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Messaggi del 28/02/2007

Susanna

Post n°79 pubblicato il 28 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

A Susanna piaceva ballare; non che fosse una ballerina, semplicemente amava andare di tanto in tanto in discoteca e lasciarsi trascinare con moderazione dalla musica.
Susanna era fidanzata da anni con un bravo ragazzo un po’ schivo, conosciuto sui banchi del liceo, che non pareva essere particolarmente attratto dal mondo della notte; così, col tempo, lei aveva preso a considerare il ballo come una forma di relazione sociale, un territorio che condivideva con la solita cerchia di amici e soprattutto con Silvio, il suo fidanzato di lungo corso, e aveva trasformato un piacere eminentemente personale in un comportamento di coppia.
In fondo, col passare degli anni, tutta la vita di Susanna aveva cominciato a ruotare su questa parola: “coppia” come se la sua esistenza fosse in qualche modo giustificata dalla presenza accanto a lei del suo compagno e quando tra lei e Silvio era finita, oltre al dolore per la perdita di quell’uomo sinceramente amato, lei aveva provato una percezione di totale incompletezza, si era sentita un uccello senza un’ala,  un uomo a cui fosse stata amputata una gamba.
La sua vita, così a lungo vissuta specchiandosi negli occhi di lui, sembrava ora vuota e quel che era peggio, non riusciva a recuperare la percezione di sé come individuo intero, ma solo come mezzo di un intero che non c’era più.
Paradossalmente la perdita di Silvio non l’angosciava tanto quanto la sua incapacità di riconoscersi come entità che avesse il diritto a qualcosa di suo, anzi il solo fatto di pensarlo le sembrava un’inaccettabile pretesa, come se la sua “singolarità” la privasse, di fatto, di qualsiasi diritto.
Tale incompletezza le faceva vivere dolorosamente ogni attività le ricordasse la vita a due, al punto di rinunciare a tutto ciò che per lei avesse un senso solo se vissuto in coppia: ballo e vacanze compresi.
Così aveva passato un’estate da reclusa, accettando a malapena di passare qualche giornata al mare con le amiche o, come quella sera, di andare ad una sagra che si teneva in un paese vicino.
Un po’ controvoglia si era vestita, truccata alla bell’e meglio, era salita in macchina con Lara e Giovanna che, ovviamente, per tutto il tragitto non avevano fatto altro che parlarle di Mario, l’ultimo di una lunga serie di potenziali pretendenti che le due amiche continuavano a proporle da mesi.
Vedrai,
diceva Giovanna euforica,
Mario è proprio un figo, e poi, ha un buon posto, secondo me è il tipo adatto a te. Tra l’altro avete un sacco di interessi in comune.
Si! Si!
Rincarava Lara
Se non ci fosse Aldo, un pensierino su di lui ce l’ avrei già fatto.    
A Susanna tutto quell’interessamento per la sua vita sentimentale non piaceva affatto: un poco, perché la sua visione romantica la faceva sperare nel classico colpo di fulmine per cui mal digeriva quella sorta di ufficio cuori solitari che le due amiche avevano organizzato alle sue spalle, ma ancor di più per la sgradevole sensazione che sotto sotto, dietro a tutto quell’interessamento, ci fosse il disagio che la sua presenza come single procurava a quel gruppo di coppie oramai consolidate e tale pensiero non faceva che alimentare il suo senso di inadeguatezza.
Fortunatamente il tragitto era breve e, dopo una decina di minuti, le tre amiche, parcheggiata disinvoltamente l’utilitaria di Lara su di un passo carraio che:
tanto chi vuoi che esca a quest’ora
si tuffarono nella folla festosa alla ricerca dei loro cavalieri che le avevano precedute.
Era una bella serata di fine agosto. L’aria era calda, ma non afosa, e tra i mille profumi di fritture e carne alla griglia, a tratti, si riusciva ancora a percepire l’odore della notte. Una folla variopinta e composita si accalcava e si pigiava nella strada principale, tra bancarelle di dolciumi e lampeggianti novità elettroniche, coi visi accaldati e felici, sgranocchiando pop-corn e noccioline, guardandosi in giro e facendosi guardare.
Dopo aver percorso nei due sensi l’intera lunghezza del paese senza trovare gli uomini, Giovanna, che aveva già adocchiato il tavolino della lettrice di Tarocchi, presa per mano Susanna, la costrinse a sedersi per farsi predire la fortuna.
Già Susanna era, per natura, profondamente aliena da ogni forma di superstizione, ma la cartomante davanti alla quale si era seduta, le procurò un profondo senso di disagio.
La donna non aveva meno di settant’anni, portati per di più assai male: il viso, incartapecorito e solcato da profonde rughe, avrebbe anche potuto avere una sua dignità se non fosse stato vituperato da un trucco pesantissimo e volgare, i capelli raccolti sul capo con una crocchia erano candidi, ma di un bianco sintetico che nulla aveva in comune con una naturale canizie. L’abbigliamento poi era semplicemente incredibile: la donna era inguainata in una tuta argentata di un qualche tessuto sintetico tipo lamé corredata da un paio di stivali dello stesso materiale con tacchi altissimi e zeppe.
La tuta, che finiva con una specie di collarino, era priva di maniche e le magre braccia della donna risaltavano ancor di più con la loro pelle cadente sul lucore argenteo del tessuto, cosparse, per di più, da una gran quantità di tatuaggi di non eccelsa fattura. A completare il sorprendente abbigliamento provvedevano una serie di pesanti bracciali in metallo brunito e due orecchini modello lampadario.
Susanna, messa a disagio da quell’inquietante figura, fece per alzarsi, ma la maga, afferratala per un polso con una mano artigliata di unghie ricurve e con voce sorprendentemente dolce, la trattenne.
Susanna che non era certo il tipo da fare scene, seppur di malavoglia, si accomodò nuovamente sulla sedia lasciandosi sfuggire un sospiro rassegnato.
Gli occhi della donna erano incredibilmente vivaci e brillanti, quasi appartenessero ad un giovane o a un folletto rinchiuso per qualche strana magia in quel corpo incongruo.
La loro gioia di vivere e l’ironia che emanavano colpirono Susanna al punto da indurla a rispondere, quasi in trance, alle domande preliminari che la donna le poneva.
Allora mia cara che vuoi sapere?
Chiedile dell’amore!
Le suggerì eccitata Giovanna.
La cartomante fulminò la ragazza con un’occhiata terribile e, con un tono di voce sgradevole, finalmente in accordo col suo aspetto, la zittì:
Solo chi si siede qui ha il diritto di fare domande; chi non ne ha il coraggio, TACCIA!
Disse, poi, riprendendo il tono amabile di poco prima:
Allora, Susanna, cosa ti preme sapere?
Susanna rimase perplessa: come faceva la donna a sapere il suo nome? Poi, immaginando che la vecchia l’avesse sentita chiamare da Lara o Giovanna, si convinse si trattasse di un innocente stratagemma per aumentarne la credibilità ai suoi occhi e si rilassò.
Non so proprio cosa chiedere
Disse
Mi dica lei quello che vede.
Attenta Susanna
Replicò la donna
Non sempre si vuol davvero sapere quello che ci riserva il futuro e non è sempre prudente chiedere che ci sia rivelato.  In ogni caso, se è questo quello che desideri, ti dirò quello che potrai aspettarti nelle prossime settimane.
Ciò detto, estrasse da sotto il tavolino un mazzo di carte logore col dorso decorato con intricati arabeschi dorati su fondo blu e prese a mescolarle con cura. Dopo averle fatte alzare a Susanna, cominciò a disporle lentamente sul tavolo secondo uno schema complicato. Una volta distribuite le carte, prese a girarne alcune e a guardarle attentamente borbottando parole incomprensibili e movendo sopra di esse le mani come se volesse dissipare un velo di nebbia.
Sei ad un momento decisivo della tua vita
Il tono della voce era nuovamente mutato: ora aveva assunto un timbro profondo e cavernoso che pareva provenire direttamente dal suo petto anziché dalle labbra.
Tra poco, e quando dico poco intendo davvero prestissimo, ti imbatterai in una persona che potrebbe cambiare radicalmente la tua vita. Sta a te riconoscerla e soprattutto accettare quello che ti proporrà. Io non so dirti né quale sia la scelta giusta per te e nemmeno quale alla fine sarà la tua decisione. Posso solo dirti che non sempre la verità è rassicurante! - Cinquanta euro, grazie!
Susanna si riscosse: i gesti carichi di mistero e la voce ipnotica della cartomante l’avevano fatta sprofondare in una specie di strana fascinazione, ora quella richiesta prosaica rimetteva tutto nella giusta prospettiva. Susanna aprì la borsa, sfilò dal portafogli una banconota e lo porse alla donna.
Mentre si alzava per andarsene nuovamente la mano della vecchia le afferrò il polso:
non pensare che i soldi rendano banale o falso quello che ti ho detto. Non pensarlo mai! Ricorda: a volte nella vita è giusto fare la cosa che pare sbagliata.
Susanna si divincolò da quella stretta inaspettata con la sgradevole sensazione di essere trasparente e con un sorriso un po’ imbarazzato, salutò la donna e si allontanò.

Hai sentito
Diceva tutta eccitata Lara
Farai un incontro! Sono sicura che parlava di Mario! Vedrai che è l’uomo giusto per te!
Susanna non rispose, ma le venne spontaneo pensare a come nella sua vita tutto in qualche modo fosse scontato e banale.
Ci manca solo che amiche e fattucchiera si alleino per rifilarmi l’uomo della vita.
Si disse tra il serio e il faceto.
Proprio in quel mentre dalla folla sbucarono Aldo, Paolo e il famigerato Mario: un moro sui 35 anni fisico atletico, sorriso smagliante, aria un po’ strafottente, ma simpatica.
Susanna, suo malgrado, dovette ammettere che non era per niente male, ma come suo solito si trincerò dietro un prudente scetticismo.

Se alla sua età è ancora libero...
Fatte le presentazioni, le tre coppie si avviarono nella pizzeria dove avevano  prenotato un tavolo. A Giovanna e Lara, non era sfuggita l’espressione di sorpresa che si era per un attimo dipinta sul volto di Susanna alla vista di Mario ed ora stavano parlottando fitto fitto, dandosi di gomito e ridacchiando, convinte di aver fatto finalmente centro.
Susanna, da parte sua, pur maledicendosi per quell’imprevista defaillance, continuava a guardare con sospetto misto ad interesse il nuovo venuto che, ovviamente, le ragazze avevano fatto sedere di fronte a lei.
Mario indubbiamente non era uno stupido: 36 anni, chirurgo di un certo valore, aveva una voce calda e profonda e un modo amabile di trattare, e lei, rendendosi conto di non essere insensibile al suo fascino, prese ad osservarlo sempre più interessata, cercando di capire cosa si celasse dietro quella facciata così accattivante.
Il suo scetticismo subì un duro colpo quando lui le confidò di essere single per libera scelta: dopo la laurea si era trasferito in America a specializzarsi presso un centro molto avanzato e al suo ritorno si era diviso tra l’attività professionale e il volontariato nei paesi del terzo mondo.
Era insomma una persona che aveva preferito dedicare fino a quel momento le sue energie al conseguimento di obiettivi, decisione che Susanna condivideva appieno.
Ora, raggiunta la maturità, per Mario era non venuto il momento di fermarsi e, perché no, di trovare una compagna. Mentre lo diceva i suoi occhi incrociarono quelli di lei che non poté fare a meno di ripensare alle parole della cartomante.
Era piuttosto tardi quando uscirono dalla pizzeria. A quell’ora gran parte della gente era già rincasata, rimaneva solo qualche capannello di persone, raccolte presso un paio di attrazioni ancora aperte, e gruppetti di ragazzi decisi a far tardi a tutti i costi.
Ad un tratto la compagnia fu attratta dal suono di una fisarmonica e dal rumore di mani che battevano a tempo cadenzato.
In uno slargo, a pochi passi dalla via principale, un uomo, seduto sugli scalini di una casa, suonava lo strumento con sorprendente foga e maestria. Attorno a lui un gruppo di persone batteva le mani incoraggiando i più arditi a cimentarsi in qualche passo di danza.
Susanna sentì improvvisamente qualcosa che le si ridestava dentro e, con enorme stupore, avvertì un irresistibile desiderio di ballare.
A dire il vero non era nemmeno un desiderio, era una specie di necessità: i piedi cominciarono a muoversi contro la sua volontà al ritmo di quella melodia, sconosciuta al cervello, ma inspiegabilmente ben nota al suo corpo.
Dopo i piedi anche le gambe, disobbedendo ad un suo ferreo comando, presero ad assecondare la musica e dopo le gambe fu la volta dei fianchi, del busto, delle braccia, del collo, del capo.
Il ritmo era suadente, una via di mezzo tra una melodia orientale e un tango argentino, della prima aveva la sinuosità del secondo il ritmo cadenzato.
Alla prima rispondevano i movimenti dei fianchi e delle mani, al secondo quelli dei piedi e delle braccia. Susanna, come rapita e incapace di opporre la minima resistenza, continuava ad avvicinarsi al suonatore che la guardava con occhi penetranti e un enigmatico sorriso sul volto.
Oramai tutti si erano accorti di lei, sia Mario e i suoi amici, sia le persone che circondavano il suonatore e tutti, indistintamente, avevano rivolto il loro sguardo ammirato alla donna e alle figure che disegnava con le sue movenze.
La sensazione era strana: da una parte Susanna si sentiva come trasportata su una nuvola da quell’incomprensibile esigenza di danzare e provava una strana eccitazione nel vedere gli sguardi ammirati delle persone che la circondavano, dall’altra, la sua natura riservata e schiva le faceva provare violente ondate d’imbarazzo per quell’esibizione che attirava su di sé gli occhi di tante persone,
La musica all’improvviso finì e con essa anche la danza.
Ci fu una specie di ovazione. Tutti i presenti applaudivano e si complimentavano con lei che parimenti paonazza in viso per l’imbarazzo e per l’emozione si guardava attorno, ruotando su se stessa, per cercare di cogliere nelle espressioni degli astanti approvazione o biasimo a conforto o riscontro dei suoi timori.
Fu solo un attimo, poi Susanna si riprese, si avvicinò a Lara e le disse
Devo aver bevuto un po’ troppo, per piacere portami a casa.
Lara annuì e, dopo un rapido giro di saluti, l’accompagnò a casa.
Finalmente sdraiata sul letto, nella penombra rassicurante della sua camera, Susanna cominciò a riesaminare quella strana serata.
Mario indubbiamente era stato una piacevole sorpresa, si era dimostrato garbato e galante, simpatico e non eccessivamente invadente, proprio il genere di comportamento che lei preferiva perché le consentiva di mantenere il necessario distacco e una sufficiente autonomia di giudizio.
Per la prima volta dopo molti mesi si cullò nel pensiero di come sarebbe stato essere baciata da lui, rendendosi improvvisamente conto che oramai era quasi un anno che non permetteva a nessun uomo di avvicinarsi e di come questo cominciasse a pesarle.
Indugiò a lungo ripensando a lui, a quello che si erano detti, alla sensazione di affidabilità e correttezza che emanava, ma il ballo…
Ripensò a quando, per un attimo, Mario aveva posato la sua mano su quella di lei, ma quel suonatore…
Cercò di ricordare il suo profumo, ma quella musica…
Inutile tentare di far finta di niente, Mario non rappresentava di certo il punto focale della serata e Susanna si decise ad esaminare quella che era stata sicuramente una delle esperienze più singolari di tutta la sua vita.
Tentò ancora una volta di liquidare la cosa come una semplice intemperanza da birra, ma era perfettamente cosciente del fatto che quello che le era successo nulla aveva a che fare con un eccesso di alcool, di cui, peraltro come suo solito, non aveva certo abusato.
Riandò col pensiero a quanto era accaduto e ripescò nella sua memoria, quasi come in un film, una serie di fotogrammi: l’espressione interdetta di Lara e Giovanna che tutto si sarebbero aspettate da lei tranne una simile esibizione, il sorriso compiaciuto di Mario, le occhiate un po’ lascive ed eccitate di buona parte degli uomini, Aldo e Paolo compresi, l’aria divertita di quelli che, invece, si erano solo goduti lo spettacolo, ma soprattutto lo sguardo profondo ed inquietante del suonatore.
Per un attimo, solo per un attimo, le venne in mente la fiaba del pifferaio di Hamelin, dei suoi magici incantesimi con cui stregava topi e bambini, e per un attimo un brivido gelido di paura le attraversò la schiena, ma subito la sensazione fu sostituita dal calore dell’eccitazione che quella danza le aveva procurato, un piacere che non era scalfito dal senso di imbarazzo e dalla vergogna che temeva l’avrebbe sommersa; a dire il vero non riusciva nemmeno a negare il sottile piacere che le aveva dato leggere l’eccitazione negli occhi delle persone che avevano assistito all’esibizione.
Ballare: Susanna improvvisamente si rese conto che quella era stata la prima volta che aveva mosso dei passi di danza da quando aveva rotto con Silvio, e contemporaneamente che per la prima volta in vita sua aveva ballato da sola, non come la dama di un cavaliere, ma solo per il suo piacere di ballare.
La cosa la sorprendeva e la turbava forse ancor più del fatto che fosse accaduto per strada, perché contravveniva ad uno dei postulati su cui aveva costruito molte delle sue certezze, quello cioè che ci fossero ambiti nei quali era concesso muoversi solo all’interno della rassicurante ombra protettrice di una relazione più o meno istituzionalizzata.
In quell’ultimo anno la sua vita era stata fortemente condizionata dall’assenza di un uomo al suo fianco, non tanto o non solo perché la solitudine è una brutta bestia, ma anche e soprattutto perché quell’imprinting di coppia che tanti anni passati con Silvio le avevano instillato, le impediva di godere appieno della propria vita con la leggerezza che invece avrebbe dovuto contraddistinguere quel periodo di ricostruzione della sua identità.
In fondo, si ritrovò a pensare, se c’è qualche ragione nel rinunciare a parte di sé per venire incontro alle esigenze del proprio compagno, che senso ha farlo per un compagno che non esiste?
E su questo nuovo dubbio, mitigato dal proposito che l’indomani, forse, sarebbe tornata a cercare quello strano suonatore, si addormentò.
La mattina dopo fu svegliata dallo squillo insistente del telefono.
Ciao sono Mario! Ti ricordi di me? Sono quello che ieri sera non conoscevi ancora.
Susanna sorrise per quel curioso approccio.
Sì Mario, certo che mi ricordo di te. Dimmi
Scusa se ti chiamo a quest’ora, ma noi chirurghi siamo mattinieri. Senti stasera smonto presto. Che ne dici se ceniamo assieme? Perfetto! Sarò da te alle 19,45 in punto!
Susanna, colta un po’ alla sprovvista, e divertita da quella allegra irruenza, aveva finito con l’accettare l’invito.
Mentre si faceva la doccia le tornò in mente la promessa che si era fatta prima di addormentarsi ed ebbe una piccolo moto di disappunto nel non poter tener fede all’impegno preso con se stessa, ma liquidò la cosa con una scrollata di spalle: in fondo la sagra avrebbe avuto il suo epilogo la domenica e si era solo a martedì.
Si sentiva strana e leggermente eccitata al pensiero di tutto quello che era accaduto la sera prima e del fatto che Mario l’avesse cercata già il giorno dopo: inutile nasconderselo quell’uomo le piaceva, e dopotutto era anche ora che la finisse di portare il lutto.


...continua
 

 
 
 
 

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