Lente Ingrandimento

Forte denuncia del vescovo di Locri sulla sanità calabrese

“Non si può, in nome del risparmio, andare a colpire l’anello più debole della società”. E’ questo il grido d’allarme lanciato dal Vescovo di Locri-Gerace, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, durante l’omelia in occasione dell’accensione della lampada votiva in onore di S. Francesco di Paola. L’appello accorato è stato rivolto al neo presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti ed alla platea dei sindaci e dei politici intervenuti numerosi al tradizionale atto di devozione al santo patrono della Calabria. “Signor presidente – ha aggiunto l’alto prelato rivolgendosi al governatore calabrese – un vescovo non può esimersi di denunciare i disguidi che recano sofferenza al popolo. I tagli nella sanità oltre ad arrecare danni materiali arrecano anche danni psicologici. La consapevolezza di non avere la possibilità di essere curati vicino casa provoca sconforto e sfiducia. È vero – ha continuato Mons. Morosini – i conti pubblici impongono austerità nella spesa, ma occorre trovare altrove le risorse necessarie per rimettere in sesto i buchi finanziari. La sanità invece va potenziata e migliorata nella

 sua qualità”. Quello di questi giorni è un Morosini a tutto campo che non manca di incitare tutti i politici regionali ad una riflessione approfondita sullo stato attuale, non edificante, della  terra di Calabria. Significativo l’incitamento alla unione tra i sindaci. “Voi signori sindaci – ha sottolineato il vescovo – dovete avere il coraggio di effettuare scelte comuni. Realizzare piccoli progetti, isolati tra di loro, oggi non ha più senso. Così la Calabria non si solleverà mai. È giunto il momento delle grandi progettualità comuni che rappresentano il vero volano dello sviluppo e dell’occupazione”. In ultimo, l’appello alla maggiore e migliore presenza dello stato nella regione. “La presenza dello stato in Calabria non può essere solo di natura repressiva. È necessario un amorevole intervento delle istituzioni che non facciano sentire soli e repressi i calabresi”.