La mente e l'anima
Come liberare la propria mente per seguire i moti dell'anima
MARE
D
Oggi come ieri, la malattia, sia da un punto di vista psichico e sia da un punto di vista fisico, per i sintomi che provoca, si ritiene da evitare e i sintomi da fare scomparire il prima possibile. Ma ci mettiamo mai a riflettere sul perché di tale sintomo? Io lo faccio spesso, forse in certi momenti anche troppo spesso, ma ci sono delle precise motivazioni che non sto adesso qui a spiegare. Quindi dicevo perché non provare a considerare il sintomo? Il sintomo, come può essere per esempio il dolore, è un segnale. Il dolore è un segnale che ci permette di capire che in quel momento non stiamo andando nella giusta direzione, dal punto di vista fisico, psichico e/o energetico. Il nostro corpo, magari sotto stress o eccessivamente sfruttato, mette in atto delle risposte biologiche. Il dolore e la malattia danno alla persona la possibilità di comprendere, sempre che li si prenda in considerazione, qualcosa che altrimenti non capiremmo; sono dei moniti, dei segnali che ci avvisano che non stiamo andando nella direzione giusta e che dobbiamo modificare qualcosa nella vita che conduciamo in quel momento (perché, per esempio, stiamo abusando di alcune sostanze che non fanno bene al nostro corpo, oppure siamo in una situazione "emozionale" intensa, oppure stiamo andando in una direzione non conforme al nostro progetto spirituale, etc.). Mettere a tacere semplicemente il dolore, magari con un farmaco, quindi agendo esternamente per mettere a tacere quel sintomo, quel dolore, quella malattia, è un pò giocare con il cervello, perché è come se gli mandassimo un messaggio del tipo: guarda che il problema è risolto! Magari per un certo periodo il dolore potrà scomparire, ma se poi dovesse tornare o peggio persistere, se la persona non fa nulla per cambiare qualcosa nel proprio stile di vita che lo ha provocato, non solo quel sintomo si accentuerà, ma potrebbe arrivare a “cronicizzarsi” e potrebbe andare ad attaccare altre parti, in modo anche più grave. Questo avviene perché la medicina allopatica considera l'eliminazione del sintomo come remissione della malattia. A volte può essere sufficiente mettere a "riposo" l'organo, ma può anche essere che la malattia voglia portarci a modificare qualcosa nella nostra vita, come l'alimentazione, situazioni affettive, stress, stili di vita, posizione nella società, significato di ciò che facciamo, etc. Faccio un banale esempio: pensiamo alla nostra automobile: quando la spia delle luci segnala che c'è qualcosa che non va, andiamo dall'elettrauto e ci facciamo mettere le luci a posto. Ma se l'elettrauto anziché sistemare la nostra auto, ci staccasse il collegamento elettrico della luce della spia che segnala il guasto sul nostro cruscotto (e' quello che fa la medicina allopatica) noi non vedremmo piu' la luce accendersi per segnalarci un problema e saremmo ben felici di aver risolto il problema con poco costo, salvo poi provocare l'ira degli altri automobilisti o peggio provocare un incidente perché non abbiamo ascoltato quello che il corpo con l'accensione della spia, aveva da dirci. Non esiste nessuno in grado di guarire qualcun'altro. So che sembro farneticare, dire scemenze... ma la guarigione altro non è che una fase di cambiamento che può attuarsi automaticamente, se la persona possiede abbastanza energia, oppure essere agevolata dall'apporto di un'altra persona. E' importante però che il terapeuta non lavori “sulla” persona, ma “assieme” alla persona. Così si ribalta completamente il rapporto tra paziente e terapeuta. Il terapeuta deve considerare il paziente in maniera differente, non come un sintomo, ma come un essere bisognoso di aiuto; il paziente si sente non in una posizione di sudditanza, ma quasi alla pari con quella del terapeuta acquistando maggiore fiducia nelle proprie capacità di auto guarigione. Ne consegue come sia importante la preparazione del terapeuta, che non è un contenitore di rudimenti e nozioni mediche, ma una persona completa, cosciente delle proprie problematiche e dolori, attenta a se stessa ed a quelle del prossimo, flessibile e capace di lasciare fluire l'energia.
|
Post n°54 pubblicato il 11 Settembre 2012 da lamentedellanima
Per poter amare gli altri bisogna prima amare se stessi? Sono in molti a sostenerlo, ma non tutti. Ci sono molte persone che sostengono che per amarsi c’è bisogno di sentirsi desiderati, apprezzati e che quando si sentono sole si sentono abbandonate. In effetti potrebbe funzionare anche partendo dall’asserzione contraria: prima si impara ad amare se stessi e poi si parte alla ricerca di altri per amare e per essere amati. Per amare ed essere amati bisogna prima di tutto amare se stessi, questo non vuol dire essere egoisti, l’egoista è imprigionato, ha interesse soltanto per se stesso e non prova alcuna gioia nel dare, ma soltanto nel ricevere: egli non ama troppo se stesso, in realtà odia se stesso’. Ecco perché non riesce a provare amore per il prossimo. Amare se stessi vuol dire conoscersi, apprezzarsi, sapersi prendere sul serio ma anche con ironia e soprattutto non essere sempre in competizione con il prossimo, ne ptrendere troppo da se stessi. A volte arrendersi alle vicende della vita non è un atto di vigliaccheria, significa divenire consapevoli di quelle determinate situazioni e smetterla di combatterle. Solo così la vita smetterà di essere una lotta perenne. Capire, apprezzare e conoscere il nostro io ci aiuta a capire quali sono i nostri limiti e quelli degli altri. Dopo aver fatto questo si potrà poi amare o essere amati in maniera più cosciente, consapevole, un po’ come valicare il confine tra due terre, meglio conoscerne i limiti per sapere in linea di massima come comportarsi. Amare se stessi per amare gli altri, non è ovviamente un’affermazione nuova, sono molti i pensatori che si sono domandati se fosse giusto o no, eccone qualcuno: ‘Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita’. ‘Amarsi per vivere meglio in mezzo agli altri’ "Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita". |
Post n°53 pubblicato il 03 Aprile 2012 da lamentedellanima
Per ritrovare la salute perduta, l'equilibrio interiore e l'armonia, occorre considerare la malattia in modo olistico, prendendola in esame non solo dal punto di vista fisico, ma anche da un punto di vista mentale, emozionale e spirituale. Se smettiamo di considerare i sintomi fisici come una "seccatura" da eliminare, e con pazienza ci interroghiamo sul senso del disagio, potremmo sorprenderci nel vedere come spesso il corpo segnali problemi non fisici che richiedono la nostra attenzione. La malattia denuncia così uno squilibrio che abbiamo la possibilità di correggere, a tutto vantaggio non solo della nostra salute ma anche della nostra felicità. |
Post n°52 pubblicato il 14 Settembre 2011 da lamentedellanima
|
Post n°51 pubblicato il 05 Giugno 2011 da lamentedellanima
La nostra mente è per la nostra Anima un grande handycapp, perché con tutti i suoi schemi e pregiudizi, con la sua visione ed interpretazione distorta della realtà, limita enormemente le nostre capacità potenziali, sia di comprensione, sia di azione. Vivere la realtà che ci circonda adoperando solamente gli schemi della mente è come voler guidare un'automobile che al posto dei vetri ha del materiale che non è il vetro, ma che non ci permette di vedere, spiando la strada da un forellino fatto in quel materiale. E' chiaro che per colui che ha sempre guidato la sua auto così, nella convinzione che tutti facciano allo stesso modo perché non esiste altra possibilità, il problema naturalmente non si pone neppure. ma quando egli capisce che la sua mente, nella quale si identifica, costituisce soprattutto un limite invece di un vantaggio, e che esiste la possibilità di vivere la realtà in un altro modo estremamente più efficace, piacevole, utile per se stessi e per gli altri, allora le cose possono mutare: in meglio! Per alcune tra le religioni orientali la meditazione è essenziale per il raggiungimento dell'illuminazione. Essa è uno strumento per rallentare, fermare l'attività della mente, partendo dal presupposto che una mente attiva fa più danni di una ferma. La mente è come un bimbo capriccioso messo in una stanza dove ci sono tanti oggetti di cristallo. Fermarlo può impedirgli di fare dei danni. Ma invece perchè anzichè fermarlo non provare a parlargli spiegandogli che i suoi giocattoli, invece di essere di plastica come quelli degli altri bimbi, sono di cristallo, dandogli così fiducia e la responsabilità di proteggere, ordinare e lucidare tutti quei cristalli? E' la consapevolezza che può fare la differenza, è la consapevolezza che può permettere alla mente di fare, anzichè dei danni, miracoli! |
AREA PERSONALE
MENU
MARE LUNA
I MIEI BLOG AMICI
- suoni nel silenzio - rossanadgl14
- La vita e i sogni - wish35
- Springfreesia - spring
- La Piccola Voce - cleoniceparisi
- RICOMINCIARE - perla88s
- LA TANA DEL COYOTE - piumarossa70
- Il vero se - morbida1dgl
- ZEN - zen_boy
- counseling-integrato - florintegrati
ULTIMI COMMENTI
TAG
CERCA IN QUESTO BLOG
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
Inviato da: lamentedellanima
il 16/07/2021 alle 19:36
Inviato da: perla88s
il 20/06/2020 alle 09:49
Inviato da: lamentedellanima
il 27/03/2015 alle 07:26
Inviato da: lamentedellanima
il 27/03/2015 alle 07:25
Inviato da: lamentedellanima
il 27/03/2015 alle 07:25