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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi agisce a proprio rischio e pericolo.
Messaggi di Gennaio 2015
"Il recente apprezzamento del biglietto verde sta creando non pochi problemi alle aziende statunitensi che, nell’ultimo trimestre del 2014, hanno dovuto fare i conti, non solo con la debolezza dell’economia mondiale, ma anche con il cambio sfavorevole. Gli introiti in valuta estera registrati fuori dai confini del Paese a stelle e strisce hanno subìto un forte ridimensionamento nel momento del cambio in dollari a fine anno. Basti pensare che il Dollar Index, che meglio rappresenta l’andamento della divisa Usa verso un paniere di valute, è salito di oltre il 9% tra settembre e dicembre, e quasi del 5% da inizio anno ad oggi. Ma la Fed non sembra essere preoccupata. Nell’ultima riunione, la Banca centrale ha confermato di voler alzare i tassi d’interesse a giugno, sostenendo che la ripresa economica rimane solida e che il rallentamento dell’inflazione sarà solo di breve periodo, mentre nel lungo periodo dovrebbe mantenersi intorno al 2%................
Vediamo alcuni indicatori in ottica MACROTECNICA:
Vediamo alcuni Trading System cosa ci dicono :
Vediamo ora alcuni indicatori anticipatori dei punti di svolta del mercato cosa suggeriscono :
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NEW YORK (WSI) - Nonostante il comunicato diffuso dalla Federal Reserve al termine della sua riunione possa essere interpretato un po' piu' "dovish", da colomba, rispetto a quello di dicembre, gli indici a Wall Street hanno chiusi in calo. Nel finale, il Dow Jones perde l'1,13% a quota 17.191 punti, l'S&P 500 perde l'1,35% a 2.002 punti, il Nasdaq lascia sul terreno lo 0,93% a quota 4.637 punti. Il petrolio a marzo ha chiuso in calo del 3,9% a quota 44,45 dollari al barile, minimi di quasi sei anni. La volatilita' resta alta. La banca centrale americana ha ribadito di essere "paziente" nell'iniziare ad alzare i tassi, mossa che non avvera' almeno fino a giugno. Intanto gli acquisti sui Treasury, alimentati anche da preoccupazioni sulla Grecia con S&P pronta a bocciarla, hanno spinto nuovamente il rendimento del titolo a 30 anni su minimi record. Nel finale perde slancio anche il Nasdaq che per tutta la mattinata americana era stato supportato da trimestrali positive come quella di Apple (+7,43%) che ha polverizzato ogni stima. Il mercato ha brindato alla decisione di Yahoo (+2,9%) di effettuare uno spin-off esentasse della sua quota da 40 miliardi di dollari in Alibaba (-3,49%). Sopra le attese i conti del colosso della difesa Boeing (+3,26%) e della compagnia telefonica AT&T (+2,21%, per quanto quest'ultimi siano stati in perdita)..... da http://www.wallstreetitalia.com/ |
Filippo Diodovich – Market Analyst IG Dopo la manovra “monstre” lanciata da Draghi i riflettori della comunità internazionale si spostano verso il prossimo evento politico-economico di vitale importanza per la Zona Euro, ovvero le elezioni politiche in Grecia. Dalla Germania arrivano timori e allarmismi sui possibili rischi di una vittoria elettorale dei partiti euro-scettici. Ad esempio, il giornale Der Spiegel ha individuato in Alexis Tsipras, leader della coalizione della sinistra radicale Syriza, il nemico numero uno di Eurolandia. Eppure, proprio Tsipras - secondo i sondaggi - è il politico che ha le probabilità più elevate di essere il prossimo primo ministro greco. Fermo oppositore delle politiche di austerità imposte dalla Troika per la concessione del pacchetto di aiuti finanziari, Tsipras ha guadagnato forti consensi per il suo carisma e per la sua intenzione di non accettare passivamente i target di bilancio imposti dall’UE. In un recente studio che abbiamo dedicato alle elezioni nel paese ellenico si è cercato di valutare quali scenari politici hanno più possibilità di emergere dal weekend elettorale. Attraverso una media ponderata dei recenti sondaggi sulle intenzioni di voto abbiamo ricavato che Syriza ha elevatissime probabilità di essere il primo partito in Grecia. Il vantaggio di consensi sul suo principale avversario Nuova Democrazia è grande (4 punti percentuali) e questo ci porta a pensare che sarà Tsipras l’incaricato a primo ministro. Crediamo che Syriza non abbia i numeri per ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento e sarà costretto a ricercare un alleato per formare il Governo. L’alleanza perfetta per Tsipras è il partito comunista KKE che ha, tuttavia, categoricamente rifiutato un accordo con il leader di Syriza accusato di pronunciare in piazza la parola rivoluzione ma poi segretamente trattare coi nemici del popolo greco (Troika, Merkel, Bilderberg Group, …). Molto più probabile, secondo il nostro avviso, l’alleanza con il partito di centro-sinistra, il Fiume, guidato dal celebre presentatore televisivo Stavros Theodorakis. Partito fondato solamente nel febbraio 2014 è rimasto chiaramente lontano dalle dinamiche degli ultimi governi e ha continuato a guadagnare consensi tra i cittadini greci delusi dai partiti che si sono assoggettati alle misure di austerità imposte dalla Commissione Europea. IL PROSSIMO PARLAMENTO GRECO IN BASE ALLE STIME DEI SONDAGGI.(allegato)
Tsipras al Governo porterà la Grecia a uscire dalla Zona Euro? Crediamo proprio di no. E’ uno scenario che non si può escludere ma riteniamo che le probabilità siano inferiori al 10%. E’ da tenere in considerazione un altro punto importante. Dopo le decisioni del governatore della BCE, Mario Draghi, in merito al quantitative easing, si è ridotto lo spazio di manovra per il prossimo esecutivo greco. Ricordiamo come Draghi abbia escluso l’acquisto di titoli greci almeno in una prima fase. I titoli del paese ellenico potranno essere acquistati solamente da luglio e condizionatamente al successo dell’accordo tra il Governo di Atene e la Troika sul raggiungimento degli obiettivi di bilancio. Ecco quindi che Tsipras, che in campagna elettorale aveva promesso ai suoi elettori una rivoluzione, dovrà considerare attentamente le proprie mosse. La Grecia è tra i paesi europei quello che maggiormente avrebbe bisogno di ricevere le iniezioni di liquidità della BCE. Riteniamo che un Tsipras con le mani legate possa deludere il proprio elettorato mentre un Tsipras meno “aggressivo” possa essere visto positivamente sui mercati. Per ulteriori approfondimenti clicca qui: http://www.ig.com/it/news-e-analisi-di-mercato
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Venerdì, 23 Gennaio 2015
Il Conference Board Leading Economic Index ® il (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,5 per cento in dicembre a 121,1 (2010 = 100), a seguito di un aumento del 0,4 per cento nel mese di novembre, e un aumento del 0,6 per cento di ottobre. "Il guadagno di dicembre nel LEI è stato guidato dalla maggioranza dei suoi componenti, suggerendo che le prospettive a breve termine, sono sempre più luminose e l'economia continua a prendere slancio", ha detto Ataman Ozyildirim, economista presso il Conference Board. "Eppure, la mancanza di crescita nell'edilizia residenziale e nell'orario settimanale medio nel settore manifatturiero continuano a destare preoccupazione. Le attuali condizioni economiche misurate dagli indicatori coincidenti mostrano che i guadagni nella l'occupazione e nel reddito stanno aiutando a mantenere l'economia americana su un solido percorso di espansione, nonostante qualche debolezza nella produzione industriale. " L'uscita dei prossimi dati è prevista per giovedi 19 febbraio 2015. ^^^^^^^ il LEI è uno dei nostri leading indicator preferiti poichè: a) La correlazione tra LEI e PIL è molto elevata come ci dimostra Northern Trust nel grafico, in cui il LEI – anticipato di un trimestre – viene messo a confronto con l’andamento del PIL americano dal 1960 a oggi. b) la relazione tra Leading Indicator e mercato azionario è molto stretta , risulta evidente la quasi perfetta correlazione tra le due serie di dati: i punti di massimo e di minimo vengono quasi sempre raggiunti nello stesso periodo.I dati del Leading Indicator anticipano di circa sei mesi i movimenti dell’economia e che la stessa cosa succede con i mercati azionari, Il Conference Board (CB), l’istituto privato che elabora l’indice, considera che un calo del 2% in sei mesi, con la contemporanea flessione della maggior parte dei componenti, possa segnalare l’arrivo di una fase di recessione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura; e viceversa, un rialzo del 2% in sei mesi possa segnare l'arrivo di una espansione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura . pertanto noi continuiamo ad usare le indicazioni fornite dai Leading Indicator per riuscire ad ottenere buoni risultati dall’investimento! i dieci componenti del The Conference Board Leading Economic Index® sono ora : Average weekly hours, manufacturing Average weekly initial claims for unemployment insurance Manufacturers’ new orders, consumer goods and materials ISM Index of New Orders Manufacturers' new orders, nondefense capital goods excluding aircraft orders Building permits, new private housing units Stock prices, 500 common stocks Leading Credit Index™ Interest rate spread, 10-year Treasury bonds less federal funds Average consumer expectations for business and economic conditions
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Post n°1800 pubblicato il 24 Gennaio 2015 da Lucky340
La reazione post Draghi. La parità della moneta unica è vicina. NEW YORK (WSI) - Vendite scatenate sull'euro; la moneta unica rompe diversi supporti e all'indomani della mossa epocale della Bce, buca al ribasso anche la soglia di $1,12, precipitando nei confronti del dollaro fino a $1,11461, con un crollo di 200 pips nelle ultime 3 ore. Affondano i rendimenti in Europa: i tassi sui Bund tedeschi a 10 anni al minimo record dello 0,37%; quelli sui titoli belgi al minimo record dello 0,685%. Minimo record - sempre in riferimento ai bond decennali - per la Francia (0,585%); Spagna (1,365%); Italia (1,512%); Ungheria (2,92%); Polonia (2,06%). (Lna) |
Ci sono voluti 13 anni e un governatore italiano (e, a essere onesti, non so quale delle due circostanze sia più bizzarra) affinché la Bce diventasse finalmente una vera banca centrale. Mario Draghi ha finalmente annunciato ciò che tutti gli analisti dotati di buonsenso si aspettavano: una prima vera forma di mutualizzazione dei debiti pubblici nazionali, mediante un massiccio programma di acquisto di titoli. Evviva. Osanna. Alleluja. L’intervento è importante e migliore delle aspettative sotto ogni punto di vista: un totale di 1,1 trilioni di euro, ripartiti in tranche mensili da 60 miliardi, da investire in di titoli del debito pubblico e privato tra marzo 2015 a settembre 2016. Anche la negletta Grecia, contrariamente a quanto riportato nelle assurde indiscrezioni pre-comitato (e compatibilmente con i limiti di concentrazione del 20% su ciascuna emissione e del 33% su ciascun emittente), è inclusa tra i debitori eleggibili. Gli acquisti saranno quasi integralmente a carico dei bilanci delle singole Banche Centrali Nazionali, mentre la Bce deterrà in proprio solo una quota dell’20% dei titoli “aggiuntivi”. Queste modalità operative hanno creato un bizzarro dibattito già nel corso della rassegna stampa tenuta da Draghi, durante la quale numerosi giornalisti hanno interrogato il governatore sul senso della mancata “condivisione del rischio” che ne deriverebbe. A tal proposito – e prima che si scatenino le paranoie dei vari complottisti di casa nostra – voglio subito chiarire che il canale mediante il quale vengono acquistati i titoli non ha alcuna influenza sull’efficacia delle manovre né sulla effettiva ripartizione del rischio di mercato: tutte le Bcn, infatti, acquisteranno i titoli emettendo Euro (vale a dire una sola moneta spendibile ovunque nell’Area Euro) e tale circostanza priva di per sé di qualsivoglia rilevanza il fatto che i titoli acquistati figurino su questo o su quel bilancio. Insomma, checché vaneggiasse Schauble o le migliaia di catastrofisti nostrani pronti a giurare sulla prossima dissoluzione dell’Unione Monetaria, il dado è tratto: l’Euro è irreversibile, indietro non si torna, la carriera dei piangitori della lira finisce oggi. La domanda che rimane a questo punto è: la manovra basterà a riportare le aspettative di inflazione vicine a quel 2% scritto nella pietra votiva di “Nostra Signora di Francoforte”? Sarà sufficiente a generare la ripresa dopo sei anni di recessione? La risposta è la solita: no. No, a meno che non sia infranto anche l’ultimo terribile tabù dell’ortodossia waigeliana (da Theo Waigel, pugile tedesco noto per aver pestato a sangue e ripetutamente Romano Prodi e 60 milioni di italiani inconsapevoli): il tetto 3% al rapporto Deficit/Pil. Come ho più volte scritto su questo blog e come non mi stancherò mai di ripetere, una politica monetaria espansiva serve a pochissimo se non finanzia gli investimenti pubblici e, attraverso questi, la domanda aggregata; solo un vigoroso incremento della domanda, inoltre, può sostenere (almeno nel breve periodo) quella crescita che a sua volta rende utili le copiose risorse finanziarie messe a disposizione dalla Banca Centrale. Insistere, al contrario, su bilanci pubblici inchiodati al pareggio, vuol dire lasciare in cassaforte quei soldi e abbandonarsi alla masochistica e impotente attesa di “tempi migliori”, nel frattempo mietendo vittime e accrescendo quel disagio sociale diffuso che genera mostri (ovvero profittatori politici il cui unico talento è rimestare nella disperazione collettiva a colpi di tweet deliranti e ospitate Tv). Non mi sfugge, ovviamente, quanto sia complicato superare i timori di molti concittadini europei sulla capacità delle amministrazioni pubbliche italiane (nazionali e locali) di impiegare correttamente le risorse che da questo momento verranno massicciamente fornite da tutti i membri dell’area Euro: e, tuttavia, il tentativo va fatto, costasse pure un’altra libbra di sovranità e la condivisione dei processi decisionali di spesa. Per il momento, intanto, onore al merito: Draghi la sua parte ora l’ha fatta, non possiamo chiedergli più nulla. Lucio Di Gaetano su http://www.ilfattoquotidiano.it
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Inviato da: cassetta2
il 19/04/2023 alle 17:44
Inviato da: cassetta2
il 29/03/2020 alle 14:46
Inviato da: cassetta2
il 22/10/2019 alle 10:50
Inviato da: Lucky340
il 11/10/2019 alle 21:32
Inviato da: Lucky340
il 01/06/2018 alle 10:05