Sembra che ad Avellino sia stata individuata la ricetta per sconfiggere la crisi, nonostante l'endemica carenza di infrastrutture, i servizi che non funzionano e nessuna comodità per chi, proveniente da un'altra città, volesse passare una serata nel capoluogo. Da qualche mese a questa parte, infatti, fra Avellino e dintorni è tutto un fiorire di bar, ristoranti, pizzerie, friggitorie, rivendite di patatine olandesi, vinerie, osterie, trattorie, paninoteche ed altri luoghi di ristoro, per tutte le tasche e tutti i gusti. Uno sviluppo, questo, che ha del paradossale, se si guarda alla distanza sempre più limitata tra un esercizio e l'altro, spesso posti uno di fronte all'altro oppure separati da appena qualche metro. In un numero sempre maggiore, come se l'attività preferita degli avellinesi fosse diventata quella di andare a mangiare fuori. Come se in città ci fosse una cospicua quantità di impiegati e lavoratori dipendenti costretti ad andare al ristorante ad ora di pranzo. Come se di sera i ragazzi e le ragazze di Avellino fossero presi da un'invincibile fame, per cui passano da una pizzeria ad un'altra per placarla, abbuffandosi a tutto spiano.
Ovviamente, il proliferare di siffatte attività all'insegna del "mangia che ti passa", in barba ad ogni accortezza che pure impone la diffusa mancanza di liquidità, le tasse che aumentano e gli stipendi che, quando ci sono, sono mestamente fermi rispetto alla crescita esagerata del costo della vita, appare il frutto di una valutazione piuttosto sovradimensionata che ha spinto molti imprenditori a puntare sulla ristorazione ad Avellino, che non è né una città turistica, né un capoluogo particolarmente efficiente per i suoi servizi. Abitata dai soliti sessantamila abitanti. Una volta in città, e allora si vedevano più turisti enogastronomici di adesso, c'erano pochi punti fermi nella ristorazione locale, finiti con merito sulle guide Slow Food (quelle curate dal compianto Gabriele Matarazzo), per le loro specialità fedeli alla tradizione culinaria nostrana, tanto ricercate anche da fuori regione.
Oggi invece i ritrovi irpini doc sono sempre di meno, mentre si registra una "contaminazione", non proprio sostenibile, di cucine altre che si sono sovrapposte alla gastronomia tipica avellinese. Grazie soprattutto ai molteplici inserimenti dalla provincia di Napoli e Caserta. Fino a rendere Avellino la città dei ristoranti vuoti dove sempre meno sono i buongustai in giro.
Inviato da: carlopicone1960
il 01/07/2012 alle 12:48