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Libia: Usa dà via libera a sanzioni

Post n°6 pubblicato il 26 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha firmato una serie di sanzioni contro la Libia, tra cui il congelamento dei beni di Muammar Gheddafi e dei suoi familiari. Lo rende noto la Casa Bianca.  L'ordine esecutivo  è in vigore da subito e consiste essenzialmente nel blocco dei beni di Gheddafi e di almeno quattro suoi familiari: Ayesha, generale dell'esercito nato nel 1976 o 1977; Khamis, nato nel 1980; Mutassim, consigliere per la sicurezza nazionale nato intorno al 1975 e Saif Al-Islam, nato il 5 giugno del 1972. Tra le motivazioni citate da Obama per giustificare le sanzioni c'e il fatto che Gheddafi, il suo governo ed i suoi stretti collaboratori hanno «preso misure estreme contro il popolo libico, tra cui l'uso di armi da guerra, mercenari» per commettere «violenza contro civili inermi». In una dichiarazione diffusa dal suo portavoce, Obama scrive che «il governo di Gheddafi ha violato le norme internazionali, la decenza comune e deve essere considerato responsabile. Per tali ragioni queste sanzioni colpiscono il governo Gheddafi, mentre proteggono gli asset che appartengono al popolo libico». Obama ha infine inviato una lettera di spiegazioni ai presidente del Senato e della Camera dei Rappresentanti.

 
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Libia, Gheddafi: "Rivolta guidata da Al Qaeda"

Post n°5 pubblicato il 25 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Dopo le dichiarazioni di Al Qaeda di ieri, che accusava Gheddafi di uccidere innocenti, non si è fatta attendere una risposta del rais. Ha accusato Bin Laden di manipolare
il popolo libico anche con l’ausilo di droghe. E’ quasi divertente, se non fosse che si sta parlando di persone morte, assistere a questa scena pietosa tra due leader sanguinari. Può mai Al Qaeda parlare male di Gheddafi, accusandolo di morti innocenti, quando è un’organizzazione terroristica che si macchia costantemente di atti efferati contro civili innocenti? Assolutamente no ma chiaramente è una dichiarazione che ci deve fare riflettere: è un tentativo evidente di mostrarsi aperti alla rivoluzione, di essere vicini al mondo arabo in rivolta così che un giorno possa avere una posizione dominante nei nuovi governi. Questo è il pericolo forte che l’Europa deve scongiurare da qui ai prossimi mesi caldi che verranno.

 
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Champions, vendetta Bayern: 1 - 0 con l'Inter

Post n°4 pubblicato il 24 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Nove mesi e un giorno dopo tra Inter e Bayern il primo round dell'ottavo di finale di Champions League lo vince il Bayern, ma non basterà a far scordare ai bavaresi la partita più importante di sempre tra le due squadre, la finale del Bernabeu. Il finale amaro dell'Inter col gol di Gomez completa un trittico negativo per le italiane in Champions, tutte sconfitte in casa. A San Siro stavolta la differenza l'hanno fatta i portieri: bene Kraft, male Julio Cesar, ma un erroraccio, anche brutto e all'ultimo istante, può capitare pure al miglior portiere del mondo. Quindi niente processi ad personam, Julio Cesar non lo merita: ricordo bene gli umori quando l'Inter ha dovuto farne a meno schierando Castellazzi. Per il resto il Bayern ancor prima che più organizzato, come effettivamente è stato nella ripresa, si è confermato più fresco dell'Inter, che fatica a reggere contemporaneamente la rincorsa in campionato e la Champions League. Se eliminazione dovrà essere a Monaco di Baviera, spero sia utile per dirottare tutte le energie sul rush finale in campionato. D'altronde non mi facevo molte illusioni quest'anno in Europa: da quando la Coppa dei Campioni è diventata Champions League, nessun club l'ha mai alzata per due volte di fila. Questo dice la statistica e vale anche per l'Inter che l'ha appena vinta. Vedo sempre meno difficile rivincere il campionato che la Champions. Ma non è ancora finita: un gol all'Allianz Arena si può anche fare alla generosa retroguardia del Bayern, e poi provare a giocarsela, come ha osservato giustamente Moratti a fine gara.
All'idea del pareggio a reti bianche ci si stava abituando dopo che Inter e Bayern se le erano date di santa ragione: per i tedeschi una traversa di Ribery nel primo tempo e un palo di Robben nella ripresa; per l'Inter occasioni a raffica, almeno sei nei 90 minuti con Ranocchia, Maicon, Thiago Motta, Eto'o e Cambiasso, il più sprecone di tutti, la prima volta su Kraft, la seconda sugli spalti. Succede. Come è successo che all'ultimo istante, Julio Cesar abbia respinto corto il tiro da lontano di Robben, subendo la ribattuta in rete da Gomez, appostato a due passi.
Puntuali come le tasse da pagare, torneranno ora i soliti allenatori da poltrona che daranno a Leonardo la colpa di una sconfitta beffarda, mentre invece l'Inter doveva solo lucidare il mirino, dopo aver perso per infortunio il solito ottimo Ranocchia, ma il suo stop non dovrebbe essere lungo. Al limite Leo avrebbe potuto cambiare l'opaco Stankovic con Pandev, tra l'altro tra i più criticati di questa stagione perché incapace di cambiare il corso delle partite. Togliendo Stankovic, si sarebbe però indebolito il centrocampo nel momento di maggior pressione del Bayern. Buona invece l'idea di Leo di rafforzare le fasce con Cambiasso vicino a Chivu e Zanetti a protezione di Maicon per arginare Ribery e Robben.
Dopo venti minuti l'arbitro ungherese Kassai non ha giudicato da rigore un'ancata di Tymoschuk su Eto'o in area bavarese, ma i drammi per queste cose lasciamoli ad altri.
Il 15 marzo a Monaco serve un'impresa, un'impresa da Inter.

 
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Libia, allarme profughi verso l'Italia

Post n°3 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Nulla possono la politica, la diplomazia contro la meteorologia: con la bonaccia , infatti, sono ripresi gli sbarchi di clandestini dalla Tunisia verso Lampedusa.

E’ questo un risvolto diretto delle rivolte arabe, soprattutto nordafricane, che ha provocato  in Sicilia una nuova emergenza che mette a dura prova le strutture d’accoglienza e le miopi politiche migratorie del governo Berlusconi.  

Per altro, è prevedibile che l’esodo si estenda a Egitto, Libia, Algeria.

Insomma, una fuga di massa che è una prima avvisaglia di un più grande dramma sociale e politico che, secondo gli esiti politici delle rivolte, potrebbe infiammare le sponde sud ed est del Mediterraneo.

La Sicilia potrebbe ritrovarsi al centro di tensioni e di conflitti, anche devastanti, per la ridefinizione degli assetti dei poteri in queste regioni vitali del mondo, in aderenza ai nuovi equilibri della globalizzazione. Perché, a occhio e croce, di questo si tratta.

In quest’area, infatti, insistono grandi risorse energetiche, fenomeni ideologici irriducibili (islamismo radicale e terroristico) e conflitti sanguinosi che sembrano essere divenuti insolubili, fra cui quello israelo – palestinese che, presto, potrebbe ri-diventare arabo – israeliano.

In caso di estensione di tali conflitti la Sicilia potrebbe restarne coinvolta. Direttamente. Per la sua prossimità geografica e per essere divenuta la piattaforma più avanzata degli Usa e della Nato proiettata verso gli scacchieri mediterraneo e mediorientale.

Non è un mistero svelato, oggi, da Wikileaks, che a Sigonella sono concentrate le più sofisticate capacità Usa di dispiegamento rapido per la cosiddetta “lotta al terrorismo”.

Scenari terribili si possono, dunque, avverare e trovare impreparate l’Italia e l’Europa le quali, a differenza degli Usa, non hanno elaborato verso questi paesi una dottrina unitaria, una politica autonoma di pace e di cooperazione reciprocamente vantaggiosa.

Ma torniamo all’emergenza emigrazione che, in pochi giorni, ha visto sbarcare in Sicilia quasi 6.000 persone; un dato allarmante e anche un po’ strano poiché non si capisce come mai da un paese finalmente liberato i giovani fuggano invece di restare per ricostruire l’economia e consolidare la democrazia.

Evidentemente, qualcosa non quadra in queste “rivoluzioni incompiute” che hanno detronizzato i rais, ma lasciato il potere ai loro colleghi militari e agli esponenti dell’ancien regime.

I siciliani hanno accolto con spirito umanitario la nuova ondata migratoria, tuttavia non hanno gradito la volontà del governo di concentrare nell’Isola i flussi in arrivo.

Diversi sindaci, specie quelli di Lampedusa, Mineo e Caltagirone, hanno espresso alcune comprensibili preoccupazioni.

Ovviamente, il disagio non è solo locale, ma riguarda l’intera Sicilia che certo non può fronteggiare, da sola, un’emergenza di dimensioni nazionale ed europea, nemmeno con gli aiuti promessi. Questo- a me pare- il punto politico principale su cui la Regione deve puntare i piedi.

Un’insistenza sospetta quella del governo delle “eterne emergenze” nelle quali- sappiamo- anche i sentimenti più genuini vengono travolti da manovre e interessi spudorati.

Specie se in ballo ci sono contratti milionari che facilmente accendono appetiti affaristici e clientelari.

Come quelli che si profilano con l’operazione “villaggio della solidarietà” di Mineo dove Berlusconi e Maroni vorrebbero concentrare sette mila rifugiati regolari.

Una proposta che farà la gioia del cavaliere Pizzarotti, ma non quella dei sindaci della zona e delle stesse associazioni dei profughi che la considerano un marchingegno, per altro molto costoso, che, invece di favorire l’integrazione, isolerebbe i rifugiati in una sorta di ghetto a quattro stelle.

Come mai una proposta simile non è stata avanzata a una regione del Nord dove i profughi e gli immigrati desiderano vivere?

Forse per tenerli lontano dalla “padania” ed evitare problemi elettorali alla Lega?

Solo così si può spiegare tanta sospetta benevolenza nei confronti dell’Isola e degli immigrati che è  un’amara conferma del ruolo subalterno assegnato all’Isola nella prospettiva strategica dell’Italia.

Anche in questo caso, si riscontrano un approccio detestabile e un’iniqua suddivisione dei ruoli derivati dallo sviluppo del paese: i benefici, il valore aggiunto al centro-nord, le conseguenze negative, i problemi al sud, in Sicilia. Gli esempi sono tanti, antichi e recenti.

Valga per tutti l’anomalia degli scambi commerciali con i Paesi arabi rispetto ai quali le regioni del centro-nord sono le principali esportatrici di beni e servizi, mentre la Sicilia si deve far carico dell’importazione di enormi e inquinanti quantitativi d’idrocarburi, destinati a incrementarsi con la costruzione dei due rigassificatori.

Spiace rilevarlo, ma la concentrazione nell’Isola di questa massa d’immigrati e di rifugiati ha tutto il sapore di una nuova azione discriminatrice e, anche, un po’ razzistica.

 
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Gheddafi in tv: "Sono a Tripoli"

Post n°2 pubblicato il 22 Febbraio 2011 da rea_83
Foto di rea_83

Qualcuno grida allo scandalo per la tardiva presa di distanze di Silvio Berlusconi dal Colonnello Gheddafi accolto in pompa magna a Roma in occasione dell'ultima visita di Stato. Qualche altro ricorda Massimo D'Alema che aspettava fuori dalla tenda dello stesso Gheddafi a Villa Pamphili, nel giugno 2009, dopo che il rais aveva boicottato un incontro a Montecitorio. Nessuno può dimenticare che l'Italia è il primo importatore di petrolio libico e il terzo di gas. L'incertezza che grava sul regime libico apre interrogativi sul futuro delle relazioni fra Roma e Tripoli in un eventuale dopo Gheddafi.

De Michelis: quando si è stretto il legame
"La vera intesa è venuta con la Seconda Repubblica - dice uno dei protagonisti della Prima Repubblica, Gianni De Michelis, al Foglio - Cosa peraltro comprensibile per le motivazioni economiche ed energetiche, ma anche per quelle geopolitiche.
Non si deve giudicare negativamente. Però, si sarebbe dovuto capire da tempo che le situazioni di questi paesi non erano destinate a durare indefinitamente". E ora? C'e' il timore che il ruolo svolto dall'Italia "possa finire molto male. Se il regime di Gheddafi cade precipitosamente, potremmo avere guai seri", dice l'ex ministro degli Esteri, che non ha dubbi: "Fra le rivolte che hanno segnato l'inizio dell'anno, quella libica è destinata ad avere un grande peso sugli affari italiani. Roma e Tripoli
hanno un'intesa sull'immigrazione che è di importanza vitale per il Mediterraneo. Al tempo stesso, i due governi hanno accordi vantaggiosi nel settore petrolifero, che oggi coinvolgono anche altre società internazionali".

Ancora in sella
Il leader libico Muammar Gheddafi è apparso ieri sera in televisione per pochi secondo, a smentire le voci che lo davano in fuga dalla Libia, sconvolta da giorni dalle proteste e da una violenta repressione. Niente Venezuela: "Vedrò i giovani in Piazza Verde. Per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela, e smentire le televisioni, questi cani", ha detto il colonnello, ripreso dalla televisione di stato libica nella sua residenza di Bab Al Aziziya, a Tripoli, in cappotto, mentre sale su un'automobile, con un ombrello in mano per proteggersi dalla pioggia, davanti alla sua residenza-caserma.

Ma quale genocidio
La tv di Stato smentisce questa mattina le voci di "massacri" nel paese anche se dal mondo arabo e dagli Stati Uniti si moltiplicano le voci di condanna per la sanguinosa repressione del regime del colonello. "Dicono che vi siano stati massacri in diverse città e villaggi della Libia. Dobbiamo lottare contro queste menzogne e semplici
voci che sono gli strumenti di una guerra psicologica" dice il sottotitolo che viene continuamente trasmesso su banda rossa sulla televisione Al-Jamahiriya. Queste informazioni, prosegue la scritta "vogliono distuggere il vostro morale, la vostra
stabilità, le vostre ricchezze".

Basta 
Il segretario di Stato Usa Clinton ha intimato al governo libico di mettere fine al "bagno di sangue" e la repressione libica è condannata con forza oggi
anche da Hamas e dall'Iran. "Condanniamo con forza la repressione organizzata dal regime del colonnello Gheddafi contro il proprio popolo... - dice Hamas -
Il regime ha fatto intervenire l'aviazione contro la folla e noi invitiamo il popolo palestinese, i musulmani e gli arabi a condannare questi massacri".

Sulla stessa lunghezza d'onda la repubblica islamica iraniana. "Le violenze estreme utilizzate contro il popolo libico sono inaccettabili e noi le condanniamo", ha dichiarato Mehmanparast, portavoce del ministero degli esteri "Le notizie sui raid aerei compiuti contro dimostranti e quartieri residenziali e il massacro d' innocenti sono spiacevoli e sorprendenti, chiediamo alle organizzazioni internazionali di agire per fermarli".

In fuga
In questa situazione, gli stranieri ancora in Libia cercano di lasciare il paese. Un C-130 dell'aeronautica militare italiana è pronto a partire per Bengasi alla scopo di rimpatriare i primi 100 italiani dalla città libica": lo ha confermato oggi il ministro della difesa, Ignazio La Russa, precisando che "l'aereo dovrebbe partire in mattinata e
rientrare in giornata".

Centinaia di morti
La repressione in corso in Libia ha causato nella sola giornata di ieri almeno 160 morti: è la stima avanzata dalla rete satellitare Al Arabiya, mentre Al Jazeera
parla di almeno 250 vittime nei bombardamenti aerei sulla capitale. Ieri mattina l'organizzazione umanitaria Human Rights Watch aveva fornito un bilancio totale di 233 morti dall'inizio delle manifestazione: secondo la Federazione Internazionale della
Lega per i Diritti umani (Fidh) tuttavia il numero delle vittime sarebbe compreso fra i 300 e 400.

 
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