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Pierino, il lupo e le donne alla pensione

Post n°44 pubblicato il 16 Dicembre 2008 da acori

“Donne in pensione a 65 anni, lo chiede il ministro Brunetta”. 

A furia di gridare al lupo al lupo, ecco che alla fine il lupo è arrivato, nelle sembianze del ministro Brunetta.
Il punto e’ che si può essere perfettamente d’accordo con chi sostiene le tesi del riequilibrio dell’eta pensionistica delle donne, vale a dire 65 anni per entrambi i generi. 
Perchè sul piano dei principi non si vede perche’ bisogna convidere ad ogni costo l’idea generale che una donna debba andare in pensione cinque anni prima di un uomo. Perche’ ha sulle spalle il lavoro di cura? Perche’ il suo rapporto con il lavoro fuori casa e’ gravato dal lavoro in casa? Perche’ il suo percorso lavorativo e’ frazionato e altalenante per via del lavoro di riproduzione? E di chi la responsabilita'? Delle donne stesse? 
Ma ”riproduzione” non significa solo di mettere al mondo dei figli.
Poichè gli economisti, tutti e di qualunque tendenza, ne parlano in privato (quantificandolo in termini di PIL nazionale), ma tacciono in pubblico perchè torna comodo alle architetture politiche, tutte anch’esse, il ritorno anticipato a casa delle sessantenni o giu’ di li’, buone a badare a nipoti piccoli e genitori anziani in assenza di servizi adeguati; a far da scudo ai vuoti come voragini aperti da anni e anni di welfare inesistente, peggio: del tutto fuor di senno per lo sviluppo economico, per il benessere dei cittadini. 
Ma quello che inquieta è che sia proprio lo Stato, che dovrebbe essere il garante della piena cittadinanza delle donne,  l’arcigno sfruttatore del doppio lavoro, produzione e riproduzione.
Il punto che ancora piu’ inquieta è l’idea che anche un comodo sentimento di tutela, funzionale ad una cultura buona a mantenere l’archetipo antico e moderno della famiglia-impresa centrata sulla divisione dei ruoli e della forza-lavoro, possa covare sotto la “disparita’” del 60 a 65. 
Oggi bisognerebbe essere sordi davanti a tutti quelli e quelle - e sono in tanti -, che adesso gridano alla “doppia discriminazione”, tirandola di qua’ e di la’ come la coperta di Linus.
Il punto e’ che se ti si costringe a firmare dimissioni in bianco al momento del’assunzione per cacciarti via quando decidi di fare un figlio, se il tuo stipendio e’ inferiore a quello di un uomo a parita’ di lavoro svolto, se la tua carriera procede a scossoni solo perche’ sei donna, se ai posti di comando non ti ci vogliono, se sei la prima ad essere licenziata quando la crisi attanaglia il mercato del lavoro, hai tutto il diritto di sentirti presa in giro quando ti parlano di parita’ o di disparita’ solo davanti alla pensione.
E hai tutto il diritto di chiederti chi ci guadagna, e dove, e come, visto che questo stato non e’ mai stato Stato, con te donna.
Il punto e’ che si sapeva da mesi, se non da anni, che la Commissione europea avrebbe ben presto chiesto all’Italia il riallineamento dell’eta’ pensionistica delle donne. La discriminazione sul lavoro, da quelle parti, e’ un concetto agito.
Il punto e’ che l’allarme con proposte lanciato da qualcuna, - per esempio la recente proposta di chiedere allo Stato, in cambio dell’innalzamento dell’eta’ pensionistica, il re-investimento dei soldi risparmiati in interventi strutturali e servizi a favore dell’occupazione femminile - , il punto e’ che tanto l’allarme quanto le proposte sono cadute nel vuoto pneumatico del “lasciamo correre”.
Il punto e’ che i tanti attori nostrani della questione, sindacati, imprese, mondo della politica, economisti, donne, sanno bene da sempre che questa faccenda e’ un punto nevralgico di tutta la questione femminile, - uguaglianza uomo-donna sul lavoro e parita’ di genere - , oltre che un punto di snodo fondamentale che incrocia tutte le altre questioni politico-sindacali.
Il punto e’ che nessuno mette mani veramente al cahier de doleance del rapporto donna-lavoro in Italia, un’enciclopedia trasversale a tutti i governi, destra e centrosinistra, spina nel fianco dei sindacati: siamo o non siamo, noi le donne italiane, ancora oggi agli ultimi posti nella graduatoria europea e internazionale del tasso di occupazione femminile? Siamo o non siamo, noi le donne italiane, le meno raggiunte dagli interventi strutturali richiesti a livello nazionale dai vari Trattati europei per il riequilibrio della presenza uomo-donna nel mercato del lavoro? Siamo o non siamo, noi le donne italiane, le piu’ discriminate perche’ le piu’ distratte da noi stesse, negli attuali scenari dell’agenda nazionale?
Il punto adesso e’ digerire l’ondata di dichiarazioni, in arrivo e in partenza sui binari del nulla di fatto. 
A causa di tutte le latitanze interessate e le soluzioni rabberciate sulla questione "dell’eta’ pensionistica delle donne”, adesso corriamo il rischio di vedercela piombare addosso nel pieno di una crisi finanziaria trasformata in generale crisi economica, e catapultata con cinismo sul ceto sociale piu’ fragile, le donne lavoratrici.
Ecco allora che viene in mente Pierino e il lupo. A furia di gridare aiuto per scherzo, alla fine il lupo se lo fece  (o meglio, se le fece) arrosto.


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Commenti al Post:
Juma81
Juma81 il 18/12/08 alle 14:40 via WEB
Infatti, il problema non è andare in pensione a 65 anni come gli uomini. Anzi, beati loro che ci andranno, io sono precaria, è mai ci andrò! Il problema è tutto il resto. La mancanza di un welfare adeguato! E pensare che abbiamo una ministra alle pari opportunità...ma che fa? Dorme?
 
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