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Berlusconi, il vincitore apparente

Post n°1533 pubblicato il 31 Marzo 2010 da massimocoppa
 

Commento alle elezioni
Un PDL in caduta libera, un astensionismo enorme:
le responsabilità di un PD inesistente e dal pessimo
personale politico
BERLUSCONI, IL VINCITORE APPARENTE
Con un’informazione drogata ed un’opposizione quasi totalmente inerte e consociativa, l’italiano medio ha poche possibilità di formarsi un’opinione equilibrata e scegliere
di conseguenza

Per due giorni ho deciso di concedermi una pausa di silenzio sul web. Desideravo ascoltare e leggere le reazioni al voto amministrativo tenutosi domenica e lunedì in molte località italiane.
Ho rinunciato al commento a caldo, approfittando del fatto che non avevo alcun obbligo giornalistico di riflettere a spogli in corso ed amenità del genere.
Ho letto e sentito cose interessanti, cose arroganti, cose sconcertanti e vere e proprie sciocchezze. Vediamo di tirare le fila del ragionamento cercando, nel contempo, di essere chiari.
Che significato dare al voto appena tenutosi per scegliere le forze politiche chiamate ad amministrare diverse regioni, alcune provincie e qualche comune?
Berlusconi, lo sappiamo (e l’ho già scritto), aveva deciso di caricare le consultazioni di un significato che, oggettivamente, le trascendeva: un significato politico generale e, ancor più, un senso di referendum sulla sua persona, sul suo operato, sul suo ruolo.
L’operazione è stata scorretta perché, specie a livello locale, non è giusto ideologizzare la scelta dell’elettorato, che dovrebbe concentrarsi sugli uomini e sui programmi ritenuti più confacenti alle proprie necessità immediate, territoriali, dirette.
Questa è stata l’impostazione. Com’è andata? Bene e male. In apparenza Berlusconi ha stravinto: e questa è la sensazione che, epidermicamente, ognuno di noi ha. Ma qui si vuol ragionare e lasciar perdere l’empatia. Quindi si impongono diverse considerazioni.
Il referendum è stato vinto dal premier, nel senso che le amministrative sono finite con risultati roboanti per il centrodestra. Le regioni conquistate sono state sei contro sette del centrosinistra, ma sono regioni che pesano moltissimo, specie alcune come Lombardia, Veneto e Piemonte. Piemonte, Lazio e Campania sono state strappate al centrosinistra, con un distacco enorme nella regione che ha Napoli per capoluogo.
Tuttavia la vittoria in Piemonte e, specialmente, nel Lazio, sono di misura: il ragionamento sarebbe stato ben differente se la bilancia avesse finito col pendere verso il centrosinistra.
Inoltre il PDL, in sé, non ha ottenuto un gran risultato: infatti ha riscosso il 26,7 % dei consensi complessivi. Un calo disastroso rispetto al 32,3 % delle Europee dell’anno scorso ed al 33,3 % delle Politiche del 2008. Lo stesso Sandro Bondi, grandissimo sodale del premier, lo ha ammesso, in un sussulto di sincerità e di onestà intellettuale. Tuttavia questa “voce dal sen fuggita” è stata subito silenziata nell’atteggiamento generale e pubblico del Popolo della Libertà: la parola d’ordine è festeggiare a crepapelle, poi si vedrà.
Il PD, dal canto suo, rispetto alle precedenti tornate elettorali è calato ancora (quasi nove punti percentuali dal 2008!), ma si è avvicinato al PDL in caduta libera.
Cosa dovremmo, quindi, concludere? Che l’elettorato ha mostrato disaffezione verso i grandi partiti? L’ipotesi è suggestiva, indubbiamente. Ma il fatto è che anche i piccoli partiti sono stati puniti: l’UDC, ad esempio, alla faccia della favola del voto centrista e moderato; Di Pietro, anche, segno che il suo massimalismo ha forse un po’ stancato. L’estrema sinistra è ulteriormente rimpicciolita fino a diventare pressoché invisibile. La Lega Nord, invece, ha guadagnato ancora: una progressione non irresistibile, ma un trend costante almeno dal 2005. Una tendenza di fondo che ne fa un partito robustissimo, forte del suo collegamento territoriale, essenziale per la tenuta del Nord e decisivo per il governo centrale.
La Lega è il vero vincitore di queste elezioni: ma sappiamo che non è un cliente facile, né comodo. Berlusconi continua ad affermare che alleati più leali dei leghisti non ce ne sono; ma la Lega ha un suo progetto ben preciso sin da quando è nata, e quando viene il momento non guarda in faccia a nessuno. Già nel 1994 buttò il Cavaliere a mare: cosa potrebbe impedirle di farlo di nuovo, se la posta in gioco divenisse altissima (federalismo spinto, secessione)?
L’insipienza dell’opposizione ha, inoltre, favorito il risultato del centrodestra. È difficile immaginare un partito più inerte, bonaccione, scansafatiche ed amante del quieto vivere del Partito Democratico. Sembra quasi che si sia saldato una sorta di tacito accordo a non dar fastidio al manovratore, cioè al governo, salvo qualche dichiarazione verbale: un’opposizione parolaia, insomma, ma concentrata alla superficie. Di fronte alle continue, scandalose sospensioni del diritto e della legalità operate dal berlusconismo, ad esempio, il PD mantiene una calma olimpica. Di più: nemmeno se ne interessa. La selezione del personale politico lascia molto a desiderare: e lo si è visto anche nella scelta dei candidati-presidente in queste elezioni.
Bisogna dire, insomma, che al Cavaliere va tutto facile: persino gli avversari sono quel che sono.
Non bisogna quindi trascurare la geometrica potenza dei mass media controllati dal premier, direttamente o indirettamente. Tre telegiornali Mediaset ed almeno due su tre della Rai non sono uno scherzo, in un Paese dove il 60-70 % dei cittadini forma la propria opinione politica esclusivamente utilizzando la televisione, che per sua natura è già una grande ingannatrice: figuriamoci se viene poi utilizzata artatamente per fornire una rappresentazione interessata e distorta della realtà!
Un Minzolini al TG 1, con la sua partigianeria, vale tanto oro quanto pesa. I quotidiani? Sono ormai quasi tutti di proprietà o a favore di Berlusconi: ma tanto chi li legge più? Se ne vendono meno di un milione al giorno (la quota più bassa in tutto il mondo occidentale) ed il trend di vendita è in calo da almeno venti anni.
Internet lo usa un’elite: anche qui, siamo all’ultimo posto in Europa.
I libri: li usa una minoranza, anche qui, e sono ben pochi quelli che riescono ad essere pubblicati se sono scomodi per il premier.
La conclusione è semplice e chiara: il cittadino italiano medio, specie se con un basso livello di istruzione, non ha la possibilità e la capacità di formarsi facilmente e con poca fatica un’opinione che sia basata sui fatti. Nel circolo mediatico che risuona ogni giorno nelle nostre orecchie vediamo una sfilata di pareri, che hanno tutti lo stesso peso: sono palloni aerostatici i quali, senza la zavorra dei fatti, possono vagare per ogni dove, rimbambendoci e chiamandoci ad un voto di simpatia, totalmente slegato da ogni ragionamento.
Se così non fosse, non esisterebbe il politico Berlusconi: perché in nessun Paese civile sarebbe consentito ad un uomo di governare avendo la proprietà di tre grandi network televisivi e controllando la televisione pubblica in quanto governo. In nessun Paese occidentale dalle istituzioni salde e votate alla legalità sarebbe consentito ad un governante di varare, ogni anno, una legge ad personam per sfuggire ad un giudizio penale. In nessun Paese con un’informazione moderna ed onesta si darebbe il minimo spazio ad un personaggio che, sistematicamente, fa strame della legalità, evadendo le proprie responsabilità, inventando un avversario (inesistente) al giorno e, in definitiva, pensando solo agli interessi propri e delle proprie aziende, rinunciando ad ogni vera riforma (la riduzione delle tasse, ad esempio, annunciata e mai realizzata dal 1994…).
Un segnale forte, da questo punto di vista, è stato costituito dall’astensionismo. Cifre record, mai toccate prima: ma che hanno penalizzato tutti i partiti. Sta finalmente stancando il circo della politica che resta lontana dai bisogni quotidiani della gente?
Infine, è giusto ricordare che non ha votato la totalità degli italiani: molte aree non sono state chiamate a scegliere alcun amministratore. Per cui tutto quello che si è detto finora è valido; ma fino a prova contraria.

 
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