Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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SURE, PROFUGHI E IMMIGRAZIONE

 

La stessa grande nebbia appoggiata sulle differenze fra il cattolicesimo romano ed il Verbum Christi, e che si ritrova anche fra i versetti biblici e le sure coraniche, si appoggia ugualmente su termini molto più prêt à parler e di pertinenza sociale, inseriti in un contesto molto e troppo umano/disumano, quali: profughi, immigrati, perseguitati, rifugiati e simili. 

Ed i confronti si accendono soprattutto su alcune domande specifiche come l'interrogativo che fa parlare tutti i salotti fuori e dentro la tv, soprattutto nelle prime 48 ore dopo un attentato, vale a dire se la Bibbia ospiti (traduzioni e interpretazioni dei testi fallaci a parte) versi meno violenti rispetto al Corano o, ancora, come sia giusto muoversi riguardo al flusso di tutti coloro che si presentano in Italia e in Europa.

Partiamo da alcuni punti se non altro franchi. Quattro punti.

Ed intanto, smettiamo di chiamare questa guerra, una guerra religiosa, perché prima di ogni altra cosa quella che passivamente, indirettamente, attivamente e nascostamente si sta combattendo oggi è una guerra di ideologie fra civiltà addotte. Una guerra, come tutte le guerre, imbastita sugli interessi cavillosi (esclusivamente economici e politici) che utilizza sure, versetti, mentalità parziali, costumi fanatici, abitudini assolutiste, comportamenti estremi e borderline per cucire pretestuosi schermi religiosi e bandiere di fedi.

Quindi:

Punto 1.    Il culto religioso fine a se stesso non c’entra perché i precetti della jihad che istigano a qualsiasi mezzo senza remore per diffondere l’islam, se non fossero impugnati da chi sa perfettamente come servirsene ripiegando sull’esaltazione feticista di menti deboli per perseguire tutt’altri compensi, resterebbero muti e inattivi, come un qualsiasi esplosivo disinnescato. E Dio, naturalmente, in qualsiasi forma lo si senta o lo si voglia pensare, c’entra ancora meno.

 

Punto 2.   Ciò detto, guardiamo il Corano, la Bibbia, il cattolicesimo, l’islamismo: ammettendo l’inesattezza della trasmissione dei testi da ambo le parti che risultano in più passi inquietantemente intolleranti, intransigenti, selettivi e violenti, esistono comunque alcune differenze  che sono, di fatto, sostanziali.

La differenza fra la violenza documentata agli atti dell’Antico Testamento e quella leggibile sulle sure coraniche consiste fondamentalmente nel fatto che quella leggibile nell’Antico Testamento è una violenza essenzialmente descrittiva che non vuole essere una prescrizione trascendente l’ambito teologico, in sostanza non è un imperativo categorico. Al contrario, il Corano ordina questa violenza reiterandola in azioni temporali senza scadenza, in quanto la "guerra santa", nell'economia dell'islamismo, è un obbligo, un dovere imprescindibile dettato da parole invariabili di una divinità irremovibile, finalizzato alla conversione universale per acquisire la sovranità sulle altre nazioni.

E se la violenza è un onere che sciaguratamente condiziona in modo coercitivo ogni fedele all’islam, la motivazione, come affermava il giurista Majid Khadduri, si ritrova nel fatto che "la jihad è considerata da tutti i giuristi, praticamente senza eccezioni, come un obbligo collettivo di tutta la comunità musulmana".

 

Punto 3.    Le figure di riferimento, all'interno del cristianesimo e nell’islamismo sono il Cristo e Maometto. Come per i cristiani il modello a cui rifarsi è il modus vivendi del Nazareno, i musulmani sono indirizzati verso l’emulazione del messaggero di Allah, da tutti gli islamici considerato un eccellente esempio di condotta e maestro dal quale attingere saggezza comportamentale e stile di vita.

Ed è questo, evidentemente, il problema.

Almeno da quel che si evince dalla sunna del profeta musulmano (e tale norma comportamentale, non scordiamolo, è anche un costante riferimento del pensiero giuridico e sociale della comunità dei musulmani) che dimostra come l'ambito religioso e quello politico siano, di fatto, indissolubilmente intrecciati.

Le abitudini di altruismo, abnegazione e pacifismo manifestate dal modello che si propongono di seguire i cristiani, probabilmente, le conosciamo tutti, almeno teoricamente; mentre è imbarazzante ma anche necessario ricordare che Maometto partecipò a 19 guerre e che non rimase mai troppo a lungo a Medina senza ordinare saccheggi, incendi e distruzioni di fortificazioni, scorrerie o stupri. E se questa sunna del profeta è il solo modello tramandato per i seguaci del culto islamico, come icona inappuntabile di irreprensibilità, come ci si può appellare, nel cercare con essi un’interazione, a valori umani (ancor prima che religiosi) quali la moderazione, la non violenza e l’amore, inteso come comprensione totale dell’alterità, riconosciuta come parte integrabile a noi stessi?

E se, naturalmente, gli esempi sopracitati di violenza sventagliata non sono pratiche accolte e seguite da tutti i musulmani, certo è che ogni islamico osservante sarebbe, comunque, legittimato dal Corano stesso qualora decidesse di compiere, invariabilmente, una qualsiasi azione ad immagine e somiglianza di un siffatto profeta.

Ed anche collocando l’esempio di Cristo in un contesto a parte, volendo affiancare al confronto con la sunna di Maometto solo i patriarchi totalmente umani ed imperfetti descritti nella Bibbia, da Abramo a Giacobbe, Mosè, Davide e Salomone (anche se nessuno di essi si avvicinò mai ai costumi così esaltati dal Corano), dobbiamo riconoscere che ogni qualvolta essi mentirono, si abbandonarono all’ira, all’adulterio o a qualsiasi altra mancanza verso la morale ebraica, furono ripresi dal severo Dio giudaico che pregavano e non certo premiati o posti sul pulpito della condotta più esemplare.

Ed ora una specificazione sui vocaboli più invertiti e confusi riguardo agli stranieri che in Italia arrivano, si stabiliscono o muoiono prima ancora di  sbarcarvi.

Ultimo punto: 4.    Profugo è il termine che definisce la condizione di chiunque sia costretto ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi e grazie a quanto sancito dalla Convenzione di Ginevra può richiedere asilo nell’attesa di sapere se gli verrà concesso o meno lo stato di rifugiato politico.

Gli uomini, le donne e i loro figli che scappano dalle proprie case in Siria, in Nigeria, in Somalia o in Sudan a causa del fondamentalismo musulmano, sono profughi. E queste persone possono legittimamente richiedere asilo.

Tutti gli altri non sono profughi; ma immigrati. E gli immigrati senza il permesso di soggiorno sono definiti, letteralmente, clandestini.

 

E profugo, immigrato e clandestino non sono sinonimi.

 

 

 

L'immagine utilizzata per il post è l'opera "Lo straniero" di Daniele Baron.

 

 

 

 
Rispondi al commento:
natodallatempesta0
natodallatempesta0 il 04/06/17 alle 21:33 via WEB
Cara amica altra riflessione attenta di un argomento non certo elevato come la natura del Cristo ma certo più spinoso e attuale, considerando gli eventi e le azione che si susseguono in vari parti del pianeta. Ho sentito molte opinione in questi mesi e considerando i fatti e il termine che più di qualunque altra parola oggi è simbolo nascosto della guerra: INTEGRAZIONE, io son giunto alla conclusione che sia totale l’incompatibilità tra Cristianesimo e Islam. Non che il Cristianesimo cosi come l’Ebraismo siamo migliori del Islam. A parità di evoluzione culturale tralasciando l’Ebraismo che considerò il padre di queste due filosofie religiose, l’Islam è rimasto fermo a Maometto. Questa la pecca, il limite e la dannazione dell’Islam. Il Cristianesimo si è macchiato di sangue nella sua storia, ma ha avuto il pregio di un conversione secolare, un processo di evoluzione culturale, passato attraverso, pensatori, dissidenti armati di parole e penna, di guide che hanno riformato aspetti medievali del pensiero cristiano. Nonché, come ben descrivi tu, un profeta divino che ha predicato e predica Amore solo e semplice. L’islam non ha riformato la sua ideologia che è valida per un epoca di guerre e battaglie, un epoca dove la difesa della fede era con la spada oltre che con la parola. E sono obiettivo, tutto hanno percorso questa strada. Ma poi le guerre sono finite, l’epoche sono mutate, la politica, l’economia non serviva più una fede di guerra e conversione per l’infedele, ma una credo di condivisione preparazione per l’accettazione. Capisco che è un peccato cambiare la poetica del corona, ma i contenuti sono vecchi di secoli non adeguati ad un epoca di pace. Questa è ciò che rende l’islam una fede per periodi di guerra. Questo è ciò che penso, e da questa conclusione non posso che considerare incompatibile i precetti di vita dei musulmani in terra non islamica. Che possa esserci un islam moderato è relativo finché i precetti seguiti da tutte le comunità prevedono la guerra santa. Perché un Cristiano, un Cattolico, un Buddista in pellegrinaggio di evangelizzazione o conversione, sarà sempre e solo un uomo che cercherà di parlarti con amore e di portarti mano nella meno sulla sua strada. Un musulmano invece sarà un guerriero pronto ad uccidere per purificare il mondo dell’infedele. Finché nell’islam ci sarà questa voce, questo dogma o precetto poco importa come chiamarlo, che siano moderati o fondamentalisti, l’islam è un pericolo per chi è al di fuori di esso. La mia speranza che un giorno sia possibile riformare l’islam per renderlo una fede per la pace. Perché per la guerra è un ottimo credo, potrebbe essere tanto di più, se supera se stesso e va oltre la sua natura, per evolversi nella parola della Pace. Un abbraccio cara Buona serata
 
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