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Un sogno. Addio a De Sade. M di Antonio Scurati.

Post n°1017 pubblicato il 23 Settembre 2019 da giuliosforza

 

Post 938

   Un sogno degno di essere raccontato.

   E’ Primavera. Declivio verde e fiorito che dà sul lago di Garda, che è contemporaneamente del Turano, popoloso di folla variopinta in attesa. Attesa di che? Sulla riva del lago Garda-Turano sta per  scendere in acqua uno stranissimo idrovolante: scafo piccolo e tozzo, tutto bianco laccatto dai cui lati si elevano  due snelli parallepipedi a mo’ di colonne squadrate collegate ai vertici a ponte. Servono a sollevare l’idrovolante e a spostarlo cone un secchiello. Al centro della folla Italo Balbo nelle funzioni di moderatore, Gabriele D’Annunzio in forma di satiro con barbetta a punta e scucchia sporgente, che si autoirride compiacendosi della sua completa mancanza di denti: bisogna adattarsi alla natura, dice, in ogni sua fase; un Tommaso d’Aquino  giovane e longilineo ed elegantissimo nella sua tunica bianconera (altro che il grasso ‘bue muto’ di albertiana memoria!) che conciona di teologia…aviatoria, mentre la sua segretaria, Tosca D’Aquino, nel sogno sua parente, gli porge e regge i fogli e ne indica i capoversi (come la ‘Cicciuzza’ con l’Arcangelo coclite - ilVate, per chi non lo sapesse - all’epoca della stesura del Notturno); ed…io, impalato come un babbeo in attesa che mi si ceda la parola che non mi viene mai ceduta.  Sostanzialmente ignorato. Mi risento con Balbo, con Bruno e Nietzsche confusi tra la folla, abbandono, mi sveglio e mi ritrovo sotto la doccia. 

*

   Riposto Harzreise a riposare nel suo scaffale, restano sul mio tavolo, in attesa di essere terminati, Justine di De Sade, Ritratti e immagini di Alberto Arbasino, Più che l’amore di Annamaria Andreoli, Alfabeti di Magris, Il non finito di Papini, L’enigma di Piero di Silvia Ronchey, M il figlio del secolo di Antonio Scurati, Homo Deus di Noah Harari, Giardinosofia di Santiago Beruete. Mi tocca abbandonare la tecnica di lettura adottata per lo più in vita mia, quella  cioè di procedere a salti, passando da un testo all’altro: la mia mente non è più tanto agile da ricordare le ultime cose lette e ogni volta rischio di dover ricominciare per aver perso il filo: che è l’unico, non piccolo per la verità, scotto che pago alla mia età avanzante verso il declino. Ma la scelta non mi è facile: privilegiare l’un libro a scapito dell’altro potrebbe significare rischiare di non legger più l’altro, per motivi non difficile da intendere, e la cosa mi scoccia solo al pensarla. Ciò che aborro di più della morte è di dovere cessare di gustare con tutti i sensi, esterni ed esterni, tra tutte le cose belle del mondo, i volumi della mia biblioteca che stan lì buoni ad attendere di nutrire turbare rasserenare e colmare di sensi quella misteriosa breve vicenda dell’Essere che in me si individualizza storicizzandosi e che diciamo Vita. Ma una decisione già mi sento di prendere: finirla definitivamente a pagina 235 con Justine. Dopo aver assistito alle orge di ogni genere, molte sacrileghe, nelle varie dimore di conti e marchesi e nei conventi, soprattutto in quello di Notre-Dame des bois, ne ho veramente abbastanza. Ma non è la mia pruderie moralistica. E’ solo stanchezza. De Sade non è solo un ‘libertino’, il più diabolico dei libertini,  irrisore di credenze e morali comuni; egli è anche un rigoroso filosofo logico, acutissimo nel difendere le sue tesi e nello smontare le tesi avversarie - tesi e antitesi, ma senza sintesi - che mette in bocca, appena accennate ma radicali (questa la sua furbizia che fu forse essa a salvarlo, paradossale ma, leggo, vero, dall’Indice e dall’inquisizione: le persecuzioni e le condanne gli vennero per lo più dallo Stato e non dalla Chiesa)  alla povera protagonista e vittima narrante; è anche scrittore ‘verista’ di grande talento: le  descrizioni particolareggiatissime dei misfatti carnali dei suoi protagonisti sono impressionanti e notevolissimi sono il suo psicologico intuito e la sua  perspicacia analitica. Ma ciò non basta a farmi proseguire. Abbandono De Sade definitivamente al suo inferno (o al suo paradiso) per stanchezza, solo per stanchezza.

*

   Avevo detto basta anche col fascismo. E invece ecco che ci ricasco. Ma è un ricascarci diverso, poichè diverso è il libro che ho tra le mani, il primo di una trilogia che davrebbe essere completata entro Natale. L’Autore è Antonio Scurati, il titolo M. Il figlio del secolo, l’editore Bompiani 2018, le pagine 839. Il volume è da una anno sul mio tavolo, intonso. Ne sento riparlare e mi decido. Comincerò con la prima bandella, contravvenendo a una mia ben radicata convinzione, bandelle prefazioni e introduzioni doversi leggere, se proprio non se ne può fare a meno, al massimo alla fine? No, la salterò, anche se si presenta con  un allettante incipit: Lui è come una bestia. Sente il tempo che viene. Lo fiuta. E quel che fiuta è un’Italia sfinita. E inizierò direttamente col Rapporto dell’ispettore generale di pubblica sicurezza Giovanni Gasti, primavera 1919:

  

   Benito Mussolini è di forte costituzione sebbene sia affetto da sifilide.

   Questa sua robustezza gli permette un continuo lavoro.

   Riposa fino a tarda ora del mattino, esce di casa a mezzogiorno ma non rientra prima delle 3 dopo mezzanotte e queste quindici ore, meno una breve sista per i pasti, sono dedicate all’attività giornalistica e politica.

   E’ un sensuale e ciò è dimostrato dalle molte relazioni contratte con svariate donne.

   E’ un emotivo e un impulsivo. Questi suoi caratteri lo rendono suggestivo e persuasivo nei suoi discorsi. Pur parlando bene, però, non lo si può propriamente definire un oratore.

   E’ in fondo un sentimentale e questo gli attira molte simpatie, molte amicizie.

   E’ disinteressato, generoso, e questo gli ha procurato una reputazione di altruismo e filantropia.

   E’ molto intelligente, accorto, musirato, riflessivo, buon conoscitore degli uomini, delle loro qualità e dei loro difetti.

   Facile alle pronte simpatie e antipatie, capace di sacrifici per gli amici, è tenace nelle inimicizie e negli odi.

   E’ coraggioso e audace; ha qualità organizzatrici, è capace di determinazioni pronte; ma non altrettanto tenace nelle convinzioni e nei propositi.

   E’ ambiziosissimo. E’ animato dalla convinzione di rappresentare una notevole forza nei destini d’Italia ed è deciso a farla valere. E’ uomo che non si rassegna a posti di secondo ordine. Vuole primeggiare e dominare.

   Nel socialismo ufficiale salì rapidamente da oscure origini a posizione eminente. Prima della Guerra fu il direttore ideale dell’Avanti!, il giornale che guida tutti i socialisti. In quel campo fu molto apprezzato e molto amato. Qualcuno dei suoi antichi compagni e ammiratori confessa amcor oggi che nessuno meglio di lui  seppe comprendere e interpretare l’anima del proletariato, il quale vide con dolore il suo tradimento (apostasia) quando nel giro di poche settimane da apostolo sincero e appassionato della neutralità assoluta divenne apostolo sincero e appassionato dell’intervento in guerra.

   Io non credo che questo fu determianto da calcoli di interese o di lucro.

   Quanta parte poi, delle sue convinzioni socialiste, che non ha mai pubblicamente rinnegato, si sia sperduta nelle transazioni finanziarie indispensabili a continuar la lotta tramite Il Popolo d’Italia, il nuovo giornale da lui fondato, nel contatto con uomini e correnti di diversa fede, nell’attrito con gli antichi compagni, sotto la costante pressione dell’odio indomabile, della acida malevolenza, delle accuse, degli insulti, delle calunnie incessanti da parte dei suoi antichi seguaci, è impossibile stabilirlo. Ma se queste segrete alterazioni si sono verificate, inghiottite nell’ombra delle cose più prossime, Mussolini non lo lascerà mai trasparire e vorrà sempre sembrare, s’illuderà forse sempre di essere, socialista.

   Questa, secondo le mie indagini, la figura morale dell’uomo, in contrasto con l’opinione dei suoi antiche compagni di fede e adepti.

   Ciò detto, se una persona di alta autorità e intelligenza saprà trovare nelle sue caratteristiche psicologiche il punto di minor resistenza, se saprà innanzitutto essergli simpatico e insinuarsi nel suo animo, se saprà dimostrargli quale sia il vero interesse dell’Italia (perché io credo nel suo patriottismo), se con molto tatto gli offrirà i fondi indispensabili per l’azione politica concordata, senza dare l’impressione di un volgare addomesticamento, il Mussolini si lascerà a poco a poco conquistare.

   Ma col suo temperamento non si potrà mai avere la certezza che, a una svolta della strada, lui non dedfezioni. E’, come si è detto, un emotivo e un impulsivo.

   Cerrto che in campo avversario Mussolini, uomo di pensiero e di azione, oratore persuasivo e vivace, potrebbe diventare un condottiero, un picchiatore temibile.”

   In questo rapporto, a parte evidenti contraddizioni (per esempio all’inizo della relazione egli non è un oratore, alla fine lo diventa, e pure persuasivo e vivace) la figura del futuro Duce appare ben delineata e correttamente colta in ognuno di quelli che in seguito si riveleranno gli aspetti predominante della sua personalità.

  Passo dunque a leggere e a riflettere. Alla fine della lunga operazione azzarderò, in sede di consuntivo, una il più precisa possibile valutazione. Sono fiducioso che l’informazione, la bravura di narratore e il disincanto di Antonio Scurati me ne offriranno l’opportunità.

______________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

  

 

 

 
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