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Arturo Onofri. 'Simulacra' inscatolati. Il 'populismo' di Francesco

Post n°863 pubblicato il 27 Luglio 2015 da giuliosforza

Post 804

 

Arturo Onofri è uno dei miei poeti preferiti. E non solo perché nel suo percorso formativo s’incontra in primo luogo Gabriele (come avrebbe potuto essere  diversamente se persino Montale riconosceva, con una onestà che gli fa onore, gli immensi debiti, suoi e di tutti i suoi colleghi di poesia, nei confronti del Pescarese, che la poesia  aveva svegliato e liberato “dal giaciglio dei vecchi metri”, aprendo nel contempo  vastissimi  varchi nelle vietatissime, altro che ‘mal vietate’, Alpi perché la Musa italica tornasse finalmente a respirare?) ma perché Onofri mi dilata l’anima. Leggendolo, m’immergo nelle stesse atmosfere, avverto  gli stessi ansiti, che respiro e avverto leggendo Bruno del De l’infinito universo e mondi, e del De immenso et innumerabilibus.

Domando di lui ad amici di Soriano, la ridente cittadina alle pendici del Cimino, ove sosto per rinfrescarmi, pellegrino  dalle calure romane a quelle afose ed umide felisce. Ma nessuno ne ha memoria. Come non ne ha memoria Castel Madama ove mi pare i suoi affondassero le radici, secondo la testimonianza di monsignor Onofri, un prelato pontificio fine umanista che mi fu familiare in anni ormai remoti. Troppo grande Arturo Onofri per la mediocrità di tempi in cui Die Nymphen haben die goldene Wälder verlassen, in cui  prosciugate son le vene d’Ippocrene, né alcun Pegaso v’ha che col suo zoccolo possente nel volo precipite faccia risgorgare la fonte attorno a cui danzano le muse dalle rocce riarse d’Elicona.

 

*

Fine luglio tra polveri di libri e di memorie antiche da imballare e forse definitivamente sotterrare  nella cantina di un palazzo e della coscienza. Tetro è il cielo e afosa l’aria, fuori e dentro di me. Non v’ha più spazio, nelle stanze ricolme di scatoloni attendenti il trasloco, nemmeno per sedere e leggere (cosa, d’altronde, leggere se i miei tremila cinquecento volumi stanno, sigillati, compressi, affastellati, soffocati nel ventre dei cartoni Brico? E con essi compresse sono anche le anime dei loro autori, improvvisamente piombati in un silenzio anonimo, in un sonno catalettico dal quale non so quando e se saprò risvegliarli. E gli armadi vuoti, e le librerie orfane, già tabernacoli ove il verbo divino alloggiava, come corpi e anime eviscerate malinconicamente invocano d’esser a nuovo ricolmi. Quam dilecta tabernacula tua, domine virtutum! Ma i tuoi tabernacoli sono stati profanati, le ostie in cui il verbo s’era incarnato (o…infarinato e annacquato, non v’ha differenza, Pan en pantì, tutto in tutto) disperse, non ho più di che comunicarmi. O Pan di vita, o re del ciel, di che si nutre l’alma fedel?

Eppure all’improvviso una voce , dal profondo dell’anima, mi chiama, una cento mille infinite voci mi chiamano e mi svegliano dal torpore mortifero. E il tempio stracolmo della tua coscienza, e i ripostigli dell’anima ove orme gli iddii lasciarono che nessun evento potrà mai cancellare? E i templi del tuo mondo interiore ove si celebrano i riti della tua immortalità, e le biblioteche della tua anima ove i libri danzano sulle note della gluckiana danza degli spiriti beati? Hai forse impacchettato la tua anima ove interi universi condensati si celarono, hai forse distrutto gli strumenti e le partiture che intonarono per te e con te l’inno alla Gioia, alla  Vita alla santa Terrestrità, alla grande Salute?

Si dissolsero nella tua anima gli echi della musica cosmica per te in suoni distinti rappresi?  Negli scatoloni giacciono gli involucri; le anime, i simulacra,  volarono nei loro cieli donde torneranno ad inabitare le stanze di nuovo colme della tua prossima dimora.   

*

Francesco strepita  contro la tecnologia. Tacque l’istituzione che egli rappresenta quando filosofi a me cari dissero del grande inganno della scienza e della tecnica, sua figlia maggiorata, generanti un trauma ontologico, poiché prima esaltano poi deludono. Ma non si trattava di un attacco alla scienza e alla tecnologia in sé, bensì di qualcosa di più profondo.”Laudato sì’”, l’enciclica del gesuita papa di cui tanto si dice, è un inganno. Ancora una volta puro populismo. La  Santa Sede fu la prima a creare in Italia un enorme  inquinamento magnetico con le centinaia di antenne radio di Galeria. Francesco sa benissimo che senza la tecnologia né i poveri sarebbero meno poveri, né il calore globale diminuirebbe, né l’inquinamento cesserebbe  e che senza nuove tecnologie non si sconfiggono i guasti operati nel mondo da quelle ormai obsolete. Come sa benissimo che il “possedete (dominate) la terra” appartiene alle bibliche trascendenze, di cui egli, coi suoi colleghi mussulmani ed ebrei, si dichiara vicario, unico designato interprete e monopolizzatore. Se vuole essere minimamente credibile esca dalla Bibbia (o dalla sua millenaria interpretazione); se la prenda con le tecniche di ipnosi delle coscienze, così bene dai dogmatismi esercitate, che le coscienze dannano alla peggiore delle massificazioni. Le massificazioni, le globalizzazioni, gli inquinamenti gli intorpidimenti delle coscienze e degli intelletti sono opera di quanti si dichiarano unici depositari della verità ed approfittano dell’ignoranza e della credulità degli ingenui per far breccia sulle loro anime.

Le vere tecniche diaboliche, le vere, per usare una espressione marceliana, téchniques d’avilissement, sono quelle che ammorbano e addormentano le coscienze, sporcano l’atmosfera dello spirito, colmandolo di oppiacei e di  soporiferi. Contro tali  téchniques d’avilissement vorrei si levasse la voce da  Santa Marta (altro aspetto del populismo “francescano”) dello scaltro Gesuita, che così bene sa cavalcare l’onda della protesta e del disagio universali, le cui cause ben altrove che non nella tecnologia vanno ricercate; per esempio  nel fallimento conclamato delle stesse religioni trascendentistiche e dei loro millantati propositi di salvezza del mondo.

 

________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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