Creato da tefnutlagatta il 02/07/2006

Fino all'estremo

La vita è un datore di lavoro che non concede mai le ferie

 

 

Vietato ai minori

Post n°98 pubblicato il 20 Giugno 2007 da tefnutlagatta
 

In questa mattina di mercoledì, in cui il blog del giorno ha una foto di Giovanni Paolo II nella colonna di destra e Yahoo Answers chiede come si fa a fare il fragolino passito, scarseggia la voglia di tutto. Sia di scrivere che di andare a comprare un nuovo vibratore.
Allora ho deciso che delizierò i miei lettori con alcune illuminanti foto sulla mia recente perfòrmans al Festival Portigiano, nel quale la sottoscritta si è esibita interpretando con stile e glamour la canzone Siam Feticisti.


I feticisti salgono sul palco: Francesca, feticista televisiva che quando sui canali catodici non c'è nulla si trastulla con la sua Marzulla, si dondola disinvolta occhieggiando con sbavevolezza al microfono. Sfortunatamente per lei, l'amplificato strumento di piacere è già stato prontamente agguantato dalla Roby (Roby, mannaggia, ma sei sempre la solita!), la quale ne studia accuratamente forma, diametro e lunghezza, mentre una domanda esistenziale si aggira nella sua mente: vibrerà?
A destra, la Milla osserva la scena a metà tra il divertito e lo stizzito. La sua fantasia perversa del momento prevede infatti l'inserimento del microfono della Roby nello strumento che reca in mano con fare reverenziale, e cioè un frullatore senza tappo. Oh quale estasi vedere quella forma fallica piegarsi mollemente al vortichìo delle lame, per poi riversarsi sul pavimento in bulloni, fili di rame, guarnizioni e lapilli, a mo' di un tecnologico schizzo di voluttà. 
Possiamo invece scorgere in Giovanni uno sguardo accecato dall'invidia nell'osservare Luca, l'uomo al guinzaglio, il più feticista di tutti. Luca è bendato, ha calzini puzzolenti, guanti di gomma,  una benda di pelle e mutandoni rossi e bianchi. Un look frizzante e sbarazzino adatto sia per un appuntamento galante che per un'ammucchiata,  che fa rimpiangere a Giovanni il suo completo nero firmato.
In primo piano, Guido ammicca alla fotografa: potrebbe essere una feticista di Guidi.

Foto lugubre, di preludio ad una tragedia. Giovanni ha scelto di dire addio mondo crudele, e di farlo con il più terribile dei metodi: annusare la calza autoreggente della Milla alla fine di una torrida giornata di giugno. Sulla destra, Fabio il chitarrista - ciclista è pronto a fermare l'insano gesto. Sullo sfondo la Vero, in giacca di pelle e stivali taccuti, festeggia: finalmente Giovanni si è deciso.

Giovanni canta, la Milla con compostezza lo sostiene nelle sue ultime ore di vita. Luca, feticista dei forti polpacci maschili, crede di leccare la gamba depilata da ciclista di Fabio, non accorgendosi, per via della benda, che sta invece risalendo su su sempre più su nel blu dipinto di blu verso la proverbiale Marzulla della Francesca.
La Roby ha lo sguardo proiettato nel vuoto, in espressione estatica: dopo, la leccata di polpaccio toccherà a lei.

E difatti così è stato.

Infine, ecco la vostra più affezionata feticista che, come sua abitudine da quando ha avuto la prima mestruazione, si fruga nel reggiseno chiedendosi perché, perché questa rottura di coglioni una volta al mese e non mi sono nemmeno cresciute le tette? Ci devono essere, ci devono essere!
Giovanni, gli occhi rivolti al cielo, domanda a Dio la stessa cosa.
Luca, giovane rampante ma generoso, consola la Milla porgendogli la sua banana, in una scena metaforica tipica del metateatro cecoslovacco, come a dire: anche se sei piatta come una tavola, due colpi te li darei ugualmente.
La Francesca sulla sinistra se la ride roteando la gonna con tracotanza: anche lei ha le mestruazioni una volta al mese. Ma c'ha pure una quinta.


 
 
 

Whatever will be will be

Post n°97 pubblicato il 11 Giugno 2007 da tefnutlagatta
 

Allora le cose stanno così.
Praticamente, non ho voglia di studiare. Né di laurearmi. Son quattro anni che frequento una facoltà e manco so dove sta la segreteria.
Non ho voglia di portare avanti amicizie o relazioni sociali che siano.
Non ho voglia di ricaricare il cellulare. Non ho voglia di avere un cellulare.
Non ho voglia di mangiare. Di cucinare.
Non ho voglia di riordinare l'ammucchiata dei vestiti in camera mia. Ci sono questi vestiti ammucchiati, no? E sotto il baratro. Personalmente, amo chiamarlo "il greto del fiume".
Non voglio comprare nulla.
Non voglio sforzare il mio cuore.
Non ho voglia di uscire la sera. Non ho voglia di vedere facce note e odiate. Non ho voglia di vedere facce note e amate. Non ho voglia di vedere facce nuove che devo ancora decidere se amare o odiare.
Non ho voglia di essere indifferente.
Non ho voglia di dare giudizi.
Non ho voglia di sentire qualcuno parlare. Non ho voglia di ascoltare il silenzio.
Non ho voglia di sentir parlare me.
Non ho voglia di lavorare, e nemeno di andare in vacanza.
Da qualche  tempo mi è pure andata via la voglia di scrivere.
Allora le cose stanno così.
Praticamente, non ho voglia di pensare al futuro.
Del futuro mi affatica anche soltanto l'idea.

 
 
 

ATTENZIONE - ATTENZIONE

Post n°96 pubblicato il 05 Giugno 2007 da tefnutlagatta
 

IL BLOG FINOALLESTREMO E' ORGOGLIOSO DI PRESENTARE

XIV° FESTIVAL DELLA CANZONE PORTIGIANA

UNO SPETTACOLO MUSICAL -TEATRALE DI BENEFICIENZA

MA SOPRATTUTTO

 LA MILLA CANTA IN REGGICALZE!!

Domenica 10 giugno 2007 presso il teatrino di Porto Di Mezzo, Lastra a Signa (FI)

ACCORRETE NUMEROSI! RICCHI PREMI E COTILLON!

(No, vabbè, però c'è la lotteria)

 
 
 

Morte, Distruzione e Muse

Post n°95 pubblicato il 31 Maggio 2007 da tefnutlagatta
 

L’altra volta ero divertita ma leggermente perplessa.
Stavolta ero innamorata.
Sarà che il palco era più piccolo, la serata in generale più intima. Sarà che la poca aria che arrivava al pubblico era respirabile. Sarà che ormai il fatto che fossero un po’ dei bamboccioni britannici l’avevo digerito e metabolizzato dal concerto di Bo. Come quando uno inizia ad uscire con una persona e dentro di sé pensa sì, mi piace, però tra noi non potrà mai funzionare per via di questo e quest’altro. Poi subentrano i sentimenti e il pensiero di cui sopra cambia in sì, mi piace, sì, non può funzionare, ma fanculo.
Sarà che forse, quando cantava hold you in my arms, I just wanted to hold you in my arms, Bellamy coi suoi occhioni azzurri – azzurri da bamboccione britannico, beh, mi dava l’illusione che guardasse proprio me.
Anche se chi lo veste andrebbe diserbato. Completo rosso e sotto t-shirt bianca tipo maglia della salute. Mi ha smorzato notevolmente il romanticismo.
Menzione speciale all’Olly che si è lanciata come un centravanti di sfondamento rischiando di rimetterci le costole. Ma è stata tenace.

Bilancio del secondo concerto dei Muse dell’anno:

Pogare da pazzi sei – sette volte di seguito: fatto
Onda umana : fatto
Cadere per terra all’indietro su una montagna di persone che non avevano niente di meglio da fare che scalciarmi sulla schiena: fatto
Perdere la mia spilla di Doozy Unique, un pezzo unico introvabile: fatto
Saltare usando Olivia come leva umana: fatto
Chiedermi come mai i musicisti oggigiorno preferiscano la doppia c (cocaina) alle groupies: fatto
Pagare una bottiglia di Tennent’s quattro euro: fatto
Perdere completamente l’udito: fatto
Ascoltare i Muse suonare Thoughts of a dying Atheist : non fatto, porca paletta, per la seconda volta. E’ una delle mie preferite, ora più che mai visto che mi ricorda che non sono l’unica stronza nel mondo così spaventata dall’idea della morte tanto da scriverci su qualcosa. Però comprendo, comprendo ancora che il pubblico non la conosce e non si scatena e protesta eccetera eccetera.
A pensarci bene, Absolution è praticamente un album sulla morte. Parla di tutte le catastrofi possibili e immaginabili: apocalisse, storie d’amore senza speranza già finite in partenza, farfalle che sbattono le ali in Giappone e causano uragani devastanti dall’altra parte del mondo, guerre, atei morenti, capolinea totali e improrogabili, sindromi di Stoccolma, attaccamenti morbosi al limite dell’omicidio. Ti dà un’idea generale di quel che può essere la morte percepita dai Muse.

Anzi, dal cantante, visto che è Bellamy a comporre tutti i brani. Ieri sera stavo in terza fila, proprio davanti a lui, e dal vivo è una visione davvero accecante. E’ quasi sempre concentrato sui suoi strumenti (distorsione onnipresente, come sempre), ma appena apre un attimo gli occhi ti fulmina. Ha lunghissime e nervosissime mani. Davvero un bell’omino. Non mi era mai piaciuto un granché, però a vederlo così da vicino ci avevo proprio l’ormone libero. Beh, magari non libero come la ragazza che dietro di me gli gridava di spogliarsi. Diciamo così libero da unirmi con lei in coro. Tra l’altro in italiano, perciò mi stavo chiedendo cosa cacchio avrà capito. Forse noodles, "spaghetti". Gli sarà sembrato qualcosa di sessuale?

 
 
 

Un Cuba Libre per dimenticare

Post n°94 pubblicato il 30 Maggio 2007 da tefnutlagatta
 

Coppia seconda uscita, cena e cinema. Bla bla inutile. Tutti e due brutti come la fame, come schiacciati dal peso della gravità. Mettere l'amore sopra ogni cosa deve abbellire la figura, visto che per contro ci sono queste ragazze che si prostituiscono che d'estate hanno delle gambe da urlo, da urlo, cristo, vorrei veramente urlare quando le vedo. Ed è già la seconda volta che rischio di andare a sbattere col paraurti davanti per evitare di urlare.
Quello che mi è chiaro stasera è che non ho capito nulla della vita. E guidando in giro per la città la cosa mi appare ancora più lampante.
Tre cocktail già fatti. Uno al Kitch con amici di lettere che mi fanno sentire ignorante. Due al Kitch da sola dopo andati via gli amici, che non è una cosa bella da dire o da fare ma se stasera non mi alcolizzo muoio, grazie.
Prendo la macchina. Che poi è proprio una serata stronza, bisogna dirlo, perché a stare due secondi nel locale capisci di essere stupida almeno quanto gli altri. E per una che, come me, passa la vita a tentare di differenziarsi è una discreta botta essere stupida quanto qualcun altro.
Dicevo, prendo la macchina. Ma non ho voglia di andare dove mi sono prefissa di andare. Ho voglia di andare da un'altra, sbagliatissima parte. Difatti vado lì.
Parcheggio la macchina in seconda fila in una strada larga come un tacco a spillo. Scendo e dopo un po' che cammino, l'incredibile: corro. Sento l'urgenza. Mi batte il cuore, minchia!
Madonna che sollievo. Era qualche settimana che credevo che mi sarebbe servito soltanto per gli infarti e i pacemaker, d'ora in poi.
Dopodiché, secondo miracolo: lacrime. Mi sembra di assistere alla madonnina che piange sangue. Corro e le ricaccio indietro. Alla fine mi ritrovo seduta sul pianerottolo di pietra serena con la matita marrone prugna di Chanel (è un bellissimo marrone prugna di Chanel, proprio come mi ha detto la leggiadra commessa profumiera) tutta rigata sulle guance. Singhiozzo che mi devono sentire da Fiesole.
Minchia se sto male. Però almeno mi sento un essere semovente e non un vegetale, stasera. Un essere che ha un cuore, che ama una persona che non c'è. Che pensa: forse non c'è. Che spera che non ci sia. Che si asciuga il bellissimo marrone prugna di Chanel dalla faccia e tende il dito, perché è un essere semovente che oltre ad avere un cuore c'ha il dito. Che lo poggia sul campanello. Che mentre lo poggia chiude gli occhi e vede i suoi nerissimi che si aprono pesanti, seducenti, sopra un bacio. E che prima di accorgersene ha suonato.
Sono atea ma ora sto cercando una preghiera qualsiasi. E' una situazione brutta. E' una situazione ghiotta. E' una situazione riprovevole. E' una situazione fantastica.

Non risponde nessuno. Non ho il coraggio di suonare un'altra volta.
Ma poi che cazzo volevo fare non s'è mica capito. Cioè, nella mia mente perversa io andavo lì, gli dicevo ciao, da quanti anni non ci vediamo? Quattro? Ti dispiacerebbe scopare?
Magari nel frattempo si è fidanzato, sposato, si è trasferito e nel suo appartamento ci abita una famiglia di sceicchi che si sentono dei ganzi a pagare quaranta mentri quadri in centro a Firenze duemila euro al mese, non so.
In ogni caso, immagino che scopare non gli sarebbe dispiaciuto.
Queste riflessioni di alta filosofia le faccio mentre mi riavvio verso la macchina, un po' delusa, un po' melò, e controllando che non ci siano tracce di marrone prugna sulla mia giacca.
Mi volto a guardare il palazzo, illuminato dal bagliore aranciato dei lampioni. Sembra morbido. Flessuoso. E c'è qualcuno affacciato al balcone, illuminato dal bagliore aranciato dei lampioni pure lui. E ha una camicia bianca immacolata. E braccia magre. E ciocche di capelli che gli infestano le guance.
Mi guarda. E' impossibile che non mi abbia riconosciuta. Ho i capelli sciolti stasera, e siamo in pochi a portarli così spudoratamente lunghi e mossi.
Però, penso tra me, mi sa che ha capito che esitavo. Perché era abituato che quando avevo voglia di lui mi attaccavo al campanello come un'ossessa, altro che un trillino e chi c'è c'è. Ed è meglio non pensare a quanto ammontava la mia voglia di lui. No, è meglio di no. E' meglio di no adesso che lui mi guarda e io lo guardo, e già sto partendo per un trip nel passato dove esistono soltanto frasi tipo
ti desidero da spaccarmi la testa nel muro a forza di craniate.
Avrei bisogno di chiedergli chi è. Cosa mi rappresenta veramente nella vita, lui. E' la persona ideale per me? Anche se a parlarci all'epoca mi risultava quasi antipatico?O è la persona ideale per tradire la fiducia di qualcuno che a parlarci non mi sta antipatico per niente? E' uno che mi arrapa da bestia, come usano dire gli esimi professori dell'Accademia della Crusca, o è uno che mi toglie la voglia di mandare sangue al cuore, come dice Fossati?
O probabilmente è uno che, come me, insegue un sogno impossibile, sul quale non è disposto a transigere. E quando lo vedo giù come sto giù io quando perdo per un instante il coraggio di continuare l'inseguimento, allora non mi sento stupida uguale a chiunque altro. Mi sento stupida come possiamo esserlo soltanto io e lui.
Fa un cenno con il mento per salutarmi. E' un mento illuminato, che percepisco appena. Ricambio sciantosa, con la mano a borsetta, e me ne vado.
Tanto, penso in macchina, tanto ormai la cazzata l'ho fatta.
Scendo. Suono il campanello, e stavolta vorrei gridare: scròllati dal mio groppone, perché nella vita gli impegni sono noiosi, le responsabilità sono noiose, le convivenze sono noiose, e a ventidue anni mi annoio già abbastanza!
Invece dico: hai fame? Andiamo a mangiare.

Sulla strada del ritorno mi fermo all'Otium per farmi un altro Cuba Libre. Ma mica da sola, eh! C'è la disperazione a farmi compagnia. Lei però beve soltanto Midori.

 
 
 

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