paese reale

Cresce il partito del non-voto

“La campagna elettorale più indecente degli ultimi cinquant’anni anni”. Questo il drastico giudizio  sentito in tv dallo storico Aldo Giannuli, che non si può non condividere su questa campagna per le politiche del 4 marzo. Una campagna fatta esclusivamente di scandali e accuse reciproche, con una violenza non solo verbale davvero inaudita, mentre si dovrebbe parlare solo di politica e di proposte realizzabili.

Il senso delle parole del docente all’Università di Bari coglie perfettamente il clima strano e a tratti surreale di queste ultime due settimane che ci separano dal voto. Giannuli, uno di quegli intellettuali che hanno visto con favore l’affermazione dei Cinquestelle, diventandone un “grande elettore” (adesso però molto critico nei confronti del programma elettorale del M5S), nonostante il suo lungo passato di uomo di sinistra, affida la sua analisi impietosa della non-campagna elettorale 2018 ad un appassionato post comparso sul suo blog, che sottoscriviamo in toto. 

Ma se il clima a livello nazionale è inequivocabilmente quello descritto da avvisi di garanzia, trame truffaldine e soprattutto problemi politici messi clamorosamente da parte, insieme alle emergenze della disoccupazione, della malavita organizzata, del Mezzogiorno sottosviluppato, della povertà in aumento, del futuro delle nuove generazioni, dell’ambiente devastato e dell’inquinamento oltre ogni limite, tutte tristemente dimenticate; ancor più “indecente” appare la campagna elettorale ad Avellino e provincia. Anche se, nel nostro caso, più che di “indecenza” dovremmo parlare di “assenza”. Perché è quasi impalpabile il fatto che, anche da queste parti, saremo chiamati a scegliere il destino dell’Italia, almeno per i prossimi cinque anni. 

Quasi si rimpiangono gli anni della Prima Repubblica, coi comizi in piazza, i confronti all’ultimo voto, i manifesti e tutti gli strumenti di propaganda che servivano almeno a conoscere chi votare. Oggi, invece, tra candidati paracadutati da altre realtà lontane, “listini” blindati, “impresentabili” ed inquisiti un po’ in tutti i partiti, ci si mette anche un sistema elettorale che, invece di semplificare e migliorare quello precedente, giudicato incostituzionale, si sta rivelando ancor più complicato. Tanto che qualche commentatore, come Pierluigi Battista, sul “Corriere della Sera”, ha detto che per votare ci vorrebbe “una laurea di specializzazione in sistemi elettorali complessi”. 

In effetti, le indicazioni, con tanto di facsimile, uscite in questi giorni sui media nazionali, con cervellotiche spiegazioni sulle modalità di voto, raccomandazioni incomprensibili su come esercitarlo, evitando di finire per annullarlo, non possono che allontanare ulteriormente dall’appuntamento con le urne quanti non hanno frequentato un introduttivo corso di formazione del buon elettore. Le complicazioni previste nell’esercizio del diritto di voto, con le tante probabilità che si vada alle urne convinti di scegliere un candidato mentre poi la propria preferenza finirà ad altri o addirittura a nessuno, difatti, accrescono il già folto “partito del non voto”. Ancora più numerosi gli indecisi. Molti di più quelli che, il 4 marzo, eviteranno noie.