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Il graffiante metal emo-core degli Upon This | Dawning

Post n°5 pubblicato il 05 Maggio 2008 da jungle.rain

In questo ultimo periodo la scena musicale è travolta da un’ondata di nuovi generi (o perlopiù “mode”) che cercano di farsi spazio specialmente nel mondo dei giovani: tra questi c’è l’emo,  una nuova scia che sembra già essere ben collaudata e sperimentata in tutte le più svariate forme assumendo così una sua vera e propria identità. Dai primi Lostprophets (una vera boy band con le chitarre) ne sono passati di anni, e ora l’emo  si è evoluto lasciandosi contaminare da generi come il  metalcore, l’ elettronica, il punk e così via. Gli Upon This | Dawning si avvalgono di graffianti  scream death-metal e ritmiche punk-hardcore, il loro suono è diretto e affilato, l’intreccio della voce melodica e quella  sceam si accostano bene. La loro demo racchiude tre pezzi (quattro se valutiamo l’intro di 14 sec). La registrazione è buona e si riesce ad assaporare tutto senza perdersi nulla: si tratta di canzoni dal carattere fortemente duro (grazie soprattutto alle chitarre),  ma che non tralasciano mai i ritornelli melodici pieni di spirito punk-rock, come infatti sentiamo già in “ Losing myself in december” e in “I’dont’n believe in love”, molto coerenti tra loro. Per l’ultima traccia il gruppo tenta di coglierci di sorpresa con “Memories and lies”, 5.02 di voce melodica e qualche scream qua e là, il tutto accompagnato dalla chitarra acustica. Tutto sommato il brano non è male, e i ragazzi danno così dimostrazione di sapersi muovere anche nell’unplugged. Che dire di più? Di gruppi così ce ne sono molti, questo è più che sicuro, ma è notevole come questa band sappia distinguersi, non tanto per l’originalità ma per il loro modo di fare questo stile, davvero buono .

 

 

 

 

 

 

Upon This, Dwning

 

Demo titoli:

 

Intro

Losing myself in december

I’dont’n believe

Memories and lies

 

Upon This, Dwning sono :

 

Theo     -  voce

 

Accio    -  batteria

 

Teino    -  chitarra 

 

Gian     -  basso

 
 
 

La Guerra Delle Formiche: il travolgente prog-rock anni '70!

Post n°4 pubblicato il 29 Aprile 2008 da jungle.rain

Questa volta ci inoltriamo tra adorabili sonorità anni 70 e non solo! Il caro Carlo Sanetti e la sua band (insomma, La Guerra Delle Formiche) ci riportano infatti indietro nel tempo, rispolverando il vecchio prog – rock italiano e le sue psichedeliche atmosfere. L’omonimo EP  contiene otto canzoni  che già dal primo secondo lasciano una certa acquolina in bocca; la ricetta usata consta infatti di testi conturbanti, suoni ruvidi e melodie celestiali. Carlo si avvale dell’aiuto di musicisti bene assortiti e preparati,  con i quali intraprende un vero e proprio viaggio musicale che mostra un po’ il panorama rock delle origini. Non è un lavoro da poco, e non tutti (almeno nel viterbese) avrebbero il coraggio di fronteggiare una cosa simile. L’introduzione è timida ma rilassante,e dopo 45 sec di arpeggio si approda direttamente alla seconda canzone,  “ Il principio del cerchio”: subito siamo rapiti dalle sonorità vintage e delicate specialmente della voce, che poi verso il finale lasceranno posto a sfumature più epiche e movimentate, quasi “apocalittiche”. A lungo andare si nota che questo tipo di contrasto è presente in tutto il cd, e si configura come una piacevole nota che rende il tutto più interessante e dinamico. La conferma di tutto ciò è “Crisalide”, che inizia con una parte suonata al pianoforte subito seguita da un breve duetto fra una voce maschile e una femminile. La struttura è ben congeniata e tende ad essere in continuo movimento, mostrandosi, per alcuni versi, davvero conturbante. Dopo “ Sarà la sera” è il turno dell’eccentricità di “ Notturna” (senza dubbio il miglior pezzo del cd, pari merito con la prima track): la batteria è inarrestabile, con i sorprendenti incastri di tempo che riesce a creare con gli altri strumenti del gruppo. Questa è sicuramente una traccia ipnotica che non manca di sfoggiare un certo fascino, e contribuisce a mettere nell’ascoltatore una mistica voglia di sentire le canzoni tutte d’un fiato fino al termine. Da notare è anche quell’aria un po’ grunge e ruvida che trasale dai pezzi, scaturita forse dalle influenze un po’ alla Marlene Kuntz / Afterhours  e da quello stile inglese che rende tutto più piacevole.

Tirando le somme c’è da ribadire che la  band, lungo tutto l’album, non manca mai di stupire. Nonostante la registrazione non sia delle migliori e traspaia qualche pecca tecnica, il sound resta comunque piacevolmente venato di particolarità, ottima base di un prog – rock  molto variegato nell’insieme, che lascia presagire una strada sempre in salita per il gruppo e ottime prospettive per prossimi progetti.     

 

 

La guerra delle formiche

 

Ep:La guerra delle formiche

 

Titoli

 

Intro

Il principio del cerchio

Crisalide

Sarà la sera

Notturna

L’enverse et l’endroid

Questo mi disse il nord

Anima

 

Testi e musiche di Carlo Sanetti

 
 
 

Riff: il clown triste torna a sorridere

Post n°2 pubblicato il 21 Aprile 2008 da jungle.rain

Finalmente è arrivato il nuovo lavoro dei Riff! Dopo il demo che ci aveva lasciato ottime impressioni e buone aspettative è infatti giunto il momento di ascoltare il loro primo album, dove i sei propongono la loro visuale del pop- rock all’italiana, aiutandosi con testi che raccontano storie di vita quotidiana e arrangiamenti favolosi e accurati, spinti con quel pizzico di rock che fa del loro lavoro qualcosa di veramente elegante. In questo primo album i Riff non lasciano nulla al caso: la qualità della registrazione è ottima e le canzoni sono ben collegate; sembra quasi che per loro non sia stato tanto difficile comporre un progetto simile! Si parte con “Ti voglio”: l’attacco delle chitarre prende subito al petto, quasi non ci si aspetta un inizio così; la batteria è quadrata e porta bene il tempo, qualche giretto di approccio e la voce irrompe nella base che pronta gli fa subito spazio. Già da subito si sente la vena poetica di Emiliano che descrive ogni attimo tenendo una linea filosofica  personale che fa sì che l’ascoltatore riesca ad  immaginare il tutto con facilità;  per il ritornello dobbiamo aspettare fino a  1,25, ma ne vale la pena.

Davvero ottima la variante, dove la chitarra di Davide urla sotto qualche accenno di doppio pedale di Gian Luca (suo punto di forza, ma lo vedremo più avanti); il pezzo è vigoroso, potente, e questo grazie anche al sostegno del basso di Gemano e alla chitarra di Roberto. Quasi a fine pezzo c’è anche spazio per una citazione a Ligabue, che a lungo andare non si dimostrerà la sola. Nella seconda traccia “Buona fortuna”compare la tastiera di Tiziano che dice la sua dando con i violini un tocco più classico e ricco. La canzone suona bene, veloce e scorrevole anche se dura 4,42, tempo che forse è un po’ un azzardo per essere quello della seconda di un album dove in media ogni pezzo supera i quattro minuti, quindi fuori dalla portata degli standard radiofonici. In “Questo amore è un Vietnam”  tristezza , amarezza e un po’ di rabbia forse, danno un gusto diverso dalle altre canzoni che abbiamo sentito. Terminata questa dovremmo prepararci bene all’ascolto di una e vera e propria ballata, “Sogni”, dove Tiziano dimostra di saperci  fare  con il pianoforte: è toccante, dinamico, crea un’atmosfera delicata e ricca di emozioni; tengo a precisare che in questo gruppo la tastiera non è un elemento di sottofondo o  da classico “tappetino”, ma è una presenza vera e propria, un bene della band che sa dosarlo al punto giusto e farlo emergere quando c’è ne bisogno. Tirando le somme, “Sogni” è una ninna nanna che ricorda un po’ Certe notti del mitico Ligabue . A questo punto arriva la sveglia con  “Ora d’aria “  che con un assolo quasi metal di Davide ci lascia a bocca aperta già dal principio; la chitarra di Roberto come sempre lo sostiene molto bene, e un notevole appunto va fatto anche alla sessione ritmica di Gian Luca e Germano, che sono travolgenti e macinano alla grande , specie nei passaggi. E’ con queste premesse che entriamo nella storia di “Cico”, narrataci da un testo crudo speziato da una trama che sa lasciare l’amaro in bocca; Cico è forse un personaggio creato da Emiliano (autore di tutti i testi della band), ma è anche un gelido specchio della vita di molte persone definite “criminali” forse troppo alla leggera. La storia di quest’uomo è soprattutto la triste favola di una vita nata sotto una cattiva stella, una vita che sfocia nell’ombra di una cella dove la cruda realtà non manca di sbattere in faccia ogni secondo l’amara agonia di chi non può godere di una giusta esistenza.

Le sonorità del sesto pezzo, “ Tu sei il fratello”, appaiono molto più chiare rispetto al precedente, tanto che  le sventure di “Cico” finiscono quasi per farsi dimenticare.

Giunti a questo punto, ossia a più di metà album, ci si rende conto di come la struttura delle canzoni tenti di essere “pop” nonostante abbia le radici ben affondate nel rock e del fatto che forse i brani sono troppo lunghi: ci sono nove pezzi che fino ad ora sono stati intensi, ma alcune loro parti sembrano ripetitive, come se dovessero  riempire solo del  tempo. “ Il clown è triste”  è teatrale, arrangiata magnificamente (secondo me è la canzone più bella di tutto l’album, una vera hit) dettagliata fin nei minimi particolari, e sa suscitare malinconia e solitudine: con essa il sestetto tocca i 5,45, e in questo pezzo non pesano tanto. Tuttavia per ciò che riguarda gli altri brani il gruppo dovrebbe essere più sintetico e togliere il superfluo e le ripetizioni. “ Sclero” stupisce per il suo ritornello dal cuore duro, dove le chitarre non mancano di divenire compatte e in alcuni frammenti quasi  “hard rock”. “Rinascere”, in chiusura dell’album, è forse il punto di svolta di tutto il tema del cd, il traguardo che ci apre un nuovo punto di vista e ci svela la luce alla fine del tunnel: fino ad ora i testi sono stati negativi e narravano temi pessimistici, alquanto tristi, pieni di solitudine e malinconia, ma “Rinascere”, come già anticipa il titolo, chiude il tutto dandoci speranza e voglia di continuare a vivere. Nel cd non troveremo hit o cavalli di battaglia perché in parte ogni canzone potrebbe qualificarsi come tale.

Per essere la loro prima fatica i Riff non hanno lavorato male, ma si sente che sono alla ricerca di qualcosa di meglio: Emiliano ha saputo dimostrare di essere pienamente padrone del suo ruolo e di certo questo lo deve anche al resto della band, che non è stata da meno, e anzi ha saputo dare un ottimo appoggio ai testi del cantante, molto curati e dinamici. Questi sì che sono musicisti “con le palle”! Infine c’è da notare che non manca un tocco di virtuosismo, che tuttavia rischia di nuocere e di soffocare l’efficacia delle canzoni stesse.   

 

Album: Dal tempo…Dal sogno…Dal sole…

Titoli:

 

Ti voglio

Buona fortuna

Questo amore è un Vietnam

Sogni

Ora d’aria

Tu sei il fratello

Il clown è triste

Sclero

Rinascere

                  

I RIFF:  

 

Emiliano Tofoni               -     Voce

Davide Scartabelli            -    Chitarra

Roberto Bonifazi               -   Chitarra

Germano Barlattani         -    Basso   

Gian Luca Gobbi              -    Batteria

Tiziano Giudice                 -   Tastiere

 
 
 

Circle

Post n°1 pubblicato il 15 Aprile 2008 da jungle.rain

Il terzetto nasce a Nepi nel 2005 e come tutti i gruppi inizia facendo cover, passando dal grunge dei Nirvana al crossover-nu metal degli Staind e all’alternative degli Audioslave; dopo questo periodo di rodaggio i Circle  cominciano a miscelare varie sonorità,  per dare così vita al loro sound. I loro pezzi si presentano abbastanza curati, pieni di ritmiche e melodie che trasudano di funk rock e alternative; si può sentire già dal primo ascolto che le loro influenze che richiamano le ritmiche aggressive rock  dei  vecchi Rage against the machine e le melodie e le ambientazioni degli Incubus.  La traccia che fa da guida al loro demo è senz’altro  Asshole, che già dai primi secondi porta l’ascoltatore a far muovere la testa a tempo; dopo qualche giro subentra la voce di Andrea, accompagnato da una chitarra con il chorus. La batteria di Simone e il basso di Francesco lavorano bene, c’è sintonia tra loro e sanno dare un ottimo groove. Questa parte è calma e da l’idea che tutto il cd sia su questa onda, ma è solo una mera apparenza introduttiva: infatti il ritornello è una vera bomba melodica e ritmica, con una voce ben incastonata. Il tutto si ripete fino ad arrivare alla variante, dove si  prende un pò di fiato con una voce che si lascia immergere negli effetti,  per poi riprendere con un tema analogo al precedente, che ci accompagnerà fino alla fine. Batterd  sa bene intrattenere l’ascoltatore, anche se sembra più una canzone di passaggio, molto trattenuta e frenata; comunque si difende bene,  specie verso fine traccia, quando si lascia un po’ andare  e tira fuori un po’ di adrenalina per poi lasciarci a People – Prey,  pezzo dalle sonorità fortemente funk e più orecchiabile rispetto al precedente. Nella sua frenesia sembra quasi non fermarsi mai: si parte con un giro che sa riportarci quasi agli anni 80,  ma il bello viene ai 2.25’, dove la chitarra si libera dei soliti accordi e mostra cosa sa fare. Arriviamo dunque a S.Heaven: quest’ultimo pezzo al primo impatto è un po’ ostico, alquanto ruvido e forse giunge addirittura a qualificarsi come il più cupo tra tutta la scaletta; è contorto, con una melodia rigida , batteria e basso impeccabili, ben fatti  gli stacchi (che in questo caso sembrano essere il punto saliente  della canzone) da dove poi il brano comincerà  a cambiare e sciogliersi. A chiudere la demo troviamo Years, che  riconferma il sound dei Circle e che è di certo un altro pezzo guida insieme ad Asshole, dove si rimescolano un po’ tutte le sfaccettature del loro stile funk – rock – alternative.

In conclusione, c’è da notare che le tracce non durano molto, sono gradevoli e si fanno riascoltare con piacere, anche se non si percepisce appieno la loro energia. Tengo a specificare comunque, a scanso di equivoci, che io ho avuto la possibilità di sentire live i Circle e… sono davvero forti!

 

CIRCLE

Andrea           Voce e Chitarra

Francesco      Basso

Simone           Batteria

 
 
 
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Un blog di: jungle.rain
Data di creazione: 13/04/2008
 
 

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CONTRO LA DITTATURA RADIOFONICA

Non si pone spesso attenzione sull’importanza delle radio nel veicolare e diffondere musica, eppure queste, pur non avendo più lo sconfinato potere di un tempo, continuano a detenere il coltello dalla parte del manico per ciò che riguarda i gusti della maggioranza delle persone. Al centro commerciale, in un negozio, a volte anche al lavoro, in macchina o in casa ciò che ci martella le orecchie sono i suoni che provengono dalle frequenze radiofoniche. Si sentono le stesse canzoni decine di volte, finchè quasi automaticamente si giunge a conoscerne a memoria il motivo.
Prestando un po’ di attenzione è facilissimo notare come le radio italiane in linea di massima selezionino i brani operando un vero e proprio “razzismo musicale”: un piccolo esempio? L’ossessività con cui vengono proposte canzoni di artisti come ad esempio Laura Pausini o Eros Ramazzotti, e la rarità con cui vengono fatte ascoltare le produzioni di gruppi invece famosi all’estero come Lacuna Coil o Linea 77… ma non solo! Per fare un esempio sugli artisti più gettonati abbiamo utilizzato due esempi italiani, ma forse ho un po’ sbagliato: la quantità di musica italiana che viene messa in onda è assolutamente irrisoria se paragonata a quella straniera. Molte stazioni si giustificano adducendo il pretesto che in Italia manca innovatività o uno stile personale: questa tesi è più che ovviamente falsa… basta pensare a gruppi come Subsonica o Bugo, assolutamente scartati dai programmi radiofonici!
Vi chiedete il perché le radio emarginino alcuni artisti, emancipandone altri? Bè, proviamo a darvi una risposta noi… perché si pensa troppo alla commercialità, all’orecchiabilità! A questo punto viene logico dire: “Le radio DEVONO pensare alle cose commerciali perché sono quelle che piacciono alla massa!”. Bè, a questa tesi sono da ribattere alcuni fatti storici: Elvis Prasely quando ancheggiò per la prima volta in tv era commerciale? Eppure è considerato il re della musica! E i Pink Floyd? Hanno rivoluzionato la musica! E con loro gente del calibro di Jim Morrison, Genesis, Nirvana…
Concludiamo con un augurio: che le radio la smettano con la loro dannata dittatura e inizino a dare spazio a tutti… dovrebbe essere veramente il pubblico a decretare chi merita fama e chi no, selezionando i propri artisti preferiti tra i molti che le radio dovrebbero mettere a disposizione di tutti gli uditori.

Rain, Laura Liguori

 

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