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Post n°55 pubblicato il 30 Gennaio 2015 da angi137
TANIZAKI AVEVA RAGIONE "Supponiamo ora che inventori della penna stilografica siano stati un Giapponese o un Cinese dell'antichità; certamente all'estremità della stilografica vi sarebbe oggi un pennello, e non una punta metallica. Probabilmente, scivolerebbe dal serbatoio un inchiostro simile a quello di China, non il llquido blu che scende oggi. E, la carta occidentale mal convenendo al pennello, si produrrebbe industrialmente qualcosa di simile alla carta della nostra tradizione, una sorta di hanshi modificato. O forse, avremmo inventato una carta nuova, adatta tuttavia ai morbidi peli dei pennelli "stilografici". Se carta, inchiostro, pennello si fossero sviluppati in questa forma originale, chi avrebbe prestato orecchio ai fautori di inchiostri blu, e di punteruoli metallici? I partigiani dei caratteri occidentali non avrebbero trovato seguito, e tutti sarebbero ancora incantati dagli ideogrammi e dai kana. Ma non basta: forse la nostra letteratura avrebbe percorso una strada sua propria, e originale. Così un oggetto di modesta apparenza, un mero articolo di cancelleria, può, nell'universo della cultura, ripercuotersi, con i suoi effetti, sin quasi all'infinito." Questo brano di Jun'ichirō Tanizaki è tratto da "Libro d'ombra", saggio scritto nel 1933. Ebbene, è risultato in qualche modo profetico. Infatti le "stilografiche" con pennello e serbatoio esistono già da qualche anno. Si chiamano fude-pen e si possono trovare in qualsiasi cartoleria ben fornita. Non so se i suoi effetti siano quelli che il maestro aveva sperato, certo vengono usate principalmente da coloro che hanno intrapreso un percorso originale: i mangaka. Sebbene gli scambi fra Oriente ed Occidente siano ormai tali e tanti da non poter quasi più distinguere una linea di confine, i manga sono entrati di slancio nel mondo occidentale con un linguaggio talmente nuovo da provocare più di un fraintendimento. A questi è seguita una letteratura impregnata di realismo magico, seguita da una cinematografia che ha coniugato gli stereotipi holliwoodiani col bushido ottenendone effetti a volte mirabili e a volte deprecabili, come sempre succede. Parallelamente in Occidente la quasi dimenticata arte della calligrafia ha trovato una nuova primavera: pennini di ogni forma e misura, cannette, penne d'oca, inchiostri di ogni colore, carte fatte a mano, svolazzi di ottocentesca memoria, partecipazioni scritte a mano o con compiacenti e verosimili programmi computerizzati. Quasi a voler ritrovare uno straccio di personalizzazione nel mondo anonimo e tutto uguale della videoscrittura. Il gesto della calligrafia non è allora solo il "bello scrivere", è una dichiarazione di intenti, un'arte che in Oriente veniva ritenuta superiore alla pittura e che invece in Occidente è stata svilita a mero accessorio superfluo, tanto che negli Stati Uniti (e dove se no?) si sta già discutendo se eliminare l'insegnamento del corsivo dalle scuole. C'è una ragione, ovviamente e la ragione è l'accessibilità. È una ragione buona, forse anche una ragione ottima, ma non giustifica l'abbandono delle conquiste già fatte: perché appiattire sempre tutto verso il basso per malintese ragioni di politicamente corretto? La vera democrazia è dare gli strumenti, tutti. La vera libertà è poter far delle scelte.
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