Creato da elliy.writer il 25/09/2008
INFINITE DIVERSITA' IN INFINITE COMBINAZIONI...

PER DIRLO CON UN FIORE

mughetti

 

Secondo il linguaggio dei fiori, il mughetto è simbolo della felicità ritrovata, della serenità dopo i travagli. Questo perché, secondo leggenda, il fiore sarebbe nato dal sangue di San Leonardo, ferito ma vittorioso contro il demonio. Regalo azzeccato per festeggiare guarigioni, riconciliazioni, nuovi incontri con vecchi amici, amori ritrovati.
 

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Poesia

.

Cadde tanto in basso
nella mia considerazione
che lo udii battere in terra
e andare in pezzi sulle pietre
in fondo alla mia mente.

Ma rimproverai la sorte che lo 
abbatté
meno di quanto denunciai me stessa,
per aver tenuto oggetti placcati
sulla mensola degli argenti.

(Emily Dickinson)

 

Amore e guerra

 

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SETTIMO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"

Post n°490 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da elliy.writer

(autore anonimo fino alla fine del gioco)

Napoli, 14 giugno 1965

 

Cara Silvia,

Lei non sa chi sono io. Ma io so chi è lei.

No, la prego, non cestini questa lettera e la legga fino in fondo! Non è una lettera anonima. L'ho firmata,  anche se il nome non le dice nulla. 

Le voglio raccontare una storia di tanti anni fa. 

Napoli, marzo1941, vico Lammatari.  

Filippo! Filippo! Ormai lo hanno imparato tutti: è il grido convenzionale  che parte dal Vico Palma e preannuncia l'allarme antiaereo. La gente ferma tutto quello che stava facendo e corre giù al ricovero.  

Era il segnale per muoversi con un poco di anticipo ed evitare la ressa che si faceva per le scale e consentiva di potersi sistemare nel ricovero in maniera un poco più confortevole. C'era qualcuno che riceveva per telefono l'avviso e lo divulgava al vicinato: dopo  un paio di minuti le sirene si sarebbero messe in moto e tutti avrebbero fatto la loro corsa nel rifugio. 

E la destinazione era il numero 26 di vico Lammatari. Superato il cortile interno, a metà della seconda rampa di scale c'era un cancello che si apriva  su un giardino e da qui si raggiungevano le grotte.   

Non era difficile trovare sui muri scritte come: famiglia Esposito o famiglia di Rienzo. Erano i posti che abitualmente occupavano gli abitanti del palazzo. Per noi che venivamo da fuori non c'erano posti riservati e ognuno si sistemava dove poteva.

 

Fu durante un allarme aereo che conobbi Giannina. 

Il suo vero nome era  Giovanna, ma tutti la chiamavano così. Era la più grande  di quattro figli. Minuta, bruna e con gli occhi che brillavano di un nero profondo.

Aveva in braccio il fratellino,  un bambino sui tre anni, e seguiva la mamma e il padre che la invitavano ad affrettarsi. 

Prima qualche sorriso, poi cominciammo a parlare. Aveva 17 anni e faceva i guanti. In quel vicolo tutti facevano i guanti. Ogni due giorni veniva un ragazzo:  portava i guanti da cucire e se ne tornava con quelli cuciti.  Gli allarmi erano frequenti e mi vedevo spesso con Giannina. Eravamo anche usciti insieme e l'avevo portata al cinema. 

Parlavamo, parlavamo, parlavamo. Lei aveva la terza media, ma si informava, leggeva i giornali, quando li trovava, e aspirava a qualcosa di più che fare i guanti. Mi piaceva da morire e avrei voluto molto di più dei suoi baci. Ma su questo era irremovibile. 

Ci eravamo  trovati un nostro angolino. Era una delle grotte più esterne, una grossa tettoia  di tufo,  più che una grotta, ma  sufficientemente ampia per darci protezione.  Noi stavamo lì, mano nella mano, in attesa che suonasse la fine dell'allarme. 

Era il due di maggio, e quella sera non la potrò mai dimenticare. C'era un profumo di fiori d'arancio da mal di testa. Alzando gli occhi al cielo si vedevano le stelle, offuscate ogni tanto dai traccianti e dai colpi dell'antiaerea.  

Una bomba cadde a pochi metri da noi. Non fummo colpiti dalle schegge, ma lo spostamento d'aria ci inchiodò contro il muro. Ci spaventammo da morire. Giannina mi abbracciò. Sentii il suo cuore che batteva forte e vidi i suoi occhi pieni di paura.  

“Vieni qui” - mi disse.  

Più avanti c'era una lunga panca. Vi si stese sopra e si alzò il vestito. Capii subito e mi poggiai su di lei. Sentivo quel cuore che batteva mentre eravamo l'uno nell'altro.

 

Dopo un paio di giorni ci fu un rastrellamento. Al quarto piano c'era un appartamento costruito sul terrazzo con una rampa che portava sul tetto. Un muro chiudeva la rampa, ma nascondeva un buco  coperto dalle piante. Era il nostro nascondiglio per noi in età di leva. Quella volta le cose andarono storte. C'erano anche i cani e i tedeschi ci trovarono.

 

Due anni in Germania a ricostruire ferrovie e a spalare macerie.

 

Quando tornai trovai la mia casa distrutta e i miei genitori morti sotto il crollo. Non ho avuto più il coraggio di tornare  al vico Lammatari.

 

Sono passati gli anni, mi sono sposato e ho fatto due figli. La settimana scorsa ho incontrato per caso un vecchio amico del quartiere.

“Ti ricordi Giannina?” - Mi ha detto

“Certo che me la ricordo. Perchè me lo chiedi?”

“Beh......è morta..... due anni fa, l'ho saputo dalla figlia”

“La figlia? Non sapevo che avesse una figlia. Si era sposata dopo la guerra?”

“No, non si è mai sposata, e non ha mai voluto dire chi era il padre della figlia. Si chiama Silvia, ed è nata nel gennaio del '42”.

 

Ecco, Silvia,  ora ha capito perchè le ho scritto, vero?

Vorrei tanto incontrarla.

 

F.to Pasquale Russo

***

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Non affidarti alla mia immaginazione
non ti fidare, io non ti conservo,
non ti metto da parte per l'inverno,
io ti apro e ti mangio in un boccone.

Patrizia Cavalli

 

Credo che sia stato il sorriso
Fu il sorriso che aprì la porta
Era un sorriso molto luminoso
invitava ad entrarci, a togliersi i vestiti
infilarsi dentro quel sorriso.
...
E. de Andrade

 

Con un fiore - Con una lettera
Con un agile amore -
Se fisso il Chiodo più saldo -
Definitivamente saldo - lassù -

Non importa la mia Incudine ansimante!
Non importa il Riposo!
Non importano i volti fuligginosi
Che si sbracciano alla Fucina!

L'acqua, è insegnata dalla sete.
La terra - dagli oceani traversati.
Il trasporto - dallo spasimo -
La pace - dai suoi racconti di battaglie -
L'amore, dalla memoria di un ritratto -
Gli uccelli, dalla neve.

(E. Dickinson)

 

Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola. Sognare
è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

Pedro Salinas

 

Un regalo di Dimanto... per Nonno Sabin!

 
 

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