Quotidianamente...
Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" -
(Articolo 3 della Costituzione Italiana)
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Post n°516 pubblicato il 23 Giugno 2009 da quotidiana_mente
« Je fais souvent ce rêve étrange et pénétrant… » No, quella frase non c’entra niente. Quella è una poesia di Verlaine ed era all’esame di quarta media (perché in Francia le medie durano quattro anni). No. Di rado sogno oppure sogno come tutti ma da sveglia non rimane traccia di quanto vissuto durante la notte. Invece questa volta, qualche traccia è emersa lentamente durante la giornata. Era un sogno strano, forse non penetrante ma strano di sicuro. La proprietaria di casa mi voleva sfrattare. Lei non appariva mai nel sogno, e mai si è parlato di questo, ma io dovevo andare via, e lo sapevo. Ovviamente, non volevo sgomberare e continuavo la mia vita quotidiana come se niente fosse andando a lavorare ogni mattina e rientrando ogni sera a casa. Il rientro era sempre una sorpresa perché durante la mia assenza la casa cambiava: il bagno era al posto della cucina, la cucina al posto del salotto e la stanza da letto al posto del bagno. Non mi stupivo che tutto rientrasse nei vari ambienti anche se molto più piccoli di quelli all’origine edificati per loro. Nel bagno la stanza da letto trovava perfettamente il suo collocamento. Apparentemente tutto questo non mi disturbava: avevo pure sempre il mio habitat naturale anche se spostato e la vita continuava. Una sera al mio rientro mi sono accorta che c’erano delle nicchie nelle pareti dell’appartamento e tutte le stanze erano state trasferite lì. Avevo una casa vuota con delle nicchie. Dovevo cercare nei vari vani, dove erano stati spostati gli ambienti. Aprivo ogni nicchia e trovavo il bagno, la cucina, il salotto e persino la stanza da letto, aprendo la porta di quello che doveva essere lo sgabuzzino, trovavo la Signora S. che avevo svegliato accendendo la luce. Lei mi guardava stralunata e sussurrava il mio nome con un punto interrogativo. Le rispondevo che le avrei spiegato ogni cosa il mattino seguente e che continuasse pure a dormire. Il sogno si è interrotto e mi sono svegliata di colpo, di soprassalto ho acceso la luce, guardandomi intorno e non trovandoci niente di anomalo. Ero stata svegliata dal mio nome trasportato da un sussurro, un sussurro soffiato dentro al mio orecchio, un sussurro inquietante. Ho spento la luce e ho cercato di dormire. Non ricordavo nemmeno più di aver sognato. Era la seconda volta in poche notti che ero svegliata da “qualcosa”. La prima volta era stato come un soffio sulla mia guancia, un soffio dolce come una carezza ma pur sempre qualcosa di “estraneo” alla notte. Non riuscendo più a riaddormentarmi, mi sono ricordata di quando ero bambina e mia madre mi raccontava che, di notte, il respiro poteva essere rubato. Non ricordo da chi. Passai molte notti in preda allo spavento. Non ricordo perché potesse succedere, ma sapevo che “qualcuno” (o “qualcosa”) si poggiava sul petto del malcapitato e il respiro veniva rubato da questa entità non definita. Una mattina mi sono svegliata madida di sudore perché avevo avuto l’impressione che fosse successo: “qualcuno” aveva tentato di rubarmi il respiro. Da quel giorno mia madre mi vietò di dormire con il gatto sul letto, perché secondo lei era stato lui a poggiarsi sul mio petto e niente di più. Ancora oggi, per me, è un mistero. Perché mia madre raccontava “leggende” degne di togliere il sonno al più giusto dei bambini per poi trovare una spiegazione del tutto razionale quando il terrore prendeva il sopravvento? La sera precedente non avevo mangiato la peperonata né tantomeno l’impepata di cozze, ma una misera insalata. Questa è la conferma che mangiare leggero di sera non giova al mio organismo e ancora meno al mio stato mentale. |
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