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Post n°763 pubblicato il 03 Marzo 2014 da sebregon

VIII SETTIMANA DEL T.O.  - MARTEDÌ
 



 

 

 

 

 


Mc 10, 28-31


 
In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

 

Pietro, che è tra i discepoli il più legato alle cose concrete, fa la domanda che magari gli altri non osavano fare a Gesù. E la sua domanda potrebbe essere la nostra e dunque possiamo non solo chiedere a Gesù come ha fatto Pietro ma cercare di capire noi stessi quando, insistendo sulla sua sequela, ci poniamo la stessa domanda che il discepolo ha posto a se stesso prima di riformularla verso il Maestro e cioè:  perché lo seguiamo, cosa ci aspettiamo da Lui e che cosa ne avremo?

 

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Davvero avremo cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi? Guardando in giro a coloro che davvero lo hanno seguito dobbiamo confermare che la loro vita è stata piena anche se, come dice Gesù, non sono mancate loro le persecuzioni.

 

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Tutte le vite dei grandi dell’umanità, e quindi non solo quelle dei santi cristiani, se sono state a servizio dell’uomo e della sua crescita fisica e spirituale sono state contrassegnate da una evidente grandezza.  Chi infatti in modo generoso mette in gioco se stesso nella grande danza della vita diventa un crocevia di contatti in cui non è l’avarizia a prevalere ma lo scambio ed  il dono assieme alle avversioni di coloro che la pensano all’opposto.

 

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Noi cristiani allora non non dobbiamo rapportarci alla realtà come dei poveracci che non vogliono sporcarsi le mani con le ricchezze perché queste di per sé sono neutrali (intendendo che non lo sono più quando sono frutto di azioni ingiuste e prevaricatorie).  La povertà come valore da testimoniare è frutto di scelta e non un dovere a cui si deve una obbedienza forzata.

 

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Detto questo il discepolo di Gesù  sa cosa farne delle ricchezze e cioè sa di sicuro immetterle in un circuito dove possono fruttificare per il bene comune.

 

 

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Di questi tempi però è dura comunque parlare di ricchezza perché, salvo i pochi e gettonati personaggi da televisione, non se ne vede molta in giro e comunque mi sto accorgendo che il discorso è scivolato troppo sul lato delle attese materiali di Pietro e sto glissando sul chiedere a me stesso perché seguo Gesù e che cosa mi aspetto da Lui. Seguo Gesù perché solo da Lui ricevo parole d’eternità, di luce, di bellezza, di amore fraterno, di sincerità, di saggezza, di vera compassione, di fedeltà al suo Padre celeste, di autorevolezza, di sacrificio non fine a se stesso ma funzionale all’essere fedeli fino alla morte al suo messaggio e a coloo che amava. Poi sarà Lui stesso a donarsi a me completamente come sperimento già in questa vita e di più sarà nell’altra.  

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, fa che seguiamo il Signore Gesù solo perché per noi rappresenta la vera occasione della nostra vita per avvicinarci al Padre e mai per guadagnare qui sulla terra delle poltrone o dei favori.

 

Michele Sebregondio

www.montetabor.de

 

 

 

 
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