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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Gennaio 2015

BCE: altro che QE dovrebbe stampare euro per cancellare il debito

Post n°1806 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Mettiamola in questi termini: la Bce stampa più moneta per permettere alle Banche centrali nazionali di comprare titoli di Stato, ovvero debito pubblico, con lo scopo dichiarato di rilanciare l’economia (crescita del Pil) e lo scopo effettivo immediato di sgravare i bilanci delle banche private.

In termini economici, il Quantitative Easing è un’aberrazione in quanto viola le leggi di mercato basate sulla domanda e sull’offerta. Un’aberrazione che però lascia intatta la vera catena che imprigiona le asfittiche economie occidentali: quella del debito.

Mi spiego: se la Ue e la Bce e la volessero davvero rilanciare l’economia, dovrebbero avere il coraggio di andare fino in fondo ovvero non di stampare moneta per comprare debito ma di stampare moneta per CANCELLARE IL DEBITO, accompagnando questo passo da misure altrettanto rivoluzionarie e benefiche come la simultanea riduzione delle imposte sia sulle imprese che sulle persone fisiche e magari varando investimenti infrastrutturali.

Pensateci bene: oggi l’Italia è già in avanzo primario ovvero lo Stato spende meno di quanto incassa, ma il debito pubblico continua a salire perché la spesa pubblica è gravata dagli interessi sul debito. Detto in altro termini: l’Italia è in una spirale da cui difficilmente uscirà, per quanti sforzi faccia. Ma questo né la Ue, né la Bce, né il Fmi lo ammetteranno mai; anzi, continuano ad alimentare la retorica delle riforme ovviamente strutturali.

Logica vorrebbe, invece, che l’aberrazione del Quantitative easing venisse usata non per continuare ad alimentare il circolo vizioso del debito, ma per spezzarlo con una misura una tantum, eccezionale, irripetibile ma straordinariamente virtuosa. Chiamiamolo Il giubileo del debito.

Ipotizzate quesito scenario: taglio lineare di un terzo del debito pubblico di ogni Paese europeo, simultanea riduzione delle imposte sulle persone fisiche di 10 punti percentuali e dimezzamento di quelle sulle società per un periodo di almeno 5 anni. Il momento sarebbe più che mai propizio, considerando che i tassi di interesse sono prossimi allo zero.

Basterebbe una semplice operazione contabile creando denaro dal nulla (ovvero con un semplice click, come peraltro si apprestano già a fare), per togliere definitivamente dal mercato una parte del debito pubblico, studiando ovviamente le condizioni appropriate (ad esempio solo sui titoli in scadenza).

Risultato: un boom economico paragonabile agli effetti di un nuovo Piano Marshall. Starebbero meglio tutti: i consumatori che si troverebbero con più liquidità in tasca, le aziende che sarebbero fortemente incentivate a investire nella zona Ue, lo Stato che troverebbe le risorse sia per le Grandi Opere che per altre riforme. Le stesse banche private che non sarebbero più costrette a comprare titoli di Stato pubblici e vedrebbero diminuire drasticamente le sofferenze bancarie nel giro di pochi mesi proprio grazie alla ripresa dell’economia reale.

La macchina, insomma, si rimetterebbe in moto.

A “rimetterci” sarebbero solo la Bce, la Commissione europea e analoghe istituzioni transnazionali il cui potere implicito di condizionamento si ridurrebbe drasticamente.

Meno debito, meno vincoli, più libertà, più mercato. Il problema è tutto qui.

Marcello Foa su http://blog.ilgiornale.it

 
 
 

Analisi Intermarket al 31/01/2015

Post n°1805 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

 

"Il recente apprezzamento del biglietto verde sta creando non pochi problemi alle aziende statunitensi che, nell’ultimo trimestre del 2014, hanno dovuto fare i conti, non solo con la debolezza dell’economia mondiale, ma anche con il cambio sfavorevole. Gli introiti in valuta estera registrati fuori dai confini del Paese a stelle e strisce hanno subìto un forte ridimensionamento nel momento del cambio in dollari a fine anno. Basti pensare che il Dollar Index, che meglio rappresenta l’andamento della divisa Usa verso un paniere di valute, è salito di oltre il 9% tra settembre e dicembre, e quasi del 5% da inizio anno ad oggi.

Ma la Fed non sembra essere preoccupata. Nell’ultima riunione, la Banca centrale ha confermato di voler alzare i tassi d’interesse a giugno, sostenendo che la ripresa economica rimane solida e che il rallentamento dell’inflazione sarà solo di breve periodo, mentre nel lungo periodo dovrebbe mantenersi intorno al 2%................


Dal punto di vista tecnico, l’indice S&P500 ha testato negli ultimi giorni l’area dei 2 mila punti dove passa anche la linea che congiunge i minimi degli ultimi due mesi. Il grafico  sembra lanciare un segnale ribassista preoccupante, visto che si sta configurando un testa spalle sul time frame giornaliero. È ancora presto per dirlo. Occorrerebbe una rottura della neck line e un successivo test alla stessa, questa volta come resistenza per completare la figura. In tal caso, la discesa potrebbe essere importante e vedrebbe come primo target area 1.870 punti (ovvero la distanza tra la testa e la neck line riportata al di sotto del punto di break out). Il livello successivo rimane a collocato a 1.820 punti, bottom di ottobre scorso. Questo supporto rimane strategico, dato che un suo cedimento potrebbe aprire a una pericolosa inversione di tendenza di questo rally che dura dal 2009".( Vincenzo Longo su http://news.itforum.it)


Vediamo alcuni indicatori in ottica MACROTECNICA:

  •  La curva dei rendimenti USA non è invertita. Nel caso in cui i tassi di interesse a breve termine sono più elevati rispetto ai tassi a lungo termine, fa presagire male per l'economia (intesa come azioni e obbligazioni).Uno dei modelli più potenti per predire la recessione  nel'anno successivo è lo scarto della  curva dei rendimenti tra il T-Note a 10 anni e il T-bond  a 3 mesi.  I risultati di uno studio della Federal Reserve (Estrella e Mishkin) per il periodo 1960-1995  ha collegato il valore dello spread in punti percentuali alla probabilità di recessione. Un margine positivo (con valori compresi tra 1,21-0,02)  è collegato con probabilità del 5% al 25%. Una volta che lo scarto gira negativo, le probabilità vanno dal 30% ad una lettura di -0,17, al 70% a -1,46, 80% a -1,85 e il 90% a -2,40. Ora siamo a 1,66 con il T_note lanciato verso 1,50.
  •  IL LEI del conference Board , ancora  aumento dello 0,5 a dicembre (dodicesimo  aumento consecutivo) da indicazioni per una buona espansione del PIL USA intorno al 3% anche nel  2015  .
  • Il Margin Debt, ovvero l'ammontare di denaro preso a prestito per dicembre i dati non sono ancora usciti . Questo è un indicatore leading (anticipatore) dei possibili punti di svolta del mercato azionario americano, il cui andamento va a rafforzare i cicli virtuosi rialzisti e ad amplificare quelli viziosi in caso di ribasso.

Vediamo alcuni  Trading System cosa ci dicono :

  •  Da questa settimana ci spostiamo sul grafico weekly(Futures)  per ridurre il rumore di fondo dei mercati, e vediamo  sulle principali borse mondiali  una situazione   sempre  rialzista  con  le commodities in profondo rosso ( crude oil e rame e nat gas  ) mentre  il T_note   e il bund sono   nettamente Long, così come il dollar index [grafico in allegato].

 

  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile  ancora  LONG per febbraio 2015, S&P_500 ha chiuso gennaio   con una perdita   del   3,10%. Tutte  e tre  le medie mobili mensili danno Long sullo SP500  e tre dei cinque ETF  del  Portafoglio IVY   segnalano "investito" con l'eccezione dell'etf sulle commodities e sull'azionario globale .

Vediamo  ora alcuni indicatori anticipatori dei punti di svolta del mercato  cosa suggeriscono :

  • l’andamento dell’Up-Down Volume al NYSE a 22,33 in termini di media a 250 giorni conferma  il LONG ($NYUD), il dato differenziale risulta positivo  dalla fine  di luglio 2012. Da allora, non è mai tornato sotto la linea dello zero,"ossia se i compratori prevalgono sui venditori, il mercato sale, punto.  Finchè vi è prevalenza di Up Volume, non ci sarà motivo di temere_Gaetano Evangelista".

 

  • $OEXA200R (indica la percentuale di azioni dello S&P100  che sono sopra alla  loro MM  a 200) è un indicatore tecnico disponibile sul StockCharts.com che può essere utilizzato per la previsione di entrate prudenti  e dei punti di uscita per il mercato azionario, ora indica 56,00 in netta discesa ma al di sopra dei 50. Sopra il 52%  siamo in fase long del mercato ,  sotto il 47% si apre una fase short , tra il 47 il 52   siamo in una zona di incertezza.

 
 
 

Fed: rialzo tassi potrebbe essere vicino

Post n°1804 pubblicato il 30 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Non sottovalutate la Fed, rialzo tassi potrebbe essere vicino - A cura di Lisa Hornby, US Fixed Income Portfolio Manager, Schroders

Il Federal Open Markets Committee (FOMC) della Federal Reserve ha pubblicato il comunicato di gennaio, che rimane in larga parte bilanciato e riflette la consapevolezza e l’attenzione per gli "sviluppi internazionali", per il calo dell’inflazione di breve termine e per la crescita economica nazionale, che è migliorata a un ritmo "consistente" – rispetto a quello "moderato" dei mesi scorsi.

Per il FOMC, l’impatto della diminuzione dei prezzi energetici è uno stimolo al "potere di spesa delle famiglie". Il Comitato si aspetta che l’inflazione salirà verso il target del 2% nel medio termine.

La prima interpretazione da parte del mercato dei Treasury americani è stata di un comunicato maggiormente "da colomba", che segnalava come la Fed potesse essere pronta a mantenere i tassi vicino lo zero per un periodo di tempo prolungato. Il rendimento del Treasury decennale ha mostrato un rally di 10pb fino all’1,72%, e ora il mercato dei Federal Funds sconta il primo rialzo dei tassi per dicembre 2015. A dicembre scorso, l’attesa era per giugno 2015.

A nostro avviso, i prossimi comunicati del FOMC diventeranno gradualmente meno "da colomba" nel corso del 2015. Sebbene i funzionari stiano facendo intendere che "saranno pazienti nel dare il via alla normalizzazione della posizione di politica monetaria", un rialzo dei tassi già a giugno è ancora un’opzione sul tavolo.

Riteniamo che la Fed sia consapevole dei rischi sulla stabilità finanziaria che una politica monetaria troppo accomodante comporterebbe, specialmente alla luce di un tasso di disoccupazione del 5,6% e di un’inflazione core all’1,4%.

Il fatto che dal comunicato di gennaio sia stata cancellata la frase "per un tempo considerevole" è secondo noi un segnale del progressivo cambiamento di posizione da parte della Fed. (Lna)

http://www.wallstreetitalia.com/

 
 
 

Wall Street giù dopo nuovo sell off sul petrolio

Post n°1803 pubblicato il 29 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - Nonostante il comunicato diffuso dalla Federal Reserve al termine della sua riunione possa essere interpretato un po' piu' "dovish", da colomba, rispetto a quello di dicembre, gli indici a Wall Street hanno chiusi in calo.

Nel finale, il Dow Jones perde l'1,13% a quota 17.191 punti, l'S&P 500 perde l'1,35% a 2.002 punti, il Nasdaq lascia sul terreno lo 0,93% a quota 4.637 punti.

Il petrolio a marzo ha chiuso in calo del 3,9% a quota 44,45 dollari al barile, minimi di quasi sei anni.
La volatilita' resta alta. La banca centrale americana ha ribadito di essere "paziente" nell'iniziare ad alzare i tassi, mossa che non avvera' almeno fino a giugno. Intanto gli acquisti sui Treasury, alimentati anche da preoccupazioni sulla Grecia con S&P pronta a bocciarla, hanno spinto nuovamente il rendimento del titolo a 30 anni su minimi record.

Nel finale perde slancio anche il Nasdaq che per tutta la mattinata americana era stato supportato da trimestrali positive come quella di Apple (+7,43%) che ha polverizzato ogni stima. Il mercato ha brindato alla decisione di Yahoo (+2,9%) di effettuare uno spin-off esentasse della sua quota da 40 miliardi di dollari in Alibaba (-3,49%). Sopra le attese i conti del colosso della difesa Boeing (+3,26%) e della compagnia telefonica AT&T (+2,21%, per quanto quest'ultimi siano stati in perdita).....

da  http://www.wallstreetitalia.com/

 
 
 

Il QE e Tsipras

Post n°1802 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Filippo Diodovich – Market Analyst IG

Dopo la manovra “monstre” lanciata da Draghi i riflettori della comunità internazionale si spostano verso il prossimo evento politico-economico di vitale importanza per la Zona Euro, ovvero le elezioni politiche in Grecia. Dalla Germania arrivano timori e allarmismi sui possibili rischi di una vittoria elettorale dei partiti euro-scettici. Ad esempio, il giornale Der Spiegel ha individuato in Alexis Tsipras, leader della coalizione della sinistra radicale Syriza, il nemico numero uno di Eurolandia.

Eppure, proprio Tsipras - secondo i sondaggi - è il politico che ha le probabilità più elevate di essere il prossimo primo ministro greco. Fermo oppositore delle politiche di austerità imposte dalla Troika per la concessione del pacchetto di aiuti finanziari, Tsipras ha guadagnato forti consensi per il suo carisma e per la sua intenzione di non accettare passivamente i target di bilancio imposti dall’UE.

In un recente studio che abbiamo dedicato alle elezioni nel paese ellenico si è cercato di valutare quali scenari politici hanno più possibilità di emergere dal weekend elettorale. Attraverso una media ponderata dei recenti sondaggi sulle intenzioni di voto abbiamo ricavato che Syriza ha elevatissime probabilità di essere il primo partito in Grecia. Il vantaggio di consensi sul suo principale avversario Nuova Democrazia è grande (4 punti percentuali) e questo ci porta a pensare che sarà Tsipras l’incaricato a primo ministro. Crediamo che Syriza non abbia i numeri per ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento e sarà costretto a ricercare un alleato per formare il Governo. L’alleanza perfetta per Tsipras è il partito comunista KKE che ha, tuttavia, categoricamente rifiutato un accordo con il leader di Syriza accusato di pronunciare in piazza la parola rivoluzione ma poi segretamente trattare coi nemici del popolo greco (Troika, Merkel, Bilderberg Group, …).

Molto più probabile, secondo il nostro avviso, l’alleanza con il partito di centro-sinistra, il Fiume, guidato dal celebre presentatore televisivo Stavros Theodorakis. Partito fondato solamente nel febbraio 2014 è rimasto chiaramente lontano dalle dinamiche degli ultimi governi e ha continuato a guadagnare consensi tra i cittadini greci delusi dai partiti che si sono assoggettati alle misure di austerità imposte dalla Commissione Europea.

IL PROSSIMO PARLAMENTO GRECO IN BASE ALLE STIME DEI SONDAGGI.(allegato)

 

Tsipras al Governo porterà la Grecia a uscire dalla Zona Euro?

Crediamo proprio di no. E’ uno scenario che non si può escludere ma riteniamo che le probabilità siano inferiori al 10%. E’ da tenere in considerazione un altro punto importante. Dopo le decisioni del governatore della BCE, Mario Draghi, in merito al quantitative easing, si è ridotto lo spazio di manovra per il prossimo esecutivo greco. Ricordiamo come Draghi abbia escluso l’acquisto di titoli greci almeno in una prima fase. I titoli del paese ellenico potranno essere acquistati solamente da luglio  e condizionatamente al successo dell’accordo tra il Governo di Atene e la Troika sul raggiungimento degli obiettivi di bilancio. Ecco quindi che Tsipras, che in campagna elettorale aveva promesso ai suoi elettori una rivoluzione, dovrà considerare attentamente le proprie mosse. La Grecia è tra i paesi europei quello che maggiormente avrebbe bisogno di ricevere le iniezioni di liquidità della BCE.

Riteniamo che un Tsipras con le mani legate possa deludere il proprio elettorato mentre un Tsipras meno “aggressivo” possa essere visto positivamente sui mercati.

Per ulteriori approfondimenti clicca qui:

http://www.ig.com/it/news-e-analisi-di-mercato

 

da http://news.itforum.it/newsletter/

 
 
 

SuperIndice_USA(LEI) sale anche a dicembre

Post n°1801 pubblicato il 24 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Venerdì, 23 Gennaio 2015


Rilascio di questo mese comprende le  revisioni dei benchmark annuali degli indici economici compositi, che li portano all'aggiornamento  con le revisioni dei dati di origine. Inoltre, con questa revisione del benchmark, l'anno di riferimento degli indici compositi è stata modificata al 2010 = 100 dal 2004 = 100. Tali modifiche non alterano le proprietà cicliche degli indic

Il Conference Board Leading Economic Index ® il (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,5 per cento in dicembre a 121,1 (2010 = 100), a seguito di un aumento del 0,4 per cento nel mese di novembre, e un aumento del 0,6 per cento di ottobre.


"Il guadagno di dicembre nel  LEI è stato guidato dalla  maggioranza dei suoi componenti, suggerendo che le prospettive a breve termine, sono  sempre più luminose e l'economia continua a prendere slancio", ha detto Ataman Ozyildirim, economista presso il Conference Board. "Eppure, la mancanza di crescita nell'edilizia residenziale e nell'orario settimanale medio nel settore manifatturiero continuano a destare preoccupazione. Le attuali condizioni economiche misurate dagli indicatori coincidenti mostrano che i guadagni nella l'occupazione e nel reddito stanno aiutando a mantenere l'economia americana su un solido percorso di espansione, nonostante qualche debolezza nella produzione industriale. " 

L'uscita dei  prossimi  dati  è prevista per  giovedi  19  febbraio 2015.

   ^^^^^^^

il LEI è uno dei nostri leading indicator preferiti  poichè:

a) La correlazione tra LEI e PIL è molto elevata  come ci dimostra  Northern Trust nel  grafico, in cui il LEI – anticipato di un trimestre – viene messo a confronto con l’andamento del PIL americano dal 1960 a oggi.

b)  la relazione  tra Leading Indicator e mercato azionario è molto stretta ,  risulta evidente la quasi perfetta correlazione tra le due serie di dati: i punti di massimo e di minimo vengono quasi sempre raggiunti nello stesso periodo.I dati del Leading Indicator anticipano di circa sei mesi i movimenti dell’economia e che la stessa cosa succede con i mercati azionari, Il Conference Board (CB), l’istituto privato che elabora l’indice, considera che un calo del 2% in sei mesi, con la contemporanea flessione della maggior parte dei componenti, possa segnalare l’arrivo di una fase di recessione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura; e viceversa, un rialzo  del 2% in sei mesi possa segnare l'arrivo di una espansione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura .

pertanto noi  continuiamo ad  usare le indicazioni fornite dai  Leading Indicator per  riuscire ad ottenere buoni risultati dall’investimento!

i dieci componenti del The Conference Board Leading Economic Index® sono ora :

Average weekly hours, manufacturing

 

Average weekly initial claims for unemployment insurance

 

Manufacturers’ new orders, consumer goods and materials

 

ISM Index of New Orders

 

Manufacturers' new orders, nondefense capital goods excluding aircraft orders

 

Building permits, new private housing units

 

Stock prices, 500 common stocks

 

Leading Credit Index™

 

Interest rate spread, 10-year Treasury bonds less federal funds

 

Average consumer expectations for business and economic conditions

 


  Click to View

 
 
 
 
 

Dopo QE euro buca $1,12, Tassi BTP e Bund a minimi

Post n°1800 pubblicato il 24 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

La reazione post Draghi. La parità della moneta unica è vicina.
NEW YORK (WSI) - Vendite scatenate sull'euro; la moneta unica rompe diversi supporti e all'indomani della mossa epocale della Bce, buca al ribasso anche la soglia di $1,12, precipitando nei confronti del dollaro fino a $1,11461, con un crollo di 200 pips nelle ultime 3 ore.

Affondano i rendimenti in Europa: i tassi sui Bund tedeschi a 10 anni al minimo record dello 0,37%; quelli sui titoli belgi al minimo record dello 0,685%. Minimo record - sempre in riferimento ai bond decennali - per la Francia (0,585%); Spagna (1,365%); Italia (1,512%); Ungheria (2,92%); Polonia (2,06%). (Lna)

 
 
 

Quantitative Easing: Bce diventa una vera banca centrale

Post n°1799 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
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Ci sono voluti 13 anni e un governatore italiano (e, a essere onesti, non so quale delle due circostanze sia più bizzarra) affinché la Bce diventasse finalmente una vera banca centrale. Mario Draghi ha finalmente annunciato ciò che tutti gli analisti dotati di buonsenso si aspettavano: una prima vera forma di mutualizzazione dei debiti pubblici nazionali, mediante un massiccio programma di acquisto di titoli.

Evviva. Osanna. Alleluja.

L’intervento è importante e migliore delle aspettative sotto ogni punto di vista: un totale di 1,1 trilioni di euro, ripartiti in tranche mensili da 60 miliardi, da investire in di titoli del debito pubblico e privato tra marzo 2015 a settembre 2016. Anche la negletta Grecia, contrariamente a quanto riportato nelle assurde indiscrezioni pre-comitato (e compatibilmente con i limiti di concentrazione del 20% su ciascuna emissione e del 33% su ciascun emittente), è inclusa tra i debitori eleggibili.

Gli acquisti saranno quasi integralmente a carico dei bilanci delle singole Banche Centrali Nazionali, mentre la Bce deterrà in proprio solo una quota dell’20% dei titoli “aggiuntivi”. Queste modalità operative hanno creato un bizzarro dibattito già nel corso della rassegna stampa tenuta da Draghi, durante la quale numerosi giornalisti hanno interrogato il governatore sul senso della mancata “condivisione del rischio” che ne deriverebbe.  A tal proposito – e prima che si scatenino le paranoie dei vari complottisti di casa nostra – voglio subito chiarire che il canale mediante il quale vengono acquistati i titoli non ha alcuna influenza sull’efficacia delle manovre né sulla effettiva ripartizione del rischio di mercato: tutte le Bcn, infatti, acquisteranno i titoli emettendo Euro (vale a dire una sola moneta spendibile ovunque nell’Area Euro) e tale circostanza priva di per sé di qualsivoglia rilevanza il fatto che i titoli acquistati figurino su questo o su quel bilancio.

Insomma, checché vaneggiasse Schauble o le migliaia di catastrofisti nostrani pronti a giurare sulla prossima dissoluzione dell’Unione Monetaria, il dado è tratto: l’Euro è irreversibile, indietro non si torna, la carriera dei piangitori della lira finisce oggi.

La domanda che rimane a questo punto è: la manovra basterà a riportare le aspettative di inflazione vicine a quel 2% scritto nella pietra votiva di “Nostra Signora di Francoforte”? Sarà sufficiente a generare la ripresa dopo sei anni di recessione? La risposta è la solita: no.

No, a meno che non sia infranto anche l’ultimo terribile tabù dell’ortodossia waigeliana (da Theo Waigel, pugile tedesco noto per aver pestato a sangue e ripetutamente Romano Prodi e 60 milioni di italiani inconsapevoli): il tetto 3% al rapporto Deficit/Pil.

Come ho più volte scritto su questo blog e come non mi stancherò mai di ripetere, una politica monetaria espansiva serve a pochissimo se non finanzia gli investimenti pubblici e, attraverso questi, la domanda aggregata; solo un vigoroso incremento della domanda, inoltre, può sostenere (almeno nel breve periodo) quella crescita che a sua volta rende utili le copiose risorse finanziarie messe a disposizione dalla Banca Centrale. Insistere, al contrario, su bilanci pubblici inchiodati al pareggio, vuol dire lasciare in cassaforte quei soldi e abbandonarsi alla masochistica e impotente attesa di “tempi migliori”, nel frattempo mietendo vittime e accrescendo quel disagio sociale diffuso che genera mostri (ovvero profittatori politici il cui unico talento è rimestare nella disperazione collettiva a colpi di tweet deliranti e ospitate Tv).

Non mi sfugge, ovviamente, quanto sia complicato superare i timori di molti concittadini europei sulla capacità delle amministrazioni pubbliche italiane (nazionali e locali) di impiegare correttamente le risorse che da questo momento verranno massicciamente fornite da tutti i membri dell’area Euro: e, tuttavia, il tentativo va fatto, costasse pure un’altra libbra di sovranità e la condivisione dei processi decisionali di spesa.

Per il momento, intanto, onore al merito: Draghi la sua parte ora l’ha fatta, non possiamo chiedergli più nulla.

  Lucio Di Gaetano  su http://www.ilfattoquotidiano.it

 

 
 
 

QE da 60 miliardi di euro al mese

Post n°1798 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
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Draghi fa il grande salto. Il presidente della Bce, in conferenza stampa dopo che il consiglio direttivo come previsto ha lasciato invariato il costo del denaro al minimo storico dello 0,05%, ha annunciato un programma di acquisto di titoli privati e pubblici che ammonterà a 60 miliardi di euro al mese e durerà fino a settembre 2016 o, almeno, finché il tasso di inflazione dell'Eurozona non sarà tornato vicino al 2%. Dunque il bazooka da 1.080 miliardi di euro potrebbe essere ancora più potente.

Il criterio per la ripartizione dell'intervento è basato sulla quota di capitale presso la Bce. L'Italia ha una quota del 17% dell'Istituto centrale. La manovra, nel dettaglio, riguarderà titoli investment grade con una maturità compresa tra 2 e 30 anni e anche con rendimenti negativi. Con il nuovo piano di acquisti la Bce potrà quindi iniziare a rilevare anche titoli pubblici della Grecia a partire da luglio, in base alle scadenze di pagamenti dei titoli detenuti tramite il vecchio programma, Smp. Comunque non vi sono regole specifiche sulla Grecia nel piano.

Fattore ancora più importante: la condivisione del rischio delle eventuali perdite relative agli acquisti di titoli di Stato effettuati dalla Bce sul mercato secondario sarà pari al 20%. L'80% del rischio sarà a carico delle rispettive banche nazionali. Invece gli economisti si aspettavano che i singoli Stati si sarebbero assunti la metà del rischio.

"Con la limitata condivisione dei rischi prevista nel piano di acquisti di titoli della Bce volevamo un sistema che mitigasse le preoccupazioni di alcuni dei Paesi membri circa le possibili conseguenze fiscali non volute di possibili sviluppi futuri", ha spiegato Draghi. A questo proposito, "per far fronte a questi rischi, l'Omt è lì pronto a essere utilizzato". L'Omt, lanciato nell'agosto del 2012, prevedeva l'acquisto dei bond di uno Stato in difficoltà ma solo dietro l'espressa promessa di quel Paese ad accettare di essere assoggettato a un programma di risanamento fiscale.

Draghi si è poi detto stupito del fatto che la questione della condivisione del rischio sia diventata la cosa più importante nel dibattito alla vigilia della decisione della Bce. "Chiediamoci se sia una scelta così fondamentale per l'efficacia del piano, noi", ha detto, "riteniamo di no".

Infine, l'Istituto centrale non comprerà più del 25% di ciascuna emissione e più del 33% del debito di ogni emittente. In particolare, "il limite del 25% è quello necessario per non essere una minoranza che blocca un'assemblea di detentori di obbligazioni e rappresenta la base per dire che sarà pari passu", ha spiegato ancora il numero uno dell'Eurotower. Come atteso, il nuovo intervento ingloberà i precedenti programmi di acquisti di prestiti bancari cartolarizzati (Abs) e di obbligazioni bancarie garantite (covered bond).

La decisione di attivare ora un programma di acquisto di titoli di Stato "ha avuto una vasta maggioranza, tanto che non c'è stato bisogno di votare, ma non è stata unanime", ha reso noto Draghi. "C'è invece stato un consenso sul considerare il quantitative easing uno strumento di politica monetaria e sulla condivisione del rischio al 20%".

Il tutto per scongiurare i crescenti rischi di deflazione che hanno mandato in trincea le economie nazionali dell'Unione europea. "La dinamica dell'inflazione è più debole del previsto", ha osservato il presidente della Bce, secondo il quale "un potenziale secondo round di effetti sui salari legati al calo del prezzo del petrolio è aumentato e potrebbe influenzare i prezzi".

Quindi nell'Eurozona l'inflazione annuale resterà molto bassa o addirittura negativa nei prossimi mesi: le aspettative a 5 anni sono all'1,64% rispetto alla media del 2,30%. Un trend "inevitabile" alla luce del calo del prezzo del petrolio. "Se non ci saranno correzioni, sarà questa la situazione", ha precisato. Comunque l'indice sui prezzi al consumo dovrebbe accelerare a fine anno, inizio 2016. Il consiglio della Bce continuerà naturalmente a monitorare i rischi sull'andamento dell'inflazione e si focalizzerà sugli sviluppi geopolitici, sui tassi di cambio e sui prezzi del petrolio.

Draghi ha ancora rilevato un "notevole" rallentamento dell'economia nell'Eurozona. I rischi per l'economia dell'area euro restano, quindi, al ribasso e, in tale contesto, i governi devono attuare in maniera "credibile" le riforme strutturali, in particolar modo sul mercato del lavoro e dei beni e servizi, per far salire le aspettative di reddito e incoraggiare le imprese a fare investimenti "da subito" in modo da sostenere la ripresa economica.

Le politiche di bilancio devono favorire la ripresa sempre nel quadro di una sostenibilità del debito. Le ulteriori misure di stimolo lanciate oggi "dovrebbero dare supporto alla ripresa e riportare l'inflazione sotto ma vicino al 2%". Però sarebbe un "grosso errore" se i Paesi dell'Eurozona ritenessero il programma di quantitative easing come un possibile incentivo a indebitarsi ulteriormente, dal momento che ha l'obiettivo di scongiurare una simile prospettiva. "Il QE non è affatto diretto al finanziamento monetario, tutt'altro, è stato studiato per evitarlo".

Draghi ha dunque avvertito che per incrementare investimenti, posti di lavoro e produttività devono entrare in merito altre politiche, oltre a quella monetaria. Infatti "la politica monetaria è importante per favorire la ripresa ma non basta: ci vuole fiducia e per avere fiducia ci vogliono riforme strutturali. Ora spetta ai governi dare la fiducia necessaria", ha concluso il presidente della Bce.

da http://www.milanofinanza.it

 
 
 

Bce: rumor, QE da 50 miliardi al mese?

Post n°1797 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

ROMA (WSI) - Il piano QE della Bce sarà molto più ambizioso rispetto a quanto trapelato dalle indiscrezioni fino a qualche ora fa. Non un programma di 'appena' 500 miliardi di euro, reputato subito insufficiente dai mercati, ma una iniezione fino a 1.100 miliardi di euro (1,1 trilioni). E' quanto riporta Bloomberg, precisando che il QE verrebbe effettuata ogni mese - così come gli acquisti di bond avvenivano mensilmente, nel caso del QE della Fed - per un ammontare di 50 miliardi di euro, fino alla fine del 2016.

Fonti della Bce hanno riferito a Bloomberg che la proposta inizierà a essere discussa a partire dalla giornata di oggi dal Consiglio direttivo della Bce.

Niente di certo, dunque, dal momento che potrebbero essere apportati anche cambiamenti significativi.

Gli acquisti avrebbero come oggetto soprattutto i titoli di stato e non dovrebbero partire prima del prossimo 1° marzo, ha precisato una fonte. L'obiettivo è quello di arginare la minaccia della deflazione, sempre più concreta in Eurozona. L'ultima parola la proferirà il presidente della Bce Mario Draghi, nella conferenza stampa a Francoforte che seguirà l'annuncio della decisione sui tassi di interesse.

Intanto, intervistato dal Wall Street Journal da Davos, Matteo Renzi afferma. "La Germania contro il resto del mondo potrebbe essere un errore", afferma Renzi al Wsj da Davos. (Lna)

da  http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 04/05/2010
 

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