Il rischio reale di quella che sarà l’amministrazione Festa, prossima all’insediamento, almeno dalle prime uscite del neo-sindaco e dal toto-assessori inevitabilmente iniziato, è che, invece del cambiamento palingenetico della macchina comunale e degli stessi indirizzi di politica locale, si tratterà semplicemente di una restaurazione del passato che ritorna sempre uguale. Alludiamo, per ora, alla prima dichiarazione programmatica a cui, sebbene in maniera informale, si è lasciato andare colui che da bambino aveva “il sogno di diventare sindaco di Avellino”: “A Ferragosto niente concertone”, meglio organizzare 40 eventi in tutta la città, periferie comprese, piuttosto che puntare su un grande nome della musica, per allietare l’estate degli avellinesi. Niente di nuovo e niente di male, in verità, se si punta all’obiettivo della festa diffusa e soprattutto alla quantità delle iniziative, invece che alla qualità degli ospiti ingaggiati, che, a parte il surplus di spesa, comunque comporterebbe l’arrivo nel capoluogo di una molteplicità di visitatori da altre zone della provincia e della regione.
Ormai irrimediabilmente tramontati i tempi epici delle amministrazioni guidate da Di Nunno, quando si riusciva ad accontentare tutti: il basso e l’alto, assicurando manifestazioni culturali in tutta la città per poi regalare, in conclusione, concerti di grande musica, tra Borgo Ferrovia e il centro-città, in grado di richiamare folle di fans; la stessa esperienza amministrativa di Galasso, a cui molti dei nuovi consiglieri della squadra di Festa fanno riferimento, è stata capace di portare da queste parti grandi eventi. Poi le casse comunali sono andate in tilt e progressivamente si è ridimensionata ls spettacolarità delle iniziative agostane, fino a giungere ai karaoke, ai concorsi di bellezza e ai tornei di burraco, con live show affidati a illustri sconosciuti amici degli amici. Da quello che si capisce dalle anticipazioni della nuova fascia tricolore, la linea di tendenza pare essere proprio quest’ultima: budget limitato, tempi ristretti per organizzare qualcosa di decente, ma tanti festini e festicciole ad uso del popolo dei quartieri. Lo stesso che ha determinato il risicato successo elettorale di Gianluca Festa.
Non escludendo che possa essere la via più giusta per garantire divertimento e partecipazione alla gente di Avellino, è indubbio che pochi sarebbero quelli che da altre province verrebbero attirati a trascorrere qualche serata nel capoluogo, considerato che l’estate in Irpinia è fatta di mille sagre ed altri appuntamenti suggestivi che muovono una massa di visitatori verso i nostri bei paesi, togliendoli alla calma piatta ed afosa della città.
C’è dunque, lo ripetiamo, grande curiosità nel sentire le linee guida del programma della nuova compagine amministrativa. Forte dei numeri a suo favore, essa può governare senza paura di essere messa in minoranza, com’è stato per Ciampi. Tuttavia, le prime indiscrezioni restituiscono un quadro per niente entusiasmante, costellato da troppe figure protagoniste di esperienze di governo del passato. Se è vero che nel toto-deleghe spiccano i nomi già noti di Giacobbe, all’Istruzione, Genovese, ai Lavori pubblici, della Nargi, vicesindaco e responsabile alla Cultura, più gli annunciati tre super-esperti, due dei quali, le già presentate Di Falco e Buondonno, mentre un altro nominativo non è ancora trapelato.
Senza nulla togliere alle loro competenze, le perplessità riguardano proprio l’indirizzo culturale che Festa vorrà imprimere alla politica locale. Avellino necessita non solo di maggior pulizia ed efficienza dei servizi, ma di un progetto culturale che ne rifondi e migliori la vivibilità, restituendole il ruolo di capoluogo di una provincia bellissima ma in buona parte abbandonata. E questo si può realizzare mettendo le persone giuste nei posti giusti, evitando di sancirne la morte causata da una qualità della vita sempre più negativa. Senza che si trasmuti in uno delle centinaia di paesi dell’Irpinia, anonimo e privo di qualsiasi attrattiva. Il numero sempre crescente di giovani che dal capoluogo migrano altrove, in cerca di lavoro e realizzazione personale, dovrebbe già mettere in allarme le istituzioni locali.
Inviato da: carlopicone1960
il 01/07/2012 alle 12:48