Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
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Una delle figure più rilevanti della storia della Matematica applicata alla Fisica, Emmy Noether è nota probabilmente solo alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Eppure a lei è legato uno dei risultati più importanti del 1900, il Teorema di Noether, tra gli attrezzi di base anche della fisica odierna, quella che esplora l'antimateria e insegue il bosone di Higgs. Il teorema di Noether Non fatevi ingannare dal titolo del paragrafo, non state per leggere la spiegazione elementare del teorema. Posso intuirne la portata, questo sì, ma seguirne i passaggi e, quindi, essere in grado di spiegarlo, non è roba per me. Non mi aiuta nemmeno la descrizione di Wikipedia (secondo il principio di località ad ogni simmetria differenziabile dell'azione di un sistema fisico corrisponde una quantità conservata). Girando per la Rete ho trovato però una bella lezione (purtroppo in inglese) su Emmy Noether e sul suo teorema, con una slide illuminante, da cui ho estratto la figura qui a lato. In sostanza il teorema di Noether consente di dedurre leggi di conservazione della Fisica, partendo dalle simmetrie del sistema fisico. Così, dalla simmetria spaziale si deducono le prime due leggi del moto di Newton, dalla simmetria nel tempo la legge della conservazione dell'energia. La forza del risultato della Noether non sta però solo nello spiegare leggi già acquisite per via empirica, ma nel suggerire dove cercarne altre, partendo dall'osservazione delle simmetrie del sistema fisico che si sta studiando. È in sostanza uno strumento potentissimo, che consente di lavorare per deduzione analitica, complementando la deduzione sperimentale. Quando si dice la parità Emmy Noether era la prima dei quattro figli di Max Noether, professore di matematica all'università di Erlangen. All'epoca (siamo a fine 800), in Germania non era previsto che le donne potessero accedere all'università, tanto meno insegnarvi. Così Emmy completò gli studi liceali in lingue, abilitandosi all'insegnamento del francese e dell'inglese. Non era però la sua vocazione. Il papà le aveva instillato la curiosità per la matematica, oltre a ferrarla in materia, come nessun normale corso universitario avrebbe potuto. Fu così che la giovanissima Emmy provò a far accettare la sua iscrizione all'università di Erlangen, inizialmente senza successo. Ottenne di poter assistere alle lezioni, questo sì, ed era già un buon risultato, visto che c'erano professori che si rifiutavano di tenere lezioni ad un uditorio che non fosse esclusivamente maschile. Ancora qualche anno e nel 1904 finalmente si aprirono le porte dell'università anche al gentil sesso, ed Emmy fu tra le prime ad entrare. Ne sarebbe uscita qualche anno più tardi, nel 1907, con il massimo dei voti e la lode, grazie a un lavoro di tesi tutt'altro che compilativo. Per farsi un'idea, il relatore della sua tesi, Paul Gordan, pare che si esprimesse solo mediante formule, una ventina di pagine per volta. Erano i suoi amici ad aggiungere un po' di testo tra le formule, per renderle minimamente digeribili. Una volta laureata, Emmy rimase all'università di Erlangen, dove insegnavano il padre e il fratello. La sua retribuzione era però pari a zero, perché alle donne continuava a non era consentito insegnare. Nei successivi anni, quelli che precipitarono l'Europa nella tragedia delle Prima Guerra Mondiale, Emmy lavorò all'ombra paterna, sostituendolo nelle lezioni di tanto in tanto, e pubblicando lavori con lui. Nel 1915 le arriva un invito per l'università di Göttingen, il tempio della matematica. David Hilbert (il dio supremo, per rimanere nella metafora religiosa) e Felix Klein la invitano a lavorare in quella università e cercano di ottenere per lei l'eccezione, la nomina a professore. La risposta del ministero è agghiacciante: cosa penserebbero i soldati reduci dal fronte se, tornati all'università, si ritrovassero a seguire le lezioni di una donna? Nel 1919 cade anche questo tabù, e arriva per Emmy la meritata cattedra. La sua carriera decolla, tra studi e insegnamento. È amatissima dai suoi allievi, i ragazzi della Noether, che arrivano anche dalla Russia per assistere alle sue lezioni. Fila tutto liscio, fino al 1933, con la presa del potere da parte di Hitler: Emmy e i suoi sono ebrei, e questa volta la discriminazione all'insegnamento non è più di genere ma di religione. Il fratello emigra a insegnare in Siberia, lei negli Stati Uniti. Due anni più tardi, a soli 53 anni, Emmy se ne va. Il suo amico Albert Einstein la commemora sul New York Times: «Fräulein Noether was the most significant creative mathematical genius thus far produced since the higher education of women began». Emmy e la non-bellezza Non era una gran bellezza Emmy. Lo testimonia, ad esempio, la descrizione del nipote di un suo collega: "Ricordo chiaramente una persona in visita che, sebbene una donna, mi sembrò simile a un cappellano cattolico di una parrocchia di campagna. Vestita con un indescrivibile pastrano nero che le sfiorava la caviglia, un cappello da uomo da cui spuntavano capelli corti (ancora una rarità all’epoca) e con una borsa a tracolla sistemata di traverso simile a quella dei ferrovieri all’epoca dell’impero. Era una ben strana figura. Avrà avuto circa trent’anni allora. L’avrei facilmente scambiata per un prete di qualche villaggio dei dintorni." Se "Nessuno potrebbe sostenere che le Grazie abbiano presieduto alla sua nascita", altra testimonianza impietosa, c'è anche da dire che il suo spirito l'aveva sempre portata ad adattarsi al destino avverso: oltre a lavorare a lungo senza stipendio, dovette barcamenarsi con la piccola eredità ricevuta alla morte del padre, la legge testamentaria favoriva, infatti, i figli maschi. E quindi si era abituata a tagliare tutto il superfluo, abbigliamento incluso. Peraltro allievi e colleghi le riconoscevano gran cuore e calore umano. Formale e irrigidita in quasi tutte le foto che la ritraggono, mi piace invece in una foto del 1931, in cui appare a suo agio, sorridente e felice. Come se non le avesse passate tutte lei: donna, ebrea, socialdemocratica e, perfino, pacifista. Buona domenica. [Tutti i post su compleanni.] |
Post n°1802 pubblicato il 09 Marzo 2014 da tanksgodisfriday
Dipartimento di fisica di Harvard, 1936. Il capo dipartimento Frederick Saunders ascolta la proposta del giovane professore di Fisica e Comunicazioni, Howard Hathaway Aiken: una macchina per automatizzare i lunghissimi calcoli necessari a risolvere equazioni differenziali.
Partorita l'idea, c'è da realizzarla.
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Post n°1796 pubblicato il 14 Febbraio 2014 da tanksgodisfriday
Il problema principale da affrontare disegnando una mappa geografica è quello di riportare fedelmente sul piano quello che in natura è più o meno sferico (la Terra). Come si genera una mappa? Le mappe a cui siamo abituati oggi, ad esempio, riportano in modo fedele la forma, ma mentono sulla dimensione. Questo tipo di proiezione ha però il pregio di lasciare inalterata la forma dei vari territori. Quindi, ad esempio, l'andamento delle coste della Groenlandia e dell'India è proprio quello disegnato sulla Google Map. Non è stato sempre così. Le prime mappe, prodotte agli inizi del 1500 dall'austriaco Johannes Stabius (Stab), riportavano più o meno fedelmente l'estensione dei territori, a scapito però della forma. Per singolare coincidenza, la raffigurazione della Terra nella proiezione Stabius-Werner ha la forma di un cuore, cosa quanto mai appropriata, visto che Johann Werner nacque il 14 febbraio del 1468. Non solo mappe Johann Werner è però noto agli studenti liceali non tanto per le mappe, quanto per le "formule di Werner" e le "formule di prostaferesi". Se non ricordo male è roba del 3° anno di liceo, nella materia forse più pallosa del corso di studi scientifico: la trigonometria (sempre che si insegni ancora, la terza liceo l'ho fatta nel '68, non so se rendo l'idea). Le formule di Werner, altre quattro, sono il colpo di grazia sul liceale già sofferente per la prostaferesi (triste anticipazione, almeno per assonanza, delle future afflizioni senili), al suono di "sen-alfa-cosen-beta è uguale a un mezzo della somma di sen-alfa-più-beta ...". A discolpa del Werner, le formule elencate hanno avuto un'importanza cruciale nel semplificare i calcoli in astronomia, fondamentali nel 500 per determinare la posizione della propria nave rispetto alle stelle, e navigare in mare aperto senza perdersi. Trasformare le moltiplicazioni in addizioni Il perché è presto spiegato: se il prodotto due cose (sen-alfa e sen-beta) può essere trasformato nella somma di due altre cose correlate (seno-di-alfa-più-beta e seno-di-alfa-meno-beta), allora si risparmia un sacco di tempo nei calcoli, rendendo fattibile nella realtà quello che altrimenti rimarrebbe tale solo sulla carta. Ci vorrà un altro secolo perché nel 1614 Nepero introduca i logaritmi (altro incubo del liceo dei miei tempi), che semplificano ulteriormente i calcoli: il logaritmo del prodotto è uguale alla somma dei logaritmi. Più facile di così, si muore. Il regolo calcolatore Quando ero al Politecnico (mi sembra di risalire alla preistoria), i calcoli ingegneristici si facevano con il regolo calcolatore, basato proprio sui logaritmi di Nepero e rimasto sostanzialmente immutato dagli anni della sua invenzione, intorno al 1630. Feci appena in tempo a passare l'esame di Fisica Tecnica, che le prime calcolatrici elettroniche (quelle della Texas Instruments, do you remember?) scesero a prezzi abbordabili, rimanendo però proibite in sede di esame. Verrebbe da pensare che il regolo logaritmico sia stato preceduto dal regolo prostaferico. Il mio regolo calcolatore è custodito nel cassetto dello studio di casa, se volete potete dargli un'occhiata qui. L'ho poi donato a una indomita fanciulla, per ricambiare gli innumerevoli outlook che mi regala. Con l'intenzione di pareggiare in gentilezza, naturalmente. Buon venerdì (e buon San Valentino). [Tutti i post su compleanni.] |
Se l'equazione: PV = nRT vi dice qualcosa, è probabile che ricordate anche la scoperta precedente: PV = costante. Cosa sia una mole mi è complicato spiegarlo, ricordo che ha popolato i miei incubi all'epoca dell'esame di Chimica al Politecnico. I suoi primi anni Robert Boyle nacque in Irlanda, il 25 gennaio 1627, figlio di Richard Boyle, primo conte di Cork. Quegli anni erano decisamente complicati per la monarchia e le popolazioni britanniche. Nella lotta tra Parlamentaristi e Realisti, tra anglicani e puritani, inizialmente Irlanda e Scozia subirono brutali repressioni, e Carlo I ci rimise la testa, rotolata sul palco del patibolo in un gelido 30 gennaio 1649. Due anni dopo la monarchia risalì in sella con Carlo II, che pensò bene di condannare a morte Cromwell. Incurante del fatto che fosse già morto, lo fece disseppellire insieme ad altri tre nemici della corona. Poi tutti e quattro finirono hanged, drawn and quartered, cioè denudati, impiccati, castrati, sventrati e decapitati. Olé. Quando il nostro Robert Boyle torna a casa, nel 1645, trova un Paese alquanto agitato, oltre a due notizie, una brutta e una bella: il papà è morto, ma gli ha lasciato una ricca eredità. Tanto ricca da far si che non dovrà mai lavorare, potendosi quindi dedicare alla passione scientifica che ha scoperto nel suo viaggio di studio: di cosa è fatta la materia? La materia e il vuoto La scienza ufficiale era ferma ad Aristotele: terra, aria, fuoco e acqua. In contrasto con la scienza ufficiale, Boyle invece ipotizzava che la materia fosse fatta di particelle elementari, teoria che contemplava anche l'assenza di materia e quindi il vuoto, sulla cui esistenza (se si può definirla così) c'era grande dibattito. Galilei aveva correttamente ipotizzato che non solo il moto rimaneva possibile, ma che la mancanza di resistenza dell'aria avrebbe fatto cadere al suolo un oggetto pesante e una piuma con la stessa velocità. Rober Boyle fu un entusiasta pioniere delle ricerche sul vuoto. In questi esperimenti dimostrò che il suono non si propaga nel vuoto, ad esempio. C'è vita oltre la Chimica e la Fisica ? Se, grazie all'agiatezza economica e alla sua passione, Boyle fu per tutta la vita al centro della vita scientifica del Paese (fu tra i fondatori dell' Invisible College, che poi sarebbe diventata la Royal Society di Londra), la sua vita privata fu per altro canto molto tranquilla. Non si sposò mai, avendo elaborato un paio di teorie anche su donne e matrimonio. Sarà, ma dissento dalla conclusione: secondo me è meglio provarci. Buon sabato. |
È una calda sera d'estate del 1679 a Danzica. Si tratta in realtà di tre case addossate l'una all'altra, dal numero 33 al 35, di cui Hevelius ha unito i tetti per costruire il proprio osservatorio astronomico, uno dei migliori e più attrezzati d'Europa: lo Stellaeburgum, il borgo delle stelle. È in questo osservatorio che Hevelius, che pure preferisce l'osservazione a occhio nudo, ha costruito il suo telescopio kepleriano senza tubo da 150 piedi (46 metri), il più potente dell'epoca. Lei lo prende in parola. Il matrimonio gli dà nuove energie. Ha già scoperto due comete, una nel 1652 e l'altra proprio l'anno prima, nel 1661; ne scoprirà ancora due, nel 1672 e nel 1677. Insieme continuano l'opera che sta impegnando Hevelius, un catalogo delle stelle visibili e della loro posizione; quando sarà pubblicato, il Prodromus astronomiae descriverà ben 1.564 stelle. L'aiuto di Elisabetha non è da poco: sa calcolare, maneggiare la complessa strumentazione sul tetto; conosce il latino, anche meglio del marito, e lo aiuta a mantenere i contatti con gli altri astronomi europei (Hevelius è entrato a far parte della Royal Society of London nel 1664). Torniamo ai nostri tre edifici che bruciano. Le fiamme, inarrestabili, divorano rapidamente il tetto e gli strumenti preziosissimi dei coniugi Hevelius. Buon venerdì. |
Inviato da: tanksgodisfriday
il 17/01/2023 alle 18:30
Inviato da: Fajr
il 17/01/2023 alle 17:14
Inviato da: Mr.Loto
il 07/01/2023 alle 18:09
Inviato da: Marco Rossi
il 18/08/2019 alle 21:27
Inviato da: amandaclark82
il 30/12/2016 alle 15:48