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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Febbraio 2015

Draghi contro Varoufakis? ovvero la finzione del rigore

Post n°1809 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

La vittoria di Tsipras e l’affondo negoziale contro la Troika di Varoufakis sono l’alibi perfetto per gli insospettabili autori di un delitto pianificato sin dal 2011: l’assassinio dell’austerità di rito francofortiano. Invisa alla larga maggioranza di governi e popoli d’Europa, accusata giustamente dei molti dolori di un continente ormai unito da economie interdipendenti e da comuni interessi geopolitici, la filosofia nata sulle rive del Meno è ormai avviata a una rapida tumulazione.

Eppure non oggi essa subisce il fatale attacco. Non da oggi il suo destino è realmente segnato.

Per capire quando comincia ad essere forgiato il pugnale ora impugnato da Syriza, bisogna partire dal 2011 e precisamente dall’11 febbraio di quell’anno, quando il governatore della BundesBank – e principale candidato alla successione di Jean-Claude Trichet alla presidenza della Bce – Axel Weber, abbandona improvvisamente il proprio incarico, denunciando “il mancato appoggio del proprio Governo”: cosa è successo? Cosa ha potuto indurre il suicidio di un candidato perfetto per garantire una linea rigorista al governo dell’Euro?

Cerchiamo di ricostruire il clima di quelle settimane: la crisi greca è già esplosa in tutto il suo fragore; il Portogallo è dichiaratamente incapace di far fronte da solo al proprio debito e sinistri scricchiolii si odono provenire da Madrid; Jean-Claude Trichet ha già da tempo lanciato un piano di intervento a sostegno di Atene presto rivelatosi insufficiente a riportare la calma sui mercati anche a causa dei tentennamenti dei leader europei: e i tentennamenti sono particolarmente intensi proprio a Berlino, dove Angela Merkel (per cultura e storia personale istintivamente orientata a favorire l’intervento pubblico in economia) non sa che pesci pigliare.

La confusione regna sovrana.

In questo clima occorre trovare un successore di Trichet e in base alle regole non scritte della coabitazione franco-tedesca, toccherebbe a Berlino nominarlo. Proprio in quelle settimane, tuttavia, si cominciano a udire con una certa insistenza le prime avvisaglie di un “double dip” della recessione avviata dal crack dei mutui sub-prime; proprio in quei giorni comincia a esser chiaro che lo tsunami finanziario è ormai affare esclusivo del Vecchio Continente e che il modello europeo fatto di grande industria ed economia sociale di mercato non è una diga capace di contenere gli eccessi della finanza deregolamentata.

Il governo della Merkel è stretto in una morsa a tenaglia: da un lato l’assillo di una crisi finanziaria senza precedenti che potrebbe mettere a rischio non solo l’Euro, ma soprattutto i bilanci di alcune importanti banche tedesche (in primis il “mostro” Deutsche Bank, campione del mondo di derivati Otc e tra i principali creditori del governo greco); dall’altro il concreto rischio di disastro politico ove i probi e parsimoniosi elettori tedeschi presentissero una qualche forma di debolezza del Cancelliere verso gli infidi sperperatori del Sud-Europa.

Che si fa? Beh una cosa è certa: se il governo tedesco vuole assicurarsi il monopolio della retorica del rigore, deve impedire che a Francoforte si vada a sedere il padre nobile dei rigoristi: Axel Weber, per l’appunto. E dunque accade l’impensabile. Angela Merkel “costringe” Weber a dimettersi dalla BundesBank e al suo posto piazza l’improbabile Jens Weidmann (notoriamente privo di qualsivoglia esperienza nel sistema delle banche centrali, eccezion fatta per due brevi stage presso la Banque de France e alla National Bank of Rwanda). La debolezza curriculare di Weidmann e l’impossibilità di nominare nuovamente un francese fanno il resto: Draghi è il nuovo presidente della Bce.

Può cominciare finalmente il ridicolo (e dannoso) teatrino al quale assistiamo ormai da quattro anni: il governo tedesco che si lagna da mane a sera della moneta facile, che rivendica la necessità di austerità in tutto l’orbe terracqueo e la Bce a guida italiana che allarga sempre di più i cordoni della borsa, col solito dissenso del solito Weidmann e il consenso di tutti gli altri membri del board. Il tutto in un rimpallo esasperante di responsabilità e con disastrosa lentezza.

E il teatrino non è composto solo da politici, ma anche da altissimi ermellini.

Il 7 febbraio 2014 assistiamo alla più alta performance di tartufismo in salsa teutonica che la storia dell’Uem ricordi: la Corte Costituzionale Tedesca, invocata dai soliti perditempo rigoristi di rito bavarese, emette una sentenza memorabile, dicendo che sì, in effetti è vero, può darsi proprio che le manovre di Draghi (Omt e Esm) violino la Costituzione tedesca, però è anche vero che prima di affermarlo bisogna avere dei chiarimenti sul punto dalla Corte di Giustizia Ue. Tradotto per i non addetti ai lavori: “Prima di decidere se gli organi dell’Unione stiano o no adottando provvedimenti in violazione della costituzione tedesca dobbiamo chiedere un parere a un organo dell’Unione”. Bene, bravi, bis.

Ma facciamo un bel salto e arriviamo ad oggi, anzi a ieri sera: dopo le prime schermaglie tra il dinamico duo Varoufakis/Tsipras (per cui faccio selvaggiamente tifo) e la Commissione, Mario Draghi, con la grazia di un elefante in una cristalleria (e facendomi quasi pentire del mio ultimo post), annuncia al mercato che la Bce non accetterà più titoli greci in garanzia, suscitando la reazione piccata e condivisibile del governo greco. Ebbene, devo ammettere che in un primo momento ho piuttosto malgiudicato quest’iniziativa, salvo poi, leggere con calma e per esteso il comunicato Bce al mercato e scoprire che anche questo è un magnifico manifesto di rigore de noantri: “le necessità di liquidità delle controparti (greche, ndr) che non avessero garanzie alterantive (ai titoli greci, ndr) potranno essere soddisfatte la banca nazionale rilevante (quella greca, ndr) nel contesto delle operazioni di liquidità d’emergenza”, dice il comunicato.

Insomma, cari greci, soldi non ve ne diamo più… a meno che proprio non vi servano, nel qual caso vi preghiamo di stamparveli da soli.

Austerity requiescat in pace.

Lucio Di Gaetano su http://www.ilfattoquotidiano.it

 
 
 

Bce blocca liquidità a banche : Crash ETF Grek

Post n°1808 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

ROMA (WSI) - Mercati in subbuglio, euro in forte calo, ETF che replica l'azionario greco, il GREK, crolla immediatamente più del 10% negli ultimi minuti di contrattazioni di Wall Street.

La Bce ha annunciato che "il consiglio direttivo ha deciso di rimuovere la deroga sugli strumenti di debito quotati emessi o garantiti dalla Repubblica ellenica". Di fatto, Mario Draghi toglie in questo modo agli istituti di credito greci l'accesso alle normali aste di liquidità e la Banca centrale europea afferma che il salvataggio del paese è a rischio.

Il riferimento è alla deroga che venne lanciata nel 2010, e che ha permesso alle banche elleniche di rifinanziarsi presso la Bce fornendo a garanzia bond greci al alto rischio, con rating speculativo. Con le nuove regole, e a partire dal prossimo 11 febbraio, le banche greche non potranno offrire più come garanzia in cambio di liquidità i bond sovrani valutati "junk".

"La deroga aveva permesso a questi strumenti di essere utilizzati nelle operazioni di politica monetaria del sistema Euro nonostante non soddisfacessero le richieste di rating sul debito minime - è scritto nel comunicato - La decisione del Consiglio direttivo è basata sul fatto che al momento non è possibile supporre che la revisione del programma si concluderà con successo e in linea con le regole dell'Eurozona".

Bloomberg spiega comunque che la Bce ha un altro modo per permettere alle banche della Grecia di ottenere i finanziamenti offrendo i loro strumenti finanziari. I costi di finanziamento, in ogni caso, saranno più elevati.

La stessa Eurotower, nella nota, precisa che "i bisogni di liquidità delle controparti del sistema europeo, per le controparti che non hanno a disposizione garanzie alternative sufficienti, possono essere soddisfatti dalla Banca centrale nazionale, attraverso l'assistenza di liquidità di emergenza (ELA), all'interno delle regole esistenti dell'Eurosistema". (Lna)

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

CCF: breve intervista a Marco Cattaneo

Post n°1807 pubblicato il 01 Febbraio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Dottor Cattaneo, partiamo dalle ultime mosse di Draghi e della BCE per rilanciare la ripresa economia dell’Eurozona: ABS e Quantitative Easing. Quale dei due – per modalità e finalità – la convince di più ?

 

Nessuno dei due mi convince, purtroppo. Entrambe sono finalizzate a immettere risorse nel sistema bancario e nei mercati finanziari, risorse che non si tradurranno in maggior potere d’acquisto per l’economia produttiva. Stiamo vivendo una profonda crisi di domanda che non è risolvibile in assenza di massicci stimoli di natura keynesiana. Serve un forte sostegno alla spesa, privata (via principalmente minori tasse) e/o pubblica. Le azioni varate dalla BCE non contribuiscono a questo.

L’unica leva attualmente in azione che può dare un contributo apprezzabile all’andamento dell’economia reale nell’Eurozona è la svalutazione del cambio nei confronti del dollaro. Ieri l’euro ha chiuso a 1,12, contro l’1,33 medio del 2014. Nel caso dell’Italia, questo dà un contributo apprezzabile, anche se parziale perché il nostro interscambio avviene solo per metà nei confronti di paesi al di fuori dell’area euro. Si unisce, peraltro, a un ulteriore vantaggio dovuto al forte calo del prezzo del petrolio. Nei prossimi mesi sarà interessante valutare l’impatto di queste variabili. Per modificare sostanzialmente il quadro della situazione, comunque, la svalutazione dell’euro dovrebbe essere ancora più accentuata e protrarsi per almeno un paio d’anni. Fermo restando che i difetti strutturali dell’eurosistema resterebbero irrisolti, e che una pesante sottovalutazione dell’euro non può essere accettata all’infinito dagli USA e dal resto del mondo.

 

A tale proposito nella querelle tra Mario Draghi e Angela Merkel da che parte sta e perché ?

 

Per la verità, Angela Merkel non è parte della querelle in quanto rispetta il principio dell’indipendenza della BCE dai governi. Almeno formalmente. La controparte di Draghi in questo dibattito è Jens Weidmann, il capo della Bundesbank. La mia posizione è che, semplicemente, Draghi ha spinto per ABS e QE sperando che svolgano un’azione di stimolo dell’economia mentre Weidmann teme che creino distorsioni e inflazione. Hanno torto entrambi. Se le risorse non vengono indirizzate all’economia reale, queste manovre incidono poco o nulla sia sull’attività produttiva che sull’inflazione.

 

 
Lei ritiene che l’Eurozona non sia più sostenibile. Perché ? ritiene ormai a fine corsa la sopravvivenza dell’euro ?

 

Con i vincoli che l’eurosistema impone ai bilanci pubblici dei singoli stati, per l’Eurozona è impossibile recuperare i danni prodotti da una crisi economica che dura ormai da più di sei anni. La situazione è risolvibile a livello politico, ma l’intransigenza tedesca non pare attenuarsi. Senza una totale revisione di questi meccanismi di funzionamento, l’Eurozona rimarrà in una situazione di stagnazione ed alta disoccupazione per un periodo di tempo imprecisato. Detto questo, tecnicamente l’euro può sopravvivere perché la BCE può sempre evitare lo scatenarsi di una crisi finanziaria, di un attacco speculativo ai titoli dei paesi in difficoltà, garantendoli (di fatto) grazie alla sua potestà di emettere moneta. Tuttavia, le tensioni sociali e politiche sono in crescita in tutti i paesi periferici dell’Eurozona. E’ questo che fa dubitare che il sistema sopravviva nella forma attuale.

 

 
Se si applicasse il Fiscal Compact quali miglioramenti sarebbero realmente possibili ?

 

Il tentativo di applicare il Fiscal Compact sarebbe un’altra sciagura. Il Fiscal Compact comporta ulteriori politiche restrittive da mettere in atto da parte dei paesi che non riescono a centrare i vincoli di bilancio e di riduzione dei debiti pubblici previsti dall’eurosistema. Azioni di questo tipo inasprirebbero ulteriormente la crisi, senza peraltro fare nulla di positivo per riequilibrare i parametri di finanza pubblica. La caduta di PIL e occupazione, al contrario, peggiorerebbe l’incidenza del debito pubblico sul PIL. In realtà, il Fiscal Compact è un trattato, nei fatti, già decaduto.

 

Una soluzione per salvare l’Eurozona per lei è il “progetto Moneta Fiscale”. Ci spiega cos’è ?

 

E’ l’introduzione, da parte di tutti i paesi in difficoltà, di una moneta nazionale utilizzabile per pagare tasse e, in generale, ogni tipo di obbligazione finanziaria verso l’amministrazione pubblica. La Moneta Fiscale può essere utilizzata per aumentare la spesa e per diminuire il carico fiscale che grava sulle varie economie.
 

 

Quali sarebbero i vantaggi ?

 

I singoli paesi possono in questo modo rilanciare le loro economie senza emettere debito in euro e senza ricorrere a sostegni da parte della BCE. Le azioni di sostegno della spesa e di riduzione della fiscalità verrebbero attuate emettendo Moneta Fiscale. Ne seguirebbe una rapida ripresa in quanto si risolverebbe l’origine della crisi, la mancanza di potere d’acquisto in circolazione e la conseguente carenza di domanda. Il tutto, senza una rottura deflagrante della moneta unica, perché la Moneta Fiscale si affiancherebbe all’euro, senza conversioni forzate di stipendi, pensioni, crediti, titoli o altro.

 

 
Ma questa sua proposta non entra in contrasto con l’attribuzione del monopolio dell’emissione alla BCE ?

 

Il trattato di Maastricht (articolo 105, comma 2) precisa che banconote e monete metalliche possono essere emesse solo dalla BCE, o su sua autorizzazione. Ma la Moneta Fiscale sarebbe costituita da titoli statali e circolerebbe in forma elettronica e dematerializzata: non c’è necessità di emettere monete e banconote. Detto questo, la conformità ai trattati è, paradossalmente, un problema di importanza secondaria, in quanto il sistema dei trattati che governano l’Eurozona (vedi quanto detto sopra per il Fiscal Compact) è ormai, nel suo complesso, inapplicabile.
 
A marzo la UE dovrà pronunciarsi sulla Legge di Stabilità 2015. C’è da preoccuparsi sul responso anche alla luce dei nuovi meccanismi di valutazione ? In ogni caso qual è il suo giudizio su questa finanziaria ?

 

La definirei una “finanziaria di traccheggiamento”. Il governo Renzi ha cercato di evitare un ulteriore inasprimento dei vincoli di bilancio, e tutto il dibattito con la UE riguarda, in effetti, pochi decimi di punto di tagli di spese o di maggiore tassazione che l’Italia forse riuscirà a evitare, o forse no. Meglio il primo caso del secondo, ovviamente, ma la sostanza cambia ben poco. Il 2015 sarà un altro anno senza crescita, con ulteriori fallimenti di aziende e crescita della disoccupazione. L’unica variabile che può modificare questa situazione – tutta ancora da valutare nell’entità, negli impatti e nei tempi di ricaduta, peraltro – è la svalutazione dell’euro.
 


Quale dovrebbe essere la priorità del governo italiano ?


La revisione completa dell’architettura dell’Eurozona. Da concordare con i partner se è possibile, altrimenti da attuare in modo unilaterale. Il progetto Moneta Fiscale ha le caratteristiche per essere la strada da percorrere, in quanto non “spacca” la moneta unica ma si pone in affiancamento ad essa, ed è applicabile in modo da conciliare la ripresa dell’economia con la tutela della stabilità finanziaria e dei diritti dei creditori.

http://bastaconleurocrisi.blogspot.it


 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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