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Il ladrocionio delle pensioni privilegiate

Post n°4 pubblicato il 30 Giugno 2011 da indignati_2011
 

 

Con la manovra economica che il governo si appresta a varare, si torna a parlare dei tagli ai costi della politica, ma nessuno per ora ha avanzato la proposta di ridurre le pensioni dei parlamentari. Una nota dolente del sistema Italia, che agli occhi dei cittadini rappresenta uno dei privilegi più odiosi della casta.

Specialmente se si guarda al passato, visto che, fino a una decina d’anni fa, per ricevere l’assegno vitalizio bastava anche un solo giorno in Parlamento. Oggi le cose sono un po’ cambiate. Ma comunque le cifre che ogni anno escono dalle casse dello Stato per gli ex parlamentari sono ingenti. Se la manovra prevederà davvero la riduzione del 10 per cento dell’indennità parlamentare di ministri ed eletti, anche la pensione dei politici, calcolata sulla retribuzione, scenderà sensibilmente. Oggi a deputati e senatori per percepire la pensione occorre portare a termine almeno una legislatura: con 5 anni di contributi, a 65 anni percepiscono il 25 per cento dell’indennità, pari a circa 4 mila e 200 euro. Se invece portano a termine 2 legislature, si arriva al 38 per cento (6 mila e 400 euro), mentre per tre mandati l’assegno è pari al 53 per cento (circa 8 mila e 900 giuro).

Le cifre sono comunque esorbitanti. Lo scorso anno, il 2009, la Camera ha speso 138,2 milioni di euro per le pensioni dei deputati, mentre per quelli dei senatori si è arrivati a 81,2 milioni, per una cifra complessiva di 219,4 milioni. Due anni prima, nel 2007, lo Stato ha pagato la pensione a 1.377 ex deputati e a 861 ex senatori oppure, in caso di prematura scomparsa, ai loro familiari. Le cose sono migliorate solo negli ultimi tempi: prima del 2008, infatti, per maturare la pensione occorreva restare in Parlamento per metà legislatura più un giorno. A Montecitorio bastava aver conquistato uno scranno prima del 1996 per ottenere la pensione già all’età di cinquant’anni.

In Senato era ancora più facile: bastavano quindici anni di contributi se si era stati eletti prima del 2001. Baby pensionati e anche d’oro, visto che l’assegno più basso si aggira sui 2.400 euro e quelli più alti viaggiano intorno ai 9.900. Oggi, dopo la riforma del 2006, che ha visto la riduzione delle indennità parlamentari del 10 per cento, si va in pensione a 65 anni per chi ha fatto solo una legislatura. Per più mandati l’età scende, ma mai al di sotto dei 60 anni. Almeno questo evita le situazioni paradossali del passato. Come quella dell’ ex leader di Autonomia Operaia e oggi scrittore di successo, Toni Negri, per esempio, dal 1993, anno del suo sessantesimo compleanno, percepisce 3.108 euro mensili grazie alla sua elezione a Montecitorio nel 1983 nel partito radicale, anno in cui rimase in Parlamento per soli 64 giorni, durante i quali, causa ferie estive, furono convocate solo nove sedute. E che dire di Giuseppe Gambale, entrato in Parlamento nel 1992 con la Rete di Leoluca Orlando, baby pensionato di lusso a soli 42 anni? Oppure il banchiere varesino Giovanni Valcavi che, dopo solo nove settimane e mezzo in Parlamento, dal 1992 porta a casa 3.108 euro. Piove anche sul bagnato, visto che spesso la pensione da parlamentare si cumula con quella di altre prestigiose occupazioni.

L’imprenditore Luciano Benetton, per esempio, eletto in Senato per i repubblicani nel 1992, incassa un assegno mensile di 3 mila e 100 euro lordi. La sorella dell’Avvocato, Susanna Agnelli, scomparsa un paio d’anni fa, percepiva invece 8 mila e 455 euro. Altro baby pensionato è l’ex delfino di Bettino Craxi Claudio Martelli, che con 20 anni di contributi percepisce 8.455 euro. Il record, però, spetta a quattro exparlamentari del tutto sconosciuti ai cittadini, ma ben noti alle casse del Tesoro: Angelo Pezzana, Pietro Graveri, Luca Boneschi e Renè Andreani, tutti radicali: un solo giorno nel Palazzo, contributi volontari per 5 anni e un vitalizio di 3.108 euro mensile.

Che i cittadini percepiscano questi esborsi come privilegi inaccettabili lo si è visto il 25 febbraio scorso, quando una scritta intermittente che recitava "stop pensioni deputati" è stata proiettata addirittura sulla cupola di San Pietro. Ma tagliare le pensioni dei parlamentari non è facile, perché comunque, chi più e chi meno, si tratta di contributi regolarmente versati.

L’unica maniera, dunque, sembra essere quella della riduzione dello stipendio, che automaticamente abbassa anche il vitalizio.Ma la casta dei parassiti si difende e lo fa in maniera solidale . Destra , sinistra , centro , quando si tratta di difendere i loro privilegi non ci sono barriere e divisioni ideologiche
«Le pensioni dei parlamentari incidono lo 0,022 per cento sulla spesa pubblica, una riduzione anche cospicua non mi sembra un gran risparmio», osserva il senatore del PdL Lucio Malan. «E poi noi, a fronte spesso di maggiori responsabilità, percepiamo pensioni più basse rispetto a magistrati, star del giornalismo, grand commis di Stato, manager pubblici e direttori di banca. Se in Italia vogliamo fare un discorso serio sulla riduzione delle pensioni d’oro, allora deve valere per tutti e non solo per i politici».

 

Ebbene dopo essere stati cosi' sfacciatamente e arrogantemente derubati e' ora di chiedere che il maltorto venga restituito al contribuente . Perche' non ci sono dubbi che il trattamento pensionistico di cui gode la casta crea una disparita' che non puo' essere tollerata e accetata in quanto non conforme alla carta costituzionale / Se tutti i cittadini hanno gli stessi doveri e gli stessi diritti appare chiaro che gli appartenenti alla casta si attribuiscono diritti che li pongono al di sopra dei cittadini Italiani

 
 
 

La ribellione dei tartassati contro le zecche della casta aumenta

Post n°5 pubblicato il 02 Luglio 2011 da indignati_2011

 

« il momento di farsi sentire. Bisogna reagire. Le associazioni e le imprese devono alzare la voce per tutelare le categorie che rappresentano. Stiamo organizzando già una prima manifestazione e vorremmo coinvolgere, oltre ai commercianti, anche gli artigiani». Alberto Marchiori è il presidente della Confcommercio di Pordenone e uno dei tanti imprenditori che considerano la manovra fiscale - come dire - un poco azzardata. «No, no, diciamo pure che è una porcheria. Non fa altro che aumentare la rabbia di tutti i cittadini perché era l’occasione giusta per dare un segnale dopo le elezioni e i referendum, il cui vero risultato è stato farci capire  che gli italiani non sono a favore del centrosinistra o arrabbiati con il centrodestra, ma sono contro la politica e i partiti. E invece non c’è stata la voglia di fare i tagli necessari per il Paese. Mi riferisco alle scorte per i politici ormai esclusi dalla politica, alla riduzione del numero dei parlamentari, all’eliminazione delle Province».

Delusione. Rabbia. Indignazione. «La casta? Non viene mai toccata perché è autoreferenziale, quello dei partiti è l’unico settore senza una struttura democratica. Ecco perché non se ne può più. E poi si dovrebbero tagliare tutti quegli enti inutili che risalgono alla guerra di Libia. Pensi che l’ex sottosegretario Stradiotto, ai tempi del Governo Prodi, una volta ci spiegò, elenco alla mano, che il loro costo di mantenimento era pari al bilancio dello Stato». Marchiori è scatenato e anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, non ci vede chiaro. «È una manovra che probabilmente ritarda le decisioni importanti. Non mi sembra proprio una grande strategia per l’internazionalizzazione delle imprese...».

La manovra non piace, no. «Altro che aver messo le mani in tasca gli italiani, qui ci hanno bucato anche le fodere dei pantaloni», commenta sorridendo Mario Pozza, presidente della Confartigianato di Treviso. «La casta non la si tocca mai perché è trasversale. E poi perché gli italiani, finora, sono stati tranquilli. Ma ora siamo vicini al cambiamento, i consumatori si stanno incazzando, il vaso è colmo». Sì, ma dove tagliare? Pozza è chiaro: bisogna snellire le amministrazioni. «Ci vogliono meno Comuni, ma più grossi. Si risparmierebbe su tutto, sui costi del Municipio, sugli uffici tecnici. Lo stesso discorso vale per le amministrazioni Provinciali. In generale, poi, ci sono troppi consiglieri, troppi assessori, troppi deputati, troppi senatori».

Tagliare. Cambiare. Fare qualcosa di diverso da quanto è stato fatto e tutti ne sono convinti. Cesare Fumagalli, segretario generale della Confartigianato, è perplesso. «Sarebbe stata una scelta irresponsabile non fare una manovra fiscale. Questa ha un pregio, cioè quello di mettere mano agli andamenti strutturali della spesa pubblica. Ma proprio questo è anche un difetto, perché non produrrà effetti immediati». Meglio sarebbe stato, forse, agire subito su altri tipi di tagli. «Io avrei messo mani sugli annidamenti delle spese sociali e assistenziali. Le faccio un esempio, uno dei tanti: la disoccupazione agricola. Ha uno costo annuo di 1,2 miliardi e un gettito di 100 milioni. E in Campania ci sono 2,5 percipienti rispetto a ogni versante». Riduzioni, risparmi. Ma non solo. La manovra prevede anche agevolazioni fiscali, come la tassa del 5 per cento per i giovani imprenditori. «L’effetto dell’annuncio è forte e va bene - spiega ancora Fumagalli - Però bisogna starci attenti. Pensiamo a un imprenditore che è riuscito a passare la crisi a denti stretti: improvvisamente gli entra nel mercato un nuovo concorrente, giovane ma con esperienza, con dei vantaggi rispetto a lui. Il risultato è che rischia di essere danneggiato».

A

 
 
 

dal libro " la casta " di cesare stella

Post n°6 pubblicato il 05 Luglio 2011 da indignati_2011
 

Aerei di Stato che volano 37 ore al giorno, pronti al decollo per portare Sua Eccellenza anche a una festa a Parigi. Palazzi parlamentari presi in affitto a peso d'oro da scuderie di cavalli. Finanziamenti pubblici quadruplicati rispetto a quando furono aboliti dal referendum. "Rimborsi" elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute. Organici di presidenza nelle regioni più "virtuose" moltiplicati per tredici volte in venti anni. Spese di rappresentanza dei governatori fino a dodici volte più alte di quelle del presidente della Repubblica tedesco. Province che continuano ad aumentare nonostante da decenni siano considerate inutili. Indennità impazzite al punto che il sindaco di un paese aostano di 91 abitanti può guadagnare quanto il collega di una città di 249mila. Candidati "trombati" consolati con 5 buste paga. Presidenti di circoscrizione con l'autoblu. La denuncia di come una certa politica, o meglio la sua caricatura obesa e ingorda, sia diventata una oligarchia insaziabile e abbia allagato l'intera società italiana. Storie stupefacenti, numeri da bancarotta, aneddoti nel reportage di due famosi giornalisti.

 

Questi sono solo una parte deglin incredibili sprechi , delle enormi risorse che la casta brucia per mantenere se' stessa . Uno schiaffo in faccia alla poverta' , a chi lavora per 6 mesi all'anno  solo per pagare le tasse / Di questi sprechi tutti sono colpevoli , destra e sinistra non hanno mai litigato quando si e' trattato di mantenerli o aumentarli . Non possiamo continuare a mantenere queste zecche !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 
 
 

La camera vota contro l'abolizione delle province . La casta non puo' rinunciare a migliaia di poltrone

Post n°7 pubblicato il 05 Luglio 2011 da indignati_2011

Migliaia di polrone da distribuire . Presidenti , consiglieri ecc , che vengono sistemati al costo di centinaia di migliaia di Euro all'anno che deve pagare chi lavora . E la distribuzione di poltrone poi continua dalle province versi gli enti partecipati , banche , camere di commercio ecc .. dove sistemare altri parassiti . Migliaia di miliardi buttati al vento . I due schieramenti nelle loro campagne elettorali avevano promesso di chiudere le province , ma oggi d'amore e d'accordo hanno deciso che non si puo .. Dove manderebbero i parassiti da sistemare ?

E cosi' mentre litigano , o fanno finta , sulla finanziaria , confermano che quando si tratta di spremere il cittadino per mntenere i  loro privilegi non ci sono e non ci saranno problemi

 

ANSA) - ROMA, 5 LUG - L'Aula della Camera ha ''affossato''

la proposta di legge presentata dall'Idv sulla soppressione

delle province. L'Assemblea di Montecitorio ha infatti respinto

il mantenimento del primo articolo. I voti contrari sono stati

225, a favore 83. Gli astenuti sono stati 240.Contro la

richiesta si e' espressa la maggioranza, anche se qualcuno nel

Pdl si e' astenuto. A favore, oltre all'Idv, si e' schierato il

Terzo polo. Il Pd si e' astenuto sull'articolo

 
 
 

Perche' ai parassiti fanno comodfo le province e non le abolisco ......

Post n°8 pubblicato il 06 Luglio 2011 da indignati_2011

Q

uattro milioni di euro di risparmio all'anno non possono bastare. Tanto regalerebbe alle casse dello Stato l'abolizione delle 110 province che pesano sull'erario per circa 12 miliardi, sempre all'anno. Un complesso di 4.200 amministratori tra presidenti, vicepresidenti, assessori e consiglieri, che gravano sui conti pubblici soprattutto al Sud (4,5 miliardi) e al Nord Ovest (3,9). Che le province, spesso inserite nel calderone degli "enti inutili", siano più un danno che una risorsa è cosa nota, e da molti anni. Eppure, nel 1992 erano 103 e nel 2010 sono salite a 107 (con l'istituzione di Monza-Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani), senza contare le tre autonome di Bolzano, Trento e Aosta.

Il fronte comune di chi vorrebbe abolirle, dunque, dura sempre il tempo di una campagna elettorale. Chi poi arriva a Palazzo chigi si trova immediatamente dalla stessa parte di chi siede nei palazzi delle Province e che naturalmente non ha alcuna intenzione di mollare il posto. Il motivo è semplice: più dei buoni bilanci, contano i rapporti di forza politici, i posti da assegnare in quota a questo o quel alleato, le catene di comando.
Per questo il centrodestra martedì ha bocciato la proposta dell'Idv per abolire gli enti locali. Ha preso la stessa decisione del Partito Democratico, che pensa sì a livello nazionale,  ma anche a livello provinciale con le 47 giunte rette direttamente da propri esponenti. Antonio Di Pietro ha parlato di una "maggioranza della casta" e dato dei "traditori" agli alleati democratici. Una prova dell'ostracismo Pd la danno i numeri della Camera: 225 no, 83 sì (da Idv e Terzo Polo) e 240 astenuti, tra cui proprio 43 deputati democratici). Come ha scritto Elisa Calessi su Libero di oggi, mercoledì 6 luglio, per far passare il provvedimento sarebbero bastati 155 voti a favore (i votanti erano 308): se i voti democratici si fossero sommati agli 83 di Idv e Terzo Polo la legge sarebbe passata. Anche Pier Ferdinando Casini è amareggiato: "Mi dispiace molto che il Pd abbia perso l'occasione di fare una cosa saggia. Potevamo mandare il governo in minoranza.... Avremmo dato un segnale".

Il segretario
Pier Luigi Bersani, però, non ci vuol sentire: "Noi abbiamo una nostra riforma, non ci vengano a fare tirate demagogiche". E via coi sofismi. Il problema delle province, ha spiegato Dario Franceschini, va inquadrato in un "ridisegno dei livelli dello Stato", non lo si può ridurre al capitolo dei "costi della politica". Sopprimerle porterebbe poi a un "vuoto legislativo". Però, siccome votare no potrebbe apparire "contrario alla necessità di fare le riforme", per non sbagliare si astengono. E intanto iol cittadino paga ...

 
 
 

La casta ha condannato i prossimi pensionagti a una vita di miseria

Post n°9 pubblicato il 10 Luglio 2011 da indignati_2011

Qualcuno di noi , fortunato , e' riuscito and andare in pensioni con le norme vigenti , qualchea ltro fortunato ci arrivera' . Ma la stragrande maggioranza di noi e dei nostri figli dovra' lavorare piu anni per arrivare a prendere una pensione , forse ...  del 40% dell'ultimo stipendio . E questo senza pagare una lira di tasse in meno . Stesse tasse,piu' anni di lavoro , meno soldi .

 

Milioni di persone sono condannate da ora alla indigenza assoluta . Tutto questo mentre la casta continua a mantenere i suoi privilegi anche nel campo pensionistico , con personaggi che accumulano pensioni sia come parlamentari sia da attivita' precedenti . Lavorando poco o niente sia come parlamentari che nelle altre funzioni che , si fa per dire , svolgono . In pratica npoi lavoriamo non per potere usufruire di una giusta pensione , ma per pagare quelle delle casta  . Quanto lo tollereremo ancora ?

 
 
 

Consiglieri regionali puglia " rivogliono " i soldi ... facced da culo ?

Post n°10 pubblicato il 13 Luglio 2011 da indignati_2011

Arroganza ,mancaza del senso della misura e anche di dignita' // Peccato non avere i nomi di questi " galantuomini " che mentre si discute di decurtazioni alle pensioni reclamano per le decurtazioni

La «casta» rivuole 5 milioni di stipendi
Sono le decurtazioni operate nel 2006
Un gruppo di consiglieri ha chiesto la restituzione
delle somme decurtate nella scorsa legislatura


 

BARI - La fuga di notizie e la chiusura a riccio sono state un tutt’uno. Perché - è comprensibile - di questi tempi parlare degli stipendi dei politici non è facile, mentre si chiedono sacrifici agli italiani. Ebbene: un gruppo di consiglieri regionali ha chiesto la restituzione delle somme decurtate nella scorsa legislatura dalla loro busta paga. Quella diminuzione fu decisa in forza di una legge annullata dalla Corte costituzionale. Dunque, sostengono i richiedenti, è da considerare illegittima e le somme decurtate vanno restituite. La questione potrebbe avere un fondamento giuridico. E, nel caso la tesi fosse accettata, anche una conseguenza considerevole sulle casse del Consiglio: una tegola da 4 o 5 milioni. Il presidente dell’Assemblea Onofrio Introna, interpellato sul punto, ha risposto che «l’ufficio di presidenza opporrà il proprio rifiuto, e se qualcuno non sarà soddisfatto della risposta, si potrà rivolgere al Tar». Una replica che sembra chiudere la vicenda solo sul piano politico (ammesso che la chiuda). Sul piano amministrativo, il tema resta intatto: perché la parola andrebbe ai giudici. A scrivere all’ufficio di presidenza, circa due mesi fa, sono stati un paio di consiglieri non rieletti: Luigi Loperfido e Enrico Santaniello (entrambi di centrodestra).

A loro se ne sono aggiunti altri: di ogni schieramento, alcuni rieletti e altri non riconfermati. Quella di cui si parla è la Finanziaria statale per il 2006. Impose ai Consigli regionali la decurtazione del 10% della «indennità» (ossia la metà della busta paga, cui si aggiunge in Puglia un cospicuo rimborso, per un netto totale che arriva anche a diecimila euro). Quella legge, impugnata dalla Campania e dalla Toscana, è stata annullata dalla Consulta nel 2007, sulla base del fatto che la competenza fosse regionale e non statale. Ma il Consiglio pugliese non tenne conto dell’annullamento e continuò ad applicare la decurtazione (assieme ad un precedente taglio di pari importo deciso un anno prima, autonomamente, dall’ufficio di presidenza). A distanza di qualche anno alcuni scafati consiglieri di lungo corso ancora in carica si sono attivati e hanno suggerito ai colleghi che fare. E ciò anche per evitare che nel frattempo scorrano i cinque anni di prescrizione entro i quali rivendicare le spettanze. In sintesi: ogni consigliere (più di una decina le istanze finora arrivate) ha chiesto rimborsi per 63mila euro. A cascata arriverà, si intende, la rivalutazione del vitalizio per chi è già in «pensione». Se si moltiplica la cifra per ciascuno dei 70 consiglieri in carica nella scorsa legislatura la tegola sarebbe pari a 4,4 milioni. La norma annullata dalla Corte è stata applicata per tutto il 2010, quindi anche a sette mesi della nuova legislatura, fino a che non è intervenuta un’altra disposizione statale che taglia le indennità (ma questa non è stata impugnata dalle Regioni).

Dunque: se anche gli attuali 70 consiglieri chiedessero la restituzione delle somme per i sette mesi del 2010, si avrebbe un ulteriore esborso non inferiore ai 500mila euro. Alcuni consiglieri si sono già chiamati fuori, come Antonio Decaro (neo eletto) o Guglielo Minervini (rieletto), entrambi Pd: «Non faremo alcuna richiesta, tanto meno rivolgerci al Tar». Ma la questione è aperta. Introna, nella lettera con cui ha risposto alle istanze ha replicato che la vicenda è «delicata» e merita l’approfondimento della giunta.

 
 
 

Se il TITANIC affonda non si salvera' nemmeno la prima classe ( la casta )

Post n°11 pubblicato il 15 Luglio 2011 da indignati_2011

Il ministro Tremonti nel suo discorso di presentazione della finanziaria ha voluto ricordare ai membri della casta che se il TITANIC affonda non si salvera' nemmeno chi viaggia in prima classe . Ho qualche dubbio .. e' molto piu' probabile che le zecche che hanno mandato in rovina il paese hanno gia' prenotato le migliori scialuppe di salvataggio / Per loro si trattera' solo di un  intermezzo tra un transatlantico di lusso che affonda ad un altro lussuoso transatlantico dove potranno continuare a ballare e divertirsi con le risorse che ci hanno estorto . Quanto tempo ci rimane per buttarli noi in mare e rimettere noi in sesto la barca ?

 
 
 

Il Titanic affonda e la casta continua a festeggiare : La beffa dei mancati tagli ai soldi che ci rubano

Post n°13 pubblicato il 17 Luglio 2011 da indignati_2011

Sono riusciti a mettere al sicuro il portafoglio della casta per legge. Deputati e senatori hanno blindato nella notte fra il 13 e il 14 luglio scorso le loro indennità parlamentari messe a rischio da Giulio Tremonti grazie a un geniale emendamentino approvato in commissione bilancio del Senato verso le due del mattino e poi ripreso dal maxi-emendamento su cui ieri anche la Camera ha votato la fiducia. Il blitz è servito a legare le proprie indennità, gli unici stipendi italiani che non vengono toccati dalla finanziaria, al Pil del Paese e alla media ponderata degli altri Pil europei. L’emendamento porta la firma di due senatori del Pdl.

Il primo  è un ingegnere palermitano, Mario Ferrara.  Il secondo è un giornalista catanese, Salvo Fleres. Grazie alla loro trovata gli stipendi dei parlamentari italiani sono stati legati a doppia mandata con il Prodotto interno lordo. Il risultato è una doppia beffa: in questo modo i parlamentari italiani non faranno alcun sacrificio, come invece aveva chiesto Tremonti e loro stessi avevano promesso agli italiani. Ma soprattutto se gli altri italiani si rimboccheranno le maniche e lavoreranno sodo facendo crescere il Pil del  Paese, i primi a beneficiarne diventeranno deputati e senatori che potranno starsene in panciolle ad aspettare le fatiche altrui: alla fine con il Pil cresceranno i loro stipendi.
Nell’attesa comunque l’indennità parlamentare non rischierà alcuna sforbiciata. Tremonti infatti aveva scritto: paragoniamola, aggiungendoci tutti i benefit goduti, a quella della media dei parlamentari degli altri paesi. Siccome sarà superiore, la tagliamo di quel che c’è in più. Legandola al Pil invece questo non avverrà. Perché con il trucco approvato di notte e in poche ore trasformato in legge lo stipendio-base (senza benefit che sono stati esclusi) degli onorevoli italiani potrà essere inferiore a quello di Francia, Germania e Gran Bretagna (e lo è sia pure di poco), perché  quei paesi hanno Pil più alti. Dovrà essere superiore e di molto a tutti gli altri membri della Ue che hanno Pil inferiori a quelli italiani. Con questo criterio lo stipendio degli italiani potrà essere superiore alla media Ue e va a finire pure che dovrà essere aggiustato verso l’alto.
Una scelta che rischia di provocare roventi polemiche e acuire ancora di più il distacco fra elettori ed eletti. Ieri avevamo pizzicato i senatori mettere paletti interpretativi ai tagli dei costi della politica. Una bella presa in giro già in quella formula soft. Ma cristallizzare la propria immunità economica per legge proprio quando si fa tirare la cinghia a tutti gli altri italiani, verrà vissuto come una prepotenza difficile da digerire. Non a caso quell’emendamento che era sfuggito ieri a noi di Libero (il testo della seduta notturna della commissione bilancio della Camera non era ancora stampato), ieri mattina è stato scovato proprio da un nostro lettore, Filippo Salone,  che ce lo ha inviato per posta elettronica con un  amaro post scriptum:  «Da elettore del centro destra storico, direi che è arrivata l’ora di un sano passo indietro».
Non osando parlare agli elettori maggioranza e opposizione si sono sfogati nel chiuso delle commissioni durante le sedute notturne in cui è stata approvata la legge finanziaria. Si sentono vittime perfino dei loro elettori, che pure dovrebbero essere la risorsa principale per un uomo politico. Ce l’hanno con i giornali e con quella che chiamano “antipolitica” e banalmente è la reazione degli elettori alla evidente incapacità degli eletti di fare il mestiere per cui sono stati votati e vengono pagati più che bene. Nella migliore delle ipotesi si nascondono dietro fili d’erba, come fa oggi il senatore Pd Francesco Sanna che scrive a Libero per dire che lui certo è favorevole a tagliare i costi della politica, ma che l’idea di legare al Pil è solo del Pdl. Sanna aveva di fatto proposto la stessa formula: legare l’indennità alla popolazione dei paesi. Il risultato sarebbe stato identico.
Quel che i politici di centrodestra e centrosinistra non capiscono è che i loro stipendi appaiono agli italiani eccessivi non solo in sé, ma in rapporto alla qualità e alla quantità del lavoro che stanno remunerando. Il Parlamento da anni fa poco o nulla. E quel che poco che riesce a fare, normalmente peggiora la vita degli altri italiani. Con questi risultati lo stipendio dovrebbero darlo i politici a tutti gli italiani che li sopportano, e guardarsi bene dal chiederlo a loro. Non è antipolitica, questa. È la giusta protesta di un datore di lavoro (il popolo italiano) che vede i suoi dipendenti (i parlamentari) starsene con le mani in mano e combinare un pasticcio dopo l’altro. O li licenzia - e ci siamo assai vicini - o almeno spera di risparmiare qualcosa sugli stipendi che così butta via.

 
 
 

la ribellione contro la casta monta ogni giorno di piu ...

Post n°14 pubblicato il 17 Luglio 2011 da indignati_2011

la ribellione contro la casta , le denunce di furberie , sorprusi , ruberie  si moltiplicano e si moltiplica l'indignazione dei semplici cittadini che si rendono conto di essere stati derubati per decenni , si rendono conto che in giuco ce' il futuro proprio e dei propri figli , si rendono conto che questo futuro non lo si puo' affidare a questi politici inetti , disonesti e fanfaroni .

Tantissimi ormai sono convinti che bisogna cacciarrli TUTTI

visitate questo blog ...

 

http://isegretidellacasta.blogspot.com/

 

 

 

 

 

 
 
 

La rabbia dei moderati sta diventanto collera

Post n°15 pubblicato il 17 Luglio 2011 da indignati_2011

 

Attenzione alla rabbia dei moderati. Dovrebbero considerarla molto seriamente i nostri cari (nel senso del loro costo) parlamentari e ministri. L’indignazione sta montando sempre di più nel Paese. 
Evidentemente nei palazzi romani non se ne rendono conto, ma chi vive fra la gente comune ne ha un fortissimo sentore già da alcuni giorni, precisamente da quando si è precisata, nei suoi contorni pesantissimi, la manovra di correzione dei conti pubblici.
E’ un clima che ricorda moltissimo quello che si avvertiva nel 1992. Fu la rabbia del ceto medio che allora  fece da detonatore facendo saltare per aria la classe politica della prima repubblica.
Oggi ciò che fa indignare non è il pur salatissimo costo – 80 miliardi di euro in quattro anni - della manovra economica. La necessità di farla, accollandosi dei sacrifici, è evidente a tutti e gli italiani non sono sciocchi irresponsabili. Sanno che bisogna tirare la cinghia e si sono sempre dimostrati pronti a farlo, sia pure con qualche mugugno, per salvare la “nave Italia”. 
Quello che non riescono a digerire è l’atteggiamento della classe politica. A loro avviso mentre la cosiddetta “casta” impone pesanti sacrifici al paese, soprattutto i sacrifici più odiosi che vanno a gravare sui malati, sulle famiglie con figli, sui pensionati, sul terzo settore e l’istruzione non si mostra disposta a dare alcun segnale di partecipazione a questo sforzo nazionale e anzi sta attaccata con le unghie e con i denti a dei propri privilegi anacronistici.
Non che la gente dia ascolto al qualunquismo e allo sfascismo di certi demagoghi. Siamo un popolo realista e nessuno s’illude di ripianare il debito pubblico dimezzando le retribuzioni dei parlamentari. Così come nessuno pretende una classe politica fatta di virginali suore orsoline e asceti penitenti. 
Tuttavia nessuno capisce perché mai dobbiamo avere i parlamentari più pagati d’Europa, oltretutto sapendo che hanno un carico di lavoro che li impegna solo qualche giorno la settimana, mentre evidenziano una preparazione media sotto la sufficienza.
Nessuno comprende perché debbano essere così tanti (i parlamentari) quando – considerate le altre democrazie – il loro numero potrebbe essere tranquillamente dimezzato, né si capisce come possano pretendere di usufruire di una sequela di immotivati e costosissimi benefici, a cominciare dalle pensioni facili (oltretutto non sono neanche stati scelti dagli elettori con le preferenze).

Così come nessuno comprende perché il presidente della provincia di Bolzano debba guadagnare più del presidente americano Barack Obama e un consigliere regionale italiano debba percepire più del governatore di New York (che è tra i più pagati degli Stati Uniti) o perché i nostri parlamentari europei siano tra i più remunerati del parlamento di Strasburgo o perché dobbiamo tenerci il costoso carrozzone delle province che servono solo ad ampliare il ceto politico degli amministratori che è già troppo vasto.
Se davvero siamo sul “Titanic” e rischiamo di fare la stessa fine – come dice il ministro Tremonti – tutti dovrebbero collaborare alla salvezz
a.
Dunque ragionevolezza, realismo e senso della decenza avrebbero dovuto consigliare un drastico taglio fatto dalla classe politica al proprio stesso costo. Sarebbe stato solo un segnale simbolico? Anzitutto quando i popoli passano brutti momenti e si chiede uno sforzo di coesione nazionale, anche i segnali simbolici di rigore e serietà sono importanti (come dimostra la storia). Inoltre sarebbe stata una dimostrazione di responsabilità, di intelligenza e di doverosa equità.
Invece non se ne parla nemmeno. L’idea di diminuzione dei parlamentari – sempre vagamente ventilata – resta nel libro dei sogni. La proposta di decurtare le loro retribuzioni o cancellare la loro incredibile previdenza viene accolta con pernacchie. Invece di fermare subito il continuo aumento dei costi di gestione di istituzioni come la Camera dei deputati rimandano tutto alle calende greche. Che è un modo per non farne nulla.
Sappiamo poi  come sono state bombardate a tappeto le proposte “rigoriste” di Tremonti, da quella – veramente minima – che proibiva i doppi incarichi (c’è chi cumula la carica di parlamentare con quella di sindaco o presidente di un’amministrazione provinciale) alla liberalizzazioni delle varie professioni, come quella degli avvocati. I quali avranno avuto anche delle ragioni, ma la reazione degli avvocati-parlamentari è apparsa a tutti odiosa.
Ad abolire le province del resto neanche ci provano… Le persone comuni hanno la sensazione di una casta – che è considerata (a torto o a ragione) di sfaccendati - che si mostra sempre prontissima nella difesa dei propri privilegi, mentre impone durissimi sacrifici a chi non può difendersi.
Anche sacrifici veramente ingiusti, lesivi dell’interesse nazionale, come il taglio delle (già esigue) detrazioni per i figli a carico, cosicché l’Italia, che ha già la maglia nera per le politiche familiari e ha il record della denatalità, correrà ancor più speditamente verso l’estinzione. Puniamo l’istituzione famiglia che ha il merito di averci fatto resistere alla crisi?
C’è persino qualche dettaglio che sembra sia stato pensato con la deliberata intenzione di accrescere l’indignazione “antipolitica”. Come l’aggravamento delle pene pecunarie previsto per chi attacca manifesti pubblicitari fuori dagli spazi e dalle regole, aggravamento delle pene da cui però sono stati esentati i manifesti politici (che poi sono la maggior parte dei manifesti abusivi).
Di questa situazione sono responsabili tutti, anzitutto forse di governo, ma anche di opposizione. Infatti la rabbia della gente – che capisce al volo come stanno le cose è generalizzata, verso tutti. Però oggi la si percepisce più fortemente proprio in quel corpaccione del ceto medio che perlopiù vota i partiti moderati.

 

Articolo di Antonio Socci su Libero di oggi

 
 
 
 
 

IO SONO IO , APPARTENGO ALLA CASTA E ALLO STADIO CI VADO GRATISV

Post n°18 pubblicato il 19 Luglio 2011 da indignati_2011

IO SONO IO , APPARTENGO ALLA CASTA E ALLO STADIO CI VADO GRATIS  E IN POSTI RISERVATI , LONTANO DALLA PLEBLAGLIA

Un posto in prima fila: primo anello settore rosso al «Meazza». Sono 320 i biglietti che vengono gratuitamente riservati all’Amministrazione comunale, allo stadio, per ogni manifestazione di San Siro. Lo prevede la convenzione sottoscritta fra le società calcistiche e il Comune di Milano, per la concessione d’uso e la gestione degli impianti.
L’accordo prevede che il carnet di biglietti sia destinato a «esigenze di rappresentanza» del Comune, e stabilisce anche dettagliatamente la ripartizione dei posti: 50 in Tribuna autorità, 140 nella tribuna centrale settore rosso, primo anello, 40 nella tribuna centrale settore arancio (primo anello), 35 nella tribuna laterale settore blu, primo anello, 35 nella tribuna laterale settore verde, primo anello. E, per finire, 20 posti nel terzo anello.
È il consigliere comunale del gruppo «Radicale Federalista europeo», Marco Cappato, a rendere noto il contenuto della convenzione, del 2000. «Personalmente - dice Cappato - sono a conoscenza dei 96 biglietti (primo anello settore rosso) attribuiti ai Consiglieri comunali. Ho fatto richiesta di conoscere le rimanenti attribuzioni, nella convinzione che la nuova amministrazione saprà dare un segnale di discontinuità rispetto a un meccanismo finora opaco».

Al di là dei 96 biglietti per i consiglieri comunali, il resto è assegnato dall’ufficio Cerimoniale, in base a un elenco comprendente anche una serie di associazioni, e un certo numero di amministratori, comunali e non, fra cui i presidenti di zona. Indiscrezioni raccolte a Palazzo Marino parlano di una gran numero di richieste ricevute, per una sorta di attività anche «diplomatica» di Palazzo Marino, che comprende per esempio l’omaggio a colleghi amministratori comunali. Insomma se l’Inter gioca con la squadra di un’altra città, lombarda o meno, è possibile che qualche amministratore di questa città si rivolga ai suoi colleghi politici per avere più comodamente un biglietto. Per il Comune non è un costo, è vero, ma l’impressione è quella di una certa opacità del sistema, che può essere funzionale alla gestione di un piccolo strumento di potere. Questo è quel che conferma per esempio Gianluca Boari, consigliere di Zona 3 per il Pdl: «I presidenti di Zona hanno a disposizione i biglietti. Io non li ho mai chiesti, non li ho mai avuti, ma ricordo ogni settimana una questua. Sì, diventa un piccolo strumento di potere per tenersi buoni consiglieri o amici».

 
 
 

Il tagliando magico che assicura ai papponi di stato , loro parenti ed amici la possibilita' di non pagare multe

Post n°19 pubblicato il 19 Luglio 2011 da indignati_2011

La bacchetta magica dell'immunità "stradale" per amici e parenti.

Un ex dipendente del parlamento ha publlicato in un suo una serie di privilegi che i papponi di stato godono per se' stessi ma anche per amici , figli , parenti , amanti .Nella grande abbuffata fatta a nosdtre spese ce' posto per tutto e per tutti . Basta avere la giusta conoscenza

Quello che vedete in questa foto è il permesso ZTL della Camera dei Deputati. 
Pubblico il permesso ZTL qui per due motivi. Descrivere il potere magico che incarna quel cartoncino, ma anche e soprattutto per rispondere alle critiche di chi ritenga che alcune notizie qui riportate sia possibile ritrovarle anche in qualche libro di denuncia sui costi della politica.
Se ciò può anche essere parzialmente vero (non ho letto la sterminata bibliografia in merito, ma credo che le nefandezze sono sempre le stesse e prima o poi escono fuori: tutto sta nella capacità di lor signori di nascondere e insabbiare la verità), tuttavia certamente non danno in omaggio con il libro il permesso ZTL Camera dei Deputati!!
Ma cos'è questo cartoncino magico?
Quello che in apparenza sembra uno dei tanti semplici contrassegni per accedere nelle aree a traffico limitato del centro di Roma, è invece una bacchetta magica
in grado di rivestire non solo il conducente ma anche l'auto di una qualità molto ricercata negli ambienti di Montecitorio: l'impunità.
Tutor e autovelox, vigili e poliziotti, divieti e sanzioni, nulla possono fare contro questo potente sortilegio.
Qui non parliamo delle auto blu, per quelle già era scontato: i tagliandi vanno posti invece su una qualsiasi altra auto a discrezione di ogni deputato.
Che sia il suv del suo bamboccione o l'auto dell'amante, poco importa.
A volte succede che il figlio bamboccione (sembra incredibile ma ho conosciuto diversi figli di deputati, cretini almeno quanto Renzo Bossi: chissà se faranno anche loro carriera politica) venga pizzicato dall'autovelox a 180km/h sull'autostrada o con l'auto parcheggiata nel bel mezzo di una isola pedonale.
Poco importa.
Ci sarà sempre un servo dei servi, come il sottoscritto, a cui consegnare multe e verbali.
Costui sa già quel che bisogna fare: raccomandata A/r a Sua Eccellenza Illustrissimo Gentilissimo Prefetto....si comunica che in data x all'ora x...bla bla bla.... il sottoscritto travolgeva un'anziana sulle strisce (questa è una battuta, per carità)....improrogabili impegni istituzionali (la discoteca del bamboccione, l'appuntamento con l'amante, lo shopping della figlia)...esercizio delle sue funzioni.....cordiali saluti....on.dott.ing.Cettolaqualunque.
In allegato al ricorso, lo schiavo non deve far altro che allegare la fotocopia del permesso ZTL Camera dei Deputati, che reca il numero di targa del veicolo incriminato, e il gioco è fatto!
Veniamo al secondo motivo della foto.
Si tratta di un vecchio permesso scaduto (il nuovo è sempre sul parabrezza dell'auto del figlio, almeno credo) che metto su internet non solo e non tanto per raccontarvi di questi oscuri sortilegi postmoderni, ma anche perchè all'oggi non credo che questo tagliando sia uscito in omaggio con qualche libro.



 
 
 

La casta diventa anticasta

Post n°20 pubblicato il 19 Luglio 2011 da indignati_2011

In questi giorni stiamo assistendo ad uno spettacolo divertente . Alcuni lupi  si stanno vestendo da agnelli , aluni autorevolissimi membri della casta che per anni ( decenni ... ) hanno goduto di privilegi che non hanno pari in nessuna nazione democratica , hanno scoperto che esiste la CASTA  . E ne sono scandalizzati .... Di Pietro , Fini , Franceschini , Bersani , Formigoni si affanano a dichiarare che bisogna tagliare i costi della politica . Ma se questi costi erano eccessivi occorreva arrivare nell'orlo del baratro per accorgersene  ? Un amministratore deve avere sempre ben presente che deve esercitare il suo mandato secondo " le regole di un buon padre di famiglia  " lo hanno fatto ? Assolutamente no

E ' un caso che nessuna delle loro tardive ( e ridicole ) proposte prevede che TUTTO quello che fa parte dei loro benefit , stipendi , pensioni etc venga reso pubblico e a di sposizione di tutti come avviene altrove ? Non e' un caso , i papponi di stato sono allergici alla trasparenza . Non lasciamoci incantare da chi non ha mai cambiato nulla  e ora prova a cambiare qualcosa per non cambiare niente . Noi chiediamo solamente e semplicemente che se ne vadano . Si godano quello che ci hanno fatto pagare con i nostri soldi . I cambiamenti e' meglio che li facciano altri . Piu' credibili di loro /

 
 
 

Un articolo di Montezemolo che pubblichiamo condividendone alcune valutazioni

Post n°21 pubblicato il 19 Luglio 2011 da indignati_2011

Se la Seconda repubblica si avvia a mesta conclusione, rimane aperto il problema storico che ha segnato l'ultimo ventennio italiano: l'incapacità della politica di uscire dalla crisi di legittimità che nei primi anni Novanta travolse la Prima repubblica. Una crisi da cui la politica non si è più ripresa, navigando a vista tra partiti personali strettamente legati ai destini di un unico leader e partiti che hanno provato freneticamente a reinventarsi senza mai riuscire a diventare organizzazioni vitali e capaci di dialogare con la società civile.

I molti ritardi che l'Italia ha accumulato in questo ventennio sono anche figli della debolezza della politica. Una debolezza paradossale, in un Paese dove ogni aspetto della vita pubblica sembra contaminato dai condizionamenti della politica. Eppure è una contaminazione occulta, che non diventa mai trasparente assunzione di responsabilità. Il caso della legge elettorale è quello più clamoroso, se la facoltà di decidere i parlamentari è stata sottratta al giudizio degli elettori e affidata a un ristretto gruppo di professionisti della nomina. Ma altrettanto grave è il neostatalismo municipale, che ovunque a livello locale vede tornare la mano dei partiti nella gestione economica con il risultato di ridimensionare gli spazi della concorrenza.

Su tutto, l'incapacità della politica di mostrarsi coerente e responsabile rispetto alle posizioni e alle promesse assunte nel passato anche recente. Quante volte abbiamo ascoltato politici anche di primissima fila e di altissima responsabilità parlare come se si fossero appena affacciati alla vita pubblica? La Seconda repubblica finisce dunque senza avere in alcun modo risolto una debolezza strutturale della nostra nazione, ma al contrario consegnando a tutti noi il compito di restituire forza e autorevolezza alla politica e ai suoi strumenti democratici. Quella forza e quell'autorevolezza non potranno essere ritrovate per miracolo, ma saranno il risultato faticoso di un dialogo da ricreare con la società civile italiana e di una nuova fase costituente alla quale tutti dovranno dare il proprio contributo. Il mondo del lavoro insieme all'associazionismo, l'imprenditoria piccola e grande insieme al sindacato, il grande bacino del volontariato accanto al mondo delle religioni e a quello della cultura. Nessuna esclusione potrà essere giustificata, tantomeno se a pretenderla sarà un ceto di professionisti della politica la cui autorevolezza è ormai ai minimi termini.

Ricostruire l'Italia? Per nostra fortuna non usciamo da una guerra, ma come in un dopoguerra ci troviamo a un bivio storico dal quale dipenderà il futuro dei nostri figli. Possiamo scegliere di abbandonarci con rassegnazione a un destino di declino, dove ci spinge, mese dopo mese, la cronaca sempre più fitta delle malattie italiane. Oppure possiamo assumerci la responsabilità di invertire la rotta per ritrovare il senso di una missione condivisa, prima di tutto dicendo a noi stessi tutta la verità sullo stato della nazione e subito dopo definendo un'agenda minima ma inflessibile dei provvedimenti da prendere con la massima urgenza.

È su questo piano che si misurerà la qualità delle classi dirigenti italiane, dalla loro capacità di uscire da una visuale ristretta di interessi particolari per mettersi in gioco collettivamente. Non sarà l'impresa di un uomo solo né di un unico settore sociale, ma dovrà necessariamente essere un traguardo il più ampiamente condiviso. Solo così la nostra democrazia potrà tornare a dotarsi di una politica credibile e autorevole, non più separata dal muro di sfiducia invalicabile che ormai la circonda, ma nuovamente capace di alimentarsi alle correnti più feconde della società italiana. D'altra parte questo è quanto accadde nel secondo dopoguerra, quando una classe dirigente che non era composta da professionisti della politica, ma da esponenti di altissima qualità di tutti i settori della vita associativa, riuscì a restituire all'Italia un futuro di speranza e di crescita economica e civile.

 
 
 

la manovra finanziara " grazia " le famiglie dei papponi di stato , le spese mediche le paghiamo noi

Post n°22 pubblicato il 20 Luglio 2011 da indignati_2011

La manovra finanziaria del governo è stata approvata a tempo di record ma ha creato molte polemiche. Da una parte sono stati imposti pesanti sacrifici alle famiglie italiane (il valore complessivo dell'intervento è di 70 miliardi di euro fino al 2014), dall'altra si è scelto di effettuare pochissimi tagli ai costi della politica, alimentando ancora di più l'idea che la "casta" dei politici del nostro Paese non abbia voglia né coraggio di rinunciare davvero ai propri privilegi. Tra le misure più contestate del decreto varato dal Parlamento c'è il ripristino del ticket sulle visite specialistiche: un salasso che costerà a 15 milioni di italiani circa 10 euro in più sulle ricette e 25 euro in più sugli interventi di pronto soccorso non contrassegnati dai codici di urgenza.

 

A non essere colpiti da queste nuove norme saranno sicuramente i nostri onorevoli, insieme ai loro familiari. Il motivo? Paradossalmente, proprio in concomitanza con la stangata sulle famiglie, la Camera ha pubblicato per la prima volta i costi "al dettaglio" della sanità integrativa a beneficio dei deputati. Una serie di prestazioni a favore degli onorevoli che costano alle casse dello Stato circa 30.000 euro al giorno e quasi 850.000 euro al mese. Nel 2010, per esempio, per sostenere le spese degli interventi medici a favore dei membri di Montecitorio, dei loro parenti  e degli ex deputati, le casse pubbliche hanno sborsato oltre 10 milioni di euro (10.117.000 euro). Lo stesso vale per i membri di Palazzo Madama, i loro familiari e gli ex senatori.

Il sistema sanitario integrativo di cui beneficiano gli onorevoli del Belpaese si chiama Asi, (Assistenza sanitaria integrativa). Entrando nel dettaglio dei beneficiari di Montecitorio, i questori della Camera hanno rilevato che a goderne sono, oltre ai 630 deputati, anche 1.109 loro familiari, 1.329 titolari di assegni vitalizi (e 1.388 loro familiari), 484 titolari di assegno vitalizio di reversibilità (e 25 loro familiari), 217 deputati che sono in attesa di vitalizio diretto (nonché 386 loro familiari), 2 giudici emeriti della Consulta (e 2 loro familiari), 2 parenti dei giudici della Corte Costituzionale titolari di reversibilità. In tutto, fanno 5.574 privilegiati.

Quali sono i disturbi per cui è possibile ricorrere a questo fondo integrativo? Tantissimi, anche (e soprattutto) quelli meno gravi. Per esempio, il 30 per cento dell'intero fondo è stato destinato a cure odontoiatriche: 3 milioni e 92 mila euro. Per avere denti sani e sorrisi smaglianti, ogni nucleo familiare ha a disposizione una somma di 23.240 euro per 5 anni. Tra le voci di spesa c'è anche quello per le psicoterapie. I parlamentari più ansiosi e fragili hanno fatto spendere allo Stato 204.000 euro per strizzacervelli e psicologi, pari al 2% del budget a disposizione. Per "ricoveri e interventi" di varia natura, la Camera ha cacciato dalle proprie tasche (e quindi, da quelle dei contribuenti) ben 3 milioni e 173 mila euro.

E se per gli italiani i ticket aumentano, ai parlamentari e ai loro familiari vengono quasi totalmente rimborsati: la cifra pagata per questa voce di spesa è 153.000 euro. Invece, l'esborso per gli accertamenti di vario tipo è di circa 500.000 euro. I deputati non si sono fatti mancare neanche le cure termali. A disposizione per i trattamenti di questo genere sono stati messi nel 2010 più di 204.000 euro e il plafond annuale di cui poteva usufruire ciascun onorevole  (familiari compresi) è stato di 1.240 euro.

Restando in tema di benessere, una delle voci più onnicomprensive è probabilmente quella della "fisioterapia", che include trattamenti antistress, talassoterapia e servizi che sarebbe più facile trovare in una moderna spa che in un ospedale. Per questo tipo di "cure", nel 2010 sono stati impiegati circa un milione di euro, il 10% dell'intero budget, (con un plafond per ogni onorevole, famiglia compresa, di 1.860 euro all'anno). Un ultimo esempio: per intervenire sulle vene varicose, presumibilmente delle deputate e delle mogli degli onorevoli, l'esborso è stato di 28.000 euro (con un fondo per ciascun parlamentare pari a 775 euro l'anno

 
 
 

Io sono io sono io e spendo quanto e come mi pare , l]arroganza della Casta

Post n°23 pubblicato il 20 Luglio 2011 da indignati_2011

 

Auto blu da 80 mila euro . La giustificazione ? IO SONO IL PRESIDENTE E HO DIRIRITTO AD UNA VETTURA PIU ' POTENTE DI QUELLA DEI CONSIGLIERI / Ma allora perche i consiglieri non vanno in panda e il pesidente in Punto ? Qualcuno lo dice a questo signore che gli 80 mila li paghiamo noi "?

MILANO - «Ho scelto un'auto più potente rispetto a quelle del parco in dotazione alla Provincia perché io sono il presidente. Non è una cosa di cui mi vergogni. Anche nella precedente amministrazione c'era una gamma diversa tra il presidente e gli altri». Così il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà ha risposto, ieri sera, a Giuseppe Cruciani, conduttore della «Zanzara» su Radio24. Il giornalista aveva contestato a Podestà l'aver chiesto di noleggiare, per se stesso, una Audi A8 (costo almeno 80 mila euro, ndr), anziché una Ford Focus, come per tutti gli altri funzionari di Palazzo Isimbardi.

A David Parenzo, anche lui intervenuto in trasmissione, che gli opponeva l'esempio del sindaco di New York Michael Bloomberg che si sposta con i mezzi pubblici, Podestà ha replicato: «Per me Bloomberg è libero di andare in bicicletta fin che vuole. Se a lei piace Bloomberg, voti Bloomberg oppure si presenti alle elezioni. Io ho giocato la mia faccia in un'elezione». Il presidente della Provincia ha anche sottolineato che la sua amministrazione ha «diminuito da 170 a 70 le auto di servizio». Quanto al fatto di aver scelto un'auto straniera, anziché italiana («Perché non si è comprato una bella Fiat Panda?» gli ha chiesto Parenzo) Podestà ha precisato che «quando si fa un bando, l'Unione Europea vieta di poter indicare che il prodotto sia di un Paese piuttosto che di un altro. E, poi, la Fiat è ancora italiana?». Quanto al modello, Podestà ha aggiunto: «Io vado in Audi perché è anche l'auto che ho a casa: ho un Audi A8 che ha quasi 350 mila chilometri, e che ha un costo di manutenzione molto basso. Bisogna comparare i costi di esercizio totali».

 
 
 

Le odiate sangui sughe sono un sduccesso letterario . E' una gara agli insulti ai papponi di stato

Post n°24 pubblicato il 21 Luglio 2011 da indignati_2011

alla fine dei conti, il termine "Casta" è il più dolce attualmente a disposizione. L'insofferenza diffusa verso i privilegi apparentemente irrinunciabili della politica si è solidificata sugli scaffali delle librerie, dando la stura a un genere letterario di grande successo.
Inaugurata anni fa dall'omonimo bestseller di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo - che resiste ancora sotto forma di robuste pile di volumi nei negozi, e pure in supermercati e autogrill, in nuove e ben dettagliate edizioni - la corrente dei volumi che fanno a fette i poterazzi si è via via allargata e, a dirla tutta, anche incattivita, passando dalla semplice denuncia all'apologia di linciaggio.
Il bel saggio di Mario Giordano, Sanguisughe (Mondadori), dedicato alle pensioni d'oro e rimasto nelle classifiche dei più venduti per settimane, ha immediatamente figliato degli imitatori. Salvatore Cannavò, collaboratore del Fatto, ha sfornato Altre sanguisughe (Aliberti). Eloquente il sottotitolo: "Parassiti di Stato. Pensionati di lusso". Ma qui rimaniamo ancora nel filone dell'inchiesta ben documentata e - finalmente - a tutto campo, cioè non concentrata esclusivamente contro il Cav.
Altro discorso riguarda il corposo novero dei testi che invitano a liberarsi dei politici con metodi spicci. Si tratta di un genere che nasce come propaggine dell'antiberlusconismo letterario, con l'unica variante di allargare lo spettro dell'astio anche alla sinistra.  A pamphlettini come  Indignatevi! e Impegnatevi! del vegliardo francese Stéphane Hessel, tutti tesi a demonizzare la destra europea e mondiale, hanno fatto seguito le variazioni italiane sul tema (ad esempio Ribelliamoci di Luciana Castellina).  (........ )
Queste primizie si sono mescolate ai testi di derivazione grillina, sempre molto venduti (tra i più recenti: A riveder le stelle. Come seppellire i partiti e tirar fuori l'Italia dal pantano e Tutte le battaglie di Beppe Grillo). Il prodotto definitivo, dunque, è Insultiamoli!, piccolo manuale firmato da Carla Ferguson Barberini e pubblicato da Aliberti. In questo caso lo sfanculamento è finalmente bipartisan. Ci sono insulti personalizzati per ogni politico. In un capitolo si spiega come sbertucciare Daniela Santanchè e Renato Brunetta, piuttosto che Sandro Bondi o "il trio monnezza dell'eterna opposizione" Veltroni-Prodi-Bersani. Per Oliviero Diliberto si consiglia l’appellativo "infame", Francesco Storace meriterebbe un bel "cornuto". Daniele Capezzone è servito con "zecca", Casini con "mentecatto". A Nichi Vendola, maestro di fumisterie poetiche, è riservato un molto prosaico "merda".  Liquidato con una citazione Francesco Rutelli,  che negli anni '80 partecipava a una trasmissione sulla tv locale Canale 66. Tema: il buco nell'ozono. Telefonata di uno spettatore: "Buonasera, mi chiamo Vincenzo Eco. Per quanto riguarda il problema del buco dell’ozono, vorrei dire che io preferisco il buco del culo!".
Fin qui, la carta stampata. Ma se il clima si evolve di questo passo, immaginiamo che presto, invece dei libri, gli italiani preferiranno la raccolta di monete della Fabbri editori. Meno costosa e più pratica da lanciare.

 
 
 

Gli affitti d'oro per gli uffici dei Papponio di Stato raccontata da un parlamentare

Post n°25 pubblicato il 21 Luglio 2011 da indignati_2011

 

Questa storia degli uffici dei deputati è davvero curiosa. Si trovano a Palazzo Marini, tre minuti a piedi da Montecitorio. Per mantenerli, lo Stato paga circa 30 milioni di euro all’anno soltanto di affitto. Una decina di anni fa, il già grande complesso è stato addirittura ampliato, adesso è arrivato a 60mila metri quadrati. E ci credo: il fatto è che i parlamentari non confermati non ne vogliono sapere, di mollare le stanze, dunque passano mesi prima che i nuovi eletti possano avere a disposizione lospazio. Così succede anche a me, Poletti Roberto, onorevole di fresca nomina: «E il mio ufficio?» chiedo. «Un po’ di pazienza, adesso salta fuori». Poi scopro che l’ex titolare deve ancora liberarlo, e nessuno si può permettere di impacchettargli le scartoffie: lo farà lui, quando avrà voglia e tempo. Gli uffici sono assegnati dai gruppi parlamentari. Ed è un litigio continuo: riunioni su riunioni, trattative estenuanti che sembra la Finanziaria, «a me ne serve uno un po’ più grande», «non datemi quello vicino ai bagni, per favore» e via dicendo. Problemi e lamentele finiscono tutte sul groppone di Giampiero Spagnoli, funzionario storico del gruppo dei Verdi e anche di quello misto, bresciano cui Roma non ha rubato l’accento né la voglia di lavorare: è lui che tranquillizza, media, propone, risolve che neanche Gianni Letta. In ogni caso, l’ufficio assegnato me lo liberano dopo l’estate, a tre mesi dall’elezione. All’inizio, mio vicino di stanza è Massimo Fundarò, ma capisco che la situazione è ancora in evoluzione. L’onorevole Arnold Cassola, infatti, non la manda giù: dice che il suo, di ufficio, proprio non va bene, pare sia troppo rumoroso, soprattutto a causa di una caldaia sistemata nei paraggi. E insomma, Cassola si mette a far la posta agli altri, controlla le frequenze, cronometra i tempi, conclude che Fundarò il suo lo usa poco e invece per lui sarebbe perfetto. Tra l’altro Cassola è stato eletto in una circoscrizione estera, e questi hanno un po’ la fissa di essere discriminati dai deputati “indigeni”, «ma almeno a noi le preferenze ce le hanno date votando il nostro nome, mica come voi». Alla fine, più che altro per sfinimento generale, la spunta. E trasloca nell’ufficio accanto al mio.


E allora, parliamo del mio nuovo stanzone da deputato: non è niente male. È al terzo piano, stanza numero 321. Due scrivanie, due computer, fax e telefono e stampante, una televisione, un frigorifero. E poi tre armadioni, due sedie-poltroncine di quelle comode, una finestra che dà sul cortile interno. Di cancelleria ce n’è a strafottere: penne, matite, colle stick, forbici, fermagli e graffette e graffettine da graffettare il mondo, sbianchettatori, evidenziatori, persino le gomme blu, quelle per cancellare la penna (e mi chiedo: ma chi è che oggi cancella le cose scritte a penna con la gomma blu, che se non stai attento ti buca anche il foglio? Non lo fanno più nemmeno alle elementari). E poi carta, un mare di carta, fogli, buste grandi medie e piccole, bloc notes, cartelline: d’istinto, mi vengono in mente le proteste della Polizia, che più volte si è lamentata perché non ne hanno nemmeno per fotocopiare i verbali, o le mamme costrette a portare le risme di carta alla scuola del figlio. Qui invece siamo sommersi, alla faccia dei boschi rasi al suolo, e meno male che siamo i Verdi. Peraltro, scoprirò poi che la fornitura di cancelleria viene rinnovata ogni tre mesi: ti arrivano gli scatoloni pieni di questa roba e non sai dove metterla, perché del resto ne hai usato un decimo se va bene. E gli scatoloni con i ricambi te li spediscono a qualunque indirizzo, anche a casa. Oppure, se hai un’urgenza, vai direttamente al magazzino, nei sotterranei di Montecitorio. E fai scorta.

Il punto è che questi uffici non li usa nessuno. O si è in Aula, oppure in Commissione, magari in trasferta di lavoro, altre volte semplicemente a casa. Senza contare che c’è l’ufficio del gruppo parlamentare, che sbriga pratiche a richiesta. Oppure quello del partito nazionale, che volendo svolge le stesse mansioni. O l’altro del partito regionale, infine il partito cittadino. È così, la politica italiana è tutta un doppione del doppione del doppione. Risultato: ti aggiri per gli eleganti piani di Palazzo Marini, percorri i corridoi arredati con tappeti e quadri e piante, e subito sei immerso nel paradosso di un dedalo di uffici senza alcuna traccia di lavoratori. Di deputati ne vedi uno ogni tanto, e in genere perché lì ha dato appuntamento all’insegnante di lingua o deve ritirare qualche fax o magari schiacciare un pisolino. I commessi fanno capannello attorno alle scrivanie, scattano in piedi e si danno un contegno quando passa qualcuno, il più delle volte sono costretti a ripiegare sul sudoku. E non si dica che sono io, scansafatiche, a essere allergico alla onorevole scrivania gentilmente messa a disposizione dallo Stato: in questo senso, basta citare tra gli altri un ordine del giorno presentato dalla Rosa nel Pugno, che sottolinea come “ogni deputato dispone di un ufficio ubicato a Palazzo Marini, ma è praticamente impossibile il suo utilizzo durante le giornate di lavoro parlamentare, e per tali uffici, di norma scarsamente utilizzati, la Camera sostiene un costo esorbitante”. Appunto, è quello che dico anch’io. Per di più, una gentile circolare interna ha il piacere di informarmi che, “per consertirti di svolgere con il supporto di adeguati strumenti tecnologici il mandato elettivo”, lo Stato è pronto a coprire una spesa “per l’acquisto di strumentazioni e materiali informatici inerenti la dotazione di una postazione di lavoro” di 3.000 euro. In sostanza, ci regalano il computer portatile più costoso che ci sia. Poi si sussurra che qualcuno, in quella cifra, riesca a farci stare anche il lettore Dvd o la lavatrice, magari strizzando l’occhio al negoziante mentre compila la ricevuta. Ma questa è certamente un’ignobile insinuazione.

Tra le “dotazioni da ufficio” a disposizione dei deputati c’è poi il collaboratore personale, meglio noto come “portaborse”, termine che non mi piace perché offensivo nei confronti di persone spesso sfruttate, pagate in nero, e magari poi sono loro che redigono i comunicati “contro il precariato” poi diffusi da coloro che si presentano come paladini dei lavoratori senza contratto. Non che io voglia fare il moralista: infatti ne assoldo uno (assumo, in questo caso, è una parola grossa), bravissimo, uno dei tanti studenti che si propongono per arrotondare. Ma mi accorgo che davvero posso farne a meno, e dopo cinque mesi interrompo il rapporto. Interrogativo: faccio bene perché smetto di uniformarmi a una prassi vergognosa, o sono uno stronzo perché lascio a casa lo studente? Non sono riuscito a rispondermi. Tra l’altro, dopo che la trasmissione Le Iene fa esplodere lo scandalo e tutti fanno gli gnorri, «chi, io? chi, lui?», e Bertinotti tuona, «questi vanno messi in regola!», ecco che subito arriva la segnalazioncina, con il solerte onorevole Evangelisti, dell’Italia dei Valori, che gira a tutti i deputati e senatori “la comunicazione indirizzatami dallo Studio Interlandi che considero in grado di proporre una consulenza professionale adeguata ad affrontare le problematiche inerenti la regolarizzazione del rapporto di lavoro tra i parlamentari ed i propri collaboratori”. Un bel grazie a Evangelisti dai parlamentari e dallo Studio Interlandi.

Dimenticavo: un altro gadget essenziale per il duro lavoro d’ufficio dell’onorevole è il timbro autoinchiostrante. Io non lo sapevo, poi un giorno vedo due deputati che scherzano, lasciano il marchio dappertutto, «guarda il mio», «ma va, io ci ho messo pure capogruppo», sembrano ragazzini. Incuriosito, m’informo. Mi viene spiegato che va richiesto «giù al magazzino» e te lo fanno avere. Ora, non è che la spesa per i timbri dei deputati sia determinante per incrinare ulteriormente il malmesso bilancio statale, ma a che cosa serve? Forse per evitarci anche la fatica di firmare? Dice: ma allora tu ci hai rinunciato. Io? E perché? Chi sono, il più sfigato? E allora, vai col timbro: “On. Roberto Poletti”. E lo piazzo lì, sulla scrivania. L’avrò usato due volte. A proposito di timbri, alla Camera c’è anche un ufficio postale, si trova vicino all’Aula. E come funzionano bene le Poste, per noi parlamentari: impiegati gentilissimi, quel cartello con scritto “gli onorevoli deputati hanno la priorità”, chissà mai che qualche dipendente si metta in testa di farci fare un minuto di fila. Ogni deputato ha la sua casella, ti mandano un avviso, “c’è posta per lei”, tu vai e ritiri. Se devi inviare a te stesso lettere o plichi o raccomandate fuori sede, francobolli e tasse varie non si pagano. E a Natale, sono gratis anche i biglietti d’auguri, con il simbolo della Camera dei deputati e un’illustrazione d’epoca: “Caro collega, abbiamo il piacere di comunicarti che per le prossime festività natalizie potrai, come di consueto, richiedere la dotazione annuale a te spettante di n. 100 biglietti medioevalis a colori e n. 100 biglietti medioevalis color seppia”. Scopro poi che nel caso non mi piacessero, ho a disposizione 800 euro da spendere entro l’anno per farmi stampare dalla tipografia interna qualunque cosa voglio.

Mica finisce qui: per Palazzo Marini, quello dove si trovano gli uffici, c’è un servizio postale specifico. Nel senso che se per esempio devi ritirare le fondamentali “agende della Camera dei deputati” e ti tocca andare fino a Palazzo Valdina, che si trova a una distanza di metri seicento circa, basta segnalare il problema, e l’agenda la va a prendere e te la porta l’incaricato della società privata che gestisce il servizio. «Ma dài, per un’agenda?». Eh no, perché - come ci comunica la consueta circolare - “la dotazione [ma quante dotazioni abbiamo?] consiste in un’agenda da tavolo personalizzata, un’agendina semestrale in pelle personalizzata e due agendine in pelle”. Cioè, di agende ce ne danno quattro. Quattro a testa, che per 630 deputati fanno 2.520 agende. Poi uno dice che i politici hanno perso il contatto con la realtà: è che noi, con i problemi che fanno imbestialire i normali cittadini, non ci scontriamo mai. La realtà ce la siamo dimenticata.
 
 
 
 
 

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