Tana del Leprecano

È meglio chiarirlo fin dall’inizio: a me Fabri Fibra non sta per niente simpatico. Non so praticamente nulla di lui, tranne il fatto che per il suo primo video su mtv ha usato lo stratagemma ormai vecchio di anni dei volti provocatoriamente (!) mascherati. La prima canzone con cui ha sfondato non mi ha fatto venire nessuna voglia di sentirne delle altre e mi fa un po’ sorridere che venga definito un rapper “duro”. A parte questo, chi se ne frega, se a qualcuno piace che lo ascolti pure. Come si dice, ognuno ha quello che si merita. Oggi, però, leggo sul sito del Corriere che diverse associazioni si stanno muovendo per cancellare il suo concerto a Roma, che rientra nel programma del cornetto free, ecc. ecc. Penso, beh, i soliti bacchettoni italiani. In fin dei conti, è stato criticato anche recentemente dal presidente del Tribunale dei minori di Milano Livia Pomodoro per aver dedicato una canzone a Omar (il fidanzatino di Erika), quindi non c’è nulla di cui stupirsi. Vado avanti a leggere e scopro con grande meraviglia che a volere la cancellazione del concerto non è la solita associazione di preti, cattolici integralisti, genitori del moige, ecc. ma… Arcigay e Arcilesbica!! La motivazione sta in una canzone del Nostro, in cui si darebbe un’immagine sgradevole dell’ambiente gay. Ora io dico, ma dove siamo arrivati se persino associazioni del genere, che meritano tutto il rispetto per aver condotto grandi battaglie in difesa dei diritti di espressione delle persone, si ergono a giudici dei comportamenti altrui? Di un cantantucolo, poi. Disavventura simile tocca in questi gironi, ancora qui in Italia, a Buju Banton, criticato dalle stesse associazioni per un pezzo giudicato omofobo risalente addirittura al 1992. Cari amici e amiche di Arcigay e Arcilesbica (e altri) apprezzo il vostro lavoro e le buone intenzioni, ma questa non mi sembra la strada giusta da seguire. Attenti, perché da un atteggiamento di questo genere al moralismo e alla censura il passo è breve. E quando si comincia a dire che alcune cose non si possono dire – o fare – non si sa dove si può andare a finire, magari anche a scomunicare i medici che praticano l’aborto…