Un blog creato da dr.emme il 19/03/2006

la fiaccola

Ospedali, galere e puttane: sono queste le università della vita. Io ho preso parecchie lauree. Chiamatemi dottore (Charles Bukowski)

 
 
 
 
 
 

AREA PERSONALE

 
 
 
 
 
 
 

Brigante se more

 
 
 
 
 
 
 


(Robert Rodriguez - Dal tramonto all'alba)

IL VAMPIRO
(Charles Baudelaire)

Tu che t'insinuasti come una lama
nel mio cuore gemente; tu che forte
come un branco di demoni venisti
a fare, folle e ornata, del mio spirito
umiliato il tuo letto e il regno-infame
a cui, come il forzato alla catena,
sono legato; come alla bottiglia
l'ubriacone; come alla carogna
i vermi; come al gioco l'ostinato
giocatore, - che tu sia maledetta!
Ho chiesto alla fulminea spada, allora,
di conquistare la mia libertà;
ed il veleno perfido ho pregato
di soccorrer me vile. Ahimè, la spada
ed il veleno, pieni di disprezzo,
m'han detto: "Non sei degno che alla tua
schiavitù maledetta ti si tolga,
imbecille! - una volta liberato
dal suo dominio, per i nostri sforzi,
tu faresti rivivere il cadavere
del tuo vampiro, con i baci tuoi!"

 

 
 
 
 
 
 
 

Paramahansa Yogananda

Paramahansa Yogananda
5/1/1893 * 7/3/1952 

Quando l'allievo è pronto, il maestro appare

Verso la metà degli anni settanta in casa di un amico vidi un libro che si intitolava "Autobiografia di uno yogi" di Paramahansa Yogananda.
All'epoca iniziavo ad interessarmi alle filosofie orientali, perciò chiesi al mio amico di prestarmelo. In realtà ne lessi solo poche pagine, trovandolo, allora, di una noia mortale e dopo qualche mese lo restituii.
Il pomeriggio del 5 gennaio 1993, volendo acquistare dei libri da regalare per il giorno della Befana, mi recai alla libreria Feltrinelli di Largo Argentina. Curiosando tra gli scaffali fui attratto da un volume in bella vista nel reparto filosofia orientale. E' facile da indovinare: si trattava di "Autobiografia di uno yogi". Nonostante l'esperienza passata e il prezzo abbastanza elevato sentii il desiderio imperativo di acquistarlo.
Quella stessa sera a casa iniziai a leggerlo e scoprii con meraviglia che Yogananda era nato esattamente 100 anni prima, il 5 gennaio 1893!  Il libro questa volta mi affascinò, mi aprì le porte di un mondo sconosciuto e fantastico. La mia mente si confrontò con idee nuove e  molte cose della vita, grazie a ciò, le vidi con più chiarezza.
Compatibilmente coi miei impegni continuai avidamente la lettura fino alla sera del 7 marzo quando giunsi alla fine, e qui un'altra sorpresa, un altro strano caso: proprio il 7 marzo Yogananda aveva abbandonato il suo corpo terreno!
Anche se non mi sono convertito e continuo a guardare all'esistenza di Dio con un certo scetticismo, gli insegnamenti di Yogananda hanno cambiato non poco il mio modo di vedere le cose.
E' una lettura che consiglio a tutti.

 
 
 
 
 
 
 

LIBRI

ULTIMI LETTI
(clicca sull'immagine e sull'autore
per magggiori informazioni)

 
Roberto Bolano - Il Terzo Reich

 
Stephen Hawking - L'universo in un
guscio di noce

 
Yukio Mishima - Lezioni spirituali
per giovani samurai

   
Pino Aprile - Terroni

   
2emmepi - Caffè Grande

 
 
 
 
 
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

dr.emmeh.chinaskise_forse_maiamorino11m.sparagnacassetta2lutesonio85PerturbabiIechiarasanylumil_0MarquisDeLaPhoenixsybilla_ccall.me.Ishmael
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

FACEBOOK

 
 
 
 
 
 
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Festa della Repubblica

Post n°275 pubblicato il 02 Giugno 2022 da dr.emme
 

2 giugno festa della repubblica.

Oggi tutti gli italiani dovrebbero far festa, ma non è cosi. Esaminiamo alcuni articoli della Costituzione per capire meglio

Articolo 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

I lavoratori non stanno certo festeggiando: salari ridicoli, orari infiniti, riposi settimanali e ferie inesistenti, sicurezza ignorata, dignità ormai dimenticata.

Articolo 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Le donne non stanno certo festeggiando: questo articolo è del tutto inattuato. 

C'è invece una categoria che festeggia alla grande, quelli che una volta si chiamavano padroni, ma che ora, visto che siamo liberi e non ci sono più schiavi, si chiamano datori di lavoro, o meglio ancora imprenditori.  

Articolo 53: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. 

Gli evasori fiscali stanno sicuramente festeggiando per loro è il paese della cuccagna. Sanità gratis, asili  e mense scolastiche per i figli, servizi a scrocco. Gli evasori si che ridono alle spalle dei coglioni che pagano.

Per quest'anno mi fermo qui, senza però dimenticare i fabbricanti d'armi, anche loro ridono, in questo periodo  più  che mai anche se 

Articolo 11 L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali 

 
 
 

Poi andremo via come fanno gli uccelli...

Post n°270 pubblicato il 10 Dicembre 2021 da dr.emme
 

 

PER FARE UN UOMO
(Francesco Guccini)

E cade la pioggia e cambia ogni cosa
La morte e la vita non cambiano mai
L'inverno è tornato, l'estate è finita
La morte e la vita rimangono uguali
La morte e la vita rimangono uguali

Per fare un uomo ci voglion vent'anni
Per fare un bimbo un'ora d'amore
Per una vita migliaia di ore
Per il dolore è abbastanza un minuto
Per il dolore è abbastanza un minuto

E verrà il tempo di dire parole
Quando la vita una vita darà
E verrà il tempo di fare l'amore
Quando l'inverno più a nord se ne andrà
Quando l'inverno più a nord se ne andrà

Poi andremo via come fanno gli uccelli
E dove vanno nessuno lo sa
Ma verrà un tempo e quel cielo vedremo
Quando l'inverno dal nord tornerà
Quando l'inverno dal nord tornerà

E cade la pioggia e cambia ogni cosa
La morte e la vita non cambiano mai
L'estate è passata, l'inverno è alle porte
La vita e la morte rimangono uguali
La vita e la morte rimangono uguali

 
 
 

La locomotiva

Post n°269 pubblicato il 20 Luglio 2021 da dr.emme
 

Pietro Rigosi: un eroe giovane e bello, ma non anarchico

Il 20 luglio 1893 un giovane fuochista si impossessava di  una locomotiva e la lanciava in una folle corsa verso la stazione di Bologna, dove si schianto contro dei vagoni fermi su un binario morto.

La locomotiva è una delle canzoni di maggior successo di Francesco Guccini ed è sempre stata l'apoteosi conclusiva di tutti i suoi concerti. Come egli stesso ha dichiarato (qui) scrisse la canzone di getto,  in soli 20 minuti, sul modello dei canti anarchici di Pietro Gori. L'ispirazione , dice sempre Guccini, gli venne leggendo in un diario di ex operai del Bolognese dell'800 la storia del fuochista Pietro Rigosi che il 20 luglio 1893 si impadronì di una locomotiva e la lanciò a tutta velocità verso la stazione di Bologna. Il vicino di casa di Guccini, Mignani, che altri non è che il pensionato a cui è dedicata l'omonima canzone, gli spiegò che si era trattato di un gesto anarchico. C'è da dire che il Mignani sicuramente all'epoca del fatto (1893) non era neppure nato e probabilmente né sentì parlare da ragazzo, quando ormai erano passati vari decenni e il fatto si era già trasformato in mito.

Il resoconto della vicenda si può facilmente trovare facendo una ricerca su internet. Tutti i siti che ho consultato però, scopiazzandosi l'uno con l'altro, fanno riferimento solo alla cronaca del Resto del Carlino del 21 luglio 1893, ma scavando più a fondo ho trovato che il fatto è riportato anche dalla Stampa (all'epoca Gazzetta Piemontese) e dalla Nazione del 22 luglio 1893. Tutti i resoconti sono riportati alla fine del post.

In tutti gli articoli non si fa alcun riferimento alla presunta fede anarchica di Pietro Rigosi, anzi si precisa che era un buon lavoratore. Il suo gesto viene spiegato come un improvviso impazzimento, o come il gesto di un disperato che essendo stato accusato di furto da un manovale e certo di dover perdere il lavoro abbia deciso di farla finita. Lavoro duro, massacrante, ma unica fonte reddito per sé, sua moglie e due figli piccoli.

Se poi consideriamo l'azione messa in atto da Rigosi, cioè lanciarsi contro un treno di "signori" per provocare una strage colpendo indiscriminatamente nel mucchio,  questa è del tutto estranea all'ideologia anarchica.

E' vero che tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX fra gli anarchici andava per la maggiore la propaganda col fatto ovvero un modo di propagandare l'idea non solo per mezzo della parola, ma soprattutto con azioni concrete ed evocative atte a provocare la rivolta degli sfruttati; tutto questo però si realizzava attraverso omicidi mirati verso re e politici con precise responsabilità personali o con attentati a luoghi simbolici come banche o sedi istituzionali, mai in atti di terrorismo indiscriminato e nei pochi casi in cui vi furono vittime innocenti ciò fu dovuto soprattutto all'imperizia.

C'è poi da notare che se veramente Rigosi fosse stato un anarchico la polizia sabauda, abituata ad avere la mano pesante coi rivoluzionari e con gli anarchici in particolare, non gliela avrebbe certo fatta passare liscia e la sua sorte sarebbe stata, nella migliore delle ipotesi, quella di finire internato a vita in un manicomio criminale. Anche le ferrovie rinunciaroro a perseguirlo per i danni causati, molto probabilmente per la sua accertata incapacità mentale, anzi gli elargirono anche un somma di 150 lire a titolo di "commiserazione".

Infine, diversamente da altri anarchici Rigosi non compare nell'olimpo dei martiri dell'anarchia come Bresci, Caserio, Passannante tant'è che quando Guccini compone la locomotiva se n'è persa perfino memoria del nome: "non so che viso avesse e neppure come si chiamava".

Per concludere quindi non credo che Pietro Rigosi sia mai stato un anarchico, né che la sua azione avesse la minima valenza politica, tuttavia La locomotiva, che al suo gesto si ispira, è la più forte  ed evocativa metafora nel mondo moderno che si avvia a distrugge le ingiustizie del passato

Percorso della locomotiva e stazioni attraversate

percorso della locomotiva da poggio renatico a bologna

 Questo il resoconto de "Il Resto del Carlino" del 21 luglio 1893.

Il disastro di ieri alla ferrovia
l'aberrazione di un macchinista

Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l'Ufficio Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. [...] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva [...]

Alle 5,10 [la locomotiva] entrava dal bivio e passava davanti allo scalo, fischiando disperatamente, con una velocità superiore ai 50 km. Sulla macchina c'era un uomo che, invece di dare il freno, cercare di fermare, metteva carbone.... Era un uomo che correva, che voleva correre alla morte! Il personale lungo la linea agitando le braccia, gridando, gli faceva cenno di fermare, di dare il freno; taluno gli urlò di gettarsi a terra, ma egli rimaneva imperterrito nella locomotiva. Un esperto macchinista, il Mazzoni, che era lungo la linea e lo vedeva correre incontro a morte sicura, gli gridò: "buttati a terra!"; ma il giovanotto - che giovane era lo sciagurato - dalla banchina a lato della piazza tubolare della caldaia tenendosi alla maniglia di ottone, si portò sul davanti della locomotiva sotto il fanale di fronte, attaccato sempre alla maniglia e colla schiena verso la stazione dov'era il pericolo.

Al momento dell'urto egli era sulla fronte della macchina e i presenti che lo videro esterrefatti passare dinanzi a loro affermano che proprio al momento dell'urto egli si sporse in fuori, volgendo la testa verso la vettura, contro alla quale andava a dar di cozzo. L'urto, disastroso per la macchina e i carri, fu tremendo per l'uomo. Egli rimase preso fra la macchina e il vagone di la classe schiacciato orribilmente. Accorsero funzionari delle ferrovie, di P.S., guardie, personale viaggiante e manovali e il disgraziato fu tosto riconosciuto. È certo Pietro Rigosi di Bologna, di anni 28, fuochista da parecchi anni e buon impiegato... a Poggio Renatico, mentre il macchinista Rimondini Carlo era sceso un momento, il Rigosi aveva sganciato la locomotiva del treno merci e poi l'aveva lanciata a tutta velocità legando la valvola del fischio, per modo che destò l'allarme per tutta la corsa. Avrebbe potuto pentirsi durante il tragitto e dare il freno (che funzionava bene anche dopo la catastrofe) ma egli non volle. Probabilmente un'improvvisa alterazione di cervello che lo rese crudele contro se stesso, perché, per quanti pensieri di famiglia egli avesse, non giustificavano certo un tentativo di suicidio che poteva costare la vita a molte altre persone.

Questo è quanto riporta "La Nazione" del 22 luglio 1893

Il viaggio di una macchina
da Poggio Renatico a Bologna
Il fuochista impazzito è moribondo

    Giovedì mattina alle 5.45 partiva da Padova il treno merci num. 1344 diretto a Bologna.
    La macchina del treno portava il numero 3511 ed era guidata dal macchinista Carlo Rimondi di Bologna, ed aveva per fuochista certo Pietro Rigosi, pure di Bologna, di anni 28.
    Il treno percorse regolarmente la linea da Padova a Poggio Renatico, e lungo il viaggio e durante le fermate nelle stazioni intermedie non avvenne alcun incidente.
    Appena fermato il convoglio a Poggio Renatico, il fuochista Rigosi chiamò il compagno Rimondi, e gli disse: - Corri subito dal capo stazione; t'ha chiamato perché occorre una visita all'ultima carrozza, pare le ruote si siano troppo riscaldate.
    Il Rimondi, non potendo per alcun motivo sospettare che il Rigosi si prendesse giuoco di lui, senz'altro si diresse verso l'ufficio del capo stazione.
  Il Rigosi per tal modo rimase solo, e quando vide a sufficienza allontanato il macchinista, scese lestamente, staccò dai ganci le catene mediante le quali la carrozza portante il carbone era unita alle altre piene di merci, e poi senza muover sillaba e con la maggior prontezza risalì sulla macchina dirigendosi a Bologna a tutto vapore.
  Aprì tutti i rubinetti, legando con una funicella quello del fischio, cosicché questo continuò a richiamare da ogni parte l'attenzione per tutto il tragitto.
    La macchina con velocità di continuo crescente, passò le stazioni di Galliera, San Pietro in Casale, S. Giorgio di Piano, Castelmaggiore e Corticella; e fu vero miracolo, se non causasse disgrazia di persone, e non urtasse contro altri carri o locomotive.
    In tutte le stazioni, il personale della ferrovia, dava ripetuti segnali di fermata; ma il Rigosi, ritto sulla macchina ed immobile guardava con aria di sfida in viso a quelli che gli facevano i segni dalle stazioni e lungo la linea. I cantonieri da parte loro si affrettavano vedendo giungere da lontano la locomotiva di chiudere le sbarre, e per quanto non pochi di essi non facessero a tempo in causa della velocità della macchina, pura fortuna volle che non accadessero dolorosi inconvenienti.
    Il capo stazione di Castelmaggiore era già stato avvertito dai suoi colleghi di questo fatto, per mezzo del telegrafo, ed uscito ad attendere il passaggio, vide subito sopraggiungere la macchina.
   Il Rigosi v'era sopra e stava gettando il carbone nel fornello, che dall'apertura mandava sprazzi di luce rossa riflettentisi sull'altra carrozza.
   Egli non si curò per nulla delle bandierine che gl'indicavano di fermarsi e dei cenni degli impiegati e del capo stazione. Questi allora telegrafò d'urgenza al capo stazione principale di Bologna, informandolo minutamente di quanto avveniva e facendolo avvisato che occorreva immediatamente provvedere per evitare un disastro.
    Il capo stazione cav. Sacchi, accordatosi allora coll'ispettore cav. Pugliani, senza por tempo di mezzo diede immediati ordini, affinché gli scambi dei binari fossero regolati in modo che la macchina entrasse in un binario morto presso lo scalo merci di Porta Lame. Contemporaneamente avvertì, col telegrafo il detto Scalo, che bisognava fosse lascia sgombra la linea.
    In un attimo tutti furono avvertiti della cosa, per modo che gli ordini poterono essere eseguiti in tempo.
    Mentre la macchina avvicinandosi alla stazione di Bologna passava di binario in binario, dalle parti, i lavoranti si fermavano a guardare il Rigosi, che pallido in viso con gli occhi fuori dall'orbita, e i capelli riti, tenevasi fermo, con una mano attaccata ad una leva.
    La locomotiva giunse allo Scalo, passò sopra un ponte poco solido, ed ora appuntellato perché in riparazione, ed entrò finalmente nel binario morto n. 2.
    All'estremità d'esso trovavansi, un carro aperto n. 65233, un carro chiuso n. 21716, un carro aperto n. 65819, un altro carro aperto n. 56228, altri due pure aperti dei numeri 57327 e 23738 e la carrozza di prima classe 588. Tutti quei carri erano lì posti per riparazioni.
   A pochi metri erano il capo stazione cavalier Sacchi, gli ispettori ferroviari cavalier Sponaia, cav. Pugliani e ing. Confalonieri, il capo deposito sig. Tieri, il capitano dei RR. Carabinieri Casanova, il delegato di pubblica sicurezza Mazzacurati, e molti impiegati ferrovieri e lavoranti della stazione.
    Appena la macchina entrò nel binario 2, il Rigosi comprese di essere stato prevenuto, vide davanti a sé i carri, contro i quali andava ad urtare, e prestamente uscì nella parte più esterna della macchina afferrando con una mano un ferro e sporgendosi col corpo.
    L'Ispettore Pugliani, mentre gli passava davanti, gli gridò : Gettati giù, sei ancora in tempo a salvarti.
    Ma il Rigosi, con sangue freddo, voltosi verso i superiori, che lo guardavano esterrefatti, rispose: Ma cosa c'è poi a morire?
   Aveva appena detto queste parole, che la macchina, con una violenza più facile a comprendersi che a narrare, s'infrangeva contro la carrozza di prima classe n. 588, che era la prima in fondo al binario. L'urto fu tremendo.
    Con orribile fracasso si vide sollevarsi un nembo di polvere, e per alcuni secondi non si vide nemmeno il primo effetto del colpo.
    I carri batterono l'uno contro l'altro, e spinti con veemenza dalla macchina raggiunsero l'estremo limite del binario, fermandosi di necessità contro quella specie di promontorio, assicurato da grossi tronchi d'alberi, che s'eleva alla fine di rutti i binari morti.
    La parte superiore della carrozza n. 588 s'internò in quella del carro n. 25733 che lo seguiva, e schegge di legno e di metallo dei due carri fracassati , furono gettati all'intorno a notevoli distanze.
    Gli altri carri, tutti più o meno subirono danni, l'ultimo in ispecial modo pertanto il numero 65288, che fracassandosi contro i tronchi d'albero robustissimi, andò quasi in frantumi.
    E il Rigosi?
    Appena la macchina 8511 fu ferma, e non s'ebbe a temere né lo scoppio della caldaia, né alcun'altra ulteriore disgrazia, i presenti si mavvicinarono per vedere in quale stato egli era ridotto e prodigargli le cure se pure n'era il caso.
   Egli, che aveva voluto rimane fermo sulla macchina fino all'ultimo, fu gettato con un tremendo colpo contro la carrozza di prima classe, e cadde poi fra i frantumi di carrozza, che in parte gli ricoprivano il corpo.
   Rimaneva esposta la parte superiore, e subito poté vedersi che egli aveva riportato gravissime ferite. La guancia sinistra era quasi staccata dal viso, che era tutto sanguinoso: Orribili contusioni erano pure nelle altre parti del corpo, e specialmente alla gamba sinistra.
   Giungeva subito dalla stazione stessa la barella e mentre da un lato una squadra d'operai dava mano a sgombrare la linea e togliere da terrai rottami, dall'altro lato, quattro lavoranti, sollevarono il disgraziato che non dava quasi segno di vita, e lo adagiarono nella barella, trasportandolo subito all'Ospedale maggiore.
    Appena il corpo del Rigosi fu tolto dalle macerie ed allontanato, gli ispettori Pugliani e Confalonieri e il capo deposito Tieri ordinarono macchinista Oreste Dotti di procedere ad una verifica della macchina.
    Egli constatò che la pressione era giusta ad otto atmosfere, e che durante il tragitto di 37 chilometri e percorso in 36 minuti il fornello era stato riempito quattro volte il camino s'era frantumato ed altri danni avevan riportato le ruote ed alcuni meccanismi, come la coulisse di Stephenson; tuttavia lo stato della macchina era tale che con poche riparazione potrebbe essere di nuovo usata.
    Tutte le manovelle in fatto, i manubri e i rubinetti agivano regolarmente e producevano gli effetti voluti.
  Intanto tra a folla che s'era raccolta cominciavano i commenti. Ognuno lodava la prontezza e l'energia del capo stazione, il quale, mercé i prontissimi ordini impartiti, poté evitare ben più gravi disgrazie.
   L'urto in fatto avvenne alla 5 e 15. Alla quattro e mezzo era partito per la linea di Venezia un treno omnibus, che poté in tempo esser fermato alla stazione di San Giorgio di Piano.
    Pochi secondi sarebbero bastati per uno scontro, e allora chi può dire quali sarebbero state le conseguenze?
    Un altro treno, merci, era partito da Bologna dallo Scalo di Porta Lama, e mediante una pronta manovra poté essere fermato e posto in un altro binario.
    E ai benevoli commenti verso il personale superiore delle ferrovie s'univano quelli che si riferivano al Rigosi.
    Ognuno voleva sapere la causa di ciò che aveva fatto, ma per ora almeno è ben difficile saperla.
    Fra le molte versioni che corrono, raccogliamo le seguenti, senza per altro far garanzia per alcuna di esse.
    Alcuni dicono che il Rigosi qualche volta si ubriacasse e vogliono che ieri appunto, per il troppo vino bevuto, abbia perduto il senso della ragione.
    Altri dicono che causa del suo operato non può essere altro che un colpo di insolazione e conseguente impazzimento. Altri infine cercano la causa in un fatto successo giorni sono a Rovigo, nel quale entrerebbe il Rigosi.
    Ecco il fatto. A Rovigo fu consumato un furto di dieci lire. Un manovale, arrestato, accusò per discolparsi il Rigosi, ma la direzione della ferrovia non volle contro questo prendere provvedimenti prima che l'autorità desse un giudizio definitivo sull'altro.
    I Rigosi credette tuttavia di essere stato denunziato, e forse colpevole o per timore di espulsione o di qualche punizione, dicesi abbia pensato di togliersi da ogni imbarazzo in quel modo.
    Ma come ognuno vede, queste non possono ritenersi ragioni veramente attendibili, per giustificare l'operato del Rigosi; è più facile che sia improvvisamente impazzito.

Questo l'articolo de "La Gazzetta Piemontese" oggi "La Stampa" del 22/7/1893

BOLOGNA. - Uno spaventevole dramma ferroviario. -

Togliamo dai giornali di Bologna i particolari di un fatto raccapricciante causato da un fuochista ferroviario impazzito. L'altro giorno, giovedì, verso le 5 pom., veniva telegrafato alla stazione di Bologna chela locomotiva del treno merci 1813 era in fuga da Poggio verso Bologna, Telegrammi successivi dalle stazioni di San Pietro e Castelmaggiore annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, sulla quale stava soltanto un fuochista. Ma la corsa sfrenata continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva. Venne disposto che fossero regolati gli scambi in guisa da lanciarla sul binario morto sulla destra verso le tettoie delle merci, binario sul quale si trovavano una carrozza di prima classe e vari carri merci in riparazione. Alle 7,10 la locomotiva entrava dal bivio e passava davanti allo scalo fischiando disperatamente con una velocità superiore ai 50 chilometri. Sulla macchina v'era mi uomo che invece di dare il freno, di cercar di fermare, restava impassibile. Era un uomo che correva, che voleva correre alla morte ! Egli stava sulla banchina a lato della piazza tubolare della caldaia, tenendosi alla maniglia d'ottone, si portò sul davanti della locomotiva, proprio sotto il fanale di fronte, attaccato sempre alla maniglia e colla schiena verso la stazione, dov'era il pericolo. La locomotiva andò a battere violentemente contro la carrozza di prima classe che prima incontrò sul binario e la spinse contro una fila di sei vagoni merci che si trovavano più innanzi di circa trenta o quaranta metri. Il cozzo fu terribile e lo schianto enorme. Il camino della locomotiva si spezzò e si spezzarono pure i repulsori: la carrozza ai prima classe rimase deformata e penetrò, sfondandolo, nel primo carro merci incontrato, che andò in cento pezzi, poi si sollevò sopra il secondo. Al momento dell'urto il fuochista era sul davanti della macchina e i presenti che lo videro, esterrefatti, passare davanti a loro affermano che proprio al momento dell'urto egli si sporse in fuori sporgendo il capo verso la vettura contro alla quale andava a dar di cozzo. L'urto, disastroso per la macchina e i carri, fu tremendo per l'uomo. Egli rimase tra la macchina e il vagone di prima classe schiacciato orribilmente! Le sue gambe rimasero sfracellate, il volto orrendamente squarciato. Cadde chiazzando di sangue il suolo e la parete staccata della vettura contro la quale aveva urtato: era un ammasso nero e sanguinolento che metteva ribrezzo a vedere. E certo Pietro Rigosi di Bologna, fuochista da parecchi anni e buon impiegato. Venne trasportato prontamente all'Ospedale Maggiore in condizioni pressoché disperate. Gli si riscontrò la frattura composta complicata comminutiva delle due gambe; una forte contusione sulla coscia sinistra; ferita lacero-contusa alla regione frontale; ferita lacero-contusa alla regione occipitale; la frattura dell'osso zigomatico sinistro o del mascellare superiore sinistro. Inoltre sintomi di commozione cerebrale. 

 
 
 

Sono tornato

SONO TORNATO!

L'inquietante scena finale di Shining il memorabile film del 1980 di Stanley Kubrik tratto da un romanzo di Stephen King.
Giusto cento anni fa, il 4 luglio 1921, si svolgeva presso l'Overlook Hotel il ballo di gala per la festa dell'Indipendenza. Nella foto ricordo compare inspiegabilmente Jack Torrance, lo scrittore che, nel presente, ha accettato il lavoro di guardiano invernale dell'albergo.
Se decidete di soggiornare all'Overlook Hotel vi consiglio di evitare la stanza 237.

 
 
 

...

Post n°267 pubblicato il 29 Agosto 2015 da dr.emme
 

I SOGNI MUOIONO ALL'ALBA

(a volte anche prima)

Corpo di uomo affogato in mare

 
 
 
Successivi »
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

The working class hero

(di John Lennon
eseguita da  Marianne Faithfull)

As soon as you're born they make you feel small
By giving you no time instead of it all
Till the pain is so big you feel nothing at all
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be

They hurt you at home and they hit you at school
They hate you if you're clever and they despise a fool
Till you're so fucking crazy you can't follow their rules
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be

When they've tortured and scared you for twenty odd years
Then they expect you to pick a career
When you can't really function you're so full of fear
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be

Keep you doped with religion and sex and TV
And you think you're so clever and class less and free
But you're still fucking peasants as far as I can see
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be

There's room at the top they are telling you still
But first you must learn how to smile as you kill
If you want to be like the folks on the hill
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
If you want to be a hero well just follow me
If you want to be a hero well just follow me

 
 
 
 
 
 
 

FOLLIA

Stanley Kubrik - Full Metal Jacket
scena finale - Marcia di Topolino

 
 
 
 
 
 
 

IMAGINE

Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today...

Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace...

You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will be as one

Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world...

You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will live as one...

 
 
 
 
 
 
 

BARCAROLO ROMANO

BARCAROLO ROMANO
(Pizzicaria/Balzani 1926)

Quanta pena stasera c'è sur fiume che fiotta così
disgraziato chi sogna e chi spera tutti ar monno dovemo soffrì
ma si un'anima cerca la pace pò trovalla sortanto che qui...

Er barcarolo và contro corente e quanno canta l'eco s'arisente
dice: si è vero che tu dai la pace fiume affatato nun me la negà.

Più d'un mese è passato che una sera je dissi: "A Ninè,
quest'amore è ormai tramontato". Lei rispose: "Lo vedo da me".
Sospirò poi me disse: "Addio amore,
io però nun me scordo de te!"

Je corsi appresso, ma nun la trovai;
la cerco ancora e nun la trovo mai.
Si è vero, o fiume che tu dai la pace
me sò pentito, fammela trovà.

Proprio incontro ar battello vedo un'ombra sull'acqua, viè in quà
s'ariggira che c'è un mulinello poi và sotto e ariassomma più in là
voga presto è  'na donna affogata, poveraccia penava chissà?

La luna da lassù fà capoccella rischiara er viso de Ninetta bella
me chiese pace e io je l'ho negata fiume bojaccia je l'hai data tu!

Me vojo sperde giù  solo per fiume
così chi t'ama more assieme a te

 
 
 
 
 
 
 

       

 
 
 
 
 
 
 

site statistics

free counters

Geo Visitors Map

 
 
 
 
 
 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 
 
 
 
 
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 9
 
 
 
 
 
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 
 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963