Creato da piedemigratore il 25/07/2008

Storie Strampalate

arte di vivere

 

Processato: paghi le lenzuola

Post n°23 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da piedemigratore


di ALESSANDRA LONGO


 


ROMA - Disperato, senza orizzonti, solo con i suoi pensieri in quella cella. Il detenuto curdo decide di farla finita, riduce due federe a striscioline, si mette il cappio al collo. Ma ecco che le guardie del carcere triestino del Coroneo intuiscono la situazione, e all'ultimo momento lo salvano.

Storia a lieto fine? Sì, ma con multa. Lo Stato italiano rivuole i soldi delle federe. Sette euro. L'aspirante suicida, che nel frattempo è uscito di prigione e ha anche ottenuto asilo politico, rimborsa il dovuto e pensa che sia finita lì. E invece no. L'ingranaggio micidiale ormai si è messo in moto, come racconta Il Piccolo di Trieste. Sarà pure stato depresso e incline a lasciare questo mondo ma il curdo ha fatto a pezzi quelle due federe. Un magistrato lo rinvia a giudizio per danneggiamento aggravato. La motivazione è molto severa: "Con coscienza e volontà distruggeva un bene della Pubblica amministrazione".

In primo grado i giudici si convincono che non bastano i sette euro già risarciti, ci vuole una sanzione, deve rimanere agli atti che anche chi si suicida ha degli obblighi da rispettare, non può usare impunemente beni di proprietà altrui solo perché pressato dall'emergenza. Alla fine quantificano la multa: 30 euro.

Basta così? No, si va avanti. E' storia di pochi giorni fa. Il difensore del curdo ricorre in appello e chiede, in sintonia con il rappresentante della Procura generale, che il suo cliente venga assolto. In fondo, la situazione in cui si è prodotto il reato, cioè il danneggiamento delle federe, era stata drammatica, il detenuto si trovava in uno stato di evidente prostrazione, aveva deciso di porre termine ai suoi giorni, si era guardato intorno e quelle due federe gli erano sembrate l'unico modo di attuare l'insano proposito...

Tre magistrati si riuniscono in Camera di consiglio e discutono fra di loro del caso. Consulto delicato, forse anche tormentato. L'arringa dell'avvocato e la disponibilità dell'accusa non fanno breccia. La legge è la legge. Il curdo non può essere assolto. Arriva una nuova condanna. Però una crepa si è aperta. In appello la multa viene ritoccata: invece di trenta euro, ne bastano, a saldare il conto, venticinque. E' presto per conoscere le motivazioni della sentenza ma non appena arriverà non è affatto escluso che la faccenda delle federe approdi in Cassazione. E poi dicono che la giustizia non funziona


 

 
 
 

Una giornata da campanaro

Post n°13 pubblicato il 10 Settembre 2008 da piedemigratore


Non sono tanti, sono motivatissimi e combattono contro l'elettrificazione totale delle campane. Una piccola campagna sotterranea si sta svolgendo tra i campanili della provincia e di tutto il nord italia per evitare la scomparsa dei campanari, e quindi dei rintocchi di campana "fatti a mano" attaccandosi a una corda, o facendo suonare con una tastiera di legno i battacchi delle campane. Una attività che raduna una insospettabile schiera di veri appassionati. E se pensate che “gli appassionati” siano una congrega di arzilli vecchietti, vi sbagliate: tra di loro ci sono pure ragazzi. Marco Righetto ha 24 anni, è di Venegono, di mestiere fa il termoidraulico. E, da qualche mee, suona le campane della chiesa di Giubiano in Varese.

«Ho cominciato quando avevo 13 anni a Venegono Superiore. Poi, grazie all'aiuto di alcune persone che mi spronavano a passare a concerti veri, ho cercato, grazie al sito della società italiana di campanologia, un concerto di campane manuali e l'ho trovato qui a Giubiano». Meno male che tra Venegono superiore e la parrocchia varesina di Giubiano ci sono delle comodissime Ferrovie Nord: sono state loro infatti a coniugare una passione con una esigenza, quella di campanari che suonino.A Venegono Superiore infatti «Le campane della parrocchia sono cinque, tutte elettrificate, e non c'è possibilità di suonarle manualmente. Quella di Giubiano invece è una delle poche parrocchie che hanno la possibilità di suono manuale, e dato che è anche facilmente raggiungibile con il treno, mi sono reso conto che potevo tranquillamente venire ogni domenica e suonare le campane. Alla prima solennità poi ho incontrato il gruppo campanari di qui, ho iniziato a imparare il concerto solenne con le campane in piedi e da allora vengo tutte le domeniche»

Hai mai studiato musica? «Solo in maniera scolastica, una cosa seria mai. Ma del resto, quando impari a suonare a concerto solenne, più che la musica devi imparare a sentire la velocità delle campane, per richiamarle al momento giusto». Hai studiato molto, però, delle campane... «Sì, e di questo sono grato alla società italiana di campanologia che ha un sito molto ben dettagliato riguardo le campane: dall'acustica a come suonano le campane, da come sono fatte a come sono montate. Grazie a loro mi sono documentato molto, e poi li ho conosciuti anche di persona». C'è una campana che sogni di suonare? «Beh, San Vittore qua a Varese è il sogno proibito di tutti i campanari. E di tutta Italia, credo...».

Fare il campanaro ha bisogno di orecchio e di forza fisica. E anche di una certa assenza di vertigini. Salire su un campanile infatti non è uno scherzo, le scale sono tutte di legno e non è mestiere da “femminuccia”: lo può testimoniare chi scrive, che ha avuto il suo bel timore a salire sul campanile di Giubiano, per vedere "dal vivo" e testimoniare in video come si suona una campana a tastiera. 38 metri di scala di legno, per chi non se li aspetta, possono dare il panico. “Mavalà, questa scala ha addirittura il parapetto! - consola Marco - Chissà come ti sarebbe andata se fossimo stati a Ispra: lì ci sono 45 metri di scala a pioli...”

Dal campanile, però, la visione del mondo e della musica è totalmente diversa: vedere le campane da dietro, da così vicino e così al di sopra del mondo, dà decisamente un bell'effetto. Ma sono sempre meno quelli che vedono il mondo da quella direzione. “Le campane non elettrificate in provincia sono pochissime - spiega Righetto - A Varese c'è Giubiano e la Madonnina in prato di Biumo, poi c'è Besano, c'è la Badia di Ganna che ha le campane elettriche ma anche a corda e così Bolladello. E poi c'è Morazzone...” A Morazzone c'è stato un vero e proprio movimento di conservazione delle campane a corda, iniziato 10 anni fa quando per la prima volta si era parlato di elettrificare la campane “Io sono uno di quelli che non ha voluto farlo - spiega il campanaro del paese, che ci accompagna - E per far si che non succedesse sono riuscito a recuperare un bel gruppetto, abbastanza giovane, di sette o otto persone che stanno continuando ancora ora a suonare”. Un piccolo lavoro volontario da difrendere: “Chi suona le campane lo fa per rendere un servizio alla chiesa, e per suonare anche uno strumento che ha caratteristiche un po' diverse dal normale” spiega Righetto” E serve anche per mantenere le tradizioni, che si stanno perdendo”.

Tradizioni che qui hanno anche una solida storia industriale, visto che una delle più importanti e pregiate fonderie di campane era la Bizzozzero, che ha realizzato alcune delel campane più famose d'Italia, e che tra le poiche esiste anche la varesina Bianchi. E che sarebbe davvero un peccato perdere, solo perchè non se ne conosce l'esistenza.



 
 
 

 GARA DI LANCIO DEL TELEFONINO

Post n°9 pubblicato il 25 Agosto 2008 da piedemigratore

 Lanciare telefonini il più lontano possibile per liberarsi dalle frustrazioni. Non solo un gesto liberatorio ma un vero e proprio sport. Così almeno viene inteso in Estonia, dove anche quest'anno si è tenuta l'annuale competizione di lancio del telefonino che dura un intero fine settimana e attira turisti da ogni parte del mondo. La gara è aperta a tutti, adulti e bambini e per l'edizione 2008 il risultato migliore è stato quello dell'estone Timmo Lilium che ha lanciato il cellulare a 85 metri, ben lontano però dal record del mondo di 94,47 metri stabilito dal finlandese Mikko Lampi. "Mi sono allenato molto per questa gara - ha detto Lilium - tutti i giorni alle cinque in punto, nello stadio della mia città mi esercito nel lancio del telefonino".

Per le donne, il record dell'anno è dell'estone Valeria Kadorova, che ha lanciato il telefonino a 41 metri. Un vero e proprio sport che ha la capacità di far sentire meglio chi lo pratica. "Abbiamo organizzato questa gara perché vogliamo liberare le persone dalle frustrazioni dei cellulari - ha detto Christine Lund, organizzatrice del torneo -. Li amiamo e li odiamo e a volte non vogliamo essere sempre reperibili, gettarli via è una sorta di liberazione".

 
 
 

Igor principe dei ladri

Post n°8 pubblicato il 23 Agosto 2008 da piedemigratore

di IAN AUSTER

 Cosa pensava di fare, esattamente, con 2.865 biciclette? Questo non è che uno dei numerosi interrogativi suscitati dall'arresto, avvenuto lo scorso mese, di Igor Kenk, il proprietario di un negozio di bici di seconda mano a Toronto. Oggi, il corpo del reato si trova stipato in quello che un tempo era un garage delle forze dell'ordine, con il tetto che lascia entrare l'acqua. Qui, disposte in ordine di marca e poggiate per lo più sui manubri - con le ruote verso l'alto - sono conservate 2.396 delle biciclette che Kenk avrebbe rubato, o fatto rubare.

A giudicare da questo confuso assortimento, Kenk potrebbe ben meritarsi il titolo di campione mondiale di furti di biciclette. E mentre lui aspetta di rispondere di 58 capi di accusa, le sue motivazioni, e i progetti nutriti per questa massa di acciaio, gomma e alluminio, restano avvolti nel mistero. "Probabilmente, è l'uomo più odiato di Toronto", afferma il regista Alex Jansen, che per uno studio sulla trasformazione del suo quartiere da luogo di degrado a ritrovo di moda lavora da oltre un anno a un documentario su Kenk. L'uomo, spiega Jansen, agiva come una sorta di assistente sociale: forniva opportunità di lavoro alla gente di strada e ai pazienti di un vicino istituto di igiene mentale. Naturalmente, comprendevano tra l'altro i furti di biciclette.

In una città che è famosa per essere considerata uno dei paradisi mondiali delle due ruote, l'arresto ha scatenato reazioni di rabbia. Circa 15 mila vittime di furto di biciclette, alcuni dei quali con gli occhi umidi di commozione, hanno passato in rassegna speranzosi la raccolta di Kenk alla ricerca delle bici perdute.

Il pubblico ha avuto una reazione sbalorditiva, ha detto Ruth White, sovrintendente del Quattordicesimo distretto di polizia. "In trent'anni non avevo mai visto nulla del genere". Gli uomini della polizia e molti ciclisti si erano accorti che il negozietto di Kenk, la "Bicycle Clinic", sembrava un buco nero che risucchiava bici rubate. Non era raro infatti che le vittime di furto vi ritrovassero le proprie biciclette, che spesso riuscivano a riprendersi in seguito a una intensa lite o dietro il pagamento di 30 o 40 dollari. Arrestato una volta in passato, Kenk era stato poi prosciolto quando i pubblici ministeri non erano riusciti a provare che fosse al corrente del fatto che le bici in suo possesso fossero rubate. Da allora la polizia aveva smesso di interessarsi a lui, e in molti nel quartiere avevano iniziato a tollerarlo. "Per riprendersi una bici rubata, passare da Igor era ormai una tradizione, e la gente del quartiere ormai questo lo aveva accettato", afferma la signora White. A portare all'arresto di Kent è stata l'impennata dei furti di biciclette registrata a giugno, e che ha obbligato il Quattordicesimo distretto ad intraprendere uno sforzo collettivo per acciuffare i ladri, lasciando per strada delle bici-esca.

Un pomeriggio, sotto lo sguardo di alcuni poliziotti in borghese, Kenk e un altro individuo sono passati davanti ad una "esca", senza lasciar trapelare interesse alcuno. Subito dopo però, Kenk ha ordinato al complice di spezzare il catenaccio di altre due biciclette, non della polizia, a bordo delle quali sono fuggiti. Più tardi, quando la polizia tentò di fare irruzione nella "Bicycle clinic", i vigili del fuoco le impedirono l'accesso: l'edificio era talmente stipato di bici e parti di ricambio che una squadra di soccorso dovette rimuovere le finestre del piano superiore e calare giù le bici con le funi.

Non era che l'inizio. A casa di Kenk vennero ritrovate altre ducento bici, mentre in tutta la città dieci locatori riferirono di aver affittato all'uomo dei garage, che lui aveva riempito di biciclette. La signora White fa però notare che Kenk "deve averci fatto un sacco di soldi". Mentre il suo negozio era pericolante, infatti, Kenk divideva con la sua compagna, Jeanie Chung, una casa in affitto a Yorkville: un quartiere elegante e alla moda.

Dall'arresto di Kenk, le teorie sulle sue motivazioni si sono moltiplicate. L'ispettore Bryce Evans teorizza che, poiché in possesso di una licenza come rivenditore di metalli usati, l'uomo stesse cavalcando il mercato delle materie prime in attesa che il prezzo del metallo toccasse un nuovo picco, per poi fondere le bici. In passato, Kenk aveva dichiarato di accumulare bici in vista di una grave crisi petrolifera, ma lo scorso luglio, nel corso di un'intervista radiofonica, Kenk si è descritto come un individuo pronto a battersi contro i furti, nonché protettore di biciclette scartate. Kenk, che ha un passaporto sloveno, ha dichiarato di essere un poliziotto e un ex agente del Kgb, ma non ha contribuito a fare luce sulla vicenda. Il suo avvocato, Lon G. Rose, non ha voluto elaborare né dare informazioni sul passato del cliente, limitandosi ad affermare che "la reazione pubblica è un tantino estrema e inquietante". Il regista Jansen considera Kenk un carismatico filosofo di quartiere a volte mal consigliato. Secondo Jansen, Kenk incarnava il nesso tra i tempi in cui il quartiere era fatiscente e i nostri giorni, che lo hanno trasformato in Distretto delle arti e del design.

Le bici ammassate da Kenk non sembrano rispondere ad alcun criterio, e comprendono tra l'altro carrellini per il trasporto a traino dei bambini e almeno un triciclo, ma non tutte sono danneggiate o mancano di pezzi. Due intere pareti del garage sono poi coperte da scatole colme di lucchetti per biciclette, che a seconda dei casi, possono essere considerati assolutamente adatti alle circostanze, o del tutto inutili.

 
 
 

kirk

Post n°7 pubblicato il 23 Agosto 2008 da piedemigratore

Nella stanza di una gabbia per matti

Ricordo le giornate passate altrove,

l’infiniti pomeriggi a perdermi nei campi,

la luminosità di una aurora senza paure.

Oggi la giornata scarseggia di emozione,e

Deride della smorfia di ogni respiro.

Quando cammino per questo corridoio

Sento l’alito pesante della brodaglia di mezzogiorno.

E i rumori delle scarpe degli infermieri.

Non c’è scampo per uno come me, senza famiglia

In ogni modo qualcuno si fa avanti per prenderti la mano

Per far  sentire la sua pietà di due soldi.

Cosa posso dirvi, la mia terra è una banale foto di calendario

Appesa a un chiodo della cucina,il chiodo si è arrugginito

Di tanto aspettare la mia partenza.

Dove poteva andare uno come me senza istruzione,

con un  lavoro da pochi soldi,con un dente cariato,

e le scarpe rotte da tanto camminare.

Mi sono arruolato come volontario in una casa dei poveri,

ho pulito i bagni della stazione di treno e

alla fine ho cercato riparo in una discarica.

Ho lavorato sodo, come un orfano che vuole avere un padre.

Ho pianto sotto la piaggia,e ho

abracciato a una vecchia coperta.Oggi tutto questo

non significa niente vorrei soltanto dimenticare la mia testa malata.

 
 
 

Un rapinatore che va a fare i colpi in taxi

Post n°6 pubblicato il 23 Agosto 2008 da piedemigratore

 Sembra una comica, invece ieri mattina il bandito, 25-30 anni, 1 metro e 80, italiano, con cappellino e occhiali da sole, si è fatto portare in taxi all´ufficio postale di via Caracciolo, ha detto al tassista di attendere, è entrato, ha mostrato a un´impiegata il calcio di una pistola infilata nella cintura, si è fatto consegnare 500 euro, è uscito e si è di nuovo infilato nel taxi. Luigi, un autista, ha assistito alla rapina. Ha sentito l´urlo della cassiera, poi ha visto l´uomo uscire in fretta: «L´ho seguito e l´ho visto salire sul taxi, sul sedile anteriore. Ho detto al tassista "Ha fatto una rapina": lui mi ha sentito e ha rallentato cercando di fermarsi. Poi ha continuato per qualche altro metro e ha rallentato di nuovo. Alla fine è andato via». Forse perché minacciato dal rapinatore.

Carabinieri e polizia gli stanno dando la caccia. Diverse testimonianze e le riprese delle telecamere lo indicano come l´autore di alcuni colpi messi a segno nei giorni scorsi, alcuni dei quali usando il taxi come mezzo di fuga. L´uomo non estrae mai la pistola, si limita a sollevare la maglietta per mostrarne il calcio. Il 12 agosto ha preso di mira il Lidl di via D´Annunzio e si è fatto consegnare 400 euro e poco più tardi il Penny Market in via Burchiello (bottino: 500 euro). Il 13 agosto ha usato il taxi per farsi portare alla Coop di Grassina. E´ sceso, ha rapinato 1.000 euro, si è fatto portar via e per quel giorno si è accontentato. Mercoledì 20, invece, è stato insaziabile. Ha chiamato un taxi, ha rapinato il Penny Market di Grassina (315 euro), si è fatto portare a Firenze, ha fatto fermare un attimo il taxi davanti alla In Coop in via Madonna della Querce, alle Cure, ha rapinato circa 500 euro, è risalito in taxi e se ne è andato. Non ancora soddisfatto, si è spostato, sembra con mezzi propri, fino a una farmacia di viale Europa, dove ha portato via altri 500 euro.

 
 
 

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