Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
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Messaggi del 19/04/2017
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Pasqua grigia, pasqua triste. Sunt lacrimae rerum. Distillano lacrime i ramoscelli nuovi del noce che lambiscono il vetro della finestrella della mia cella al Frainile, piangono dimessamente i bocci nuovi delle rose e i tulipani del mio giardino. E sullo sfondo, oltre i verdi novelli, i muri fatiscenti d’ una casa deserta di presenze, e i ruderi del castello Borghese incombenti su la Piana del Cavaliere, lago di nebbia, stamane, che sale a lambire le pendici stesse della Lacciara. Problematico in questo clima risorgere, eppure m’è d’obbligo tentarlo, docile all’Oportet nasci denuo, conscio che il ri-nascere presuppone il morire. E così il ‘memento mori’ non mi suonerà più funereo e antivitalistico , ma si trasformerà nel goethiano Gedenke zu leben, ricordati di vivere. E nuovi risuoneranno i canti.
*
Controcanto
C’è un bel gruppo corale romano, del quale mi è avvenuto di parlare qui spesso, ‘Entropie Armoniche’, da qualche anno oramai maggiorenne, ma dallo spirito sempre giovanilmente goliardico e non ingrigito come i capelli dei suoi componenti. Son felice di ridirne ora, in occasione dell’uscita di uno spigliato volumetto intitolato Controcanto (Albatros editore, Roma) dovuto alla penna felice di uno dei suoi membri, da sempre voce ufficiale del gruppo di cui fu, con la maestra Claudia Gili , uno dei padri fondatori. Dico di Sandro Arciello, torinese trapiantato a Roma, tecnologo in una società internazionale. E patito di Euterpe Tersicore e Polimnia (non è raro che un che per mestiere eserciti una professione di per sé in-estetica si trovi poi a suo perfetto agio in Elicona fra le muse danzanti, corifeo l’Elio solare). E’ in buona compagnia, l’Arciello: potrei porlo, e non è tutta celia, accanto a un tal Heinrich von Hardemberg, in arte Novalis, per mestiere contabile nella paterna miniera di Heissenfels, e a un tal Franz Kafka, ancor più prosaicamente impiegato nella filiale di una società assicuratrice, ambedue immolatisi giovani –sacerdoti e vittime insieme- sull’altare dell’arte per l’elevazione di una per lo più immeritevole e prona (non in adorazione, ma pecorum ritu) umanità.
La magia legata alla parola canto, verbo e sostantivo, e ai suoi composti e derivati (incanto, discanto, controcanto, disincanto…) mi catturò fin dall’ infanzia e non fa dunque meraviglia che io mi getti con curiosità su un libro che dal titolo potrebbe far pensare a una “critica”, nel senso di disanima oggettiva, del fatto corale, a una analitica riflessione sulla fenomenologia dello spirito nel suo farsi lirico. Ma non di ciò fortunatamente si tratta, bensì di un vero e proprio, nella sua spassosità profondo e geniale trattatello di filosofia, pedagogia, sociologia e psicologia del Gruppo in generale, ove il fatto che il gruppo qui sia corale, se non è indifferente, non è di certo determinante. Ciò si fa intendere, e se ne chiarisce l’intento, in quarta di copertina, che non perfettamente, secondo me, rende giustizia al libro: “Avete mai avuto l’opportunità di vedere e ascoltare un coro? E’ una esperienza incredibile, perché agli occhi dello spettatore (soprattutto se un po’ inesperto) tutto sembra avvenire in maniera dinamicamente perfetta, e quando i componenti iniziano a cantare… beh, si entra in un’altra dimensione, quasi magica. Ma è sempre così? Cari lettori, dietro ad ogni piccolo momento c’è tantissimo lavoro ‘umano’ e soprattutto un mondo di sentimenti, azioni, pensieri che caratterizzano le belle famiglie quando creano qualcosa di speciale…ma sappiamo anche che la famiglia perfetta non esiste, e quante discussioni a volte! Sandro Arciello, con il suo delizioso libro, ci parla proprio di questo universo con uno stile non impegnativo e a tratti umoristico ma anche con tanta passione e dedizione, portandoci alla scoperta dei segreti del canto corale nella sua veste più profonda. La sottolineatura è qui mia, poiché non condivido l’opinione: lo scopo di Arciello, chiaro ad ogni lettore minimamente attento, non è di trascinarci con sé nei meandri della tecnica corale, né, magari, di propinarci morceaux di una filosofia del fatto corale quale, da Platone a Schopenhauer a Nietzsche a Gabriel Marcel ad Adorno , si è andata delineando. Il fine di di Arciello è quello di informare, e di informare divertendo, su i ‘comportamenti’ del pre durante e dopo-concerto, su le ‘persone e i personaggi’ (coristi e direttori), i ‘rapporti e la vita di gruppo’, i ‘repertori’ nella loro varietà (a cappella, o con accompagnamento d’organo o di piano o d’ orchestra) e gli ‘eventi’. E questo fine Arciello meravigliosamente attinge: non avrebbe potuto essere più esaustiva le disamina di quelle dinamiche che , nei loro risvolti, come già notato, psicologici, sociologici, pedagogici, attraversano il gruppo coro nel suo costituirsi e proporsi. Né maggiori avrebbero potuto essere lepidezza, chiarezza, trasparenza, proprietà e levità di linguaggio, sicché avverti non di star leggendo un ennesimo saggio serioso e tedioso di uno di quei barbassori che anche in ambito musicale dilagano, ma di star vivendo dall’interno, come uno del gruppo, le emozioni gli entusiasmi le passioni le attese le tensioni di ciascuna delle dramatis personae che quel gruppo compognono.
Ho letto le circa duecento pagine di Controcanto d’un fiato, regalando a me stesso, alle mie senili inquietudini, preziosi istanti di serenità. Ne rendo grazie ad Arciello.
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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