« il momento di farsi sentire. Bisogna reagire. Le associazioni e le imprese devono alzare la voce per tutelare le categorie che rappresentano. Stiamo organizzando già una prima manifestazione e vorremmo coinvolgere, oltre ai commercianti, anche gli artigiani». Alberto Marchiori è il presidente della Confcommercio di Pordenone e uno dei tanti imprenditori che considerano la manovra fiscale - come dire - un poco azzardata. «No, no, diciamo pure che è una porcheria. Non fa altro che aumentare la rabbia di tutti i cittadini perché era l’occasione giusta per dare un segnale dopo le elezioni e i referendum, il cui vero risultato è stato farci capire che gli italiani non sono a favore del centrosinistra o arrabbiati con il centrodestra, ma sono contro la politica e i partiti. E invece non c’è stata la voglia di fare i tagli necessari per il Paese. Mi riferisco alle scorte per i politici ormai esclusi dalla politica, alla riduzione del numero dei parlamentari, all’eliminazione delle Province».
Delusione. Rabbia. Indignazione. «La casta? Non viene mai toccata perché è autoreferenziale, quello dei partiti è l’unico settore senza una struttura democratica. Ecco perché non se ne può più. E poi si dovrebbero tagliare tutti quegli enti inutili che risalgono alla guerra di Libia. Pensi che l’ex sottosegretario Stradiotto, ai tempi del Governo Prodi, una volta ci spiegò, elenco alla mano, che il loro costo di mantenimento era pari al bilancio dello Stato». Marchiori è scatenato e anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, non ci vede chiaro. «È una manovra che probabilmente ritarda le decisioni importanti. Non mi sembra proprio una grande strategia per l’internazionalizzazione delle imprese...».
La manovra non piace, no. «Altro che aver messo le mani in tasca gli italiani, qui ci hanno bucato anche le fodere dei pantaloni», commenta sorridendo Mario Pozza, presidente della Confartigianato di Treviso. «La casta non la si tocca mai perché è trasversale. E poi perché gli italiani, finora, sono stati tranquilli. Ma ora siamo vicini al cambiamento, i consumatori si stanno incazzando, il vaso è colmo». Sì, ma dove tagliare? Pozza è chiaro: bisogna snellire le amministrazioni. «Ci vogliono meno Comuni, ma più grossi. Si risparmierebbe su tutto, sui costi del Municipio, sugli uffici tecnici. Lo stesso discorso vale per le amministrazioni Provinciali. In generale, poi, ci sono troppi consiglieri, troppi assessori, troppi deputati, troppi senatori».
Tagliare. Cambiare. Fare qualcosa di diverso da quanto è stato fatto e tutti ne sono convinti. Cesare Fumagalli, segretario generale della Confartigianato, è perplesso. «Sarebbe stata una scelta irresponsabile non fare una manovra fiscale. Questa ha un pregio, cioè quello di mettere mano agli andamenti strutturali della spesa pubblica. Ma proprio questo è anche un difetto, perché non produrrà effetti immediati». Meglio sarebbe stato, forse, agire subito su altri tipi di tagli. «Io avrei messo mani sugli annidamenti delle spese sociali e assistenziali. Le faccio un esempio, uno dei tanti: la disoccupazione agricola. Ha uno costo annuo di 1,2 miliardi e un gettito di 100 milioni. E in Campania ci sono 2,5 percipienti rispetto a ogni versante». Riduzioni, risparmi. Ma non solo. La manovra prevede anche agevolazioni fiscali, come la tassa del 5 per cento per i giovani imprenditori. «L’effetto dell’annuncio è forte e va bene - spiega ancora Fumagalli - Però bisogna starci attenti. Pensiamo a un imprenditore che è riuscito a passare la crisi a denti stretti: improvvisamente gli entra nel mercato un nuovo concorrente, giovane ma con esperienza, con dei vantaggi rispetto a lui. Il risultato è che rischia di essere danneggiato».
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