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Nei giornali femminili spesso si legge di donne con mariti bravi e amanti focosi. Il commentatore di turno (spesso un psicologa) parla di debolezze, di compensazioni... ma, in maniera provocatoria, non era meglio una volta quando venivano chiamate "puttane" ? [puttana, dal francese putaine, meretrice, a sua volta dal latino putidu, puzzolente] Così la donna, di fronte a questo bivio esistenziale, poteva dire "allora sono una puttana, e sono fiera di esserla" oppure "ma se faccio così sono una puttana, e non mi va di esselo", tirandosi indietro da certi comportamenti. Puttana, una parola forte, ma che aiutava una donna a trovare la sua dimensione. Certo, la colpa è anche dei maschi che usano questa parola sempre di sproposito. Penso che oggi parlare di debolezze e compensazioni non si faccia altro che creare confusione: la donna traditrice oggi è diventata una poverella che ricerca comprensione, mentre la donna forte capace di controllare i propri impulsi sia diventata una bigotta autorepressa, incapace di vivere la vita con pienezza.
Io non amo l'esaltazione della debolezza: non la giudico, non la condanno, ma nemmeno si può usare la parola "debolezza" per giustificare ogni comportamento sconveniente.
Inviato da: alberto
il 27/01/2014 alle 11:28
Inviato da: mickael
il 27/01/2014 alle 11:28
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