paese reale

Quando finirà l’incontenibile entusiasmo che avvolge il neo-sindaco di Avellino, quando smetterà di ridere per assumere un contegno più serio, Gianluca Festa dovrà misurarsi con le tante emergenze che affliggono i cittadini. L’ultima gli è piombata sul collo appena insediatosi a Piazza del Popolo: l’incubo forse più grande e insopportabile. Gianandrea De Cesare, tycoon della Sidigas, società quasi monopolista nella fornitura del gas metano è sull’orlo del crac finanziario. 

La sua fama di ricchezza inattaccabile è di colpo messa a repentaglio dall’istanza di fallimento emessa dalla Procura della Repubblica di Avellino, a causa di crediti pregressi e mai incassati prima da parte dell’Eni, poi da altri soggetti. Alla grave esposizione debitoria si aggiungono le accuse di operazioni di finanza “creativa”, con presunte manipolazioni di bilanci e libri contabili. 

La minaccia potrebbe diventare drammatica realtà nell’udienza fissata per il prossimo 12 luglio, presso il Tribunale di Napoli. Si tratta di una cifra che complessivamente si aggira intorno ai 90 milioni, circostanza che ha spinto De Cesare, amministratore delegato della Spa e quindi dei club di basket e di calcio che fanno ad essa riferimento, ad annunciare la sua volontà di cedere entrambe le società. 

La più oberata di debiti, la Scandone Sidigas Avellino, non ha trovato acquirenti e così si avvia mestamente all’autoretrocessione, che le assicurerebbe almeno di finire in B, dopo stagioni esaltanti nella massima serie. Altrettanto problematico il tentativo di evitare il rischio dell’ennesima cancellatura della compagine di calcio, appena promossa in Lega Pro. Malgrado non ci siano situazioni debitorie, nessuno si è finora fatto avanti in maniera concreta e affidabile per rilevarla, in attesa dell’esito dell’udienza del prossimo 12 luglio, chiamata a decidere il destino dell’imprenditore napoletano in odore di fallimento. Anche se, a metà luglio, sarà forse tardi per allestire una squadra da schierare in Lega Pro, se le cose dovessero andare bene. 

Intanto, il mito del “Paperon dei Paperoni” in elicottero è decisamente infranto. Nello sbigottimento generale di un ambiente in cui i tifosi del calcio sembrano rivedere gli spettri della mancata iscrizione in B con Taccone e la discesa negli inferi dei dilettanti, da cui proprio De Cesare li aveva rialzati. 

Non dimentichiamo, però, le preoccupazioni ancor più vive dei numerosi lavoratori alle dipendenze della società di distribuzione del gas, che con le loro famiglie potrebbero finire sul lastrico in caso di crac definitivo.

Pochi, intanto, hanno cercato di spiegare le ragioni di tale stratosferica caduta. È prevalso l’aspetto emotivo di una dismissione che priva del suo maggiore azionista lo sport avellinese. Le cifre in mano alla magistratura inquirente spaventano non poco. 

Sul piede di guerra, prima degli altri, sono i tifosi della Curva, legati ai colori storici dell’U. S. Avellino 1912, che, riuniti intorno all’Associazione “…Per la Storia”, si stanno effettivamente muovendo per arrivare ad una soluzione. La partita, per adesso, è in mano a loro. 

Pur riflettendo sull’ennesima dimostrazione dell’incapacità da parte di una realtà economicamente sottosviluppata, come quella del capoluogo irpino, di mantenere in vita due club ad alto livello sia nel calcio che nel basket, non si può cancellare anche lo sport che conta in una dimensione di città-paese che già offre poco o niente in termini di vivibilità e qualità della vita. Sarebbe una sciagura per tutti. Da evitare con tutte le forze.