Creato da: maiden.casoria il 02/05/2008
Quindicinale di informazione e cultura a cura dell'Associazione Culturale degli Universitari

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La formula del potere

Post n°224 pubblicato il 04 Aprile 2011 da maiden.casoria
 

Per la serie non c’è due senza tre, l’Amministrazione cittadina è nuovamente in crisi dopo il comunicato stampa diffuso dall’Udc, in cui il gruppo consiliare, capeggiato dal consigliere Casolaro, prende le distanze dall’operato della maggioranza. Certo permangono ancora molti dubbi, dal momento che né Carlo Tizziani, vicesindaco con delega alla pubblica istruzione, né Francesco Saverio Trojano assessore ai lavori pubblici, entrambe espressione del partito centrista, hanno ancora rassegnato le loro dimissioni, ma si sono solo autosospesi dall’incarico. E’ questo un atteggiamento che desta più di qualche sospetto sulle reali intenzioni dei dissidenti. Già in passato i rappresentanti cittadini dell’Udc si erano resi protagonisti di un episodio analogo. All’epoca il pomo della discordia era stato l’allontanamento dalla Giunta del Vicesindaco Tizziani non gradito al consigliere comunale nonché regionale Gennaro Nocera. La crisi rientrò proprio grazie al reintegro dell’esponente centrista. Questa volta i motivi del dissenso sembrano essere più celati quindi meno decifrabili. Al momento è difficile capire se l’Udc intenda definitivamente archiviare la collaborazione con questa amministrazione, determinando lo scioglimento del consiglio comunale, oppure voglia provare a rilanciare un piano d’azione condiviso insieme alle altre forze interne alla maggioranza ma in contrasto con l’attuale Sindaco. E’ veramente impervio ripercorrere tutti i vari episodi che hanno caratterizzato gli equilibri di questa maggioranza ballerina. Scusandoci in anticipo per la generalizzazione che andremo a compiere, proveremo comunque a fare una fotografia che risulti abbastanza nitida dei gruppi interni allo schieramento di centro destra. Possiamo quindi individuare: una prima compagine, che chiameremo dei “nocerini”, composta dai consiglieri Mele Manlio, Nocera Gennaro, Navas Emilia (presidente del consiglio comunale), Perna Antonio e Russo Angelo che hanno all’interno della Giunta come assessori di riferimento Marco Capparrone con delega alla sicurezza urbana e mobilità ed Ernesto Valiante all’ambiente e patrimonio. Un secondo schieramento che definiremo dei “fedelissimi al Sindaco” formato dai consiglieri Esposito Francesco, Esposito Orlando e Paone Giovanni rappresentati nell’Esecutivo da Massimo Iodice assessore al bilancio e Pietro Iodice alle politiche sociali. Un terzo raggruppamento costituito dai rappresentanti di “Azione Giovani” di cui fanno parte i consiglieri Del Prete Giovanni e Scancariello Luca che si riconoscono nell’assessore alla cultura ed alle politiche giovanili Giuseppe Notaro. Resta un assembramento abbastanza eterogeneo costituito dai consiglieri Pugliese Pasquale ex Sdi, Ramaglia Vincenzo sempre più lontano dalle posizioni dell’Udc, Blasotti Francesco, l’ultimo arrivato dalle fila del centro sinistra e Ferrara Mauro, che vanta anche un rappresentante nella giunta: l’assessore alle attività produttive e sviluppo Vincenzo Storti. Questo gruppo, con vicende altalenanti qui difficili da ricostruire, ha dato a fasi alterne un mano all’amministrazione Ferrara. Non è un caso che il Sindaco abbia lasciato vacanti alcune poltrone di assessori per ingolosire la pletora di questuanti sempre pronti a rinfoltire le fila del centro destra. Con questa raffazzonata compagine è difficile fare i conti e provare ad azzardare previsioni sulle possibili mosse. Sembra che si siano gettate le basi per una nuova mozione di sfiducia o per la presentazione delle dimissioni congiunte di sedici consiglieri, ciò provocherebbe automaticamente lo scioglimento del consiglio comunale. Ma la situazione resta nebulosa, manca a tutt’oggi una valida alternativa e questo ci fa dubitare sulla concretezza del progetto.

Emilio Polizio

 
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False speranze e falsi posti di lavoro

Post n°223 pubblicato il 04 Aprile 2011 da maiden.casoria
 

Falsi posti di lavoro al Policlinico. Il numero dei truffati sembra essere piuttosto cospicuo. Finora si sono contate oltre quaranta persone, non solo giovani, ma tutti accomunati dal precariato e con il sogno di un posto di lavoro stabile e di uno stipendio garantito, fino a 1600 euro al mese, come portantino o come segretaria. Il sogno costa caro, 20mila euro o addirittura 30mila. Per molti i soldi andavano versati subito, per altri in due rate, una all’inizio di un fantomatico corso di specializzazione al termine del quale, secondo le promesse dei truffatori, avrebbero ricevuto un attestato e quindi la possibilità del lavoro, l’altra tranche di pagamento dopo il corso. Ognuno degli aspiranti neoassunti aveva anche ricevuto un’indicazione sulla data in cui presentarsi sul luogo di lavoro. Le indagini sono partite in seguito ad un esposto presentato dalla direzione generale del Policlinico quando, la scorsa estate, sono stati scoperti i primi finti neoassunti. Si parla di un raggiro da oltre un milione di euro. Chi ha orchestrato la truffa ha curato ogni dettaglio: agganciava gli aspiranti portantini tramite un passaparola, vantava garanzie e agganci all’interno della struttura e dei sindacati, rilasciava false lettere di assunzioni e falsi attestati di frequenza a un corso di formazione, e a chi era già pronto per entrare in servizio forniva anche la divisa: casacca, pantaloni e scarpe da lavoro. Di buon mattino, arrivava al Policlinico in motorino con un bagaglio di divise e le consegnava ai finti neoassunti, augurava loro un in bocca al lupo e si congedava: il piano terminava lì. Qualcuno ha anche lavorato per una settimana o pochi giorni all’interno del Policlinico. Il primo caso a giugno, nella sala operatoria del reparto di ortopedia. Si presentano due nuovi portantini, con tanto di divisa e lettera di assunzione che si rivelerà falsa. Si mettono al seguito del personale, guardano per imparare. La cosa desta sospetti, si scopre il raggiro. Ma non basta a fermare i truffatori. Un paio di settimane più tardi, nel reparto di maxillofacciale un altro caso. Due portantini sono pronti a prestare servizio: indossano la divisa e dicono di avere tutti i documenti in regola. Nulla di più falso: i due vengono allontanati. La truffa, intanto, continua perché in autunno c’è chi ha creduto di poter comprare una corsia preferenziale per ottenere le qualifiche e i requisiti per un’assunzione che non avverrà mai. Falsa come le promesse di un posto di lavoro, come le lettere di assunzione e gli attestati a fine corso.

Domenico Bovienzo

 
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I trentenni di oggi. Generazione smarrita o ingannata?

Post n°222 pubblicato il 04 Aprile 2011 da maiden.casoria
 

Il giornalista Pierluigi Battista alcuni giorni fa, in un’intervista su Sette, ha dichiarato apertamente che i giovani di oggi dovrebbero fare una rivoluzione contro la sua generazione, quella dei cinquanta-sessantenni. L’affermazione, epurata da ogni connotazione sarcastica, ha ben ragion d’essere. Negli anni ’60 o ’70 i giovani – che coincidono con gli odierni ‘pensionandi’ – erano, a seconda dei casi, “figli dei fiori”, “rivoluzionari” o “sessantottini”; poi, negli anni ottanta, sono diventati la classe adulta “boomista”, beneficiaria del boom economico; oggi, infine, sono assurti al ruolo di ‘savi’, che, dagli scranni del parlamento, dei consigli regionali, dei comuni, delle università, delle scuole, e per finire, dal piedistallo della potestà genitoriale, esortano i nuovi giovani - i trentenni di oggi - a fare meglio o di più, a scaltrirsi, ad imparare l’arte di zigzagare tra le buche della precarietà, a considerare la possibilità di una pensione integrativa, ad affrontare la sfida dell’indipendenza dalla famiglia d’origine senza alcuna certezza futura.Quasi ogni lunedì, sul del Corriere della Sera, il filosofo Francesco Alberoni parla ai giovani: riflette sulla necessità di reinventarsi, di farsi acuti camaleonti mutando le proprie caratteristiche a seconda dell’ambiente in cui ci si trova, di soffermarsi ad osservare il mondo per capire di cosa ha bisogno e arrivare ad ideare, così, nuovi redditizi mestieri. Tutti saggi consigli, che sono tuttavia pronunciati da un pulpito ubicato in posizione superprotetta, come un ponte sul mare in tempesta della precarietà. La verità è che la generazione passata ignora la condizione di incertezza profonda in cui è costretto a vivere chi, anche dopo tanti anni di esperienza, non ha accesso ad un posto di lavoro sicuro. I pochi giovani che vi approdano vivono poi nel terrore della crisi economica e nella preoccupazione di una vecchiaia incerta, poiché già sanno che i contributi che versano oggi non basteranno a sostenerli quando andranno in pensione. La maggior parte dei giovani – oltre a dover fare i conti con la l’incertezza lavorativa ed economica che amputa la loro vita di una sua componente essenziale, la progettualità – deve anche affrontare le delusioni derivanti dalla consapevolezza che gli anni di impegno e studio, i successi raccolti a scuola o all’università, non contano quasi nulla. Le competenze acquisite devono essere svendute per accettare lavori sottopagati o al di sotto del proprio livello di istruzione, perché è meglio accontentarsi e lavorare, anziché lottare per dei riconoscimenti che forse non arriveranno mai. I trentenni di oggi soccombono alla furia dello onde della precarietà e accettano di vivacchiare, in attesa che la classe generazionale che li gestisce e che ha deciso il loro futuro faccia leggi adeguate o dispensi consigli utili. Certo, la crisi è generale ed esiste per tutti; basti pensare ai cassintegrati delle nostre grandi aziende che spesso si ritrovano in panchina sul finire della loro carriera lavorativa. E tuttavia, bisogna riconoscere che quella dei trentenni di oggi è, per antonomasia, la generazione della crisi, che è stata tirata su per avere un role set di rilievo e che invece si ritrova oggi ad occupare instabili nicchie.Non è detto, però, che questo gruppo sociale non decida di risollevarsi dal torpore figlio della sfiducia, e si ribelli alla condanna ad una vita in fuori gioco. Come spesso accade, il primo segnale di risveglio viene dalla Francia: il trentenne Julien Bayou, uno dei co-fondatori del movimento “Génération Précaire” (www.generation-precaire.org/) che si propone di pressare governo e parti sociali per ottenere delle riforme utili, ha di recente sottolineato come la crisi derivi anche dal divorzio di giovani e istituzioni. Occorrerebbe che più giovani si interessassero attivamente di politica e che penetrassero nei sindacati, per cambiare da dentro le regole. Julien Bayou ha anche creato una rete più ampia, “Generation P”, ove la lettera P sta per “praktikum” (stage) in tedesco, “precario” in italiano e “precaire” in francese, che si propone di dare una dimensione europea al movimento. Tuttavia, le attività di queste organizzazioni procedono con grosse difficoltà a causa della scarsa rappresentanza di giovani nei parlamenti nazionali e in quello europeo. Ma anche solo la mobilitazione di questo gruppo sociale è da considerarsi un segnale positivo, poiché indica che alcuni giovani non si arrendono alla crisi e alle decisioni politiche che propongono come unica soluzione il prolungamento dell’età lavorativa, scalzando in questo modo la loro generazione smarrita – o ingannata – sempre più in direzione della precarietà e della disoccupazione.

Vivien Buonocore

 
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NO GRAZIE

Post n°221 pubblicato il 04 Aprile 2011 da maiden.casoria
 

Le ultime settimane sono state contrassegnate da scandali che si sono infilati persistenti, in tutta la loro pochezza, nelle nostre vite di tutti i giorni e  nelle case di ogni famiglia che, assai probabilmente, ha molto più cogenti questioni da affrontare che i festini e le ( presunte) nefandezze dei nostri esponenti politici. Non passa momento in cui tutto ciò non ci venga ricordato. Eppure, in tutto questo parlare, mi sembra che ci sia sempre un aspetto della questione che non venga preso debitamente in considerazione e che, invece, meriterebbe un più attento esame: tralasciati i profili di rilevanza penale e le riflessioni politiche sulle eventuali ripercussioni sulle istituzioni che francamente sono molto al di là delle ambizioni di questo piccolo giornale ( e di cui magari i nostri lettori non ne potranno proprio più!) resta ai nostri occhi e al nostro senso critico, se ce ne resta ancora qualche parte,  l’amaro e penoso spettacolo di queste signorine che pare abbiano fatto del mestiere più antico del mondo  una ragione di vita. Salvo poi ritrattare in modo poco convincente, hanno tutte  ostentato con orgoglio  le loro prestazioni e i lauti proventi che ne derivavano.  Dato per scontato che non mi interessa sindacare le scelte di vita di alcuno o di  addentrarsi nel racconto di particolari dei loro siparietti di cattivo gusto, restano però molte domande da porsi e molte osservazioni da fare. Disposte a tutto per soldi e solo per quello, non per salvarsi dalla strada o per fame o per un migliore tenore di vita ( concetto in cui rientrano più componenti , non esclusivamente lo status economico). Come mezzo per raggiungere un obiettivo nella vita ( quale che sia l’obiettivo, perché anche su questo…)  non il cervello, né l’ambizione, né la determinazione, né la fatica o il lavoro o il sacrificio, né il merito o la volontà o una qualche forma di cultura o di preparazione, né talento né doti umane,  niente, solo il loro corpo, la loro disponibilità, la loro compiacenza. Pagate per starnazzare e adulare, felici e contente di farlo. Si dice “ successo facile” perché non ci vuol molto, posson prestarsi tutte… eppure non so come faccia a dirsi facile abdicare alla propria dignità e una pur minima forma di orgoglio o di rispetto, come possa dirsi facile guardarsi allo specchio la mattina, sia pur circondate dalle più costose regalie, per aver scelto, nel pieno delle proprie facoltà, di prestarsi al gioco ed esserselo fatto piacere a tal punto da ordire un piano per ricattare chi fino al giorno prima era il loro più  generoso “ benefattore”  al fine di ottenere sempre di più e senza neanche scrupoli perché il fattaccio sporco diventasse di pubblico dominio. Possibile che  il piatto della bilancia penda sempre dal lato dei soldi che si ottengono in cambio? In questo marasma, a far più brutta figura  forse  non sono neanche quel tipo di uomini, non loro,  che pure ne escono sconfitti, mortificati per esser rimasti né più né meno che allo stadio primitivo, ma  le donne che, paradossalmente, dopo secoli di lotta per affrancarsi dalla schiavitù e dalla negazione dei diritti, quando finalmente avrebbero tutte le possibilità per emanciparsi davvero e farsi valere per il proprio valore, potenzialmente incommensurabile, scientemente, deliberatamente si riconsegnano nelle mani dei peggiori degli uomini e si lasciano vilipendere non perché costrette da quale gioco ma solo per un po’ di shopping in più. A pensare alle donne prima di noi che sono anche morte per le battaglie per i nostri diritti vengon solo le lacrime agli occhi, perché sebra che rispetto a tutto ciò ci sia non solo rassegnazione, ma, quel che è peggio, assuefazione. Il sistema funziona così, prendere o lasciare. Ma le regole del mondo in cui viviamo siamo noi a farle e, se anche adesso fossero queste, potremo essere solo e soltanto noi, a furia dei nostri “NO GRAZIE” alle proposte indecenti provenienti da chicchessia, a cambiarle e riportarle verso standard di civiltà.

                                                                         Mariantonietta Milano

 
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Casoria, periferia di Baghdad

Post n°220 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

 

Fortunatamente non piovono bombe sulla nostra testa come nella capitale irachena, ma i crateri che troviamo quotidianamente per le strade della nostra città ci fanno immediatamente pensare ad un recente attacco missilistico. Buche grandi come vasche che durante i periodi di pioggia si trasformano in enormi piscine; almeno il problema dello sport a Casoria è risolto con tutti questi impianti gratuiti non sarà difficile praticare il nuoto o la corsa ad ostacoli. A parte l’esagerato paragone, il problema resta serio. L’incolumità dei cittadini è messa in grave pericolo. Quante volte abbiamo visto qualcuno inciampare in una buca poco visibile cadendo rovinosamente a terra, magari in quel momento l’episodio ci è sembrato anche comico, l’occasione per immortalare tutto con la videocamera e poi spedire il video a Paperissima. Purtroppo però non sempre le conseguenze di questi infortuni sono da ridere. Nei casi peggiori possono addirittura comportare invalidità permanenti. La responsabilità per la manutenzione delle strade insiste tutta in capo al Comune che ha in gestione la pubblica via e le sue pertinenze come i marciapiedi e le aiuole. Spetta quindi all’Ente civico assicurare il perfetto stato di manutenzione degli assi viari per evitare questi incresciosi accadimenti. A molti sembrerà stucchevole che un giornale si occupi di queste vicende, eppure ci è sembrato opportuno aprire una finestra su un problema che in realtà provoca ingenti danni non solo al cittadino ma anche al Comune che è obbligato a risarcire chiunque si procuri, senza propria colpa, delle lesioni a causa del cattivo stato delle strade. Ogni anno centinaia di migliaia di euro vengono spesi per risarcire i danni, pagare le spese legali e quelle giudiziarie. Denaro che viene preso dalla già misere casse comunali e che quindi viene sottratto alla realizzazione di altri servizi, tra cui anche il mantenimento delle strade. E’ come un cane che si morde la coda: non si effettua l’ordinaria manutenzione delle pubbliche vie che si trasformano in campi minati, i cittadini si infortunano cadendo in pericolosi trabocchetti e fanno causa al Comune che paga i danni (di solito a distanza di anni), per la gioia di avvocati e medici; intanto mancano i soldi per riparare le buche e quindi si torna al punto di partenza, facendo ripartire la giostra daccapo. Quindi ci chiediamo, mettendoci nei panni dei pubblici amministratori, che ad onore del vero sono molto scomodi, non sarebbe meglio provvedere al rifacimento del manto stradale eliminando in radice il problema? E’ l’antico dilemma dell’uovo oggi o della gallina domani. Un po’ di lungimiranza forse farebbe pendere l’ago della bilancia verso una soluzione a lungo termine, ma sarebbe chiedere uno sforzo di elaborazione troppo elevato, quindi ci teniamo le nostre dissestate strade che per lo meno ci tengono in forma mentre facciamo lo slalom tra rifiuti, escrementi, fossi e parcheggi selvaggi. Che non sia questa un’altra trovata geniale per fare pubblicità alla nostra città: Casoria terra di beati ed atleti. Sono aperte le iscrizioni per le prossime olimpiadi di Londra, in bocca al lupo a tutti i partecipanti.

Emilio Polizio

 
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I “giovani” atleti della Jurassica

Post n°219 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

Il 21 Gennaio farà il suo esordio nel campionato di Pallavolo di seconda divisione la Jurassica. Il nome fa subito venire alla mente i dinosauri di Spielberg. Ebbene, in campo scenderanno proprio dei vetusti sauri, non ancora estinti.

Questo è il principale motivo per segnare la data in rosso sul calendario, non tanto per la rilevanza del match che sarà disputato, quanto per l’operazione simpatia che vedrà protagonisti dei giocatori anzianotti.

La Jurassica si compone, infatti, di “giovani” promesse della Pallavolo dai 40 anni in su; il ragazzotto meno anziano appartiene alla classe ‘72, quello con caratteristiche fisiche meno affini ad un adolescente è nato nel ’57.

Sergio Marchetti, avvocato e Pasquale Laudiero, neonatologo, ex giocatori a buoni livelli, si sono incontrati alle partitelle di pallavolo dei rispettivi eredi. I ricordi dei bei tempi, quando si saltava come gazzelle per abbattere il muro avversario con poderose schiacciate, non hanno impiegato troppo tempo a riaffiorare. “Ci pensi se riprendessimo a giocare?” Una semplice battuta è divenuta progetto. Si è provveduto a contattare i vecchi compagni di palestra con i quali si è condiviso per molto tempo l’amore per lo sport, per la pallavolo, il sudore negli allenamenti, le gioie per una vittoria.

Gli ingegneri, i medici, gli architetti, i professori che compongono questa squadra, come cittadini chiamati alle armi dalla propria Patria, hanno risposto subito presente. L’idea della sfida ha affascinato tutti gli ex giocatori ed in soli 15 giorni ci si è ritrovati per il primo allenamento presso l’oratorio della Parrocchia di sant’Anna ad Afragola, poiché Casoria, con la sua “fattiva amministrazione”, non è stata ancora in grado di assicurare una stabile dimora ai vecchietti.

La Jurassica nasce come costola della Giotto Volley di Casoria, grazie anche ai suoi dirigenti Salvatore Pellegrino e Gennaro Pagano, che dapprima hanno ironicamente commentato l’idea, ma poi hanno contribuito fattivamente alla realizzazione di questo piano, lasciandosi coinvolgere in prima persona; Gennaro Pagano, infatti, scenderà in campo come giocatore e non come dirigente accompagnatore.

Per poter riprendere l’attività agonistica, gli attempati atleti in parte si sono autotassati, ma hanno anche ottenuto l’aiuto di sponsor importanti quali “Empire Computer”, “Arredamenti Giuseppe Caccavale”, e “Muzzarè”.

Voglia di divertirsi e di far divertire sono le parole d’ordine della Jurassica.

Mogli, figli, e il parentado tutto non attendono altro che accomodarsi sugli spalti, armati di vuvuzela, ortaggi di ogni forma e dimensione, pentole e mestoli per irridere e tifare per i coraggiosi pallavolisti che affronteranno ben più giovani avversari, sfidando, oltretutto, i reumatismi, la cervicale, e altri piccoli acciacchi.

Il 21 Gennaio alle ore 20, presso il Pala Casoria siete tutti invitati per la prima divertente ed importante sfida contro i giovanotti del Portici.

Chissà se l’esperienza in questo caso sarà in grado di fare la differenza.   

Domenico Bovienzo

 
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Fuori la stanza, dentro la stanza

Post n°218 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

Questo buco è la stanza. Questo angolo di mondo è il centro dell’ universo. E’ un posto fatto di insospettati segreti chiusi nei cassetti, imprigionati nei fogli, nelle coperte, nelle nuvole dei pensieri. La stanza serve per quello che c’è oltre la finestra. La stanza è la stanza per quello che c’è dentro. Perché c’è lei dentro. Poco più di 18 anni, l’odore amaro della sua pelle e i capelli che sanno di miele. Lei è il Mediterraneo:le onde, gli angoli nascosti, le acque calde. I colori. Lei è i suoi pregi. Lei è i suoi spigoli, i suoi difetti, i capricci da bambina in quel corpo così acerbo e invitante di donna. Dentro la stanza c’è tutto questo: i pensieri da adulta, le lenzuola disfatte, i libri di scuola, le foto che non sono solo foto, le canzoni alla radio. Dentro la stanza c’è il suo disordine che qualcuno là fuori vorrebbe spiare. Dentro la stanza lei è Albachiara e le sue mani e i suoi pensieri strani. E lì si muove sicura, felina, felpata, come se volasse, come se dondolasse. O come se si strusciasse voluttuosa addosso alle pareti. Si guarda in quello specchio che non rende giustizia ai suoi occhi, che è troppo poco per farle vedere il mistero, il capolavoro che è la sua femminilità. Lei è lì in compagnia del telefono che squilla solo per lei, con gli oggetti che non sono affatto casuali. Tutto è suo e lei è la regina, la padrona, la dama. Celati in quel buco ci sono i suoi sogni, le sue fantasie, il filo dei suoi pensieri, le sue gioie e i suoi dispiaceri, le lacrime che nessuno deve sapere. C’ è la rabbia e tutta la voglia, la confusione che neanche la mamma sa e che le amiche non riescono a capire. Sul soffitto  c’è stampata una gigantografia della Notte Stellata di Van Gogh che brilla ed è immensa nei suoi occhi quando è stesa su quel letto che l’ accoglie anche quando non riesce a dormire.

Fuori la stanza c’è tutto il resto:  c’è la vita, il mondo, la verità. Le infinte possibilità dei giorni uno dopo l’altro quando tutto accade e quelli in cui invece non succede mai niente. E si sta lì ad aspettare che passi il treno. Fuori la stanza si ride con gli amici, c’è il freddo dell’ inverno e l’afa dell’estate, là fuori si balla il sabato sera. Ci sono i giri sui motorini e le cose che non si raccontano a casa, i ragazzi che le fanno la corte e il ragazzo che ha scelto lei, quello che cammina in punta di piedi sul suo cuore. Il tipo che quasi senza motivo si è preso tutto quello che lei è. Là fuori c’è tutto quello che fa per camminare sola sulle sue gambe, per diventare grande, per costruire il domani che ancora non si vede ma già c’è. Fuori ci sono i film che ha visto e che vedrà, ci sono quelli che la faranno ridere e allora sarà stupenda. Ma là fuori  ci sono anche tutti quelli che la faranno piangere ma lei sarà bella lo stesso,anzi sarà ancora più bella quando qualche lacrima che brucia cadrà sul  viso. Fuori ci sono tutte le strade che ha percorso e quelle che ancora non hanno sentito il rumore dei suoi passi, il ticchettio dei tacchi alti mentre ancheggia fatale e naturale, disinvolta, beffarda, come se non se ne rendesse conto. E ti vien quasi voglia di chiederle perché mai continua a mettersi quel filo di trucco, che bisogno non ce n’è?

Fuori ci sono anche le trappole e i burroni ma fa parte del gioco e lei lo sa. O forse no. Fuori ci sono tutte le cose fra le quali dovrà destreggiarsi e tutti quelli che pensano che in fondo ha solo 18 anni e credono che questo non significhi abbastanza. . Appena fuori la stanza ci sono mamma e papà con tutto quello che le hanno insegnato…e anche con tutti i litigi che, poi, passano. Nel caos che ci sarà e che muoverà l’aria lei procederà svogliatamente e distrattamente e sarà ancora Albachiara, assorta e rossa d’imbarazzo se qualcuno la scoprirà nei suoi pensieri o le farà un complimento inaspettato. Perchélei è.

Mariantonietta Milano

 
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Italiani, sempre più in giallo. Perché?

Post n°217 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

Da qualche anno ormai le ‘narrazioni’, intese in senso ampio come le storie della cronaca giornalistica, della quotidianità e dei libri che di giorno in giorno si raccontano alla nostra mente, hanno prevalenti sfumature di giallo.

Basta dare un’occhiata alle classifiche dei libri più venduti per rendersi subito conto che il genere del crime novel è senza alcun dubbio quello predominante. Ciò induce a fare due immediate riflessioni: in primo luogo, sembrerebbe che l’Italia sia già sulla stessa china della Svezia, dove addirittura più del 60% di tutti i libri pubblicati è riconducibile al filone del giallo; in secondo luogo, è probabile che il fenomeno del giallismo si autoalimenti e nei prossimi anni faccia sempre più proseliti poiché l’enorme schiera di lettori non abituali potrebbe trasformarsi in un potenziale bacino di futuri giallisti: i lettori ‘per caso’, infatti, non hanno nessuna predilezione particolare e quindi si affidano nelle scelte per l’acquisto di libri alle classifiche dei best-seller, che di norma gravitano nel genere del crime novel, dal giallo, al noir o al poliziesco.

Inoltre, se facciamo un giro in una grande libreria, ci rendiamo subito conto che la sezione dedicata ai gialli è in ipertrofia: accanto ai classici Simenon, Camilleri, Grisham e simili, si impilano i romanzi gialli di numerosissimi autori svedesi che, sull’onda del successo della Millennium Trilogy di Stieg Larsson, hanno conquistato il pubblico italiano. Gli scrittori nostrani, comunque, non se ne stanno di certo lì a guardare e si cimentano in nuovi esperimenti. Recentissima è l’uscita di Acqua in bocca, un libricino scritto a quattro mani da Camilleri e Lucarelli, esperti in fatto di crimine. Il romanzo si configura come una mimesi realistica delle procedure investigative in quanto raccoglie al suo interno gli atti delle vicende narrate: carte di identità, documenti ufficiali, lettere, ecc., che stimolano la partecipazione attiva del lettore nella ricostruzione delle indagini.

Ora, c’è da chiedersi: si tratta solo di una moda editoriale o il boom del giallo è da considerarsi una vera e propria tendenza culturale che ha investito anche l’Italia? Data l’ampiezza del fenomeno, è lecito propendere per la seconda ipotesi. Come in Svezia, è possibile che anche qui da noi il giallo sia stato identificato dalla gente come il genere più idoneo a rappresentare la complessità del reale, con le sue incertezze, i suoi inspiegabili episodi di violenza, la necessaria e ininterrotta ricerca della verità che negli schemi delle opere di fiction può sempre trovare delle risposte, a differenza di quanto accade nella realtà.

Anche la vita reale, nelle cronache dei giornali e della tv, è sempre più in giallo o è rivestita di una fosca tinta noir. I misteri irrisolti o gli episodi di cronaca nera sono sempre esistiti, ma oggi è diverso il modo in cui ci sono riportati. I fatti sono narrati dai media con dovizia di particolari, supportati da video e foto, e sono costantemente aggiornati. Negli ultimi mesi le tristi vicende di Sara prima, e di Yara poi, hanno avuto una copertura mediatica enorme e, come tante altre storie simili, sono state raccontate e approfondite in televisione con precisione investigativa, ossessione del dettaglio, fictionalizzazione dei fatti con plastici, ricostruzioni, attori che interpretano i protagonisti delle cronache, ecc. E’ lecito chiedersi se, nella caccia al giallo, sia l’arte che imita la vita oppure, come sosteneva provocatoriamente Oscar Wilde, è la vita che imita l’arte, in questo caso nelle sue tinte più fosche.

Nei palinsesti televisivi sono da tempo ben collocate le serie poliziesche o investigative. E sulla tv sky ci sono alcuni canali dedicati al genere, tra i quali spicca quello chiamato Fox Crime.

Insomma, sia la vita reale che quella delle opere di fiction sono un giallo continuo, e noi ci sentiamo sempre più spesso investigatori. O, talvolta, vittime.

Vivien Buonocore

 
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La censura del Sindaco Ferrara

Post n°216 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

Nell’antica Roma la figura del censore era di gran prestigio. Poteva essere ricoperta, addirittura, solo da chi fosse di estrazione patrizia. Era un magistrato il cui compito era quello di censire: stabiliva in quali giorni i cittadini dovevano recarsi nel Campo Marzio per dichiarare il proprio reddito, controllava le opere pubbliche e gli appalti, vigilava sui costumi pubblici e privati.

C’è ancora un altro significato del termine: censore quale antico funzionario statale o  anche rappresentante ecclesiastico incaricato di esaminare le opere destinate alla pubblicazione o alla rappresentazione, al fine di garantirne il carattere non offensivo nei confronti delle istituzioni e della morale. Insomma evitare che potessero essere rese pubbliche notizie scomode per il potere. Una sorta di Masi (funzionario di Silvio) per “Vieni Via con me”, l’apprezzato programma di Rai tre con Fazio e Saviano. Che la trasmissione sia smaccatamente anti-berlusconiana lo si comprende da subito, fin dalle prime battute. Che oramai l’ultimo angolo di TV non controllata dal Piacione Nazionale sia Rai tre, è altrettanto evidente.

Ma a Casoria cosa si può fare e cosa non si può fare? Cosa si può dire e cosa non si può dire? Il Sindaco, tal dott. Stefano Ferrara si candida a censore nella seconda accezione. Probabilmente è forte lo spirito di emulazione con il suo proprietario di partito. “Non leggete i giornali, sono tutti di sinistra”, “Non guardate le trasmissioni che mi contestano, sono spazzatura”, “Aboliamo la magistratura che mi indaga e mi condanna”.

Criticare il Sindaco pubblicamente, in uno spazio telematico non è più possibile. Essere primo cittadino significa essere della gente, mettersi a disposizione del territorio, ascoltare le lamentele dei fratelli Casoriani, condividere, supportare ed aiutare a superare le difficoltà, rendere migliore la Città.

Ebbene, quindici giorni fa, una nostra giornalista ha pubblicato un mirabile articolo intitolato “Molto fumo e niente arrosto”, in cui si indignava per l’ennesima sceneggiata politica dell’attuale amministrazione. E’ stata inaugurata una biblioteca senza scaffali e libri e anziché provare profondo imbarazzo, il sindaco ha organizzato un incontro per rendere partecipe la cittadinanza di questa cosa. Solitamente le sconfitte non si festeggiano, a Casoria si. L’articolo della dott.ssa Milano è stato molto apprezzato e poiché dubito che il Sindaco legga le nostre pagine, un po’ perchè indaffarato ad inaugurare ed a presenziare, un po’ perché siamo considerati da chi gli è vicino solo un giornaletto di quartiere da quattro soldi, ho pensato bene di pubblicarlo sulla sua bacheca facebook, visto che oramai Ferrara ha un suo blog, una pagina su twitter, oltre naturalmente al già citato social network protagonista della querelle.

Il Sindaco telematico, per essere ancora più vicino alla gente. Nessuna risposta, nessun commento al mio post, anzi in poche ore si è proceduto alla detersione della sua bacheca con tanto di cancellazione del post ed epurazione del sottoscritto dalla lista dei suoi “amici”. Ha forse deciso di essere il Sindaco di tutti i Casoriani meno uno? O forse vuole essere il Sindaco solo di chi gli tesse le lodi? Queste righe potrebbero apparire come lo sfogo personale di un giovane iracondo. Non ci sarebbe modo più sbagliato di interpretarle. La censura è la tomba della democrazia e del libero pensiero. Se si inizia, già a livello comunale, a tappare la bocca  all’ultimo dei peggiori giornalisti, quale mi definisco, allora non so cosa possa attendere le future generazioni.

Il Sindaco ha imparato bene  a pilotare la comunicazione a suo favore. Campeggiano infatti sulla sua pagina i secchi no alla centrale a Biomasse. Ecco alcuni link-slogan pubblicati: “Centrale elettrica alimentata a biomasse. Il secco no del Sindaco alla costruzione dell’impianto”; “Casoria: Centrale alimentata a biomasse. Il secco no del Sindaco alla costruzione” e così si prosegue per un po’. Non entro nel merito della decisione del governo cittadino che potrebbe anche, a mio parere, essere cosa buona e giusta. Di sicuro il contraddittorio non è il pezzo forte del capo del consesso Casoriano. Che si sia reso conto della colossale figuraccia? Se così fosse sarei ben lieto di non essere pìù un suo “amichetto telematico”.

Le critiche pesano come macigni quando sono supportate dai fatti e non si può che tacere. Opportuno sarebbe prendere atto delle malefatte, delle teatrali prese in giro, evitare di attorniarsi di commedianti che svolazzano su Casoria come falchi in attesa dell’occasione, evitare di assumere atteggiamenti e toni da duce.

Sul volto dei Casoriani si legge la sfiducia in questa amministrazione che segue ad anni di malgoverno socialista. In termini poco aulici e forbiti non si sa più che pesci prendere.

I membri del Consiglio Comunale continuano ad essere gli stessi che ci hanno portato a questo punto di non ritorno, pronti a cedere alla tentazione di un assessorato o di una poltrona da dirigente. Quante volte è cambiata la giunta comunale in questi due anni? Il Sindaco dovrebbe rispondere del perpetuo turn-over dinanzi alla cittadinanza, con una conferenza stampa, strumento a lui tanto caro, o rilasciando un’intervista ai giornali locali. A tutta la stampa Casoriana, non solo al compiacente giornalista.  Probabilmente, in cuor nostro, abbiamo già tutte le risposte, ma il confronto fa crescere ed anche eventualmente cambiare posizione. Facciamo in modo, inoltre che tutti possano essere partecipi della vita politica di questa città, a cominciare dai Consigli Comunali al pomeriggio, così che i lavoratori, liberi dai fisiologici impegni diurni, possano vedere finalmente all’opera i loro rappresentanti, constatare con mano propria l’operato di quanti stanno guidano questa  scassata macchina amministrativa verso la rottamazione.

Domenico Bovienzo

 
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Elenco: le cose che dicono di Napoli

Post n°215 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da maiden.casoria
 

E’ da quando ero bambina che, come ogni napoletano, appena metto il naso fuori da qui, che sia il Nord o sia il Sud, che sia paese o città, che sia Italia o estero, ci sono sempre un sacco di domande e curiosità su Napoli e i napoletani dalle quali vengo assalita. E pi, subito dopo, parte una frase fatta, piena di pregiudizio, un commento pungente pronto a suggellare la mia risposta  che chissà per quale strana ragione, non è mai tenuta in debito conto e/o si presta puntualmente a fraintendimenti. Così prendo spunto anch’io da una trasmissione TV che ha smesso di andare in onda non  molto tempo fa e, proprio a proposito di elenchi, un po’ sedotta dal meccanismo, provo anch’io a stilare il mio: “le cose che dicono di Napoli”.

Se sei all’ estero:

2napoli…la pizza…la mozzarella!”

E subito dopo, cambiando tono : “E la camorra!”

Se sei al Nord:”Ma come fate a vivere in quel modo?”

“Tanto lo volete voi che le cose vadano così: la rovina di Napoli sono i napoletani!”

“Napoli non cambierà mai!”

“ La munnezza di Napoli resta a Napoli!”

Ma questi sono solo i commenti meno fastidiosi, i più politically correct. Perché come minimo quello che ti becchi è : “Siete tutti ladri!”

“Siete tutti cafoni!”

“Siete tutti ignoranti!”

Oppure, quando ti conoscono meglio e si accorgono che sei una persona per bene: “Però!Lo sai che non sembri proprio un napoletano?”

Perché, com’è un napoletano?

E se invece sei al Sud, piuttosto che capirci meglio, piuttosto che “mal comune mezzo gaudio”, comincia il rimpiattino di chi difende sempre casa sua:

“Abbiamo tanti problemi qui, però non è mica come da voi!”

“Noi possiamo dormire con le porte di casa aperte!”

“Qui non ci sono gli scippi come da voi!” Come se non fosse sempre Sud, come se non fosse sempre Italia. E poi si comincia con le disavventure che hanno passato quando sono venuti a Napoli, lo sgomento di arrivare nella stazione a Napoli, i tassisti che ti fanno fesso a Napoli, i parcheggiatori abusivi a Napoli, il traffico a Napoli, la gente che parla solo il dialetto a Napoli. E io lì che mi domando se si accorgono del traffico nella loro città, dei tassisti nella loro città, dei parcheggiatori abusivi nella loro città, del dialetto nella loro città e via via tutto il resto. Mentre mi dicono tutto questo io penso al traffico sul raccordo a Roma, ai mille dialetti d’Italia, ai turisti che devono stare attenti a non farsi fregare a Napoli come a Milano come a New York…Perché ovunque tu vada nel mondo  lo sai già che ci sarà sempre chi tenterà di tirare un conto un po’ salato ad un turista. Così per il resto. Allora non posso fare a meno ad un libro che ho letto qualche tempo fa ( che pure poi finiva con lo sconfessarsi pagina dopo pagina cadendo nel tranello della mancata voglia dei napoletani di non fare i napoletani), di Giorgio Bocca, “ Napoli siamo noi”. Ed è vero: Napoli è la somma dei difetti di tutti gli italiani ed è tanto facile vederli e criticarli proprio perché ci somigliano. Ci somigliano assai. Gesticoliamo tutti in Italia. Parliamo tutti ad alta voce in Italia. Facciamo tutti l’arte dell’arrangiarsi in Italia. Le associazioni mafiose – ahimè! – sono un po’ ovunque in Italia. Mangiamo tutti tanto e arriviamo tutti in ritardo. Evadiamo le tasse in modo trasversale, cerchiamo tutti le raccomandazioni. Siamo tutti “un po’ ladri, un po’ cafoni, un po’ ignoranti”. Quando guardiamo ai nostri difetti proprio non possiamo sbagliarci : siamo tutti italiani.

 Quasi mi dimenticavo che ho un elenco da aggiungere : l’elenco  di Casoria. Ebbene si, Caloria può gloriarsi di un elenco tutto suo.

“Dove è stato ucciso quell’uomo per una cassetta d’uva”.

“Dove è venuto Berlusconi per la festa di Noemi”.

“Dove cinque minorenni hanno stuprato una giovane donna in una scuola abbandonata”. Che poi, per quest’ultimo fatto,non era Caloria, a voler essere rigorosi; solo che chissà come è passato in tutta Italia così. Ma era qui, dietro l’angolo, e avrebbe potuto essere successo anche a “casa nostra”. Ho sentito la storia di un posto dove dalla strada in cui abiti, ma non solo, dal lato della strada e finanche dal numero civico, è possibile dire già chi sei, che mestiere fai,  quale religione pratichi, per che partito voti, se sei borghese o operaio, a quanto ammonta il tuo reddito. E che allora la gente di lì ha iniziato a sognare un posto in cui le strade non hanno un nome e sono loro stessi a potersi identificare,.  Così un po’ anch’io: che a identificarmi sia io, non la città in cui abito o il mio accento quando parlo.

C’è una cosa però che non ho sentito dire masi e che vorrei una volta mi capitasse che mi dicessero (così potrei iniziare un nuovo elenco!) : col sorriso fino agli angoli della bocca, con gli occhi che luccicano e un tono finalmente diverso, “Napoli siamo noi”!

Mariantonietta Milano

 
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