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TRA RAZZISMO E MUTANDE
TRA RAZZISMO E MUTANDE
Il calcio non mi è mai piaciuto e il nostro calcio, mai mi piacerà. Del resto se in Inghilterra, dice chi se ne intende, il goal è una gioia, in Italia, continua sempre chi ha l'aria di saperne, la rete è un sollievo, e, un sospiro di sollievo si tira, lo sappiamo bene, quando qualcosa ci ha procurato ansia.
Il calcio, inoltre, da noi ha sempre tagliato fuori le donne, sia da un punto di vista attivo, visto che poche sono le squadre femminili, a differenza dell' America dove nelle scuole le ragazze sin da piccole cominciano a giocare al pallone, che da un punto di vista passivo, identificando la donna come momento di disturbo, una nota stonata nel rapporto armonico uomo-calcio. Un terzo incomodo insomma, e, solo negli ultimi tempi, per lo più per motivi d'immagine, il binomio calcio belle donne, è diventato intonato. Avrete notato però che ho dovuto aggiungere un aggettivo al termine, perchè donna da solo, non bastava. Alla donna manca ancora e sempre qualcosa per questo gioco giocato in mutande. Per poterne parlare, deve essere brava, brava, brava, oppure, perché le si lasci finire un concetto, se non è suor Paola, deve essere bella, bella, bella. A proposito d'immagine, anche quello che rappresenta il simbolo per eccellenza di questo sport, il pallone, dal 1970, anno della sua nascita, a oggi, ha cambiato più volte forma, materia e colore. In bianco e nero all'origine, questa palla un tempo di cuoio e ora di materiale ultrateconologico, ha acquisito, in un'epoca di H.D delle tonalità dorate.
I colori sono importanti nel calcio al punto da identificare la tinta della maglia con la squadra stessa, Quante volte abbiamo sentito parlare dei “viola vincitori a Roma” e abbiamo immaginato Firenze in festa? E chi si sognerebbe di abbinare “ rossoneri, o “nerazzurri” a qualcosa che non sia Milan e Inter.
Parliamo di uno sport quindi, abituato ai colori in campo, ma, se questo assunto vale per parecchi paesi d'Europa, taglia invece ancora fuori questa italietta retriva e provinciale che di colorato e colorito accetta solo, sul prato verde, le magliette e il linguaggio.
Mentre aumentano le squadre miste in Europa, restano pochissime quelle italiane e nessun giocatore di colore faceva parte della nostra rappresentanza ai mondiali.
Il nostro calcio è considerato, da parecchi, all'estero, sinonimo di boria, e di esibizionismo, così i nostri valorosi 11, prima di partire, per i mondiali del Sudafrica, con la convinta presunzione di essere superiori agli altri, e una supponenza che non li ha fatti amare per niente da chi non vede il mondo in azzurro, hanno pensato bene di lasciare a noi e ai posteri alcune immagini, scattate in studio, che li mostrano in mutande. Stavolta non per modo di dire, non, in pantaloncini, ma proprio in mutande e con i bicipiti ben in mostra.
E una compagine così poteva essere bicolore? Su, non scherziamo!
Noi avevamo, ai mondiali sudafricani, l'unica squadra etnicamente pura, se si esclude un tizio, comunque bianco, un certo Camoranesi, nato in argentina, ma stipendiato qui, che si rifiuta di cantare l'inno nazionale, tanto ci tiene ad essere considerato italiano!
Del resto le voci girano se un certo Abidal, dalla Francia, ha preferito trasferirsi in Spagna piuttosto che da noi, asserendo tra i motivi della scelta il fatto che il nostro sia un calcio razzista. Questa considerazione, del resto, è basata sui fatti visto che la nazionale inglese ha giocatori misti, come quella svizzera, quella olandese e quella tedesca, e molte altre.
Del resto come si può non avere la sensazione di un certo atteggiamento mentale quando un Ct pronuncia, in un'intervista radiofonica, una frase così ”Oggi i calciatori sono tutti sotto osservazione. Gli oriundi, onestamente, un pò meno: sono già sufficienti i calciatori italiani.”
Qualcuno mi spiega perchè parlando di sport e di gioco si debba dividere una squadra tra calciatori italiani e calciatori oriundi?
Io ci ho pensato, credetemi, ci ho proprio pensato e l'unica risposta con un po' di logica che sono riuscita a darmi è questa: che sia il pallone a voler sapere di che colore è il piede che lo prende a calci!?
Che sia il pallone a chiedere la carta d'identità di chi gli assesta testate!?
Se così non fosse, come potrei non avere sentore di razzismo?
a.b.
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