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Messaggi del 18/05/2024

Taube e Schwalbchen,Jacobelli Isoldi,Steiner, Di Nicola, A Farewell

Post n°1192 pubblicato il 18 Maggio 2024 da giuliosforza

 

1086

   Le prime rondini sfrecciano nel cielo arabescando.

   In quale cielo di quale galassia starà giocando la mia rondinella Schwälbchen che fece il suo primo nido nel mio cuore?

   Ed è tornata, tubando con la poca e roca voce che le rimane, la vecchia colomba Taube. Si è affacciata sul verone giusto il tempo di lasciare per me un saluto fecale. L’unico, ritiene, ch’io meriti.

   Cattiva e ingrata d’unaTaube! Ma io perdono, da quel santo che sono!    

*

Da quando ho dichiarato guerra alla morte sto meglio, e sono sereno. Vincerà lei, ma io avrò l’onore delle armi.

*

   Oggi la rifaccio un po’ lunga, per compensare la mia inusuale laconicità e i silenzi degli ultimi giorni. Lo esige la natura dei miei sogni, il sogno del sonno e quello del risveglio.

   Ho incontrato stanotte la professoressa Angelamaria Jacobelli Isoldi che, smessi gli abiti di filosofa, indossava nella ‘finzione’ onirica quelli di una illustre geriatra e psicoterapeuta che si curava dei miei acciacchi e deliri, per fortuna non trementes, senili. Nella vita ‘reale’ era stata presidente di Commissione alla mia Maturità da privatista ad Imperia nel 1948, e l’avrei poi reincontrata, guarda il Caso, o la Provvidenza vichiana, da umile suo collega all’Università di Roma. Alla prova di maturità l’avevo subito avuta alleata, più che giudice, con evidente giustificato fastidio dell’acida commissaria di chimica, offesa della mia semi-ignoranza nel suo campo, avendo io imbottita la mente di migliaia di formule (effetto di un insegnamento puramente formale) ma del tutto ignorante essendo dell’uso pratico di molti semplici prodotti chimici, tipo l’ammoniaca. Si mostrava visibilmente gelosa delle preferenze da me riservate alle discipline filosofico-linguistico-letterarie, nelle quali brillavo. Rispondevo alle domande della Presidente (con la quale s’era subito prodotta una spontanea profonda intesa, figlia di quel sentimento di romantica Ahnung -foscoliani amorosi sensi o goethiane affinità elettive-, che noi diciamo, spesso abusandone ed equivocando con simpatia, naturale empatia) con fervore esaltato; dicevo di Bruno, Campanella, Vico, Kant, Nietzsche, Gentile, Bergson , Marcel…, gli autori da lei nelle sue ricerche di studiosa approfonditi, da me prediletti, con foga inarrestabile. Qualche maligno sussurrava di una nostra pre-intesa. Nulla di più falso. Io fino a quel momento l’avevo conosciuta solo come moglie di un già noto giornalista destinato a una gloriosa carriera, quel Jader Jacobelli dalla famosa, per i miei orecchi indisponente ma a suo modo simpatica, zeppola, uno tra i migliori giornalisti del tempo.

   La conclusione fu che nel giudizio finale fui molto, da lei non solo, assai lodato, nonostante la stizza della commissaria di chimica e qualche altra insignificante riserva da parte del prof di ginnastica, e risultai di gran lunga il primo non solo dei privatisti ma di tutti i candidati della Commissione. Feci colpo, come si dice.

   Ricorderò sempre con stima ed affetto grandi Mariangela Jader Jacobelli, morta assai anziana nel 2018. E la risognerei volentieri nella veste di curatrice delle mie senili dianoie, metanoie, paranoie.

 

   Ora dirò del bel sogno fatto nella ‘realtà’ del risveglio.

   Se con Goethe e i suoi pensieri ‘Durch das Jahr 2024’ (Lungo l’anno 2024) ogni sera son solito addormentarmi, col Rudolf Steiner dello ‘Seelenkalender’ (Calendario dell’Anima) una volta a settimana mi desto.

   Questa mane è la volta della ‘Dritte Woche’ (terza settimana) di ‘Frühling’ (Primavera), che è proprio quello che mi ci vuole per risollevare il mio spirito tentato di depressione. La strofa in versi liberi è quella che, appresa a mente, sovente quasi giaculatoria mi ripetevo negli anni della giovanile esaltazione, e che riassume l’essenziale di quell’olismo, sentimento stordevole del proprio esserci nell’Esserci di tutte le cose, che animò e diede senso ai momenti più belli della mia vita.

   “Er spricht zum Weltenall / Sich selbst vergessend / Und seines Urstands eingedenk, / Des Menschen wachsend Ich: / In dir, befreiend mich / Aus meiner Eigenheiten Fessel, / Ergründe ich mein echtes Wesen”.

   “Così parla all’Universo, di sé dimenticandosi e memore del suo primordiale stato, l’IO dell’uomo in crescita: in te liberandomi dalle catene della mia particolarità, io scopro la mia vera Essenza.

 A questa strofa ero solito unire quella dello steineriano Arturo Onofri, finissimo poeta illuminato, trascurato dalla tronfia incultura post-bellica. Si tratta dell’inizio di ‘Terrestrità del Sole’, che con la seguente invocazione alla Natura steinerianamente recita:

   “Madre, ch’io mi dimentichi della mia forma arcana / per confondermi in te nella tua Vita immensa: / Ch’io rompa le strettoie della mia fosca tana, / ove sto nella triste obliquità che pensa, / per sentir nel mio sangue il brivido solare / della tua pura vita….”.

   Buon Tutto a tutti.

*

   Il musicologo Paolo Di Nicola, caro nostro amico e compaesano, mi fa sapere con gioia di essere finalmente riuscito ad avere dei biglietti per il tempio wagneriano di Bayreuth, il Festspielhaus  costruito in maggior parte per volontà dello sventurato Ludwig II di Baviera, ‘folle’, come è risaputo, di Wagner, ove dal 1876 si svolge un festival dedicato esclusivamente alle opere del Compositore lipsiense. Crepo d’invidia. Io ho tentato tutta la vita di averli, ma non mi è mai riuscito, nemmeno col …patrocinio di altissimi personaggi che ebbi, per via indiretta e per ragioni affettive, modo di frequentare: il festival di Bayreuth, mi si disse, rappresenta per chi vi è ammesso, uno status simbol,  un  palcoscenico per  oligarchi di tutto il mondo e relativi codazzi, la maggior parte dei quali non capisce un accidenti dell’arte di Euterpe, non può importargliene di meno, e a Frau Musica preferisce altro tipo di amanti. Pare, dice Paolo, che dall’anno scorso qualcosa sia cambiato. Me l’auguro per voi, amici miei. Io, ormai…

   Un’amara considerazione.

   Come rilevai, qualche tempo fa l’assenza, in un manifesto pubblicitario di una casa editrice musicale di Lipsia ove erano rappresentati  i più grandi musicisti dell’otto-novecento, di un italiano salvo Puccini, così noto che all’inaugurazione del Teatro wagneriano, che coincise con la prima rappresentazione assoluta di quel miracolo che per me rappresenta  la Tetralogia Der Ring des Nibelungen (L'anello del Nibelungo, 13- 17 agosto 1876, con Hans Richter direttore regia del compositore, Lilli Lehmann e Heinrich Vogl protagonisti alla presenza di Franz LisztEdvard GriegCésar CuiWalter DamroschHermann LeviNikolai RubinsteinAnton BrucknerGustav MahlerCamille Saint-SaënsFriedrich NietzscheLev Tolstoj, l'imperatore Guglielmo I di Germania e re Ludovico II; il critico musicale era Pyotr Ilyich Tchaikovsky.) anche qui nemmeno un italiano: eppure il mio amico Richard amò tantissimo l’Italia, fece di Ravello la sua Bayreut italiana, ammirò ed amò la sua storia, la sua cultura passata, anche musicale, in Italia, a Venezia, trasse l’ultimo respiro. E nell’anno del comune centenario girò un simpatico medaglione (che a me piacque tanto da farne uno dei più cari fermagli dei miei foulards) che ritraeva i loro due volti in un solo. Perché il mio amatissimo Richard non invitò almeno il suo coetaneo Verdi? O fu Verdi a rifiutare? Non me ne do pace.

*

   In una remota epoca  un simpatico già scheletrico, per non dire ischeletrito, Brother John, reduce dalle missioni delle Seychelles, tentò di farmi amare la imbarbarita, ai miei orecchi, lingua di Shakespeare (destinata a vieppiù imbastardirsi in bocca agli yenkees), anche attraverso delle canzoncine folkloristiche, una delle quali mi chiese un giorno di accompagnare al piano per i compagni di corso ignari di lettura musicale una canzoncina che mi piacque assai. Si trattava di un motivetto popolare in Inghilterra su testo di Charles  Kingsley e musica di ignoto (o di Kingsley stesso’). Kingsley era un fervente ecclesiastico anglicano ortodosso finito  cappellano della Regina Vittoria, zelante attivista socialista (ma la sua ideologia non gli impedì di essere un feroce razzista, soprattutto nei riguardi degli irlandesi, rei di reclamare l’indipendenza,  che  chiamava ‘repellenti scimpanzé’),  amico di Darwin e suo corrispondente. La canzoncina mi piacque ed era destinata a mai uscirmi di memoria. Negli anni l’ho anche usata come ninna nanna, fra le mille, per le mie figlie, e fatta spesso cantare dal mio Gruppo corale ‘Metanoesi’. Pure stamane mi sono alzato col motivetto nelle orecchie e tutto il giorno me lo sono involontariamente ricanticchiato (quando sogno musica, tutto il giorno non esco, chissà perché, mai di sogno). Eccone il delicato testo; per la musica dovrete contentarvi della mia trascrizione a mente, non so quanto fedele all’originale. In rete non l’ho trovata e non ho ancora imparato a riprodurre musica sull’ordinateur (il francese è un dispetto agli anglofoni), come lo chiamò nel Seicento quel geniaccio bigotto di Pascal, vero scopritore del diabolico aggeggio. Nelle poche frasi musicali è racchiusa una immensa malinconia. C’è un bambino che parte, e il papà o il nonno o la mamma hanno per lui un estremo dono: un bellissimo insegnamento di vita racchiuso in una malinconica melodia che non ha bisogno di essere scritta in tonalità minore per esprimere tutta la carica di sentimento che implica una separazione.

A FAREWELL

My fairest child, I have no song to give you;
No lark could pipe in skies so dull and gray;
Yet, if you will, one quiet hint I'll leave you,
For every day.

I'll tell you how to sing a clearer carol
Than lark who hails the dawn or breezy down
To earn yourself a purer poet's laurel
Than Shakespeare's crown.

Be good, sweet maid, and let who can be clever;
Do lovely things, not dream them, all day long;
And so make Life, and Death, and that For Ever,
One grand sweet song.

La melodia, che purtroppo non sono in grado di riprodurre qui, non è meno raffinata delle parole.

______________________  

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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