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Un blog creato da pileggi il 18/03/2008

Ambiente&Risorse

DATI SULLA SPECIFICITA' DEL TERRITORIO ...........per favorire la valorizzazione delle ingenti disponibilità di risorse naturali (falde e sorgenti di acqua potabile e termale, suoli, giacimenti minerari, spiagge,montagne, geositi, forme di vita vegetali e animali terresti ed acquatici, ecc); -e ......... per stimolare interventi urgenti finalizzati alla Difesa delle popolazioni e ad ATTENUARE I DANNI DAI RISCHI IDROGEOLOGICI FRANE ALLUVIONI TERREMOTI TSUNAMI da inevitabili fenomeni naturali (precipitazioni, sismicità, vulcanesimo, ecc)

 
 

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RAPPORTO SULLO STATO SALUTE MARI TIRRENO E JONIO MERIDIONALI

Post n°22 pubblicato il 24 Luglio 2009 da pileggi
 

ALCUNI LINK CON I DATI SULLA BALNEAZIONE ED ANTICIPAZIONE DEL RAPPORTO DEFINITIVO CHE SARA' PRESENTATO DOPO CHIUSURA DELLA STAGIONE BALNEARE

 http://www.amicidellaterra.it/adt/index.php?option=com_content&task=view&id=615&Itemid=0

 http://www.associazioneilcampo.com/meridione/testo.asp?NumberSearch=162

 http://www.arpacal.it/public/070709gds35cal.pdf

 http://www.arpacal.it/public/070709ora8cal.pdf

 http://www.arpacal.it/public/070709dom28cz.pdf

 http://www.jblasa.com/calabria/news/2009/luglio/Stato-Salute-dei-Mari-di-Calabria-09.pdf

 http://www.calabresi.net/200907071409/risorse-calabresi/nota-sullo-stato-di-salute-mari-di-calabria.html


 

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pileggi
pileggi il 28/07/09 alle 09:09 via WEB
L’offerta della Calabria, di spiagge con mare balneabile, è complessivamente di 621 chilometri, in pratica l’86,6 % della disponibilità totale di coste tirreniche e ioniche della regione. Tra le più assolate, con le acque più trasparenti ed i fondali meno degradati del Mediterraneo, le spiagge offerte dalla Calabria rappresentano il 12,4 % del totale dell’offerta nazionale comprensiva della penisola e delle isole d’Italia. Un dato rilevante anche perché la Calabria offre la più grande ed esclusiva varietà di spiagge formate da rocce antichissime come gli ammassi granitici e paleozoici del tirreno reggino, vibonese e cosentino e dello Ionio catanzarese, rocce presenti solo in località isolane come “La Maddalena” in Sardegna. Ma c’è di più: se l’offerta del 2005 viene confrontata con quella degli anni passati nella stessa Calabria emerge una tendenza alla riduzione: dal 2001 con 638 chilometri di costa balneabile, l’offerta ha subito una riduzione continua a causa dei divieti di balneazione attualmente posti su 95,38 Km di costa. Questi divieti di balneazione, secondo i dati resi noti dal Ministero della Salute sono dovuti sia all’inquinamento delle acque sia a motivi diversi per una lunghezza di 36,13 Km. Una parte rilevante dei divieti per motivi diversi dall’inquinamento è posta in corrispondenza delle scogliere a difesa dell’erosione come nei comuni di Bagnara Calabra, Bova Marina, Palmi, Scilla e Seminara. Nella regione: 278 km di spiagge e ben centosedici comuni sono indicati a rischio d’erosione costiera nel Piano d’Assetto Idrogeologico della Calabria. Per contrastare la preoccupante tendenza alla riduzione dell’offerta, oltre a migliorare la qualità batteriologica e la trasparenza dell’acqua marina, occorre trasparenza e diffusione dei dati sulla realtà e l’evolversi dello stato di salute del mare come sollecitato dalla Corte dei Conti e dalle direttive europee sulla balneazione. Sulle rilevanti differenze dei dati ufficiali degli Enti preposti: nel marzo scorso, ad esempio, la Giunta regionale ha dichiarato e chiesto ai comuni di porre divieti di balneazione su 80.979 metri di spiagge; il Ministero della Salute, attualmente, segnala 95.383 metri, circa 15 Km in più, di divieti. Nella provincia di Reggio Calabria i divieti dichiarati a marzo risultano 23.331 metri, dopo pochi mesi aumentano di oltre 10 Km fino a 33.453 metri. Alla chiusura della stagione balneare 2004, sempre il Ministero della Salute segnalava divieti di balneazione per complessivi 91,6 Km mentre nel mese di marzo dello stesso anno la Giunta regionale ne aveva dichiarato circa 88 Km. Una variabilità di dati che non si verifica in nessuna altra regione d’Italia. Basta il confronto con la confinante Basilicata dove la trasparenza dei dati e della analoga Delibera, datata 20 dicembre 2004, risulta più elevata e contiene i risultati delle analisi batteriologice e chimiche oltre all’individuazione delle zone idonee della costa ionica e tirrenica per l’anno 2005. Ed anche senza dichiarazione di idoneità alla balneazione d tratti di costa con Punti di prelievo sottocampionati. Sempre in Basilicata l’offerta di spiagge balneabili non subisce variazioni significative dal 2001e la percentuale di divieti di balneazione si mantiene intorno al 4 -5 % del totale della costa, mentre in Calabria è il 13,3%, circa il triplo. Percentuale, quella calabrese, più alta della media nazionale, e più alta anche delle regioni dell’Adriatico e del Tirreno settentrionale sottoposte a stress d’attività economico-marittime ed a pressione antropica ed industriale assolutamente non paragonabili a quelle della Calabria. Il raffronto tra i dati dei mari calabresi e quelli relativi all’Adriatico suscita non poche perplessità. Infatti appare strano che i divieti per inquinamento posti sulle coste di quattro regioni come Molise, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Basilicata, nel complesso, risultano di meno dei divieti posti in due soli comuni, Curinga e Lamezia Terme, del Tirreno catanzarese. Dall’analisi dei dati emerge un quadro eterogeneo con tendenze differenti sia a livello comunale che provinciale a seconda del tipo divieto. Considerando, ad esempio, i divieti di ogni provincia in base allo sviluppo costiero, la classifica vede in testa Reggio Calabria con 33.453 metri di divieti pari al 16,48 % di costa disponibile. Segue Catanzaro con 15.220 metri di divieti su 102.600 metri disponibili ed una percentuale del 14,83%. Al terzo posto Cosenza con 31.482 metri di divieti, il 13,81% dei 227.900 metri di sviluppo costiero. Al quarto scende Crotone con 10.974 su 113.900 metri di disponibilità e la percentuale del 9,63% . In fondo, con il 6,23%, si mantiene Vibo Valenzia con 4.267 metri di divieti sui 68.400 metri di spiagge disponibili A livello comunale, considerando solo la lunghezza dei divieti per inquinamento, la classifica vede ai primi due posti Reggio Calabria con 7.972 metri e Lamezia Terme con 7.019 metri. Seguono : Bagnara Calabra con 3.316, Cariati con 3149 e Curinga con 2.626 metri. Inquinamento delle acque, distruzione della vegetazione delle dune costiere con saccheggio di sabbia dagli arenili spesso in prossimità di aree con resti archeologici di grande pregio, avanzamento del cuneo salino con distruzione di preziose falde idriche sono alcuni esempi dei fenomeni del degrado idrogeologico favoriti anche dall’assenza di Piani regionali e comunali di utilizzo organico delle risorse idriche e più in generale dalla mancanza di una seria politica di valorizzazione delle ingenti risorse naturali (spiagge, acqua per uso potabile e terapeutico, suoli, giacimenti minerari, ecc) disponibili. Pertanto, un richiamo alla memoria storica aiuta a non trascurare che gran parte degli insediamenti residenziali, turistici, archeologici e industriali della Calabria sono localizzati lungo le fasce costiere; in quella parte di territorio dove per moltissimi secoli e fino ad alcuni decenni fa, malaria e desolazione hanno imperversato in lungo e largo per le continue e rovinose alluvioni e frane innescate dal venir meno dell’accorta politica di governo del territorio con l’equilibrio idrogeologico e la valorizzazione delle risorse naturali che caratterizzò la civiltà della Magna Grecia. PER LA TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO COSTIERO CALABRESE Con geositi e litotipi unici, di tutte le Ere geologiche e più del 20% della disponibilità di spiagge balneabili dell’intera penisola italiana LEGALITA’ E RISPETTO DELLE NORME SULLE ACQUE DI BALNEAZIONE La pratica della legalità, in Calabria, richiede l’applicazione delle leggi comprese quelle sulle acque di balneazione. E, il rispetto delle norme vigenti, DPR 470/1982, sulla qualità delle acque di balneazione impone alla regione Calabria “l’individuazione delle zone idonee alla balneazione sulla base dei risultati delle analisi e delle eventuali ispezioni effettuate durante il periodo di campionamento relativo all’anno precedente. Tale individuazione dovrà essere portata a conoscenza delle amministrazioni comunali interessate almeno un mese prima dell’inizio della stagione balneare”. E poiché la stagione balneare in Calabria si apre ufficialmente il primo maggio, nei comuni dove si pratica la legalità, sulla base delle indicazioni della Regione, si provvede alle ordinanze riguardanti la balneazione. Nel corso della stagione 2006 i divieti sulle coste calabresi hanno interessato 155 tratti distribuiti in: 27 comuni della provincia di Cosenza, 13 comuni della provincia di Reggio Calabria, 10 comuni nella provincia di Catanzaro, 5 comuni nella provincia di Vibo Valenzia, 5 comuni nella provincia di Crotone. In particolare, gli adempimenti richiesti, dalle stesse norme, ai comuni sono: a) la delimitazione, prima dell’inizio della stagione balneare, a mezzo di ordinanza del sindaco, delle zone non idonee alla balneazione ricadenti nel proprio territorio; b) la delimitazione delle zone temporaneamente non idonee alla balneazione qualora nel corso della stagione balneare i risultati delle analisi non risultano conformi alle prescrizioni previste dalle stesse norme; c) la revoca, a mezzo di ordinanza del sindaco, su segnalazione dell’autorità competente, dei provvedimenti di cui ai precedenti punti a) e b); d) l’apposizione, nelle zone interessate, di segnaletica che indichi il divieto di balneazione; e) l’immediata segnalazione di nuove situazioni di inquinamento massivo delle acque dì balneazione ricadenti nel proprio territorio. In pratica, l’informazione sulla qualità delle acque e su dove, in Calabria, è possibile fare il bagno e dove invece è vietato deve arrivare ai cittadini prima dell’inizio di maggio e d’apertura ufficiale della stagione balneare. Di nessun costo economico ma necessari per garantire la salute dei bagnanti, gli adempimenti di legge sopra accennati, già attuati e resi noti nelle altre regioni d’Italia, non possono e non devono essere disattesi in Calabria; e, non solo per la pratica della legalità ma anche per le specificità rappresentate sia dalla rilevanza del patrimonio costiero regionale, sia dai recenti fatti connessi al malfunzionamento degli impianti di depurazione. Sulla rilevanza del prezioso patrimonio costiero regionale va ribadito che la Calabria, senza la parte vietata di circa 100 Km, offre più del 20 % dell’intera disponibilità di spiagge balenabili dell’intera Penisola italiana. La lunghezza di circa seicentoventi chilometri di spiagge balenabili della Calabria è superiore a quella complessiva di sette regioni bagnate dai mari Adriatico e Jonio: Friuli, Veneto Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata. Sull’entità e potenzialità del patrimonio disponibile va considerato che la sola provincia di Cosenza dispone di una quantità di spiagge balneabili superiore alla disponibilità complessiva di tre regioni come Veneto, Basilicata e Marche. E, nella provincia di Reggio Calabria la disponibilità supera quella offerta insieme dalle regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Ma c’è di più. Le specificità ed i dati esistenti sulle rocce bagnate dai mari calabresi rendono il patrimonio costiero della regione unico in tutto il Mediterraneo. Connotato dagli antichissimi ammassi metamorfici del reggino e del Tirreno cosentino, dalla gran diffusione del granito del Tirreno vibonese e dello Jonio catanzarese, il patrimonio costiero calabrese è costituito da rocce di tutte le ere geologiche: si passa dalle dune d’attuale e più recente formazione alle rocce delle ere geologiche più antiche, di moltissime centinaia di milioni d’anni fa, ed indisponibili nelle altre regioni della penisola. Oltre ad una grande varietà di preziosi aspetti naturalistici ed ambientali, sulle rocce che formano le coste calabresi sono impresse le ampie e più remote testimonianze della nascita ed evoluzione sia del paesaggio terrestre del Mediterraneo sia degli insediamenti umani; testimonianze di grandissimo interesse scientifico e sempre più oggetto di visite, ricerche e studi dai maggiori centri di ricerca e università del Pianeta. Spiagge rare e preziose, con mari trasparenti, fondali in gran parte privi dai fenomeni di accumulo di sostanze nocive per la salute e, quindi, ideali per immersioni e visite anche “sul luogo del relitto”. Questo prezioso patrimonio, per essere adeguatamente tutelato e valorizzato richiede la definizione di un “Piano regionale di riassetto idrogeologico delle aree costiere in vista della loro gestione integrata”, come specificità del più generale modello di gestione del territorio e che in coerenza con questo persegue l’obiettivo dello sviluppo eco¬nomico e sociale delle aree costiere attraverso la sostenibilità. A tal fine è utile ricordare lo slogan d 'apertura del 3° Forum Mondiale dell'Acqua di Kyoto: “ripulire i mari e creare una rete mondiale di scarichi non inquinanti”. Così come va ricordato che il programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, l'Unep, richiama l'attenzione dei governi, compreso quello della regione Calabria, sulla riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti nei mari ed evidenzia come circa il 40 per cento della popolazione mondiale vive entro un raggio di 60 chilometri dalle coste marine, molte delle quali sono minacciate dagli scarichi dei sistemi fognari che non sono opportunamente trattati. In pratica si tratta di realizzare, anche in Calabria, un omologo marino del Protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera che però prenda di mira non l'anidride carbonica, ma gli scarichi di sostanze inquinanti che minacciano la vita nei mari, prime fra tutte quelle che provengono dalle fogne non depurate; e, quindi, di risanare l'ambiente marino una volta per tutte e dare alle future generazioni dei servizi più sicuri, acqua più pulita e coste più pulite. Così come necessita considerare quanto emerso dal Forum sulla “settimana dell’acqua” organizzato dalle nazioni Unite, dalla Commissione Economica e Sociale dell’Asia Occidentale (ESCWA), dal Partenierato Globale per l’Acqua (GWP), dall’Ufficio di Informazioni del Mediterraneo, Educazione, Cultura e Sviluppo Sostenibile (MIO-ECSD) oltre che dal Ministero dell’Energia e dell’Acqua del Libano. Secondo il Piano di Azione per il Mediterraneo del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP/MAP) le città costiere, l’agricoltura intensiva e l’industria sono tra i maggiori inquinatori del Mediteraaneo: è perciò vitale coinvolgere attivamente gli stakeholders direttamente collegati a queste attività per realizzare misure incisive. Come risposta a questa sfida l’ UNEP/MAP, con il sostegno del Fondo Globale per l’Ambiente (GEF), ha elaborato un programma di azione strategico (SAP/MED) che identifica a livello regionale le sostanze nocive che devono essere eliminate nei prossimi 25 anni e richiede ai paesi della regione di elaborare e attuare piani di azione per combattere l’inquinamento marino proveniente da attività terrestri (NAPs). E dall’altro Forum internazionale di Atene promosso da UNEP/MAP e MIO-ECSD che ha coinvolto più di 100 rappresentanti di Governi, autorità locali, industria, agricoltura e sindacati, ONG e associazioni ambientaliste del Mediterraneo. In pratica, occorre applicare la nuova direttiva UE che indica come tutti i mari europei (ma anche i fiumi e i laghi balneabili) dovranno essere rigorosamente classificati in base alla qualità delle loro acque: scarsa, sufficiente, buona e eccellente. Adottare misure per informare adeguatamente il pubblico, per verificare i valori qualitativi delle acque e per far diventare quanto prima eccellenti o buone quante più acque possibile. In particolare è da considerare che la Commissione europea per l’ambiente ha sottolineato che “Vista la specificità delle acque di balneazione non è possibile garantire l’assenza assoluta di rischi. Per questo motivo, e visto che non è ancora possibile fare previsioni sulla qualità delle acque, è fondamentale fornire ai cittadini tutti gli elementi necessari affinché possano scegliere consapevolmente dove e se praticare la balneazione” Per l’avvio di una nuova politica sulle acque di balneazione è indispensabile l’applicazione della direttiva e,quindi: “Informazione, partecipazione dei cittadini e presentazione di relazioni”. Informare fattivamente i cittadini sulla qualità delle acque di balneazione, compresi tutti i fattori conosciuti che possono avere effetti sulla qualità; queste informazioni devono essere sempre a disposizione nelle zone di balneazione; i cittadini, inoltre, devono poter accedere facilmente e in qualsiasi momento al profilo di ciascuna spiaggia e conoscere l’andamento della qualità delle sue acque negli anni. Lo strumento migliore e raccomandato a tal fine è Internet: i profili, le carte geografiche, i dati sul controllo della qualità e i programmi di azione relativi a ciascuna zona di balneazione possono infatti essere agevolmente pubblicati su siti locali e regionali , cui tutti - cittadini, ONG, legislatori o scienziati - possono poter accedere agevolmente da casa via computer, dalle biblioteche o presso gli uffici del turismo. “Le informazioni non devono, tuttavia, essere divulgate solo via Internet, ma anche attraverso mezzi di comunicazione più tradizionali come i giornali locali, gli opuscoli distribuiti nei luoghi pubblici, ecc. Gli " effetti collaterali " positivi dell’informazione dei cittadini si possono così riassumere: 1) i cittadini possono segnalare i casi reali o sospetti di inquinamento; 2) essi avrebbero una migliore conoscenza delle tematiche e dell’impegno profuso dai responsabili della gestione della qualità. Quando fossero necessari interventi per risolvere un problema, soprattutto, ma non solo, se si tratta di grandi opere di infrastruttura, i cittadini dovrebbero poter partecipare alla definizione dei necessari programmi d’azione.” == ANTICAZIONE RAPPORTO STATO SALUTE MARI 2007 L’uscita di Tremonti sul prolungamento delle concessioni delle spiagge, ritenuta dannosa dal punto di vista ambientale ed economico, non favorisce né il turismo e la valorizzazione degli oltre 715 Km di costa, né lil risanamento del degrado idrogeologico necessari per lo sviluppo della Calabria. Il vicepremier, in pratica ripropone, oggi solo per il Sud, il contenuto nell’art.71 della sua prima Finanziaria, un marchingegno contrastato fortemente da tutte le organizzazioni interessate alla reale valorizzazione del patrimonio ambientale del Belpaese e vanificato in parlamento nel 2002. Lo sviluppo del turismo sulle spiagge non può essere pensato separatamente dal resto del contesto territoriale retrostante. E ciò anche in considerazione del fatto che gli assetti idrogeomorfologici delle colline e delle montagne condizionano e sono condizionati dagli interventi antropici e naturali sulle coste. Cerzeto, Filadelfia, Favazzina, San Nicola Arcella sono alcuni dei centri abitati interessati dalle migliaia di frane rilevate sulle colline e montagne della regione con il Piano di Bacino regionale. Inoltre rischio alluvione su molte centinaia di ettari di pianure, decine di chilometri di divieti di balneazione danno l’idea delle dimensioni e diffusione del dissesto idrogeologico, definito “disastroso” in tutto il Belpaese dal ministro dell’Ambiente. Il degrado idrogeologico non è limitato alla “terra ferma” ma riguarda anche il mare, a causa del malgoverno del territorio e delle sue risorse naturali. Infatti, in Calabria, “il mare non è stato sinora considerato una risorsa ma una discarica che tutti possono utilizzare pur di risparmiare soldi pubblici e privati” come evidenziato nei mesi scorsi dalla Corte dei Conti. Un ruolo determinante per l’insorgenza del rischio idraulico e geologico è svolto dalle modalità d’utilizzo della risorsa acqua, dall’oro blù del terzo millennio, dall’elemento all’origine di gran parte dei conflitti in atto sul Pianeta e al centro della campagna promossa recentemente dall’ UNICEF in considerazione del fatto che il 21% dei bambini dei paesi in via di sviluppo soffre la penuria di acqua. Invece di sviluppo e ricchezza, la troppa acqua disponibile in Calabria, perché, mediamente, piove di più che nelle altre regioni, provoca: movimenti franosi sui rilevi collinari e montani, alluvioni in pianura con l’allagamento ed il convogliamento anche di rifiuti e,quindi, l’inquinamento delle falde idriche e delle acque marine. E qual’è lo stato di salute del mare? Quali interventi sono stati adottati per eliminare o ridurre l’inquinamento e l’erosione e, quindi, gli oltre 88 chilometri di divieti di balneazione dichiarati nel marzo scorso dalla regione Calabria? Se, a queste domande, si risponde tenendo conto dei dati ufficiali, ad oggi, resi noti e di quanto accaduto nei mesi scorsi emerge che si è continuato con la tendenza ad impedire ai cittadini di fare il bagno invece di risolvere i problemi dell’inquinamento e dell’erosione. Dati e fatti che, tra l’altro, indicano un peggioramento, ad esempio, sono: 1) Nel marzo 2004 la Giunta regionale dichiarava il divieto di balneazione su oltre 88 chilometri metri di costa con rilevante aumento degli stessi divieti rispetto l’anno precedente. 2) Alla data del 30 settembre, di chiusura della stessa stagione balneare, i divieti di balneazione sono aumentati di circa tre chilometri, fino ad arrivare complessivamente a 91.422 metri. In particolare, i dati pubblicati dal Ministero della Salute, evidenziano un aumento di oltre un chilometro nella Provincia di Catanzaro dove a fine stagione i divieti risultano complessivamente 8.151 metri mentre all’inizio erano 7.028 metri. Nella Provincia di Cosenza da 31.959 metri, i divieti aumentano a 32 713 metri, mentre in quella Vibo Valentia da 3000 metri, aumentano a 4.485 metri. Anche nella provincia di Crotone da 10.593 i divieti aumentano a 11.274 metri. In controtendenza, i dati della Provincia di Reggio Calabria dove i divieti dichiarati a marzo risultavano 35.950 metri mentre a fine stagione sono stati ridotti a 34.779 metri. 3)Nel periodo compreso tra la data di chiusura della stagione balneare 2004 e la data di apertura della nuova stagione si sono e verificati episodi d’inquinamento per il blocco degli impianti di depurazione provocati anche dalla mancata erogazione dell’energia elettrica;e con effetti intuibili, ma non resi noti, sullo stato di salute del mare. 4) Si è continuato, da parte degli Enti preposti, con le “carenze informative” sottolineate nella “Seconda relazione sull’inquinamento delle coste e gestione degli impianti di depurazione nei comuni costieri della fascia tirrenica compresi nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza” della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti. In pratica, “nessuna puntuale informazione alla popolazione, alle imprese, alla comunità scientifica è stata fornita dalle autorità, nonostante nella stagione balneare i risultati esposti negli allegati – ben noti alle autorità sanitarie – concretino l’esposizione della popolazione ad una serie di possibili rischi derivanti dalla balneazione. Al proposito è bene segnalare che la maggior parte delle ASL (v. ad esempio, Paola, Lamezia Terme, Vibo Valentia) non ha ritenuto di adottare nessuna misura consequenziale rispetto alla gravità della situazione già illustrata nella precedente relazione.” Sul che fare per la messa in sicurezza delle popolazioni e del territorio calabrese è di estrema attualità la “ricetta”, prescritta mezzo secolo fa, da M. Rossi-Doria: “ i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati. Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” In Calabria, per passare dalla logica dell’emergenza a quella della prevenzione occorre capacità e volontà di concertare tra i vari enti interessati al governo del territorio un progetto di intervento strategico idoneo a coordinare piani, risorse finanziarie e competenze operative per affrontare tutti gli obiettivi prioritari: dalla riqualificazione delle aree fluviali e difesa delle coste al consolidamento dei territori soggetti a frane; dalla prevenzione del rischio sismico al recupero dei centri storici e delle periferie degradate ed abusive, dalla tutela dei boschi rispetto agli incendi agli interventi di sviluppo nelle zone collinari e montane ed alla valorizzazione di tutte le risorse naturali disponibili. == Geologo Mario Pileggi
 
pileggi
pileggi il 04/03/10 alle 05:32 via WEB
http://www.newz.it/2010/03/03/unical-rischio-idrogeologico-normativa-e-competenze/29419/
 
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