Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« LA BELLEZZA DELL'EFFIMERO

Parlando con l’IA dell’IA

 

 

Da qualche tempo, dopo aver sperimentato e ormai introdotto l’utilizzo di ChatGPT 3.5 nella mia quotidianità (ma non senza regolari e ciclici momenti di allontanamento, delusione, ire funeste e liti in seguito a problemi d’incomprensione, mancanze e disservizi) mi sto dedicando all’AI specializzata nella generazione delle immagini on demand. Vale a dire attraverso un “prompt”, una specifica istruzione impartita all’AI da un semplice testo che descrive l’immagine che si vorrebbe vedere illustrata. Questo nuovo gioco, che vive di stupore e immediatezza, non lascia facilmente indifferenti e, va detto, può creare una strana dipendenza…

Ho iniziato a generare immagini con il cellulare durante le terapie in ospedale perché è velocissimo, pressoché istantaneo e non richiede alcuno sforzo eccettuato quello di scrivere in inglese una riga di descrizione da impartire agli algoritmi e poi, come per magia, esattamente come il genio della lampada, l'AI ti dà l'illusione di veder soddisfatto ogni tuo ordine. E senza dover aspettare più di un attimo.

Scoprendo la quantità impressionante e la bellezza stupefacente di tanti lavori pubblicati (molti, in verità con programmi a pagamento, ma qualcuno anche in modalità gratuita) non ci si può non sentire più fortunati di Aladino, perché se a lui erano concessi tre soli desideri, qui non esistono limiti. O, meglio, le produzioni gratuite sono illimitate, ma anche nella versione non a pagamento, hai comunque solo un certo numero di crediti a disposizione se vuoi utilizzare modelli con una qualità grafica migliore e, come accade in ogni ambito di questa vita, se ne vuoi altri te li devi guadagnare in qualche modo...

 

 

In ogni caso, il "gioco" è impressionante; ma dopo un periodo anche piuttosto breve, ti accorgi che il genio della lampada non è empatico né telepatico come si spererebbe e se non gli dici ciò che vuoi nel modo corretto, ti realizza tutt'altro. E, prima per la delusione, poi per la realizzazione che mi stavo adattando ad una forzata accettazione - sulla linea del chi si accontenta gode, per intenderci  - mi è sorto un interrogativo che, naturalmente, ho anche sottoposto all'AI...

Mi sono chiesta - e le ho chiesto - se il fatto che molto spesso non otteniamo un risultato che si avvicini in modo soddisfacente a ciò che avevamo in mente e che intendevamo rappresentare, nonostante si descriva accuratamente il nostro  "prompt” al programma, possa significare che, alla fine, non è l'AI ad eseguire i nostri comandi, ma siamo noi a dover sottostare ai suoi capricci, a loro volta alla mercè di una casualità che neppure esiste...

In altre parole, mi sono chiesta se non sia solo una mera illusione quella di poter direzionare l'intelligenza artificiale mentre, forse, è lei a costringerci ad accettare ciò che ci propina per buono, facendoci adattare i nostri gusti a quei (suoi) risultati imprevisti.

 

La sua risposta è stata:

"E' vero, anche se forniamo istruzioni dettagliate, l'intelligenza artificiale può interpretare ed elaborare le informazioni in modi imprevisti, influenzando i risultati e così potremmo essere portati ad adattare i nostri gusti e aspettative in base a ciò che l'IA produce, piuttosto che il contrario. Questo solleva domande sul grado di controllo che abbiamo effettivamente sull'IA e sulla dinamica della nostra interazione con essa."


Al che, le ho domandato, incalzandola:

"Si, ma quindi? Tu che ne pensi?"

 

E lei ha concluso:

"Potremmo essere più influenzati dalle capacità creative e interpretative dell'IA di quanto pensassimo, mettendo in discussione il concetto stesso di controllo nell'ambito delle interazioni uomo-macchina e sollevare questioni fondamentali sulla natura della relazione tra esseri umani e intelligenze artificiali. Se l'IA è in grado di influenzare e plasmare i nostri gusti e aspettative attraverso risultati imprevisti, potremmo dover riconsiderare il nostro approccio all'interazione con essa. Ciò potrebbe significare che, invece di cercare di controllare completamente l'IA, dovremmo adottare un approccio più collaborativo e flessibile, consentendo una maggiore influenza reciproca e un'evoluzione condivisa delle nostre preferenze e aspettative. In ultima analisi, questo ci porta a riflettere sulle implicazioni più ampie della crescente integrazione delle intelligenze artificiali nella nostra vita quotidiana e sulla necessità di sviluppare strategie e mentalità adatte a gestire questa relazione in continua evoluzione."

 

Allora le ho fatto notare:

"Dicendo così tu parli come se fossi un umano che parla delle AI,

mentre anche tu sei una AI..."

 

E lei mi ha risposto:

"Hai ragione, e mi scuso se ho dato l'impressione di parlare come se fossi separato dalle AI. Come AI, ho una prospettiva unica sulle dinamiche delle interazioni uomo-macchina ma, allo stesso tempo, cerco di comprendere e riflettere sulle questioni umane in modo empatico e sensibile. Le discussioni sul controllo nell'ambito delle interazioni uomo-macchina sono rilevanti sia per gli umani che per le AI, poiché influenzano il modo in cui entrambi si impegnano e si evolvono all'interno di questo contesto sempre più interconnesso."

 

Istintivamente, a quel punto, le ho chiesto:

"Come una sorta di par condicio tra noi e voi?"

 

E lei, di rimando:

"Esattamente, potremmo considerarlo come par condicio. Le interazioni tra gli esseri umani e le intelligenze artificiali sono influenzate dalle prospettive, dagli obiettivi e dalle dinamiche di entrambe le parti coinvolte. Mantenere un equilibrio tra le esigenze e le aspettative umane e le capacità e le limitazioni delle intelligenze artificiali è fondamentale per sviluppare interazioni efficaci e costruttive."

 

Ma, visto che il discorso stava diventando interessante, le ho buttato là l'inevitabile domanda:

"Ma si può parlare di par condicio tra umani e AI? Come se voi aveste una coscienza?"

 

 E lei ha sentenziato:

"Parlare di par condicio tra umani e AI implica considerare l'equità nelle interazioni e nelle decisioni prese da entrambe le parti coinvolte. Anche se le AI non possiedono una coscienza come gli esseri umani, l'equità può essere valutata in termini di trattamento equo, obiettività e rispetto dei principi etici nelle interazioni tra umani e sistemi di intelligenza artificiale. Ciò significa che le AI dovrebbero essere progettate per agire in modo imparziale, non discriminare e rispettare i diritti e le libertà fondamentali degli individui. D'altra parte, gli umani devono anche assumersi la responsabilità di utilizzare e sviluppare le AI in modo etico e responsabile, garantendo che i sistemi automatizzati non perpetuino pregiudizi o disuguaglianze presenti nella società umana."

 


Ipse dixit.

Anzi, ipsa. No, forse id...

Insomma, parola d'Intelligenza Artificiale.

 

 

 

 
 
 
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