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Revenez!

Post n°155 pubblicato il 10 Novembre 2013 da Disegnorupestre
 
Foto di Disegnorupestre

I passi si susseguono, lentamente, inesorabilmente.

 

Sento l'erba piegarsi sotto le suole degli stivali.

 

Il riflesso del sole invade le cime degli alberi. Il mio turno è concluso. Sto tornando a casa. Il fumo della sigaretta mi scalda le dita. Esce, dolcemente, dalle mie labbra. Mi punge la lingua.

 

Non sto seguendo l'usuale direzione. Non importa. Per oggi non mi sento più obbligato. A niente. Nei confronti di alcuno. Solo. Finalmente.

 

Finalmente...

 

Uno dei tanti suoni che sono obbligato a sentire, in questo luogo. Flauti. Arpe. Chitarre. Un ritrovo gioioso, in piena luce. Uomini e donne.

 

Danzano. Si divertono. Si godono la vita.

 

Non come me. Sfatto. Da ieri mattina, non vedo un letto.

 

Proseguo, verso il suono. Chissà quanto tempo fa è iniziato! Sembra un gioco. Un gioco innocente. Non sono moltissimi. Tre, quattro coppie. Ed i musicisti. Immagino che, a turno, giochino il ruolo del ballerino, e del suonatore.

 

Potrei osservarli. Sono piuttosto innocuo. Nient'affatto attraente. Ne sono certo.

 

I fischi dei flauti mi svegliano. Non sono carezzevoli come i suoni che amo... Hanno sempre uno stranissimo effetto, su di me. E' come se mi stringessero e mi scuotessero. Come se io fossi colpito da un fulmine. O da una raffica di vento.

 

Come ora.

 

Come ora, che vedo quell'abito rosso girare. Girare, accarezzando la figura che l'indossa. E' rosso scuro. Ogni qualvolta la gonna viene sollevata, vedo degli stivaletti colore del cuoio muoversi ritmicamente. Saltelli. Passi. Momenti di immobilità.

 

Lunghi capelli biondi sfiorano spalle morbide. Sono raccolti, quasi completamente. Una corona di fiori è stata intrecciata, e li sorregge. Rose e margherite. Vedo il verde dei gambi ed i diversi colori dei petali.

 

Un volto accaldato. Un sorriso felice.

 

Un gioiello del colore dell'abito è adagiato tra i seni. Assieme a qualche fiore.

 

Due dolci occhi blu osservano, incantati, l'uomo che, con brevi movimenti dei polsi e con sapienti prese, tiene quel corpo, custodito da qualche metro di velluto. Rosso. Come le rose. Come il rubino.

 

Come i riflessi del sole.

 

La sigaretta si è spenta.

 

Sono talmente bravi che, questa volta, ne sono rimasto colpito. Non è uno spettacolo sconosciuto, per me... Eppure, questa volta è diverso.

 

Molto diverso.

 

"Forse potrei essere il prossimo a condurvi, signora?"

 

Ho parlato, indipendenemente dalla mia volontà.

 

Egli è rimasto immobile, muto. Mi osserva come si potrebbe scrutare una creatura sconosciuta.

 

Sta a lei, rispondermi. Vorrei fuggire, ma non ne ho la forza. A confronto con loro, così belli e così eleganti, mi sento del tutto inadeguato. Devo avere un aspetto almeno trascurato. Ed ho parlato a sproposito. Sento già le note di una nuova esecuzione.

 

Il silenzio si sta facendo imbarazzante. Cerco un'altra sigaretta. Dovrei averne, da qualche parte.

 

"Potreste prendere uno di questi... Prego..."

 

E' lui. Mi tende un piccolo contenitore. Cinque sigari, perfettamente allineati.

 

Ella ci osserva. Sorride.

 

"No, vi ringrazio. Ho le mie."

 

Non so dove, ma ci sono.

 

Un lampo di delusione gli attraversa lo sguardo. Nero come la notte. Una notte piena di stelle.

 

Lentamente, ripone la scatola in una tasca interna della giacca. Come se niente fosse accaduto.

 

Non intendo accettare proprio niente, da lui.

 

"Bene, quindi... Dicevate, signore?"

 

La primavera in trionfo continua ad osservarci. Posa il suo sguardo su di me, su di lui.

 

Spengo il fiammifero, e tiro la prima boccata. Liberatoria. Il fiato m'era rimasto in gola.

 

"Non mi stavo rivolgendo a voi, signore, ma alla signora che vi sta accanto."

 

"Giusto... Michelle... Stava parlando a voi... Lo conoscete?"

 

No. Non mi conosce.

 

"Sì, lo conosco. Superficialmente, ma... Sì."

 

Sì? Da quando?

 

"Ah!"

 

Gli stringe la mano.

 

"Non inquietatevi, vi prego... Una danza. Una, soltanto. Potreste tornare a sedere, nel mentre. Abbiamo continuato a scambiarci per quasi due ore... Siete stanco?"

 

Lo guarda con amore. Tanto. Profondo. Partecipe.

 

"No. Nient'affatto."

 

Non l'ammetterebbe, nemmeno se stesse per stramazzare al suolo.

 

"Allora... Allora fatelo per me. A tra poco."

 

Accenna. Appena.

 

"Questa è quasi conclusa. Possiamo portarci verso il gruppo, nel mentre?"

 

La sua voce è il più bello, tra tutti i suoni che mi accarezzano l'orecchio.

 

"Certamente sì, signora."

 

Mi sorride.

 

"Così, mi conoscete?"

 

Sono realmente sorpreso.

 

"Voi siete uno degli uomini che si occupano di osservarmi. Pure fingendo di non farlo. Da lontano. Discretamente. Quando sono qui, voi e qualcun altro vi occupate di me. Niente potrebbe mai accadermi! Sono molto più che al sicuro..."

 

Sorride, nuovamente, mentre mi prende la mano.

 

"Non possiamo perdere anche questa. Venite!"

 

La seguo, in silenzio.

 

"Io sono Michelle, ma forse lo sapete. Voi, signore?"

 

Sento la dolcezza della sua pelle che sfiora la mia. Immagino che possa esserne geloso. Ero nel giusto. E' un panino al burro, intinto nel miele.

 

"Io... Io sono Roger."

 

"E' un bel nome. Siete un amico del signore di Beynaut?"

 

Mi ha scoperto. Io... Io che credevo di non essere visto... Ho miseramente fallito!

 

"Sì. Sono il migliore amico di Gérard. Mi spiace..."

 

"Di cosa?"

 

Le cingo la vita. Mi sento un ladro, eppure... Eppure l'emozione che mi pervade è tra le più piacevoli che io abbia mai provato.

 

"Di avervi tramesso un'idea sbagliata, di me..."

 

"Un'idea sbagliata?"

 

"Io sarò il testimone del vostro futuro sposo, il giorno delle nozze... Ho tentato un... Approccio... Non volevo arrivare a quel giorno senza avervi mai parlato... L'avrei trovato sconveniente."

 

Mento. Sapendo di mentire. L'ho avvicinata perché ne sono irresisitibilmente attratto.

 

Ladro.

 

"Perché non l'avete fatto prima, Roger?"

 

Mi chiama per nome.

 

Chiama me, per nome, e "signore de Beynaut" il suo fidanzato.

 

"Siete la donna del mio migliore amico. Gérard è come un fratello, per me."

 

Sono anche fratricida.

 

"No, non lo sono."

 

Il solo divieto d'interrompere una figura mi impedisce di fermarmi. Sono costernato.

 

"No?"

 

"Lo conosco appena. Mi rimane sempre lontano. Mi saluta appena. Mi chiedo, e mi sono chiesta, cosa, in me, non gli piaccia. Vedete..."

 

"Sì?"

 

E' proprio dolcissima! Sta, tra le mie braccia, come un morbidissimo cuscino di piume. Caldo e soffice. L'avevo immaginata proprio com'è. Calda e soffice.

 

Dolcissima.

 

"Voi siete venuto, verso di me, oggi. Non so spinto da che motivo, ma ora siete qui. Forse avrete scoperto che né Maxime – l'uomo che avete scrutato infinite volte – né io, graffiamo, mordiamo, o prendiamo a calci le persone che ci avvicinano. Gérard non lo fa. Non lo capisco. Dovrebbe sapere che l'accoglierei volentieri. Di cuore."

 

In questi istanti non amo sentire parlare di altri uomini. Nemmeno del mio migliore amico. Siamo un unico corpo, impegnato in uno dei passi più difficili dell'intera esecuzione. La tengo stretta a me.

 

Ladro!

 

"Gliene parlerete, Roger?"

 

"Come, Michelle?"

 

Mi sento autorizzato. Ormai... Ho abbassato tutte le barriere.

 

"Forse il motivo che vi ha portato qui, oggi, è stato soltanto il desiderio di vedermi da vicino... Per potergli riferire di me, abbondantemente... Non mi reputo offesa... Anzi... Così ho un nuovo amico... Voi."

 

Mi sfiora il viso. Lentamente. Dolcemente. Un'emozione sconosciuta mi percorre.

 

Non ho forse mai amato, finora?

 

"Siete un ottimo ballerino. Maxime potrebbe risentirsene..."

 

Ride.

 

"E' vietato, danzare con voi, signora?"

 

"No, dato che lo state facendo..."

 

Ama lui, forse.

 

"E' stata un'intrusione..."

 

"Non amo questo termine. Si parla di accoglienza. E' importante, essere sempre pronti a ricevere l'altro... Se, da parte sua, vi sono buone intenzioni..."

 

Mi ha richiamato un insegnamento che avevo quasi scordato.

 

"Siete gentile... Non so dirvi il motivo per cui vi ho interrotti..."

 

"No... Non l'avete fatto! Vi siete presentato. Noi vi abbiamo accolto. Io, personalmente, l'ho fatto molto volentieri."

 

"Maxime, molto meno..."

 

Le note vanno spegnendosi.

 

"Non preoccupatevi, per lui. Sembra scontroso, ma se lo si conosce, anche solo superficialmente, questa opinione decade. Da sé. E' una persona splendida."

 

L'immagino. Da come lo guardi, non vedi che lui.

 

La mia presenza, qui, è superflua.

 

"Roger..."

 

"Sì?"

 

"Tornerete?"

 

Non sta fingendo...

 

"Se lo vorrete, certamente sì, Michelle."

 

La sua mano è abbandonata, tra le mie.

 

"Sono molto felice, che mi abbiate invitata. Ero un po' sorpresa, nel vedervi avanzare verso di noi... Ma... La vostra spontaneità mi ha conquistata. Tornerete?"

 

Conquistata...

 

"Se lo accetterete, Michelle, lo farò. Di cuore."

 

"Ne parlerete a Beynaut? Porterete anche lui? Sapete... I miei amici non sono così sgradevoli come pare voi li abbiate valutati... E voi non lo siete, affatto. Dovrò informarli."

 

E' troppo sincera. A Gérard potrebbe far male. Graffiarlo. Morderlo. Prenderlo a calci, anche.

 

"Ci ritenete un mucchio di zotici?"

 

"Non io."

 

Ecco il primo graffio. Si lascerebbe prendere da uno dei suoi attacchi di malinconia, se la sentisse parlare in questi termini.

 

Vorrebbe andare fino in fondo al motivo che l'ha portata ad esprimersi in questo modo. Non ne uscirebbe, prima di un mese.

 

Siamo certi, che sia la donna per lui?

 

Non andrebbe molto meglio, con me?

 

Ladro. Ladro e bugiardo.

 

"Non voi?"

 

Un cenno di diniego.

 

"Maxime ed i suoi."

 

Il capo branco.

 

"Su... Non esageriamo... Non vi conoscete... Non so da cosa nasca, questa vostra rivalità..."

 

Sì, che lo sai. Da te.

 

Ma... Non posso dirtelo. Verrei meno a tutto ciò che sono.

 

"Signora... A volte, gli uomini si studiano... Si basano anche su false opinioni... E' così... Perdonateci..."

 

"Tornerete? Voi e Gérard?"

 

No!... Ora... Cosa c'entra Gérard?

 

"Tornerò, promesso."

 

"Vi aspetterò. Verrà?"

 

"Non so garantirvelo, signora. Ma... Michelle!"

 

Non voglio vedere quell'espressione triste, sul suo viso...

 

"Sì?"

 

"Vi prometto che farò il possibile, per convincerlo. Ve lo prometto."

 

No, no...

 

"Grazie, Roger... Io non amo la rivalità. Mi sembra una perdita di tempo... Ci sono già così tanti motivi, per preoccuparsi..."

 

"Voi? Voi, così... Bella?"

 

"Sì. Anch'io. Ma vi ringrazio per il complimento che mi avete appena rivolto... Grazie, signore..."

 

"Bene..."

 

"Bene... Cosa?"

 

"Bene--Ora---Ve--Ne-- Andate..."

 

"Maxime!"

 

"Sì."

 

Non so da dove sia sbucato. La velocità dell'aquila ed il passo silenzioso del gatto. La scortesia di... Di un uomo.

 

"Lasciate, Michelle... Non è niente..."

 

"No. Non è niente."

 

"Me ne vado, ma tornerò."

 

La vedo sorridere.

 

"Come?"

 

"Sì. Tornerò, su invito della signora. Se dovessi riuscire, verrò accompagnato da quel tale... Beynaut."

 

E prova a ribattere!

 

"Vi attendo."

 

E' insopportabile.

 

"Accompagno Roger, amico mio. Attendetemi pure qui... Torno..."

 

Credo che l'abbia stregata. Più o meno com'è riuscito a lei, con me. Con Gérard. Con chiunque l'osservi per più di dieci minuti.

 

"Vi ringrazio per aver accettato di danzare con me, Michelle. Grazie ancora."

 

"E' stato un piacere, ed una bellissima sorpresa."

 

Lo penso. Lo credo. E' splendida.

 

"Non preoccupatevi. Non allontanatevi troppo, Michelle. Contavo di tornare, a piedi."

 

"Fino in città?"

 

"Per ora m'incammino. Magari, a metà strada, prenderò un cavallo..."

 

"Se doveste passare davanti all'Opéra..."

 

"Sì?"

 

"Entrate nel portone che riporta, scolpite, due esse, intrecciate. E' casa mia. Chiedete un cavallo. Potrete tornare, senza stancarvi troppo."

 

"Potrei farlo?"

 

"Siete mio amico, Roger."

 

Mi ha definitivamente conquistato.

 

"Due esse, quindi..."

 

"Sta per ydeau. Il mio cognome."

 

"Benissimo... Non so come ringraziarvi, Michelle..."

 

"Tornate. Sarà il miglior ringraziamento. Addio, Roger."

 

Un abbraccio. Lungo. Tenero. Caldo.

 

Non penso di avere coraggio sufficiente, per presentarmi a casa sua. Percorrerò, a piedi, tutti i chilometri che mi separano da casa.

 

L'amore mi metterà le ali.

 

 

 

 

 

 

 
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