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Il piu' potente nemico di Putin: Anna

Post n°514 pubblicato il 07 Ottobre 2008 da MacRaiser

Oggi ricorre il secondo anniversario dell'assassinio di Anna Politkovskaja, anche se ne sembrano passati dieci. Voglio ricordarla con questo suo articolo, che sembra parli di tutt'altra cosa rispetto al tema della Cecenia e della "dolce" (in realta' amarissima per chi la subisce) mafio-dittatura di Vladimir Putin, l'amico del cuore e compagno di merende del nostro presidente del consiglio. Ma forse non e' cosi', forse questo articolo ha forma di metafora, chissa'.. giudicate voi.  Eppure di fatti certi in questa sporca faccenda, ce ne sono pochi, ma ce ne sono: il fatto che tutti noi sappiamo bene chi fu il mandante dell'omicidio di Anna, e chi ne ha tratto beneficio. Il fatto che tutti noi sappiamo che il processo che la Russia si appresta a celebrare, sara' una farsa; e che per meglio inscenarla senza fastidiose "turbative", si terra' sotto giurisdizione militare. Il fatto che certamente tutto questo sa, dato che non si tratta di uno sprovveduto, anche Silvio Berlusconi. E il fatto che le affinita', si sa, sono elettive.

"L'estate scorsa è morto il nostro cane – vecchio, vecchissimo. Martin, un doberman di quindici anni, aveva vissuto a lungo per gli standard della sua razza. Era un cane magnifico che ci aveva difeso con onore per molti anni: durante il caos della perestrojka e poi nel periodo di banditismo totale, mentre si accumulavano capitali e crollavano le libertà. Con lui ci sentivamo come dietro a una schiera di guardie del corpo: adorava i nostri amici, individuava immediatamente i malintenzionati e li cacciava senza esitazioni, però non mordeva mai nessuno. Sotto gli occhi di Martin litigavamo, ci riappacificavamo, ci ritrovavamo, ci lasciavamo. E lui ci amava disperatamente, a volte sembrava sopraffatto da questo amore. Martin ha smesso di servirci solo negli ultimi 45 minuti della sua vita, quando si è sdraiato e ha perso conoscenza. Allora siamo stati noi a servire lui: gli abbiamo tenuto le mani sul cuore finché ha smesso di battere. Poi ci sono stati sei mesi di tortura. Vivere senza un cane era come vivere senza una capsula dell'amore ad azione continua impiantata sotto pelle. Ed ecco che i miei figli hanno trovato su internet un annuncio fantastico. Da un lato questo cane non somigliava a Martin – per noi era un punto irrinunciabile. Dall'altro non aveva il pelo lungo – anche questo era importante, eravamo abituati così. Infine, secondo le informazioni raccolte, era un animale socievole e affettuoso. Un cucciolo bloodhound. Per chi non lo conosce è un cane con le zampe grosse, gli occhi perennemente tristi e le orecchie lunghe. Andiamo al negozio. La commessa continua a ripetere: "Questo maschietto è semplicemente una meraviglia. Il migliore della cucciolata". Il "migliore" non smette un attimo di fare pipì. Ci guarda e fa subito pipì. Però è tenerissimo, giocherellone – prendetemi, vi prego. E questo decide tutto: implora da stringere il cuore. "Quattro mesi. Ha ancora diritto di far pipì", ripete la donna con voce stridula. A casa lo abbiamo ribattezzato Van Gogh, al posto dello stupido Hagard che gli aveva affibbiato la venditrice. E cominciamo a vivere insieme. Ben presto è chiaro che Van Gogh non fa pipì in continuazione: è una vera e propria macchina per la minzione. Appena vede un estraneo, ecco una pozzanghera. Che fare? Abbiamo smesso di invitare esseri umani in casa (eccetto i parenti), sperando che l'abitudine gli sarebbe passata. In quanto ad alzare la voce di mezzo tono – non dico gridare, per carità, ma appena un lieve aumento di volume – neanche a parlarne: subito un fiume. Appena fa uno schizzetto, Van Gogh comincia ad agitarsi per la paura, si nasconde o, peggio, lo lecca, cercando di eliminare le tracce. Portarlo fuori? Van Gogh, ce ne accorgiamo subito, odia la strada, tutto gli fa orrore. Il momento migliore della passeggiata è quando varchiamo il portone, l'ascensore, la soglia del nostro appartamento. Appena riprendiamo la via di casa rizza subito la coda, felice. La nostra casa è diventata la sua fortezza. Nella clinica veterinaria ci dicono che non ha quattro mesi, ma almeno cinque, e ci chiedono: "Lo sapete perché la commessa gli ha abbassato l'età?". "Perché?". "Per convincervi a prenderlo. I cani grandi non li vuole nessuno – spesso hanno già imparato qualcosa, e non è detto che sia qualcosa di buono". Ed è proprio così. I veterinari hanno anche trovato della renella nella vescica di Van Gogh. Le analisi sono costate più di dodicimila rubli. Più altri duemila per gli antibiotici per curare l'infiammazione. Secondo il dottore, in età così giovanile (negli esseri umani e nelle bestie, la renella e i calcoli sono appannaggio degli anziani) il problema è provocato da una cattiva alimentazione imposta da molti allevatori e commercianti. Proprio quando il cucciolo va nutrito bene, gli danno quello che capita e così gli alterano il metabolismo. Ma l'essenziale è smerciarlo, confondere le idee ai futuri padroni e tanti saluti. È gente che finge affetto, insiste il dottore, ma in realtà è nemica degli animali, rovina i cani per sempre. Per-sem-pre. È stato l'avviso numero uno. Intanto era chiaro che Van Gogh si aggrappava a noi come a una zattera. Aveva sempre più paura di chiunque entrasse in casa. E il terrore per gli estranei cresceva con lui – ormai era grande e grosso, e i suoi tentativi di nascondersi dietro di noi diventavano maniacali. Immaginate la scena: qualcuno si avvicina, ci passa accanto per strada, e lui subito dietro di me. Un bestione con le zampe possenti. Non abbaia, non ulula. Si limita a guardare gli estranei con un terrore tale da spaventare anche te. E alla fine abbiamo capito: aveva paura che lo portassero via. Erano stati degli uomini a portarlo via. Ed erano diventati nemici. Per-sem-pre. Di nuovo. Adesso il quadro era più chiaro: ci era capitato un cane con gravi problemi psichici. Cosa c'è di peggio? Non era lui a difendere noi, ma noi a dover difendere lui... Chiamo il negozio: cos'è successo al cane? No, non telefono per reclamare: voglio saperlo solo per aiutare il cane e noi. E la commessa cede: prima che lo prendessimo noi, il cane era stato rifiutato due volte. Non aveva idea di cosa fosse successo, dove lo avevano portato e perché non lo avevano voluto. Ma lo avevano picchiato. E lo avevano picchiato degli uomini. Lo avevano spaventato. E poi lo avevano scaricato. Non c'erano dubbi: bisognava trovare uno psicologo o un addestratore. Gli psicologi più economici costano 1.300 rubli a visita. Per questa somma danno consigli di questo tenore: andare in vacanza, passare più tempo all'aria aperta, riposarsi, cambiare casa, ambiente, città, paese… Ma non li danno tutti insieme. Ogni consiglio 1.300 rubli. Uff! La missione era materialmente impossibile. Ripiegammo sugli addestratori. Katja – della ditta Cane intelligente, oppure Amico fedele, costo 500 rubli all'ora – diceva di lavorare soltanto con i "cani dell'élite" (non con cani d'élite, ma con cani di gente ricca), e aveva l'agenda piena di appuntamenti. Però è riuscita a trovare un ritaglio di tempo. Erano le sette del mattino quando è arrivata da noi, ancora mezza addormentata. Con le mani in tasca ha cominciato a darmi ordini: vai là, fai questo e quest'altro. Niente di elitario: solo quello che c'è scritto in qualunque manuale sull'addestramento dei cani. Quindici minuti prima della fine della lezione, e malgrado il suo aspetto noglobal – maglietta nera, stivaletti e bandana – Katja ha preteso molto globalisticamente i suoi 500 rubli, sbuffando con disprezzo quando le abbiamo fatto notare che le rimaneva ancora un quarto d'ora di lavoro. Non ci siamo più rivisti. La seconda e la terza addestratrice sono state assolutamente identiche alla prima per qualità degli esercizi, però la tariffa era più alta: 700 e 900 rubli per la stessa ora scarsa. Non era più possibile buttare altri soldi dalla finestra, tanto più che la vescica di Van Gogh continuava a costarci migliaia di rubli. Così la vita è ripresa a scorrere come prima. Van Gogh continuava ad avere il terrore di tutto, e io continuavo a difenderlo da tutto. Dagli uomini, dagli oggetti sconosciuti, dallo stridio della serranda del garage, dalle frenate delle macchine e dagli uomini che ci passavano accanto. Man mano che cresceva, i problemi aumentavano. Nel nostro quartiere, per raggiungere il giardinetto riservato ai cani bisogna attraversare una strada molto trafficata e senza semaforo. In pratica bisogna tuffarsi in un fiume di macchine che non hanno l'abitudine di rallentare. Prima di arrivare alle strisce pedonali Van Gogh, terrorizzato, si lasciava cadere a terra e io dovevo prenderlo in braccio oppure trascinarlo: 40-50 chili di massa viva che si impuntavano disperatamente. Dopo una passeggiata di questo tipo lo sbalzo di pressione era garantito. Ma un cane con il metabolismo irregolare, la renella e problemi di socializzazione deve assolutamente trascorrere un po' di tempo in compagnia dei suoi simili. Allora ho deciso di caricare Van Gogh sulla mia auto per trasportarlo dall'altra parte della strada. Nel giardinetto corre timoroso senza dare troppa confidenza agli altri cani, anche se qualche volta ci gioca. In compenso si muove, annusa, si tranquillizza. Ma la sua maggiore occupazione è guardare con nostalgia la nostra auto. E appena apro lo sportello, lui salta allegramente sul sedile posteriore. Adora viaggiare in macchina, o anche soltanto starci seduto dentro. Un piccolo spazio chiuso e isolato dal resto del mondo dove esistono solo lui e la sua padrona. Per Van Gogh è il territorio più sicuro al mondo. Si calma immediatamente, osserva felice la vita al di là del finestrino, il suo sguardo si rasserena, avvicina le orecchie al parabrezza posteriore e può perfino addormentarsi. Tutte le paure sono scomparse. Salta fuori dalla macchina e si infila subito nel portone del palazzo, corre verso l'ascensore – dai che siamo quasi arrivati e… finalmente: la mia casa, la mia fortezza. Anche la mia pressione per il momento è tornata normale. Ma si può andare avanti così? I veterinari ormai si esprimono senza mezzi termini: lo sopprima. Lo stesso dicono amici e colleghi: perché tormentarsi in questo modo? Dopo tutto è un cane, non un essere umano. Dallo via. È solo un'elegante figura retorica per dire la stessa cosa: sopprimilo. Chi volete che se ne occupi, se non chi si è già affezionato con tutta l'anima a questo essere con le orecchie grandi e gli occhi malinconici, che non ha colpa di nulla. In una grande città il destino di un cane malato, se il suo padrone non ha i mezzi per curarlo e mantenerlo, è essere soppresso. Il mondo, che è diventato crudele con tutte le persone in difficoltà (disabili, orfani, malati), è diventato altrettanto crudele con gli animali. È naturale, non potrebbe essere diversamente. Per capire fino a che punto l'odore dei soldi ci rende feroci basta portare a spasso un cane malato. Non appartengo alla tribù degli animalisti folli, quelli che amano i cani più degli uomini. Io gli uomini li amo più dei cani. Ma non sono capace di tradire. Soprattutto se so che quell'essere vivente non sopravviverebbe a un altro abbandono: morirebbe senza di me. È completamente in mio potere, fino all'ultimo pelo del suo lungo orecchio setoso. Come è in potere di chiunque se lo ritrovi tra le mani per un capriccio della sorte. Questa casta sempre più numerosa dei cani abbandonati, fratelli di Van Gogh, è stata generata dal mondo dei ricchi. Li comprano come se fossero un giocattolo – ci si divertono un po', si stufano, gli mollano un calcio. Ignorano il valore dei soldi proprio come ignorano il valore di un essere vivente che ti è fedele fino alla fine. So bene cosa mi si potrebbe obiettare: non tutti i ricchi sono così cattivi, non tutti i veterinari sono degli squartatori. Certo. Ma allora perché da noi si vedono branchi di cani di razza che cercano rifugio negli androni? È di nuovo sera. Giro la chiave nella serratura e… Van Gogh mi vola addosso, sempre e comunque. Anche se gli fa male la pancia, anche se stava dormendo profondamente, qualunque cosa abbia mangiato. La fonte di un affettuoso moto perpetuo. Tutti ti piantano, tutti si stancano di te – il cane non smette mai di amarti. E io lo prendo, lo carico in macchina, lo trasporto dall'altro lato della strada, corro al suo fianco per farlo saltare un po' con gli altri cani, gli faccio vedere come bisogna giocare con loro, striscio con lui lungo il percorso a ostacoli per fargli vincere la paura, lo accompagno vicino a uomini sconosciuti, prendo la loro mano, con la loro mano accarezzo le orecchie di Van Gogh e gli ripeto che sono buoni." - Anna Politskovskaja


 
 
 
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ANTONELLA ANEDDA

Vedo dal buio
come dal più radioso
dei balconi.
Il corpo è la scure:
si abbatte sulla luce
scostandola in silenzio
fino al varco più nudo -al nero
di un tempo che compone
nello spazio battuto
dai miei piedi
una terra lentissima
- promessa

---

Perfino adesso vedo
un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo
attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori
senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.


---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.


---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

 
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove
il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.

Mario Luzi

---

Venite pensieri
vi penseremo a fondo
ora che e' mattino.
La luce vi fa sembrare tanto forti
da raschiare il buio
come se avessimo un coccio
e la notte fosse cuoio.
C'e' un geco sul granito.
Il suo ventre oscilla
come acqua di fonte.
E' spaventato. E' attento.
Aspetta senza capire.
Come succede a noi
quando un saluto di colpo
si trasforma in addio

---


Che speri,
che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua
dove nel sole le burrasche
hanno una voce
altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui
a questa età che sai,
né giovane né vecchio,
attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli
o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri
e n'esci illesa.
Tutto l'altro che deve essere
è ancora,
il fiume scorre,
la campagna varia,
grandina, spiove,
qualche cane latra
esce la luna, niente si riscuote,
niente
dal lungo sonno avventuroso.

Mario Luzi

---

il vento
è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo
che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera
ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti,
viola scavato
nel viola inesauribile,
miniera senza fondo
dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre
oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo;
alcuni mandano grida acute
che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia
è il moto delle cime nell'ora
- quasi non si può pensare
né dire -
quando su steli invisibili
tutt'intorno
una primavera strana
fiorisce in nuvole rade
che il vento
pasce in un cielo
o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia,
la schiarita.

Mario Luzi

---

Poco dopo si è qui come sai bene,
file d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo,
chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita,
figge un punto.
Raramente
qualche gabbiano appare.

Mario Luzi
 
E’ pur nostro il disfarsi delle sere.
E per noi è la stria che dal mare
sale al parco e ferisce gli aloè.
Puoi condurmi per mano,
se tu fingi di crederti con me,
se ho la follia di seguirti lontano
e ciò che stringi, ciò che dici,
m’appare in tuo potere.
Fosse tua vita quella
che mi tiene sulle soglie
e potrei prestarti un volto,
vaneggiarti figura. Ma non è,
non è così. Il polipo che insinua
tentacoli d’inchiostro tra gli scogli
può servirsi di te.
Tu gli appartieni e non lo sai.
Sei lui, ti credi te.

Eugenio Montale

---

Sempre di nuovo,
benchè sappiamo
il paesaggio d'amore
e il breve cimitero
con i suoi tristi nomi
e il pauroso abisso silente,
dove per gli altri è la fine:
torniamo a coppie tuttavia
di nuovo tra gli antichi alberi,
ci posiamo sempre, di nuovo,
con i fiori contro il cielo.

Rainer Maria Rilke

---

Felicita’ raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede,
teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi
chi piu’ t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari,
il tuo mattino
e’ dolce e turbatore
come i nidi delle cimase.
Ma nulla
paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

Eugenio Montale

---

Il suo sguardo,
dopo tanto fissare,
e’ divenuto cosi’ stanco
che non puo’ accettare null’altro.
Per lei
e’ come se le sbarre
fossero migliaia,
e oltre le migliaia di sbarre:
nessun mondo.
Nel suo girare
in quel cerchio ristretto,
senza soste,
la sua potente falcata
diviene una danza rituale
attorno ad un centro,
dove una grande volonta’
si trova come paralizzata.
A volte,
le palpebre si sollevano in silenzio
ed una forma entra,
scivola attraverso
l’angusto silenzio tra le spalle,
raggiunge il cuore,
e muore.

Rainer Maria Rilke – La pantera

---

Gettava pesci vivi
a pellicani famelici.
Sono vita anche i pesci fu rilevato,
ma di gerararchia inferiore.
A quale gerarchia
apparteniamo noi
e in quali fauci…?
Qui tacque il teologo
e si asciugo’ il sudore.

Eugenio Montale
 

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MARIA LUISA SPAZIANI

Quelle labbra
ch'era peccato mordere
tanto infantili e tenere s'aprivano
(neve di sogno
non può il tempo sciogliere)
chiude un sigillo di divina cera.
Ma avete flauti eterni
come il mare,
o labbra più profonde della sera.

 

ANTONELLA ANEDDA

Dell'incedere a scatti di quell'uomo
che nella strada per Venaco
gridava dentro il sole
non s'e' mai detto nulla
nulla della camicia
strappata sulle ascelle
e dei piedi circondati di paglia
ne' della voce bruciata di francese.
Lo aspetto' l'inverno,
lo strinse nel ramo di una scala
lo spinse piano
col volto tra i vasi di gerani

---

Per trovare la ragione di un verbo
perché ancora
davvero non é tempo
e non sappiamo
se accorrere o fuggire.
Fai sera come fosse dicembre
sulle casse innalzate
sul cuneo del trasloco
dai forma al buio
mentre il cibo
s'infiamma alla parete.
Queste sono le notti
di pace occidentale
nei loro raggi vola
l'angustia delle biografie
gli acini scuri dei ritratti,
i cartigli dei nomi.
Ci difende di lato un'altra quiete
come un peso marino nella iuta
piegato a lungo, con disperazione.

---

Non esiste innocenza
in questa lingua
ascolta come si spezzano i discorsi
come anche qui sia guerra
diversa guerra
ma guerra - in un tempo assetato.
Per questo scrivo con riluttanza
con pochi sterpi di frase
stretti a una lingua usuale
quella di cui dispongo
per chiamare
laggiù perfino il buio
che scuote le campane.

 

PEDRO SALINAS

Non voglio che ti allontani,
dolore, ultima forma
di amare. Io mi sento vivere
quando tu mi fai male
non in te, né qui, più oltre:
sulla terra, nell'anno
da dove vieni
nell'amore con lei
e tutto ciò che fu.
In quella realtà
sommersa che nega se stessa
ed ostinatamente afferma
di non essere esistita mai,
d'essere stata nient'altro
che un mio pretesto per vivere.
Se tu non mi restassi,
dolore, irrefutabile,
io potrei anche crederlo;
ma mi rimani tu.
La tua verità mi assicura
che niente fu menzogna.
E fino a quando ti potrò sentire,
sarai per me, dolore,
la prova di un'altra vita
in cui non mi dolevi.
La grande prova, lontano,
che è esistita, che esiste,
che mi ha amato, sì,
che la sto amando ancora.

---

Quello che sei
mi distrae da quello che dici:
Lanci parole veloci,
pavesate di risa,
invitandomi
ad andare dove mi porteranno.
Non ti presto attenzione,
non le seguo: sto guardando
le labbra da cui sono nate.
Intanto guardi lontano.
Fissi lo sguardo laggiù,
non so in cosa, e già si precipita
a cercarlo la tua anima
affilata, come saetta.
Io non guardo dove guardi:
io ti vedo guardare.
E quando desideri qualcosa
non penso a quello che vuoi
nè lo invidio: è il meno.
Ciò che ami oggi, lo desideri;
domani lo dimenticherai
per un nuovo amore.
No. Ti aspetto
oltre qualsiasi fine o termine
in ciò che non deve succedere.
Io resto nel puro atto
del tuo desiderio, amandoti.
E non voglio altro
che vederti amare.

 

REINER MARIA RILKE

Niente è paragonabile.
Esiste forse cosa
che non sia tutta sola
con se stessa e indicibile?
Invano diamo nomi,
solo è dato accettare
e accordarci
che forse qua un lampo,
là uno sguardo ci abbia sfiorato,
come se proprio in questo
consistesse vivere la nostra vita.
Chi si oppone
perde la sua parte di mondo.
E chi troppo comprende
manca l’incontro con l’eterno.
A volte
in notti grandi come questa
siamo quasi fuori pericolo,
in leggere parti uguali
spartiti fra le stelle.
Immensa moltitudine

---

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili
a stanze chiuse a chiave
e a libri scritti in lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che non ti possone essere date
poichè non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivi le domande ora.
Forse ti sarà dato,
senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno,
in cui avrai la risposta.

 
Che io debba ricevere il castigo
neppure si discute. Resta oscuro
se cio’ accada in futuro oppure ora
o se sia gia’ avvenuto
prima che io fossi.
Non ch’io intenda evocare
l’esecrabile fantasma
del peccato originale.
Il disastro fu prima dell’origine
se un prima e un dopo
hanno ancora un senso.

Eugenio Montale

---

Perfino adesso vedo un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza
di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore
perche' non si perdesse
fino a perderlo attutito contro l'erba.
Oggi e' una notte di pioggia
possiamo traversarla
in due diversi bagliori senza luce
dire, toccando il gelido bordo
di un bicchiere,
che tanta lontananza
non e' stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.

Antonella Anedda


---

Mia vita,
a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto
ormai lo stesso sapore
han miele e assenzio.
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.

Eugenio Montale

---

Volevo che
il mio amore non finisse
che resistesse intero
in disaccordo
perfino col ricordo
e ignorasse il corpo
che da me si scostava
che ne ignorasse
distanza e indifferenza
e fosse cosa mia
doppiamente intrecciata
cesta di giunco e aria,
cesta per acqua
forma che la mano conosce
e che la storia medita quando
– così di rado
per questo raramente sacra –
salva un bambino dal suo Nilo.
Così a volte
fanno canestri i pazzi
per il silenzio – credo –
che sale dagli spazi
per quella paglia
che le dita oscurano
per quel nodo terreno
di aria e di materia.

Antonella Anedda

---

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell'ombra della sera
per la sera che di colpo
crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta
a una ringhiera
per l'attesa marina
- senza grido - infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare
più sola nell'enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi,
mia la luce deserta
- da brughiera -
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso
e la parola bosco
trema più fragile del bosco,
senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

Antonella Anedda
 
Questo tetto che affiora dalla notte
ci protegge piu' di una croce o un santo.
Ora che improvvisamente piove
e' benedetto.
In un'abside di plastica bagnata
splende una pianta di ortensie azzurro-fuoco

Antonella Anedda

---

...
Soffiero' su quel viso
mischiando i suoi gesti
a quelli di amori passati,
prendendo i ricordi migliori
le poche frasi di ognuno
fino a costruire il mio Golem
il mio amore brucera' altissimo e ignoto
lungo la cappa del camino.
...

Antonella Anedda


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Vergine altera, mia compagna
t'arde un mistero negli occhi.
Non so se odio o amore
e' questa luce eterna
della tua nera faretra.
Con me verrai
finche' proietti un'ombra il corpo
e resti ai miei sandali arena.
La sete o l'acqua sei
sul mio cammino?
Dimmi, vergine altera,
mia compagna.

- Antonio Machado -

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...
Pensi davvero che basti non avere colpe
per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L'aria e' piena di grida.
Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri,
brandelli di parole.
...

Antonella Anedda
 

 

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