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« SI PUO' VIVERE SENZA PERDONARE?SENZA DONO NON C'E' VITA VERA »

GESU' E' SOLO UN GRANDE UOMO?

Post n°142 pubblicato il 10 Marzo 2009 da sebregon

II SETTIMANA DI QUARESIMA - MERCOLEDÌ

 

Mt 20, 17-28

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio». Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dòminano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». 

 

Resta sempre difficile da capire in questo brano di Matteo, l’annuncio che Gesù fa della sua morte e della sua risurrezione. Romano Guardini che io ormai uso come il mio Virgilio nella lettura dei Vangeli, cosi parla del rapporto di Gesù con la morte: “ Tuttavia l’immagine del suo morire è sempre legata alla risurrezione. Gli annunci della Passione la congiungono alla morte, come il terzo giorno al primo. Già da questa circostanza risulta chiara che non è la nostra, la morte lacerante del peccato, quella di cui Gesù muore, ma una morte che egli, colui che è libero da essa, accoglie dal volere del Padre. Lo dice espressamente: << Io ho la potestà di donare la mia vita e la potestà di riprenderla di nuovo>>  (Gv 10, 18) Per potestà propria egli va alla morte, non per necessità. Così poi si colloca pure, lungo la via verso Gerusalemme, l’evento misterioso della trasfigurazione, narrato da Matteo nel sedicesimo capitolo, da Marco come da Luca nel nono capitolo del loro Vangelo. Qui traluce ciò che si compirà a Pasqua. Il morire del Signore è anticipatamente collegato con la trasfigurazione, poiché egli muore staccandosi dalla pienezza, non dalla debolezza della vita.

Ivan Valleverde

 

Gesù  rivolgendosi ai due discepoli presentifica l’azione del Padre ma non dice‘Padre nostro’ ma ‘Padre mio’. Cosa vuol dire? Vuol forse dire che il Padre è suo e non nostro? Egli in questa affermazione sottolinea il suo essere figlio del Padre e cioè un figlio che conosce il Padre e la relazione che ha con lui nel rispetto-amore per la sua libertà. Non si può dire che i discepoli  conoscono di persona il Padre e quindi il senso di quell’aggettivo possessivo: ‘mio’ è che egli comunica qualcosa del Padre suo che essi non conoscono.. Noi quindi siamo figli del Padre grazie al Figlio che ci ha insegnato a sillabare il nome del Padre alla luce della sua conoscenza del Padre. Ed è in questo che ci si distingue anche da qualsiasi approccio religioso in cui Dio viene chiamato anche Padre. Perché un conto è attribuirgli una funzione a partire da ciò che noi possiamo capire per analogia del Padre e un altro è conoscere il Padre attraverso la testimonianza ed il racconto del Figlio che l’ha conosciuto direttamente. E che Gesù abbia conosciuto direttamente il Padre ne fa fede il vangelo che è lo svelamento appunto del mistero di questo Gesù che sta strettissimo nei panni umani ma che se letto nella chiave della sua figliolanza divina come sopra intesa diventa per  noi una strada maestra verso il cielo e cioè verso Dio stesso. Solo guardando a Gesù come uomo-Dio  si può capire come egli parli della sua vita non come qualcosa che gli inerisce fattualmente ma come una presenza stabile nell’essere che però accetta di rendersi disponibile per il riscatto di molti. Questo suo regale modo di porsi lo dispone di fatto come giudice dei grandi di questo mondo e come perfetto suggeritore della via maestra per chi vuole seguirlo veramente. Ed infine egli non ha deciso di servire e dare la sua vita perché ad un certo punto della sua vita ha ricevuto un’illuminazione o un mandato, no, egli è venuto in questo mondo già con questa missione. E qui la sta la differenza tra tutti i maestri, anche eccelsi della storia umana, e Gesù. Però mi si potrebbe chiedere se sia così importante venire in questo mondo già con una missione chiara o avendola acquisita strada facendo. Mi fermo solo a dire che la luce che emana da un diamante è veramente altra cosa da quella di un qualsiasi cristallo.

La nostra vita e la Parola

Spirito del Signore il tuo Gesù ci fa intendere che per poter apprezzare la sua luce dobbiamo percorrere la sua strada di servizio perché solo costruendo la chiesa possiamo far parte dei tesori di grazia e di gioia che  ci riserva.

GABRIELE PATMOS

 
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