arthemisia_gLa mia moleskine: appunti su arte, politica, quisquiglie e pinzellacchere |
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io e il blog magazine
Marie Antoinette
'O "SSAJE COMME FA 'O CORE
Tu stive 'nzieme a n'ato
je te guardaje
e primma 'e da' 'o tiempo all'uocchie
pe' s'annammura'
già s'era fatt' annanze 'o core.
"A me, a me" ...
'o "ssaje comme fa 'o core
quann' s'è 'nnamurato ...
Tu stive 'nzieme a me
je te guardavo e me dicevo ...
comme sarrà succiesso ca è fernuto
ma je nun m'arrenno
ce voglio pruva'.
Po' se facette annanze 'o core e me ricette:
tu vuo' pruvà? E pruova,
je me ne vaco ...
'o "ssaje comme fa 'o core
quanno s'è sbagliato
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Post n°159 pubblicato il 19 Maggio 2008 da arthemisia_g
Domenica 4 maggio la trasmissione Report si è occupata dell' espansione urbanistica della città di Roma, in particolare dei famosi 'accordi di programma', in questo articolo Walter Tocci sull'Unità approfondisce ulteriolmente l'argomento:''....Non è solo un problema romano. È franata la cultura urbanistica italiana negli ultimi venti anni, non solo come disciplina, ma soprattutto come consapevole pratica politica. Usiamo ancora i loro nomi storici - Roma, Milano, Napoli, Palermo - ma sono ormai oggetti geografici di forma e scala completamente diversi dal passato. Senza alcun governo dei processi sono diventate galassie metropolitane, ingestibili pulviscoli di case sparse, capannoni pseudoindustriali, uffici in vetrocemento, centri commerciali e orribili viadotti. Lo sprawl della città contemporanea globalizzata, connotata soprattutto dall’uso dell’auto. In Europa è una tendenza contrastata con il progetto urbanistico, mentre noi abbiamo assunto pedissequamente il modello americano della città infinita, sovrapponendola ai centri storici più delicati del mondo. Con gravi effetti macroeconomici: se rifacessimo i conti del Pil nazionale dell’ultimo decennio sottraendo le voci della febbre immobiliare scopriremmo anche nelle statistiche ufficiali un paese depresso, molto più simile alla percezione del senso comune. A sproposito si parla di mercato: quando un proprietario rivende un’area a un prezzo dieci volte superiore a quello d’acquisto, senza alcun rischio di impresa, si appropria semplicemente di una ricchezza prodotta dalle decisioni pubbliche. Così le rendite sottraggono risorse alla produzione. Perché mai un imprenditore dovrebbe imbarcarsi in complesse innovazioni tecnologiche se può ottenere molto di più acquistando un immobile al momento giusto? Poi arrivano i furbetti del quartierino che tentano la scalata ai salotti buoni del capitalismo italiano e ai loro giornali e allora la politica si accorge del problema, più per gli effetti che per le cause. Avete mai sentito un politico di centrosinistra negli ultimi venti anni andare in tv a parlare di rendita urbana? Avete mai letto in un nostro programma elettorale un accenno alla regolazione della rendita immobiliare? Si è discusso fino all’accanimento della rendita dei Bot, ma non di quella ben più consistente del mattone.......'' |
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