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« GIORNI DI VALUTAImprese oltre la crisi: ... »

Unicredit choc Ha 22 miliardi di titoli a rischio

Post n°11 pubblicato il 17 Novembre 2009 da CasaPoundVarese

Francesco De Dominicis
Pubblicato il giorno: 17/11/09
«Nessun esubero con la fusione»

La spazzatura c’è. Ed è parecchia: ben 22 miliardi di euro nascosti nelle pieghe dei conti di Unicredit. Una cifra da capogiro svelata ieri, per la prima vota, direttamente da Alessandro Profumo. Per carità, non chiamateli titoli tossici. Il ceo di piazza Cordusio, dinanzi l’assemblea, ha preferito identificarli come «attività riclassificate». Fatto sta che in totale si tratta «di «22,4 miliardi, di cui 7,9 miliardi in prodotti strutturati Abs» ha spiegato Profumo.

Nessun allarme rosso. Nemmeno per quanto riguarda i 9 miliardi complessivi di esposizione nei confronti della Bce e delle Fed. A ciascuna delle due banche centrali, la banca deve circa 4,5 miliardi di euro. Denaro accumulato durante i mesi caldi della bufera finanziaria, dopo il crac di Lehman Brothers a settembre 2008, quando la crisi di liquidità correva il rischio di mettere in ginocchio i sistemi bancari mondiali.

I dati su Fed e Bce oltre che quelli sui titoli tossici e i derivati spazzati via dai bilanci dell’istituto hanno fatto da cornice allo schiaffo definitivo a Giulio Tremonti. L’assemblea di Unicredit, infatti, ha dato il definitivo disco verde all’aumento di capitale da 4 miliardi di euro. Le uniche incertezze, ora, restano sui tempi dell’operazione, che per Profumo sarà lanciata a gennaio e si concluderà nel corso del primo trimestre 2010. No definito, quindi, ai bond che portano il no nome del ministro dell’Economia.

Qualcosa di più se ne saprà entro fine mese. Cioè quando sarà pubblicato il prospetto dell’operazione attraverso la quale Profumo, che ha ovviamente anticipato di voler sottoscrivere l’aumento (il ceo possiede 3.373.171 di azioni per circa 8,7 milioni di euro), continua a puntellare i ratios patrimoniali dell’istituto messi sotto pressione dalla crisi finanziaria di questi mesi che ha colto l’istituto nel bel mezzo della sua espansione in Europa centro orientale.

Un territorio potenzialmente molto ricco e al quale la banca continua a guardare, ma non tra i più sicuri sotto il profilo delle garanzie tanto che nei primi nove mesi dell’anno Unicredit ha preferito registrare rettifiche nette su crediti e su accantonamenti per garanzie e impegni per 6.245 milioni, di cui 249 milioni spesati solo tra luglio e settembre come «accantonamenti nella controllata in Kazhakistan».

Fra le spine nel fianco, la questione tango bond: con 107mila clienti ancora in mano di titoli della repubblica Argentina (3,2 miliardi) e in attesa di rimborsi. Da registrare un po’ di nervosismo anche fra i dipendenti: Profumo ha fatto sapere che «non ci sono nuovi esuberi» rispetto ai 3.800 già previsti per il 2010 e che nonostante si sia parlato in questi giorni di almeno altri 6-7 mila tagli come conseguenza della riorganizzazione che dovrebbe partire subito dopo l’aumento di capitale (dando vita al «bancone»).

La banca unica, risultato della fusione delle sette realtà territoriali, arriverà sul vaglio del cda di marzo. I primi mesi del prossimo anno saranno, dunque, piuttosto movimentati al quartier generale dei Unicredit. Visto che piazza Cordusio ha ottenuto dall’Antitrust una proroga al prossimo 30 giugno del termine ultimo per la cessione della quota detenuta in Generali.

 
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