Post n°14 pubblicato il 14 Novembre 2013 da necruz
Non si trova un post che parli di questo, sembra francamente sconfortante, |
Post n°13 pubblicato il 08 Maggio 2013 da necruz
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Post n°11 pubblicato il 20 Aprile 2013 da necruz
Nicola Mancino, dapprima indagato e poi accusato di falsa testimonianza nel processo sulla trattativa stato-mafia, a fine 2011 viene intercettato quattro volte sulla sua utenza privata mentre chiama al Quirinale. E' da ricordare che si è attestato che le trattative di "pezzi" dello stato con la mafia fossero iniziate subito dopo la strage di Capaci e si paventa la possibilità che Paolo Borsellino ne era venuto a conoscenza subito e si fosse messo di traverso. Sull'agenda del magistrato che è nelle disponibilità degli atti processuali, è riportato scritto di pugno dal giudice un incontro avuto con il nuovo ministro dell'interno Nicola Mancino. Dopo l'incontro, Borsellino avrebbe avuto un colloquio a Roma con il pentito Gaspare Mutolo, e quest'ultimo riporta quanto fosse sconvolto, tanto da avere, senza accorgersene, due sigarette accese tra le mani. La mogllie di Borsellino ricorda che al rientro da Roma il marito, visibilmente preoccupato, le riferì di "aver visto la mafia in faccia" e di "aver sentito puzza di morte". Poche settimane dopo, la strage di Via D'Amelio uccide Borsellino e la sua scorta. Nicola Mancino ha sempre riferito di non ricordare di aver incontrato il magistrato palermitano e addirittura che non "conoscesse come fosse fatto" tanto da avergli potuto stringere la mano senza accorgersene. Con l'apertura del processo sulla trattativa stato-mafia, grazie alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, e quelle di Gaspare Spatuzza e Giovanni Brusca l'ex presidente del Senato della Repubblica entra nel registro degli indagati. Da qui cominciano una serie di ricostruzioni e testimonianze discordanti, cambiamenti di versione anche imbarazzanti ed infine le telefonate al Presidente Napoitano. Nell'unica intercettazione diffusa durante "Anno zero" si distingue chiaramente la volontà di Mancino, nelle condizioni di semplice privato cittadino, di richiedere un intevento diretto del Quirinale nell'indagine. Uscite fuori le intercettazioni, la Presidenza della Repubbilca solleva la questione del conflitto di attribuzione con la Procura di Palermo nel merito. La Consulta, che deve decidere sul conflitto di attribuzione, dà ragione al Quirinale disponendo che i file delle telefonate vengano distrutti perentoriamente. |
Post n°10 pubblicato il 19 Aprile 2013 da necruz
Nell'ottobre del '98 Marini e D'Alema si accordarono per far cadere il governo Prodi. Le dichiarazioni relative al fatto non sono emerse solo oggi, come si potrebbe pensare date le elezioni della presidenza della Repubblica. Già molti anni fa, quando il clamore della cosa sarebbe stato contenuto, l'Espresso riportava candidamente le dichiarazioni di Marini in merito, in un lungo articolo dove venivano spiegati esaustivamente i retroscena della vicenda. La verità è che a giocare con le strategie politiche, a spese della nazione e con grave danno, come poi si vedrà fino ad oggi, sono stati in molti e per diverse ragioni per ciascuno. L'agnello sacrificale era Prodi, capo di un governo debole con un risicato numero di voti per la sua maggioranza. Sul versante PRC, facevano da sfondo le beghe politico- stategiche tra Bertinotti e Cossuta, beghe che celavano la lotta per la leadership incontrastata all'interno del partito oltrechè l'oltranzismo politico ottuso della sinistra radicale italiana incapace di considerare il risultato minimo come vantaggio massimo. Proseguendo con la descrizione del quadro, ci sono le tensioni all'interno delle forze dell'Ulivo, e all'interno del partito di D'Alemai. Si vede sullo sfondo il fantasma della probabile e prossima rottura di Rifondazione, si pensa a come evitare le elezioni con l'appoggio eventuale di Cossiga e Mastella in sostituzione del vecchio alleato. Alcune indiscrezioni evidanziano che Cossutta avrebbe garantito un numero di parlamentari a favore, dopo la scissione del suo partito, superiore a quello che effetivamente poi sarebbe stato. Questo dato poteva rassicurare Prodi, che in tutti i modi sperava di evitare per un pelo la sfiducia, senza chiedere l'appoggio a Cossiga. Da parte dalemiana e dei popolari poi, la fuoriuscita di Bertinotti doveva essere intesa comunque come la liberazione da una alleanza posta continuamente sotto il segno del ricatto e quindi in prospettiva, con nuovi numeri, si sarebbe potuto garantire un governo più stabile. L'idea per Marini era quella di far cadere a questo punto il governo Prodi e di offrire il ruolo di premier a D'alema, il tutto con una partita di scambio che nel prossimo futuro avrebbe dovuto riguardare il Quirinale. Su questo c'è una cena tra Marini, Veltroni, D'Alema e Mattarella a testimoniare l'accordo con il quale si sarebbe considerato il nome della Jervolino. D'Alema però poi cambiò idea puntando su Ciampi. |
Inviato da: afrikano
il 08/05/2013 alle 15:07