOG DIS-INCANTI.

   Segnalazione di qualche giorno fa su fb:

   Al momento di pubblicare il post 1084 del mio blog Dis-Incanti mi accorgo che il blog è dato da Libero introvabile.

   Da ormai due giorni è inaccessibile. Qualcuno mi spiega cosa può esser successo? Problema tecnico di Libero o virus o censura? Grazie

   A tutt’oggi nessuna risposta esauriente da Libero, pur sollecitata da varie parti, sicchè debbo ragionevolmente ritenere che ormai sia irrecuperabile. Scrivo su fb:

   Dunque il mio blog s'è volatilizzato e nemmeno il gestore Libero se lo spiega, o finge di non spiegarselo. Non capisco chi e come abbia potuto impossessarsi dei miei dati e farmi questo regalo, Eppure così innocuo e insignificante è quello che scrivo! A chi posso dare fastidio? Ma confesso che dopo sedici anni di conversazione con questo mio impersonale pubblico lo sentivo vicino e lo amavo, e perderlo mi ha dato un po' la sensazione di essere morto (o forse già lo sono e non me ne rendo conto?)

Comunque Chairete aèi Dàimones! Ora più che mai. A dispetto di tutto.

   P. S.

   Ma Il blog non è perso! Quasi presàgo, l'ho strappato all'etere e ridato in tre volumi alla amata carta per farne dono agli amici. Se camperò intendo pubblicare il quarto, insieme all'ultima raccolta poetica "La sera di Pan", entro la fine dell'anno.

   Nel frattempo una Laura si è fatta viva cosi:

   Sul tuo caso specifico sono necessarie delle analisi tecniche, ti chiediamo la cortesia di pazientare: ti ricontatteremo noi appena avremo una risposta. Cordiali saluti.

   Meglio di niente. Prima una tal Martina aveva scritto:

   Gentile Cliente,
   per capire meglio il problema ti chiediamo di fornirci maggiori dettagli, trascrivere eventuali errori che hai visto e, se puoi, allegarci degli screenshot (schermate).
 
   Segue un lungo elenco di norme:

  COME ACQUISIRE LE SCHERMATE SU PC

Sistemi Microsoft: premi il tasto “Stamp” sulla tastiera e poi incolla il contenuto (tasto Destro del mouse e “Incolla” oppure premendo i tasti “Ctrl” + “V”) in un documento come Word o Paint. In alternativa puoi usare lo Strumento di cattura di Windows o un software come Photoshop o Gimp.
   Sistemi Apple: premi i tasti Comando (
) + Maiuscole +3. L'istantanea viene salvata sulla scrivania come file .png. (maggiori info https://support.apple.com/it-it/HT201361)
 
   COME ACQUISIRE LE SCHERMATE SU CELLULARI E TABLET
- nei sistemi iOS, premi insieme i tasti Accensione e Home; quando senti uno scatto, l'immagine acquisita viene salvata nella cartella "Immagini"
Per i modelli Apple da iPhone X e successivi premi contemporaneamente i pulsanti Volume su e Power/Side Up. Verrà quindi acquisita una schermata e un’anteprima apparirà nella parte inferiore dello schermo
- nei sistemi Android, premi contemporaneamente e tieni premuti per 2 secondi i tasti Accensione e Home; quando senti uno scatto, l'immagine è salvata nella cartella "Galleria/Screenshots"
- nei sistemi Windows Phone, premi contemporaneamente il tasto Accensione e il tasto + del volume; l'immagine viene salvata nella cartella "Foto/Schermate"
 Per cortesia inviaci tutto rispondendo a questa segnalazione.

Cordiali saluti,
Martina

La vicenda ha tutta l’aria di un mistero incomprensibile ed irresolubile. Staremo a vedere. Intanto un’idea sul perché dell’oscuramento del mio blog senza preavviso e senza motivazione esplicita me la sto facendo. Forse ne vedremo delle belle.

Nell’attesa scrivo:

   Spett.le Italiaonline SPA

   Gentili Signori,

mi rivolgo a voi per contestare la sospensione del mio blog su Libero, avvenuta senza preavviso né specificazione esatta delle presunte violazioni che hanno condotto a tale decisione. In quale post è contenuto il testo incriminato? Non è dato sapere.

   Come creatore di contenuti dal 2008, ho sempre operato nel rispetto delle linee guida della piattaforma, ed è mia premura assicurarmi che i contenuti pubblicati siano conformi alle norme vigenti e rispettosi dei diritti altrui.

   Il mio blog non è solo un hobby, ma una componente essenziale della mia espressione personale e interazione con la comunità, particolarmente significativa anche vista la mia età avanzata. La sospensione improvvisa del servizio non solo mi ha privato di questo fondamentale strumento di comunicazione, ma mi sta anche causando notevole stress e disagio fisico, spero di non dover ricorrere a cure mediche a causa di questo.

   Vi chiedo cortesemente di specificare quali contenuti del mio blog sono stati ritenuti in violazione delle normative e di indicarmi precisamente il post di blog contenente la violazione, e fornirmi la possibilità di rettificarlo, o al limite cancellarlo e poi ripubblicarlo in forma modificata. Tale chiarimento è essenziale per permettermi di comprendere ed eventualmente rettificare.

   Sollecito il ripristino del servizio in attesa di una mia azione correttiva, come previsto dalle buone pratiche in materia di gestione dei contenuti e diritto di autore. La rimozione totale e immediata del blog senza specifiche indicazioni viola il principio di proporzionalità e giustizia, soprattutto considerando il lungo periodo durante il quale il blog è stato attivo e il rispetto dimostrato nei confronti delle norme comunitarie.

   Confido nella vostra collaborazione per risolvere questo malinteso e ripristinare il mio blog al più presto. Resto in attesa di un vostro sollecito riscontro e sono disponibile per qualsiasi ulteriore chiarimento possa essere utile a risolvere la situazione in maniera costruttiva.

   Mi auguro non vogliate rendermi necessario ricorrere all’assistenza di un Legale.

   Cordiali saluti,

   Professor Giulio Sforza

   Attendo gli ulteriori sviluppi

______________________  

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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Carlo III, Fantasma di Mastro Lavinio, 'O Signore dal tetto natio', il Nietzsche di Sandro Marano

Post n°1189 pubblicato il 30 Aprile 2024 da giuliosforza

 

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A proposito dell’incoronazione di Carlo III.

   Come ben sa chi mi conosce, non ho mai avuto simpatie per l’Inghilterra (retaggio della mia infanzia da balilla nella quale si fece di tutto per inculcarmi l’odio per la ‘perfida Albione’, anche attraverso un medaglione da appuntare sulla camicetta nera recante la scritta “Dio stramaledica gli Inglesi”) se si escludono la sua letteratura e la sua filosofia. Ho soprattutto odiato e odio i suoi secolari imperialismi e colonialismi, non ultimo quello linguistico, che ritengo responsabili delle maggior parte dei mali che ancora oggi affliggono il mondo. Eppure, eppure un signore inglese mi è sempre piaciuto e mi piace, un signore coltissimo, unico tra i regnanti inglesi laureato, antropologo archeologo storico, amantissimo delle arti e della musica in particolare, umanista sommo in senso pieno, che è stato incoronato re con una pompa anacronistica d’altri tempi sotto la solita pioggia battente (ma il Tamigi non tracima mai a trascinarsi con sé al mare il grande lordume anche morale di cui pare Londra trabocchi?).

   In un giorno d’agosto del 1991 assistevo, al palazzo del festival di Salisburgo (o di Lucerna, non mi sovviene, i due Festspiele  svolgendosi nello stesso periodo; anzi sicuramente di Lucerna, perché ero pellegrinante  a Tribschen, al suo parco sul lago e a quella splendida casa, ora museo,  per sei anni, dal 1866 al 1872, dimora di Wagner che in essa omaggiò, in una fatata alba natalizia, come dono di compleanno,  di quel gioiello del Siegfried-Idyll eseguito sullo scalone principale da un complesso cameristico, Cosima e i figli al loro arrivo), assistevo, dicevo,  ad uno spettacolo insolito di cui m’aveva fatto dono una amica assai influente, dotta e bella, e per l’occasione anche devota a Frau Musika: è risaputo  Bayreuth Salisburgo Lucerna essere stati per decenni, non so adesso, prenotati da commercianti uomini politici autocrati banchieri con relative corti e coorti, ostentanti il loro quasi monopolio dei Festival  come  simbolo della loro condizione sociale privilegiata, dell’ evento musicale  poco o niente sapendo, né per la verità importandogliene. Si trattava della rappresentazione insolita in forma di balletto, stupenda coreografia di Maurice Béjart, della bachiana Passione secondo Matteo. Io non ero molto preparato, psicologicamente, a godermela: ritenevo, aprioristicamente, un tale spettacolo una profanazione, e per di più, occupando uno dei primi posti in platea, ero costretto a osservare i piedi ignudi e sporchi dei ballerini, i loro volti e i loro corpi sudati: il che, ve l’assicuro, non era un gran bel vedere. Per questo motivo ogni tanto mi voltavo a controllare la reazione degli altri spettatori e mi meravigliavo della loro compostezza. E in una di quelle …retrospezioni mi accadde di osservare qualcosa di talmente inatteso da farmi sussultare: confuso tra la folla degli spettatori stava, compostissimo e attentissimo, il principe Carlo. In quel momento lo sentii quasi fraterno amico in Frau Musika, mi sentii sodale della sua Anima sensibile e bella.

    Per questo mi sarebbe piaciuto vedere la Passione secondo Matteo in forma di balletto proiettata sulla facciate di Buckingham Palace e dei palazzi di una Londra redenta, in luogo di tutto il ciarpame commonwealthiano sfilante per ore a suon di bande (ahi serva musica!), con ostentazione di  carrozze e lacché, per le strade nemmen tanto affollate di una Londra immersa nella bruma . 

   Che Incoronazione, ragazzi! Un Re incoronato da una delle sue veraci Amanti, quella da noi incoronata ‘Regina Musarum’!

   Che Fasto, che Re!  

*

   Ho rivagato fra i ruderi (foto Chiappi-Mendico 1903), ora in parte recupetati, del Castello Borghese del mio natio Borgo, alla ricerca del fantasma di Lavinio Ferruzzi, alias Mastro Lavinio, che ivi asserragliato osò, nel novembre 1798, insieme ad una manciata di villici animosi, sfidare le assedianti truppe francesi e la Storia con un cannone di sambuco (ora al Musée de l'Armeée alla Concorde) ed altri rustici attrezzi, ottenendone la distruzione del Castello sì, ma anche la gloria per sé e per i suoi discendenti.

   L'ho incontrato, il Fantasma, e gli ho chiesto protezione e intercessione per un suo discendente e il di lui suocero, né l'uno né l'altro propriamente papalini.

*

Due assolute novità stamane per me: Camille Saint-Saëns, Samson et Dalila; Verdi, Jérusalem, adattamento per il grand-Opera de I Lombardi alla prima crociata. Danza nell’harem fantastica e fantasmagorica. Preferisco l’O Signore dal tetto natio  (versione italiana) al Va pensiero del Nabucco. Alle mie prime vacanze dal collegio (il mio esilio in terra allobroga), tredicenne lo cantavo tutto il giorno, disteso sul letto mentre mamma al mattino sfaccendava nella casetta quasi baracca con giardino in miniatura annesso e gallina ruspante in Vicolo del Pigneto.  Le donne del vicinato interrompevano i lavori domestici e uscivano nel cortiletto condominiale per ascoltarmi. Dicevano ammirate: quanto è bravo, canta come un angelo, diventerà un grande cantante. Divenni solo un discreto direttore di cori polifonici amatoriali, poeta e filosofo della musica a tempo perso. Fu bene così. Frau Musica fu la mia appassionatissima Amante, non la mia petulante consorte. Fui fortunato.

*

   C’è vita e vita.

   Bíos: le condizioni, i modi in cui si svolge la nostra vita (quam vivimus). Zoé: la vita che è in noi e per mezzo della quale viviamo (qua vivimus). Qualunque vita non è vita senza il connubio universale-particolare. Vita come vita, vita come Vita. Non si tratta di un puro gioco di parole.

*   Trovo in rete una delle più riuscite sintesi del pensiero di Nietzsche. Me la rubo per averla facilmente a disposizione per le mie ricorrenti discussioni con ex alunni ed amici (non meno appassionate di quelle che tenevo nelle aule universitarie) con argomento il Folle di Rӧcken. L’autore è Sandro Marano, un “avvocato e scrittore, che ha pubblicato”, leggo, “svariati libri di narrativa, di poesia, di saggistica. Tra i primi: Il Burosauro e altri racconti (Fratelli Laterza, Bari 1989), Novelle per Gaia (Filbo, Bari 1996); tra i secondi: Difficile è la veglia (La Vallisa, Bari 2002), Frutta e liquori (Besa, Nardò 2007), Vaghe lettere di amore e di rabbia (Aletti, Villanova di Guidonia 2012), La via del ritorno (Tabula fati, Chieti 2019); tra i terzi: Lo stupore del mattino. Nietzsche ecologista (Schena, Fasano 1997), Pierre Drieu La Rochelle pellegrino del sogno (Pellegrini, Cosenza 2016), Meditazioni su una civiltà ferita (Solfanelli, Chieti 2017).
     “Nel 2019 con La via del ritorno ha conseguito il premio speciale ‘Parole & poesia’ per la poesia edita ed è stato selezionato tra i finalisti del Premio Majella di letteratura naturalistica.
     “Ama la storia e la poesia. È volontario e dirigente dell’associazione ecologista Fare Verde. Dice di sé:      «Amo passeggiare nei boschi. Credo che il tema del nostro tempo sia quello di riannodare il filo spezzato tra uomo e natura. Detesto l’economicismo e l’uomo a una dimensione. Considero l’arte una forma della felicità».

   Ignoravo Marano, autore che anche dal solo titolo dei suoi libri si rivela assai complesso e merita grande attenzione. Tenterò l’9mpossibile impresa di prolungare il mio tempo per godermelo almeno un poco.    Titolo del pezzo di Marano: Nietzsche oltre la crisi amando la vita e superando la condizione umana. Ne riporto qui la conclusione, che chiude la riflessione sull’inquietudine romantica del Nostro, sul rapporto apollineo-dionisiaco, sulla scoperta dell’importanza dell’inconscio, sull’esistenzialità della filosofia di colui che filosofava col martello.  

   (…)  “Professandosi immoralista, Nietzsche intendeva negare non solo una data morale, ma anche un tipo d’uomo ritenuto fino ad allora il più alto, non dissimulando la sua antipatia per chiunque disprezzasse la sessualità e il corpo; combattendo le filosofie pacifiste e qualunque etica avesse della felicità una nozione negativa, intesa cioè alla maniera di Leopardi come cessazione di uno stato di dolore o di bisogno; ritenendo che la passione e l’essere schietti sia cosa migliore dell’ipocrisia e dell’ossequio passivo alle regole sociali; prediligendo Napoleone e gli uomini del Rinascimento, in quanto spiriti forti, compiuti, sicuri, che diedero o cercarono di dare una direzione all’epoca nella quale vissero. Nietzsche era perfettamente consapevole della situazione di precarietà e di crisi dei suoi tempi, dove le vecchie concezioni del mondo erano ancora in parte esistenti e le nuove non avevano compattezza e coerenza, e per questo si poneva il grande quesito sul valore dell’esistenza. «Esiste un pessimismo della forza?» (9) vuol dire: in un mondo che ha voltato le spalle al Dio cristiano può sorgere un nuovo impulso a vivere, una nuova spiritualità, una filosofia del mattino? Racchiuse il senso e la portata della sua ricerca filosofica nella frase enigmatica: «Un solo sì, un solo no, una linea retta, una meta» (10), che può intendersi: sì alla vita, no a tutto ciò che la falsifica e la mistifica con la conseguente proposta d’una nuova tavola di valori che consentano all’uomo di «restare fedele alla terra». (11) Dietro quella che Evola giudica «la falsa svolta biologista di Nietzsche» (12) c’è invece, a nostro avviso, l’esigenza, posta in rilievo da Karl Löwith, di riannodare il filo spezzato tra uomo e mondo, c’è quello che noi riteniamo sia il possibile motivo di fondo del filosofare di Nietzsche, vale a dire la filosofia del mattino.
Non a caso nel primo discorso dello Zarathustra Nietzsche traccia sotto forma di parabola un itinerario insieme filosofico ed esistenziale: inizialmente lo spirito può paragonarsi ad un cammello, perché porta su di sé il peso di valori millenari. Si tratta di uno spirito vincolato dalle tradizioni, dalle credenze, dai pregiudizi. A questa fase segue quella in cui lo spirito si fa leone, si oppone cioè ai valori fino ad allora creduti e dominanti ed afferma la propria libertà. Infine lo spirito si trasforma in fanciullo, poiché il fanciullo «è innocenza, oblio, un ricominciare, un gioco, una ruota che gira da sé, un primo movimento, una santa affermazione». (13) Tutti e tre i momenti sono per il filosofo del superuomo dialetticamente necessari: «Chi deve essere un creatore nel bene e nel male in verità deve essere prima di tutto un distruttore di valori». (14) Chiunque voglia creare qualcosa di nuovo non può non infrangere i valori stabiliti, non può non rovesciare le antiche pietre di confine e i vecchi culti. Ma l’educazione alla libertà della ragione non è mai, per Nietzsche, fine a se stessa alla stregua delle tesi illuministiche e relativiste. La libertà “da” esige la libertà “per”. Lo spirito, una volta che si fa libero, non può fermarsi al momento della negazione, ha invece una meta da raggiungere, rappresentata da una nuova affermazione, da un diverso modo di porsi di fronte al mondo. Se è vero che noi neghiamo, è «perché qualcosa in noi vuole vivere ed affermarsi».” (15)

(Sandro Marano)

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 9) F. Nietzsche, Saggio di un’autocritica in La nascita della tragedia, Laterza, 1971, p.28;
10 Nietzsche, L’anticristo, Newton Compton, 1977, p. 25;
11 F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mursia, 1972, p. 19;
12 J. Evola, op.cit;
13 F. Nietzsche, op. cit., 105;
14 F. Nietzsche, op. cit., p. 31_32;
15 F. Nietzsche, La gaia scienza, af. 307.

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  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 
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Buona Pasqua in greco, Cirillo "Racconti della Rivoluzione,Veneziani, risposta a Luft ecc

Post n°1188 pubblicato il 31 Marzo 2024 da giuliosforza

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Χριστός Ανέστη! Καλό Πάσχα σε όλους!

*

   Finalmente di Giorgio Cirillo, già mio alunno negli Anni Sessanta in un liceo classico della Capitale, poi giornalista e saggista Rai, è uscito l’interessante volume dedicato ai Racconti della Rivoluzione ungherese del 1956, al quale a lungo lavorò fra molte difficoltà, che rivela aspetti inediti, o volontariamente da storici ideologizzati sottaciuti, di quel tragico evento. Recita la nota editoriale di presentazione: «La Rivoluzione Ungherese dell’Ottobre del 1956 e la conseguente invasione sovietica del Paese appena proclamatosi libero, indipendente, democratico e, soprattutto, neutrale, sensibilizzò e appassionò per giorni e giorni, e in maniera travolgente, l’attenzione, l’apprensione e la commozione dell’opinione pubblica di tutto il mondo.
   L’intervento dell’Armata Rossa fu caratterizzato dall’impiego di decine e decine di carri armati e seguito da una feroce e sanguinosa repressione. Almeno 250.000 ungheresi, soprattutto giovani, riuscirono a sfuggire al carcere o al capestro varcando il confine del loro Paese con l’Austria e dando così vita a un imponente esodo di massa.
Il dibattito e l’aspro confronto politico-ideologico tra i sostenitori delle ragioni dei sovietici e dei comunisti ungheresi da una parte e chi bollava invece l’aggressione russa come un crimine contro l’umanità dall’altra, monopolizzarono e infiammarono a lungo il già acceso contrasto tra i partiti che definivano allora il panorama parlamentare e civile dell’Italia di quegli anni.
   L’imbarazzo e il disagio dei sostenitori della “dittatura del proletariato”, costretti a spiegare il come e il perché proprio i proletari magiari si fossero ribellati a quelli che a parole sarebbero dovuti essere un sistema e un governo sotto il loro controllo, fu grande e di non facile soluzione.
Altrettanto grande e difficile da gestire fu il turbamento e la perplessità di chi, parteggiando per quello che allora veniva definito il “mondo libero”, dovette prendere atto dell’inerzia, dell’indifferenza e della rassegnata passività di quello che, sempre allora, veniva qualificato come il “Blocco Occidentale”.
Gli uni e gli altri finirono dunque con lo stendere un impietoso quanto ipocrita velo di silenzio e di oblio sull’Ottobre  Ungherese.

   Questo libro si propone di squarciare quel velo raccontando alcune delle vicende più intime e personali di alcuni tra i tanti anonimi protagonisti di quelle vicende, mettendo a nudo le loro emozioni, i loro sentimenti, il loro dolore.
   Sempre attraverso vicende intime e personali, i racconti della seconda parte del libro si propongono invece di evidenziare come le conseguenze morali e culturali di quel forzato silenzio e di quella strumentale dimenticanza continuino a qualificare la morale imperante e la cultura dominante ancora ai nostri giorni».

  Attendo con curiosità di leggere la definitiva stesura di un’opera alla cui laboriosa gestazione, se non al suo felice parto, ebbi modo di assistere.

 *

   Grande delusione per me (forse proprio per questo il volumetto delizierà altri) il Vico dei miracoli dell’ ottimo giornalista e severo ma civilissimo polemista Marcello Veneziani. Più che di un libro su Vico (‘il più grande filosofo italiano’? - così il sottotitolo. Ohibò! Sicuramente il più grande piaggiatore, servile e piagnone tra i filosofi italiani, che seppe usare con maestria la retorica, di cui fu insegnante all’Università, per cercar di ingraziarsi potenti, nobili, ecclesiastici, molto spesso senza riuscirci) si tratta di un divertente e godibilissimo racconto sulla Napoli a lui contemporanea, la ‘napolitudine’ appunto, come efficacemente è titolato uno dei capitoli centrali. Ma probabilmente tale era l’intento dell’autore: non tediare il lettore con l’aspetto storico-filosofico della produzione vichiana e soprattutto coi PRINCIPJ DI SCIENZA NUOVA, i suoi corsi e  ricorsi, il suo ‘sentire senza avvertire, avvertire con animo commosso, riflettere con mente pura’ (i tre stadi percorsi dall’umanità nel suo evolversi) eccetera eccetera, e la presentissima trascendente Provvidenza (davvero scientifica questa Scienza Nuova!), vero deus ex machina per lo scioglimento dei nodi più complessi, delle situazioni più aggrovigliate della Storia. Per mia parte preferisco l’hegeliana List der Vernunft , quell’Astuzia della Ragione, che altro non è che Provvidenza immanentizzata.

   Ma il racconto di Veneziani probabilmente vuole esser solo un invito per i non iniziati ad avvicinarsi al grande Pensatore napoletano. Speriamo ci riesca.

   Quel “mignolo che penetra nell’orifizio della verità”

   La Scienza Nuova in   un simbolo …urologico secondo Veneziani.

   Per sintetizzare i contenuti della Scienza Nuova Veneziani ricorre ad una singolare simbologia di alto valore didattico, quella della mano. Peccato la ignorassi all’epoca del mio insegnamento nei licei, ove giovanotto scanzonato rivelavo a giovanotti altoborghesi scanzonati i segreti di Madama Sofia, o Madama Verità nel suo storico farsi. I miei giovanotti ne sarebbero rimasti segnati per tutta la vita. «Immaginate», scrive Veneziani, «La Scienza nuova come una mano aperta: il pollice è una storia ideale eterna e universale su cui sorge il diritto naturale delle genti al lume soprannaturale. L’indice addita una teologia civile ragionata della Provvidenza divina che interviene e indica un fine alla storia. Il medio è la Filosofia dell’autorità che lega la legge divina alla legge umana fondata sul certo. L’anulare è una storia generale delle scienze umane e delle quelle idee che si sposano coi fatti. Infine il mignolo che più sottilmente, direi filosoficamente, penetra nell’orifizio della verità e ne coglie quantomeno il senso, non potendo coglierla per intero» (Veneziani, Op cit, p.167)

   Quel mignolo che ‘penetra nell’orifizio della verità’ è una meraviglia. Mai immagine più icastica illustrò e sintetizzò la Filosofia e la sua Storia. Immagine …urologica.

   Scherzi a parte. In questa filosofia la Parola definitiva spetta alla Provvidenza, il cui agire è imperscrutabile. A che dunque l’umano affannarsi?  

   (Nella versione fb è riprodotta la foto delle due immagini illustrative altamente simboliche che Vico volle allegate al testo dell’edizione definitiva dell’opera che io posseggo contenuta nel prezioso volume Opere di Giambattista Vico, stampato in NAPOLI DALLA TIPOGRAFIA DELLA SIBILLA nel 1834, con una lunga introduzione di Giulio (sic, per Jules) Michelet.

*

   Mi pregate, mia cara Luft, e voi tutte,  mie curiose Lüfte, di riassumervi brevemente le tappe del tragitto culturale (o meglio spirituale, che è meno riduttivo). Eccovelo, brevissimamente.

   Nulla di rilevante fino al terzo decennio di mia vita, allorché mi imbatto in Bruno da Nola e in Nietzsche da Roecken che mi destano dal sonno dogmatico, in Heinrich von Hardenberg da Weissenfels, in arte Novalis, e in Gabriel Marcel da Parigi che impediscono alla navicella del mio ingegno di finir nelle secche della ‘Ragione oggettivante’, arida imperatrice dei deserti, e mi  indicano nella ‘Ragione partecipativa’, e nella conseguente ‘Comunione ontologica’, i sentieri che guidano all’Essenza e al disvelamento dell’Isi velata. Posizioni che mi inducono infine a rovesciare la Dialettica dello Spirito hegeliana: ds Arte Religione Filosofia a Religione Filosofia Arte. Idealismo romantico estetico.

   Vi basta? Contente? Allora aggiungerò, e vi deluderò, che in questa mia stravecchiezza tendo ormai al recupero di un pirronismo impreziosito di plotinismo a-gnostico, vale dire dell’epoké, o sospensione del giudizio. Posizione in fondo di gran comodo perché non obbliga a pronunciarsi per nessuna tesi che si pretenda definitivamente dimostrata. Dopo averne tante lette viste udite e fatte in una lunga vita è giusto che la stanchezza prenda il sopravvento.

*

   Dopo tre anni di clausura sono tornato a visitare il centro di Roma. Pessima impressione. Roma più vecchia e più sporca. L’Altare della Patria (l’“urinatoio di lusso” dei Futuristi) ancora più inguardabile per il nerume da inquinamento mai rimosso e per i monumenti bronzei che, persa l’ultima traccia dell’originale doratura, risultano ancora più tetri e funerei. Ho sempre anch’io detto male del capolavoro di Giuseppe Sacconi, soprattutto perché ha chiuso, principalmente per chi provenga da Via del Corso, la visione dei Fori.

   Ma almeno una cosa carina l’ho trovata: una originale manifestazione musicale nel cortile di Palazzo Valentini sulla quale mi voglio un poco trattenere.

   Si trattava del concerto di un’orchestra giovanile diretta da un brillantissimo Germano Neri che illustrava e contemporaneamente dirigeva una originale Quinta beethoveniana, movimento per movimento. Luogo il cortile di Palazzo Valentini, sede della Città metropolitana ex Provincia. Occasione la celebrazione della Giornata dell’UE, per la verità, vista la presenza, poco sentita (presenti alcuni funzionari della Città metropolitane e del Comune, qualche signora ostentante con poca grazia le sue grazie, e tre o quattro rappresentanti delle Amministrazioni periferiche). Meglio così. Un pubblico scelto fa piacere a Frau Musika, come tutte le grandi Signore vanitosetta. Introduceva signorilmente e spigliatamente il giovane vicesindaco metropolitano Pierluigi Sanna. Il direttore dell’orchestra giovanile EICO (‘Europa in-Canto’) ottimamente preparata, teneva quella che in verità era una lezione assai originale, dotta e nel contempo divulgativa, di Educazione all’Ascolto. Nulla di nuovo per me, che un seminario di educazione all’ascolto tenni per una ventina d’anni a Roma Tre, collegato ai temi dei Corsi di Pedagogia generale. Ma sì per Vittorio, il mio nipote recente acquisto di Frau Musika, determinato a carpirne e a goderne  tutti i più celati intimi segreti.

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   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano

 
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